TAR Sicilia (PA) Sez. II n. 1554 del 5 agosto 2011
Urbanistica. Imprenditore agricolo e oneri concessori

L’esenzione dal contributo di concessione, prevista dalla lett. a) dell’art. 9 della l. 10/1977, come riproposto all’art.17 D.P.R.380/2001, è posta in ragione della destinazione dell’immobile alla conduzione del fondo e alle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale. In tale categoria può e deve essere ricompreso –sussistendo gli altri presupposti- non solo l’imprenditore agricolo/persona fisica, ma anche tanto la persona giuridica.

N. 01554/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01069/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1069 del 2010, proposto da:
Tenuta dei Mille Societa' Agricola a Responsabilità Limitata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Montalbano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.Raffaella Sara Russo sito in Palermo, via Nunzio Morello N.40;

contro

Comune di Menfi, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Antonella Agnello, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Laura Morreale sito in Palermo, via Terrasanta, n. 24;

per l'annullamento,previa sospensione dell'efficacia,

- del provvedimento del 29.4.2010 prot. 6485 di intimazione al pagamento degli oneri concessori e contestuale rigetto della richiesta di annullamento e sgravio;

- del provvedimento del 22.3.2010 prot. n. 4202 di richiesta di pagamento degli oneri concessori aumentati in misura pari al 40% ai sensi e per gli effetti della legge 448/2001 art. 27 comma 17, per complessive €.20.774,04, e di tutti gli atti preordinati, connessi e conseguenti;

-di ogni ulteriore atto presupposto (ivi compreso, in parte qua, la concessione edilizia Rep.3528 del 6/4/2004 prot.5126);

e per l’accertamento dell’insussistenza dell’obbligo di corrispondere il contributo concessorio per il rilascio del permesso di costruire.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Menfi in persona del Sindaco p.t.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’ordinanza n.614 del 7/7/2010 di accoglimento della domanda cautelare proposta dal ricorrente;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2011 il dott. Roberto Valenti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato il 24/05/2010 e depositato il 18/06/2010 parte ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati, chiedendone l’annullamento previa sospensione degli effetti ed articolando le censure seguenti:

1)-violazione e falsa applicazione di legge per mancata applicazione del criterio di esonero dal contributo di edificazione di cui all’art.17 comma 3 D.P.R. 380/2001;

2)-violazione e falsa applicazione di legge in ordine alla pretesa necessità della preventiva richiesta di esonero;

3)-violazione e falsa applicazione dell’art.81 L.R.61/85 per l’applicazione della maggiorazione del 40% degli oneri concessori in ragione del tardivo pagamento degli stessi;

4)-errata e falsa applicazione dell’art.16 L.10/77 in ordine alla giurisdizione esclusiva del G.A. in relazione alla prestata acquiescenza al provvedimento di concessione edilizia;

5)-violazione e falsa applicazione di legge ex art.3 L.47/85 in ordine al rilascio del certificato di agibilità in caso di mancato pagamento;

Con lo stesso ricorso parte ricorrente ha altresì avanzato richiesta risarcitoria.

Resiste il Comune di Menfi articolando difese e chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza collegiale n.614 del 7 luglio 2010 la domanda cautelare è stata accolta.

Alla pubblica udienza del 9 marzo 2011 il ricorso è stato introitato per la decisione.

DIRITTO

Si controverte sulla legittimità dei provvedimenti in epigrafe indicati con i quali il Comune di Menfi ha chiesto il versamento di quanto asseritamente dovuto a titolo di contributo di concessione per il rilascio di un titolo edificatorio del 3 maggio 2005. Premette parte ricorrente di aver richiesto ed ottenuto dal Comune di Menfi il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di uno stabilimento ad uso cantina per la vinificazione delle proprie uve da mosto, nonché per lo stoccaggio, imbottigliamento e commercializzazione del prodotto. Stabilimento da realizzare in C.da “Finocchio” in territorio di Menfi. La predetta concessione era rilasciata con quantificazione di oneri concessori in ordine ai quali era stata richiesta la presentazione di una polizza fideiussoria. Tuttavia, avvedutasi la società ricorrente (in occasione del rilascio del certificato di agibilità) della non debenza delle predette somme (non corrisposte), siccome per gli interventi edificatori come quelli in questione, realizzati in aria agricola, la legge prevede uno sgravio. Con i provvedimenti impugnati, l’Amministrazione ha chiesto il pagamento di quanto asseritamente dovuto, computando altresì le maggiorazioni per il ritardo.

Ciò posto, il ricorso è fondato e va accolto per le considerazioni che seguono.

La società ricorrente sostiene, in difformità a quanto ritenuto dal Comune di Menfi, di avere diritto, con riguardo alla struttura realizzata, all’esonero dal pagamento degli oneri concessori. L’esenzione dal contributo di concessione, prevista dalla lett. a) dell’art. 9 della l. 10/1977, come riproposto all’art.17 D.P.R.380/2001, è posta in ragione della destinazione dell’immobile alla conduzione del fondo e alle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale. In tale categoria può e deve essere ricompreso –sussistendo gli altri presupposti- non solo l’imprenditore agricolo/persona fisica, ma anche tanto la persona giuridica.

La censura merita condivisione, secondo l’orientamento del Consiglio di Stato da cui la Sezione ritiene di non doversi discostare (cfr. Consiglio di Stato Sez.V, 30 agosto 2005 n.4424), quantunque si registrano in primo grado differenti orientamenti che danno tuttavia atto della opinabilità di una diversa ricostruzione dell’istituto qui in evidenza (cfr.T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 01 marzo 2010, n. 1302).

In primo luogo, come già anticipato in sede cautelare, dalla documentazione versata in atti risulta provata la natura “agricola” della società ricorrente, precondizione sottolineata dalla stessa Amministrazione al fine di dare applicazione alle norme di legge che consentono lo sgravio per il pagamento degli oneri quali contributo di concessione.

Né appare incontestabile la società ricorrente possa ritenersi imprenditore agricolo a titolo principale e professionale in quanto uno dei soci amministratori esercita attività dedica all’attività agricola –direttamente o nella qualità di socio- almeno del 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e ricava in specie il 100% del proprio reddito globale di lavoro.

Come già premesso, sul punto centrale della questione –relativa all’ambito di operatività dell’art. 9, comma 1, lett. A) della l. 10/77- il Consiglio di Stato, in contrario avviso al giudice di prime cure, ha chiarito che “anche le società possono configurarsi come imprenditori agricoli a titolo principale ed usufruire, quindi, dei benefici previsti per i soggetti rientranti in tale categoria (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 28 ottobre 1996, n. 1156). A questo riguardo va rilevato che il regolamento comunitario n. 797 del 1985, relativo al miglioramento dell’efficienza delle strutture agrarie, ricomprende esplicitamente nella sua sfera di applicazione anche le persone giuridiche, qualora rispondano a determinati requisiti fissati nello stesso regolamento e alla definizione, demandata alla legge nazionale, di imprenditore agricolo a titolo principale. Orbene, nella legislazione italiana (cfr. in particolare artt. 12 e 13 della L. 9 maggio 1975 n. 153; art. 8 della L. 10 maggio 1976 n. 352 e allegato all'art. 2 della L. reg. Piemonte 28 ottobre 1986 n. 44) non è enunciata la nozione di imprenditore agricolo a titolo principale, con riferimento alle «persone diverse dalle persone fisiche». Come già rilevato da questo Consiglio in fattispecie analoga, in tale silenzio, sarebbe tuttavia illegittimo negare l'attribuzione di un beneficio a coloro, ivi comprese le società, che la stessa normativa comunitaria riconosce come potenziali titolari del diritto al conseguimento del beneficio medesimo. Diversamente opinando si potrebbe verificare una disparità di trattamento all’interno della Comunità europea fra soggetti destinatari dello stesso beneficio. (cfr. Cons. Stato, VI Sez., 31 dicembre 1987 n. 1057 e 21 novembre 1988 n. 1247; cfr. anche Cass. civ., I Sez., 20 aprile 1995 n. 4451 e Comm. centrale imposte sez. XVI, 7 luglio 1994 n. 2511)”.

I principi appena esporsi hanno trovato riscontro anche in sede comunitaria, laddove si è affermato che una diversità di trattamento tra soggetti giuridici dell’ordinamento, basata esclusivamente sulle forme nelle quali queste sono costituite, sia contraria al principio di non discriminazione previsto dall’art. 40 n. 3 del trattato C.E.E. e come pertanto, l’art. 2 n. 5 del regolamento n. 797 del 1985 vada interpretato nel senso che non è concesso agli Stati membri, nel definire la nozione di imprenditore agricolo a titolo principale, di escludere da questa nozione le società di capitali per il solo motivo della loro forma giuridica (Corte giustizia C.E.E., II Sez., 15 ottobre 1992 n. 162).

A ciò si aggiunge, come correttamente evidenziato dai ricorrenti, che con l’art.2 D.Lgs.99/2004 il legislatore ha stabilito che la ragione sociale o la denominazione sociale delle società, che hanno quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile, deve contenere l'indicazione di “società agricola”.

Nel caso in specie, dalla documentazione versata in atti (come già evidenziato in sede cautelare), non è revocabile in dubbio la natura agricola dell’azienda ricorrente. Il che postula, alla stregua di quanto evidenziato, la fondatezza della prima cesura articolata nel ricorso in esame.

Né potrebbe costituire motivo ostativo al predetto al riconoscimento dell’esonero la mancata preventiva richiesta in tal senso al momento del rilascio del titolo concessorio.

Il fatto che i suddetti oneri siano stati quantificati nel titolo concessorio non può comportare alcuna acquiescenza. Il computo degli oneri di urbanizzazione non è infatti attività autoritativa e la contestazione sulla relativa corresponsione è proponibile nel termine di prescrizione decennale a prescindere dall’impugnazione dei provvedimenti adottati o dal sollecito a provvedere in via di autotutela.

Anche la seconda e la quarta doglianza meritano quindi condivisione.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, assorbiti gli ulteriori profili di doglianza, va pertanto riconosciuto l’esonero della società ricorrente dal pagamento degli oneri concessori in questione, con conseguente annullamento -per quanto di ragione- degli atti impugnati con il ricorso in esame.

Considerata la natura della controversia, ritiene il Collegio di poter compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per quanto di ragione annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:

Cosimo Di Paola, Presidente FF

Roberto Valenti, Primo Referendario, Estensore

Francesca Aprile, Referendario





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/08/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)