TAR Campania (NA) Sez. VIII n. 4240 del 4 settembre 2017
Urbanistica.Necessità del piano attuativo per il rilascio del permesso di costruire

A mente dell'art. 9 del D.P.R. n. 380/2001, costituisce regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del P.R.G. che impongono, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio e che sono vincolanti e idonee ad inibire l'intervento diretto costruttivo. Corollari immediati di tale principio fondamentale sono: a) che quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento; b) che, in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l'esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa; c) l'insurrogabilità dell'assenza del piano attuativo con l'imposizione di opere di urbanizzazione all'atto del rilascio del titolo edilizio


Pubblicato il 04/09/2017

N. 04240/2017 REG.PROV.COLL.

N. 03014/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3014 dell’anno 2010, proposto da:
Orefice Rosa, rappresentata e difesa dall'avvocato Lucio Perone, presso lo studio del quale è elettivamente domiciliata, in Napoli, alla via G. Porzio n. 4 – Centro Direzionale, Isola G/8;

contro

Comune di Orta di Atella, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Migliozzi, unitamente al quale è legalmente domiciliato presso la Segreteria del TAR Campania Napoli;

per l'annullamento

- del provvedimento n. 5663/2010 del 29 marzo 2010 del Comune di Orta di Atella, avente ad oggetto l'annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 246/2004, rilasciata alla ricorrente il precedente 30 dicembre 2004;

- nonché, ove occorrente, degli atti di comunicazione dell’avvio del procedimento e dell’atto n. 1040 del 16.9.2009 dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Orta di Atella, e di ogni atto e provvedimento collegato, connesso e conseguente, o comunque presupposto rispetto all’atto di autotutela, ivi comprese, per quanto lesive, le N.T.A. del P.R.G.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Orta di Atella;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2017 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe, notificato a mezzo posta il 20/24 maggio.2010 e depositato il successivo 3 giugno, Orefice Rosa ha impugnato, chiedendone l’annullamento:

- il provvedimento n. 5663/2010 del 29 marzo 2010, con il quale il responsabile del Settore Politiche del Territorio del Comune di Orta di Atella aveva proceduto all'annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 246/2004, rilasciata alla ricorrente il precedente 30 dicembre 2004;

- ove occorrente, gli atti di comunicazione dell’avvio del procedimento e l’atto n. 1040 del 16.9.2009 dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Orta di Atella, nonché ogni atto e provvedimento collegato, connesso e conseguente, o comunque presupposto rispetto all’atto di autotutela, ivi comprese, per quanto lesive, le N.T.A. del P.R.G.

L’impugnato annullamento di ufficio ha avuto per oggetto il titolo abilitativo edilizio riguardante la realizzazione di due edifici per civili abitazioni, ubicati in Orta di Atella, alla via Ghandi (oggi via Filangieri), ed è stato disposto sulla base della seguente motivazione:

- l’area di intervento ricade zona C1 (residenziale di nuova espansione), entro la quale, ai sensi dell’art. 24 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale di Orta di Atella, il permesso di costruire avrebbe potuto essere rilasciato soltanto previa approvazione di piani (attuativi) di lottizzazione estesi all’intero ambito o, in subordine, estesi ad ambiti aventi superficie non inferiore a mq 3.000 e dotati di giardini ed parcheggi;

- nel comparto attinto dai fabbricati assentiti con il titolo edilizio annullato “non sono presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standards minimi prescritti … pertanto non è possibile prescindere dalla definizione del piano urbanistico attuativo, stante l’esigenza almeno di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione”;

- il comparto de quo è risultato, segnatamente, connotato: -- “dalla impossibilità di conciliare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria pensata per una popolazione di poco superiore a 10.000 unità ad un carico insediativo di oltre 23.000”; -- “dalla mancanza di strade con marciapiedi, aree a verde attrezzato e spazi destinati a parcheggi pubblici”; -- “dalla mancata integrazione delle nuove opere con le infrastrutture esistenti” (rete viaria, rete fognaria, infrastrutture scolastiche);

- di qui “la insussistenza della necessaria condizione di pieno ed effettivo inserimento … in un contesto che non è urbanizzato in maniera qualitativamente e quantitativamente conforme alle esigenze recepite nella previsione di piano … che non è idoneo a garantire la concreta fruibilità delle opere di urbanizzazione esistenti nel comparto”;

- lo strumento urbanistico attuativo non può essere trasformato “in un atto sostanzialmente facoltativo, non più necessario ogni qual volta, a causa di precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti edificazioni ovvero del rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il comprensorio abbia già subito una qualche urbanizzazione”;

- attraverso il rilascio di singoli titoli abilitativi edilizi in area non urbanizzata gli interessati finiscono per essere “legittimati ad utilizzare l’intera proprietà a fini privati, scaricando … sulla collettività i costi conseguenti alla realizzazione di infrastrutture per i nuovi insediamenti”.

Nel disporre il gravato annullamento d’ufficio, l’amministrazione comunale, in particolare, ha evidenziato anche,

- che, come da relazione prot. n. 3469 del 24.2.2010, sussistevano differenze notevoli tra “i valori assentibili dalle Norme Tecniche di Attuazione del vigente PRG e quelli assentiti dal permesso di costruire n. 264/04 e successiva variante, nonché gli abusi realizzati durante l’esecuzione dell’opera…”;

- che tali differenze avevano “determinato violazione delle distanze dai confini, del numero di piani fuori terra, dell’altezza del fabbricato e della volumetria”;

- che i locali al piano terra, indicati nel P.d.C. 43/03 come garage, erano “privi delle rampe di accesso e dei vani d’ingresso delle auto”, al posto delle quali erano “state realizzate scale, porte e finestre, come gli appartamenti soprastanti”;

- che il sottotetto del fabbricato era stato “adibito ad abitazione in difformità dal P.d.C. 43/03”;

per cui, in definitiva, l’opera realizzata aveva “comportato un’alterazione del tessuto urbanistico-edilizio in termini di funzionalità e vivibilità, in quanto posta in essere in aperta violazione dei parametri urbanistici vigenti”.

Avverso le determinazioni dianzi illustrate sono state dedotte le seguenti censure.

A) SULLA REGOLARITA’ DELLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO. SULLA ADOZIONE DEL PROVVEDIMENTO IMPUGNATO PRIMA DELLA SCADENZA DEL TERMINE PER LA PRESENTAZIONE DI MEMORIE E/O DOCUMENTI AI SENSI DELL’ART. 10 DELLA L. 241/1990 – VIOLAZIONE DELLA LEGGE 241/1990 – IRRAGIONEVOLEZZA DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA – VIOLAZIONE DELL’AUTOLIMITE: sebbene il Comune di Orta di Atella avesse concesso il brevissimo termine di gg. 10 per la presentazione di memorie e documenti, lo stesso aveva poi proceduto a notificare dopo appena gg. 5 dall’avvio del procedimento l’impugnato provvedimento (recante la data del giorno precedente); sarebbe stato violato, in tal modo un fissato autolimite; sarebbero stati, altresì, elusi i principi in materia di partecipazione all’azione amministrativa posti dalla L. 241/1990;

B) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 21 NONIES L. 241/1990 E SUCCESSIVE MODIFICHE ED INTEGRAZIONI – VIOLAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI REGOLANTI L’ATTIVITA’ DI AUTOTUTELA – ECCESSO DI POTERE PER INESISTENZA DEI PRESUPPOSTI – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 30 DPR 380/2001 – VIOLAZIONE DELL’ART. 25 DELLE N.T.A. DEL P.R.G. – ECCESSO DI POTERE PER PRETERMISSIONE PROCEDIMENTALE – ERRATA ED OMESSA PONDERAZIONE DELL’INTERESSE PUBBLICO E DEGLI EFFETTI DELL’ATTO DISCREZIONALE SULLA SITUAZIONE DEI PRIVATI: sarebbe sconcertante la motivazione presente nel provvedimento impugnato, sul punto dell’interesse pubblico specifico all’annullamento e sulla valutazione dell’illegittimità, poiché ricondotta esclusivamente alla mancanza della previa approvazione del piano attuativo; l’interesse pubblico all’annullamento non potrebbe essere ricondotto al mero ripristino della legalità violata, ma dovrebbe dar conto della sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto alla rimozione del titolo edilizio, nonché dell’avvenuta comparazione di tale interesse con l’entità del sacrificio imposto al contrastante interesse del privato; la P.A. avrebbe dovuto indicare le concrete ed attuali esigenze di tutela dell’assetto urbanistico-territoriale da soddisfare mediante l’adozione del provvedimento di autotutela; neppure sarebbe stata valutata la possibilità di eliminare il vizio ipotizzato, mediante adozione di misure alternative;

C) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLE N.T.A. DEL P.R.G. DEL COMUNE DI ORTA DI ATELLA – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI REGOLANTI IL RILASCIO DI ATTI AMPLIATIVI EDILIZI – ECCESSO DI POTERE PER INESISTENZA DI PRESUPPOSTI – TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI – SVIAMENTO DI POTERE: dalla prodotta relazione tecnica di parte emergerebbe la presenza, nell’area in esame, di tutte le necessarie opere di urbanizzazione, e la loro idoneità ad assorbire carico urbanistico correlato al rilascio della concessione edilizia oggetto di annullamento; l’area edificata a mezzo del detto titolo, costituirebbe un lotto intercluso e residuale in un ambito caratterizzato da un intenso processo di insediamento abitativo e dalla presenza di standards urbanistici nella misura prescritta; la motivazione utilizzata dalla P.A. sarebbe del tutto generica e riferibile indiscriminatamente a tutti i permessi di costruire; quello realizzato nella specie presenterebbe le caratteristiche di un intervento edilizio diretto; l’intervento diretto sarebbe consentito nella fattispecie, dato che il vigente P.R.G. di Orta di Atella prevede nella zona anche il rilascio di un permesso di costruire diretto, con assunzione da parte del proprietario e titolare, dell’obbligo di eseguire anche quella parte di opere di urbanizzazione primaria eventualmente mancante, da cedersi successivamente al Comune a mezzo di apposita convenzione: e, nell’occasione, l’interessata si sarebbe obbligata nei confronti del Comune, a mezzo di atto d’obbligo, a realizzare le opere di urbanizzazione mancanti (e poi effettivamente realizzate); non sussisterebbe alcun ostacolo al rispetto delle condizioni poste dal comma 5 dell’art.. 31 L. 1150/42 e succ. modifiche e integraz. (norma riprodotta dall’art. 12 co. 2 del vigente D.P.R. 380/2001);

D) VIOLAZIONE DELL’ART. 21 NONIES L. 241/1990 E SUCC. MODIF. E INTEGRAZ. – VIOLAZIONE DELL’ART. 1 COMMA 136 L. 311 DEL 2004 (FINANZIARIA 2005) – VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO E DELLE GARANZIE PROCEDIMENTALI – ECCESSO DI POTERE PER INESISTENZA DEI PRESUPPOSTI – ILLOGICITA’ E INCONFERENZA DELLA MOTIVAZIONE TRAVISAMENTO: nel provvedimento impugnato non sarebbe stato preso in considerazione il lungo tempo trascorso dalla data di adozione dell’atto ampliativo poi annullato; la giurisprudenza avrebbe reiteratamente affermato che il decorso di un lungo lasso di tempo costituirebbe un limite oggettivo alla possibilità di esercitare i poteri di autotutela;

E) VIOLAZIONE DELL’ART. 21 NONIES L. 241/1990 E SUCC. MODIF. E INTEGRAZ. IN RELAZIONE ALLE N.T.A. DEL P.R.G. DI ORTA DI ATELLA – ECCESSO DI POTERE – ILLOGICITA’ – INESISTENZA DEI PRESUPPOSTI - INCONFERENZA – ERRONEITA’ E GENERICITA’ DELLA MOTIVAZIONE – SVIAMENTO: sarebbe completamente erronea e priva di prova l’affermazione del Comune di Orta di Atella secondo cui nel comprensorio in questione non sono presenti urbanizzazioni primarie e secondarie pari agli standards minimi previsti; sarebbero privi di riferimenti specifici alla concessione edilizia oggetto di annullamento i richiami all’incremento di popolazione, all’assenza di marciapiedi, e alla mancata integrazione alla rete viaria; pure inconferente sarebbe il richiamo all’asserita disomogeneità dell’edificazione; oggetto della travisata analisi fatta dal Comune convenuto, sarebbe il contesto globale e non gli edifici realizzati dalla ricorrente;

F) VIOLAZIONE DELL’ART. 21 NONIES L. 241/1990 E SUCC. MODIF. E INTEGRAZ. – VIOLAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI REGOLANTI L’ATTIVITA’ DI AUTOTUTELA – ECCESSO DI POTERE: nell’esercizio dei poteri di autotutela, avrebbero dovuto essere ponderati gli effetti dell’adottando atto sulle situazioni soggettive dei destinatari; nel provvedimento impugnato, invece, non sarebbe in alcun modo valutato l’affidamento riposto dalla ricorrente sul titolo edilizio rilasciatole;

G) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCPI GENERALI IN TEMA DI PREVIETA’ DELLA LOTTIZZAZIONE RISPETTO AL RILASCIO DEGLI ATTI AMPLIATIVI IN MATERIA EDILIZIA – VIOLAZIONE DEL DIVIETO DI AGGRAVAMENTO EX LEGE 241/1990 - VIOLAZIONE DEL PRINCPIO DI RAGIONEVOLEZZA E ADEGUATEZZA DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA – VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ – VIOLAZIONE DELLA L. 1150/1942, DELLA L. 765/1967, DELLA L. 10/1977, DELLA L. 47/1985, DEL D.P.R. 380/2001 DELLA L. REG. CAMPANIA 16/2004 – ECCESSO DI POTERE: sarebbe irragionevole e violativa dei principi di non aggravamento del procedimento, l’indiscriminata previsione di subordinare il rilascio del permesso di costruire alla previa formazione di un piano urbanistico attuativo;

H) ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA – OMESSA VALUTAZIONE DI ATTI E/O PROVVEDIMENTI: le opere qualificate come abusive troverebbero la loro autorizzazione in specifici atti comunali, di cui però non sarebbe stato tenuto conto.

Costituitosi in data 16 maggio 2014, il Comune di Orta di Atella ha contestato la fondatezza dell’impugnazione proposta ex adverso, di cui ha richiesto, quindi, il rigetto.

Con atto depositato in data 5 luglio 2016, Orefice Rosa ha dichiarato il permanere del proprio interesse alla definizione del giudizio (a seguito di ricezione di avviso di perenzione quinquennale, ex art. 82 cpa).

Sempre la Orefice ha poi, in data 7 marzo 2017, depositato una memoria.

All’udienza pubblica dell’11 maggio 2017 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.

DIRITTO

Per prima va esaminata la censura con cui parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 7 e 10 della L. 241/90 per mancata attuazione del contraddittorio procedimentale: ciò in quanto, secondo la prospettazione contenuta nel ricorso, l’amministrazione non le avrebbe consentito di partecipare in concreto al procedimento di annullamento in autotutela del titolo edilizio rilasciatole in precedenza (adottando il negativo provvedimento conclusivo prima del decorso del termine assegnato per la presentazione di memorie e osservazioni).

La censura è priva di pregio.

Indipendentemente, infatti, dalla ricezione da parte della ricorrente di un avviso di avvio del procedimento di ritiro, deve dirsi emergente dal presente giudizio – alla stregua di quanto più avanti si esporrà - la circostanza che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, cosicché, nella fattispecie, trova applicazione l’art. 21 octies co. 2, ult. parte, secondo cui “Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”.

Quanto agli altri, articolati motivi di ricorso, va osservato che nel caso di specie si è in presenza di un annullamento in autotutela ex art. 21 nonies della L. 241/90, fondato sull’illegittimità originaria del titolo abilitativo rilasciato in violazione del PRG all’epoca vigente, che, per la zona “C1” (cfr. art. 24 della N.T.A.), richiedeva la previa adozione di un Piano di Lottizzazione convenzionata esteso all’intero ambito, ovvero riguardante un ambito di estensione non inferiore a mq. 3000, ed altresì che le aree non edificate di pertinenza dei fabbricati fossero “attrezzate a giardino o a parcheggio”; con la precisazione che nei casi in cui l’intervento diretto era consentito (ovvero quelli in cui fossero ricorrenti “le circostanze di cui al 5° comma dell’art. 31 L. 1150/1942”), la concessione edilizia potesse essere rilasciata solo “previa assunzione da parte del proprietario e titolare della concessione dell’obbligo di eseguire contemporaneamente all’edificio, quella parte di opere di urbanizzazione primaria eventualmente mancante, con cessione gratuita al Comune nei modi e termini da determinarsi a mezzo di apposita convenzione”.

Orbene, la giurisprudenza amministrativa ha enucleato i principi che governano l'esercizio del potere di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi (Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 novembre 2010 n. 8291, 21 dicembre 2009 n. 8529, Sez. V, 6 dicembre 2007 n. 6252; 12 novembre 2003 n. 7218; 24 settembre 2003 n. 5445) e, in particolare, ha statuito che:

- i presupposti di tale potere sono costituiti dalla illegittimità originaria del provvedimento, dall'interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità), tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari;

- l'esercizio del potere di autotutela è espressione di rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l'amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei summenzionati presupposti;

- l'ambito della motivazione esigibile è integrato dall’allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio, dovendosi tenere conto, per il resto, del particolare atteggiarsi dell'interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono (ambiente, paesaggio, salute, sicurezza, beni storici e culturali) che quasi sempre sono prevalenti rispetto a quelli contrapposti dei privati; nonché della eventuale negligenza o della malafede del privato che ha indotto in errore l'amministrazione o ha approfittato di un suo errore (ad es. rappresentando in modo erroneo la situazione di fatto in base alla quale è stato rilasciato il titolo o sono stati individuati i legittimati attivi);

- pur non essendo previsto (all’epoca di adozione del provvedimento di ritiro, atteso che solo con l’art. 6 co. 1 lett. d, n. 1 L. 124/2015 è stato fissato un limite temporale di 18 mesi) un termine di decadenza del potere di auto-annullamento del titolo edilizio, la caducazione che intervenga ad una notevole distanza di tempo e dopo che le opere sono state completate, esige una più puntuale e convincente motivazione a tutela del legittimo affidamento.

Orbene, nella fattispecie in esame la Sezione ritiene che l’intimata amministrazione locale abbia fatto buon governo dei sopra illustrati principi.

Difatti, il Comune di Orta di Atella ha dato conto dell’illegittimità originaria del titolo abilitativo per contrasto con l’art. 24 delle Norme di Attuazione P.R.G. e, al contempo, ha motivato in ordine all’interesse pubblico alla rimozione, pur in considerazione del tempo trascorso dall’emanazione del permesso di costruire n. 246/2004. Al riguardo, l’amministrazione ha rappresentato che il rilascio di tali titoli edilizi in area non urbanizzata ha consentito ai titolari interessati di utilizzare l’intera proprietà a fini privati scaricando interamente sulla collettività i costi conseguenti alla realizzazione di infrastrutture per i nuovi insediamenti, mentre solo attraverso una corretta attività di pianificazione ed attuazione del P.R.G. è possibile assicurare alla collettività insediata in un determinato contesto urbanistico una qualità di vita di livello adeguato all’accresciuta domanda di servizi collettivi, i cui standards sono normativamente stabiliti. L’ente ha quindi concluso che, nella comparazione tra le contrapposte posizioni giuridiche, deve darsi prevalenza all’interesse della collettività ad ottenere dotazioni minime di infrastrutture pubbliche.

A smentire quindi la tesi di inadeguata ponderazione dell’interesse pubblico all’operato annullamento d’ufficio, è dirimente:

- l’incontestata assenza della previa pianificazione attuativa, riguardante, nel caso di specie, il governo di una zona a vocazione “residenziale di nuova espansione” (C1), e che avrebbe dovuto essere estesa all’intero comparto territoriale o, in subordine, ad un ambito esteso almeno mq. 3000 (giusta prescrizione dell’art. 24 della N.T.A. del PRG, la quale appare del tutto ragionevole e in linea con una corretta gestione del territorio, secondo quanto si esporrà più avanti);

- l’assenza di prova (che, secondo gli ordinari principi circa il relativo onere, avrebbe dovuto essere fornita dall’esponente) riguardo ai caratteri (meramente affermati in ricorso dalla Orefice, atteso che non risulta prodotta la consulenza tecnica di parte, cui pure ella fa riferimento in più occasioni) di residualità e interclusione del lotto in parola, in un ambito interamene urbanizzato, e – asseritamente - suscettibili di escludere la necessità della pianificazione attuativa prevista dalle N.T.A.;

- l’esplicitata esigenza di salvaguardare l’equilibrato sviluppo del territorio, attraverso una urbanizzazione attuata in maniera qualitativamente e quantitativamente conforme alle esigenze recepite nella previsione di piano, in modo da garantire alla collettività la concreta fruibilità delle infrastrutture necessarie nel comparto;

- l’accuratezza evidenziata dall’amministrazione intimata nell’enucleare le gravi illegittimità dell’attività edificatoria assentita;

- il conseguente sconvolgimento degli indici edificatori.

Deve quindi ritenersi che i dati sopra enucleati integrino, in via immediata, proprio una esemplificazione tipica circa la sussistenza dell’interesse pubblico attuale e concreto che legittima un autoannullamento.

In altri termini, a fronte di un’attività edilizia palesemente illegittima, la concomitanza di una sana e specifica esigenza di ripristino della legalità non lascia adito a dubbi sul rispetto delle condizioni basiche per l’adozione dell’atto autoannullativo.

L’altro aspetto del motivo che preme confutare è quello relativo alla mancata ponderazione dell’interesse privato.

In proposito, il Collegio ritiene che – richiamati i descritti presupposti fattuali – nessun affidamento tutelabile sussisteva, nella specie, in capo alla Orefice.

In particolare, è sul piano delle regole operative dell'affidamento che la tutela della ricorrente non appare condivisibile. E’ pur vero che l’adozione di provvedimenti autorizzativi garantisce il destinatario degli stessi circa la presumibile legalità del suo agire, ma non può obliterarsi che residua pur sempre un vasto margine accertativo, presidiato dallo statuto dell’autoresponsabilità: canone di diretta proiezione sia dei principi della solidarietà sociale sia dell’art. 27 Cost., posto che tale ultima norma (trascendendo la materia penalistica) affianca al rilievo della colpevolezza quale presidio dagli addebiti non imputabili anche quello di stimolo a condotte comunque non intrinsecamente connotate da colpevoli illegalità.

Nel caso in esame, l’ordinaria diligenza avrebbe dovuto comportare un’attenta vigilanza e non la supina adesione all’accoglimento di una richiesta palesemente esorbitante dai limiti legali; circostanza che – si ribadisce – rende l’intera fattispecie inidonea a ingenerare legittimi affidamenti.

Ciò tenuto conto che, come si vedrà di seguito, anche la pretesa sufficienza dell’esistente livello di urbanizzazione primaria dell’area di intervento non avrebbe eliso, di per sé, la necessità dell’approvazione di un apposito strumento attuativo propedeuticamente al rilascio di titoli abilitativi all’edificazione sulla predetta area.

Ulteriori censure dedotte nel gravame affrontano la questione centrale del giudizio che attiene all’ammissibilità di un intervento edilizio diretto in zona “C1” in mancanza di un piano particolareggiato – specificamente prescritto dalle Norme di Attuazione del P.R.G. – e la cui mancanza, nel ragionamento svolto dalla ricorrente, non potrebbe legittimare il diniego di concessione edilizia né, laddove quest’ultima si stata già rilasciata, giustificare il successivo annullamento in autotutela, allorquando, come si assume nel gravame, l’area in cui si operato l’intervento costruttivo sia dotata di adeguate opere di urbanizzazione primaria.

In punto di fatto, costituisce un dato processuale acquisito la mancanza di tale strumento urbanistico attuativo.

Ciò posto, la Sezione ritiene di dare seguito alla giurisprudenza (anche formatasi su fattispecie del tutto analoghe a quella qui in esame – cfr. TAR Campania-Napoli n. 2487 del 5.5.2011; TAR Campania-Napoli n. 5117 del 20.5.2015) in base alla quale, a mente dell'art. 9 del D.P.R. n. 380/2001, costituisce regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, il rispetto delle previsioni del P.R.G. che impongono, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio e che sono vincolanti e idonee ad inibire l'intervento diretto costruttivo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 dicembre 2008 n. 6625). Corollari immediati di tale principio fondamentale sono: a) che quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento; b) che, in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l'esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5471); c) l'insurrogabilità dell'assenza del piano attuativo con l'imposizione di opere di urbanizzazione all'atto del rilascio del titolo edilizio (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 giugno 2010 n. 3699).

In particolare, appare sfuggire alla ricorrente il considerare che la mera esistenza di infrastrutture (strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell'acqua e dell'energia elettrica, scuole, ecc.) all’interno, e, vieppiù, all’esterno, del comparto attinto dall’attività edificatoria assentita senza previa approvazione dello strumento attuativo non implica anche quell’adeguatezza e quella proporzionalità delle opere rispetto all’aggregato urbano formatosi, le quali soltanto sarebbero idonee a soddisfare le esigenze della collettività, pari agli standards urbanistici minimi prescritti, ed esimerebbero, quindi, da ulteriori interventi per far fronte all'aggravio derivante da nuove costruzioni.

Ed invero, i piani particolareggiati hanno lo scopo di garantire che all'edificazione del territorio a fini residenziali corrisponda l'approvvigionamento delle dotazioni minime di infrastrutture pubbliche, le quali, a loro volta, garantiscono la normale qualità del vivere in un aggregato urbano. Diversamente opinando, col rilascio di singoli permessi di costruire in area non urbanizzata, gli interessati verrebbero legittimati ad utilizzare l’intera proprietà a fini privati, scaricando interamente sulla collettività i costi conseguenti alla realizzazione di infrastrutture per i nuovi insediamenti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 3 marzo 2004 n. 1013) così come per l’appunto rappresentato dall’amministrazione locale nell’impugnato provvedimento.

Allora, è evidente che, ove si tratti di asservire per la prima volta ad insediamenti edilizi aree non ancora urbanizzate – che obiettivamente richiedano, per il loro armonico raccordo col preesistente aggregato abitativo, la realizzazione o il potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria volte a soddisfare le esigenze della collettività – si rende necessario un piano esecutivo quale presupposto per il rilascio del permesso di costruire (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 maggio 2006 n. 3001; 4 dicembre 2007 n. 6171; T.A.R. Lazio, Latina, 27 ottobre 2006 n. 1375; T.A.R. Puglia, Lecce, 2 febbraio 2005 n. 4403; 15 marzo 2007 n. 1037).

In tale fattispecie, nella quale l’originaria integrità del territorio non è sostanzialmente vulnerata, deve essere quindi rigorosamente rispettata la cadenza, in ordine successivo, dell'approvazione del piano regolatore generale e dello strumento urbanistico attuativo, in modo da garantire una pianificazione razionale e ordinata del futuro sviluppo del territorio dal punto di vista urbanistico. Il piano esecutivo, previsto dallo strumento urbanistico generale come presupposto dell'edificazione, non ammette, cioè, equipollenti, nel senso che, in sede amministrativa o giurisdizionale, non possono essere effettuate indagini volte a verificare se sia tecnicamente possibile realizzare costruzioni, che, ad avviso del legislatore, incidono negativamente sul razionale assetto del territorio, vanificando la funzione del piano attuativo, la cui approvazione può essere stimolata dall'interessato, con gli strumenti consentiti dal sistema (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 marzo 2004 n. 1013; 10 dicembre 2003 n. 7799; Sez. IV, 19 febbraio 2008 n. 531).

L’indefettibilità dello strumento urbanistico attuativo neppure viene meno nelle ipotesi di zone edificate, esposte al rischio di compromissione di valori urbanistici, nelle quali la pianificazione può ancora conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (Consiglio di Stato, Sez. V, 1 dicembre 2003 n. 7799); zone nelle quali si prospetti, quindi, l'esigenza di raccordare armonicamente le nuove costruzioni col preesistente aggregato urbano e di potenziare le opere di urbanizzazione esistenti, tanto più quando il nuovo intervento edilizio, per le sue dimensioni, abbia un consistente impatto sull'assetto territoriale e nelle quali la preventiva redazione di un piano attuativo per il rilascio del titolo abilitativo edilizio si ponga, in definitiva, come imprescindibile (T.A.R. Veneto, 31 marzo 2003 n. 2171; 8 settembre 2006 n. 2893; T.A.R. Lazio, Roma, 13 settembre 2006, n. 8463). Ed invero, non è sufficiente un qualsiasi stadio di urbanizzazione di fatto per eludere il principio fondamentale della pianificazione e per eventualmente aumentare i guasti urbanistici già verificatisi, essendo la pianificazione dell'urbanizzazione doverosa fino a quando essa conservi una qualche utile funzione anche in aree già compromesse o edificate (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 18 gennaio 2005 n. 164).

Nella specie, pur avendo allegato l’esistenza di una rete viaria, fognaria, idrica ed elettrica, la ricorrente non ha fornito alcun elemento probatorio atto a dimostrare, ai sensi dell’art. 64, primo comma, cod. proc. amm., se tali opere di urbanizzazione primaria e secondaria siano qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare le esigenze della comunità locale.

Si aggiunga che il principio giurisprudenziale, secondo il quale nelle zone già urbanizzate è consentito derogare all’obbligo dello strumento attuativo può trovare applicazione solo nell’ipotesi, del tutto eccezionale, in cui si sia già realizzata una situazione di fatto che da quegli strumenti consenta con sicurezza di prescindere, in quanto risultano oggettivamente non più necessari, essendo stato pienamente raggiunto il risultato (come adeguata dotazione di infrastrutture, primarie e secondarie previste dal piano regolatore) cui sono finalizzati. Per l’applicazione del principio, insomma, è necessario che lo stato delle urbanizzazioni sia tale da rendere assolutamente superflui gli strumenti attuativi. Tale situazione, del tutto peculiare, deve riguardare l’intero contenuto previsto dal piano regolatore generale per tali strumenti attuativi e deve concernere le urbanizzazioni primarie e quelle secondarie in riferimento all’assetto definitivo dell’intero ambito territoriale di riferimento. La verifica, pertanto, non può essere limitata alle sole aree di contorno dell’edificio progettato, ma deve riguardare l’intero comprensorio che dagli strumenti attuativi dovrebbe essere pianificato. Ogni altra soluzione avrebbe evidentemente il torto di trasformare lo strumento attuativo in un atto sostanzialmente facoltativo, non più necessario ogniqualvolta, a causa di precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti edificazioni ovvero del rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il comprensorio abbia già subito una qualche urbanizzazione, anche se la stessa non soddisfa pienamente le indicazioni del piano regolatore (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 18 maggio 2005 n. 6538).

Né la Orefice ha in alcun modo provato la sussistenza dei presupposti per il rilascio di un titolo diretto (previsto in via eccezionale dall’ultima parte del citato art. 24 delle N.T.A.), ed in special modo la formalizzazione in una convenzione dell’obbligo della richiedente di realizzare le opere di urbanizzazione primaria mancanti.

Quanto, infine, al richiamo fatto, nell’ultima memoria depositata da parte ricorrente in data 7.3.2017, alla sentenza n. 3997 del 27.9.2016 (con la quale la sezione VI del Consiglio di Stato ha censurato per difetto di istruttoria sul punto della adeguata verifica del livello di urbanizzazione della zona, un provvedimento del medesimo Comune di Orta di Atella volto all’annullamento di altro permesso di costruire), va rilevato che essa ha riguardato una fattispecie diversa da quella qui in esame, atteso che – come prima esposto – il Comune ha in questo caso, con ampia ed esaustiva motivazione, spiegato nel provvedimento oggetto di gravame le ragioni dell’annullamento, tra cui, specificamente, l’assenza in zona di sufficienti opere di urbanizzazione (e, sul punto, nessun elemento probatorio contrario è stato portato dalla ricorrente).

Tutto quanto sopra induce, in definitiva, ad escludere che il titolo abilitativo edilizio annullato col provvedimento impugnato potesse essere legittimamente emesso senza la preventiva approvazione di uno strumento urbanistico attuativo, richiesta dall’art. 24 delle Norme di Attuazione del P.R.G. di Orta di Atella.

Pertanto, il proposto ricorso va respinto.

Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti in causa, in considerazione del notevole lasso di tempo comunque trascorso tra la data di rilascio della concessione edilizia n. 246/2004 (30 dicembre 2004) e quella di adozione del provvedimento di suo annullamento (29 marzo 2010).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, proposto da Orefice Rosa, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore

Sergio Zeuli, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Michelangelo Maria Liguori        Italo Caso