TAR Campania (NA) Sez. VIII n. 5092 del 31 ottobre 2017
Urbanistica.Onere della prova della data di realizzazione dell’abuso edilizio

E' il proprietario o il responsabile dell'abuso assoggettato a ingiunzione di demolizione che ha l'onere di provare il carattere risalente del manufatto della cui demolizione si tratta, con riferimento a epoca anteriore alla c. d. legge "ponte" n. 761 del 1967, che ha imposto l'obbligo generalizzato di previa licenza edilizia per le costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano, come quella di parte ricorrente. Al tempo stesso, tuttavia, si deve ammettere un temperamento nel caso in cui, da un lato, il privato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento prima del 1967 elementi non implausibili e, dall'altro, il Comune fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio, stante comunque il dovere dell'autorità che adotta l'ingiunzione di demolizione di verificare in maniera adeguata la sussistenza dei presupposti dell’esercizio del potere sanzionatorio.


Pubblicato il 31/10/2017

N. 05092/2017 REG.PROV.COLL.

N. 04694/2016 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4694 del 2016, proposto da:
Raffaella Cantone, rappresentata e difesa dall'avvocato Luigi Maria D'Angiolella, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, viale Gramsci, n. 16;

contro

Comune di Casapesenna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Maria Perullo, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Cesario Console n. 3;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Consoli, domiciliato presso l’Avvocatura Regionale in Napoli, via S. Lucia, n. 81;

per l'annullamento

dell’ordinanza di demolizione n. 18 del 28 luglio 2016 del dirigente del Comune di Casapesenna;

della nota del Dirigente del 28.9.2016, prot. 7438;

del provvedimento di sospensione lavori del Genio Civile del 26.9.2016, rep. 3386, nonché di ogni altro atto preordinato, connesso o consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Casapesenna e di Regione Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2017 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Comune di Casapesenna, in seguito alla relazione tecnica redatta dal responsabile dell’ufficio comunale il 7.7.2016 e della comunicazione del Comando di Polizia municipale del 13.7.2016, prot. 5265, dalla quale si evinceva la realizzazione di opere in assenza di titolo abilitativo edilizio su un immobile con superficie complessiva di circa mq. 90,00 e volumetria di circa mc. 500,00, comunicava alla parte ricorrente l’avvio del procedimento volto alla repressione degli abusi, invitando l’interessata a presentare eventuali controdeduzioni.

La parte ricorrente presentava le sue osservazioni all’esito delle quali il Comune concludeva:

- che l’immobile distinto in catasto al foglio 4 particelle n. 445, sub 1 (vano a piano terra a confine con Via Corso d’Italia) risultava già esistente nel 1962, in quanto risultante nell’atto di donazione del 26.9.1962. Accoglieva, quindi, l’osservazione perché il fabbricato risultava realizzato ante 1.9.1967, quando il regime edilizio vigente non richiedeva ancora la concessione edilizia;

- l’immobile distinto in catasto al foglio 4 particelle n. 445, sub 2 (altro vano a piano terra e tutto il realizzato al primo piano) non risultava, invece, essere esistente alla data del 1.9.1967, in quanto nell’atto di donazione del 26.8.1966 in favore di Francesco Massaro (marito della ricorrente), compariva solo il terreno senza fabbricati. Il medesimo Comune, quindi, non accoglieva le osservazioni, ritenendo inidonea a stabilire la data di realizzazione dell’immobile ante 1.9.1967 la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà proveniente da parte ricorrente, e non avendo quest’ultima apportato altri elementi idonei ad attestare questa circostanza. Adottava conseguentemente l’ordinanza n. 18 del 28 luglio 2016, con la quale ingiungeva, ai sensi dell’art. 31, D.P.R. n. 380/2001, la demolizione di opere abusive e, in particolare, dell’opera abusiva distinta in catasto fabbricati al foglio 4 particelle n. 445, sub 2.

In data 13.10.2016 parte ricorrente riceveva un provvedimento di sospensione lavori del Genio Civile del 26.9.2016, rep. 3386.

La ricorrente impugnava l’ordinanza di demolizione, il provvedimento di sospensione, nonché ogni altro atto preordinato, connesso o consequenziale, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, per i seguenti motivi:

I) L’immobile avrebbe conseguito un suo autonomo titolo abilitativo edilizio a seguito dell’ottenimento del contributo di costruzione-ricostruzione post sisma ex lege n. 219/1981;

II) Il fabbricato in questione è stato realizzato, già nella sua conformazione attuale, precedentemente all’entrata in vigore della legge n. 765/1967, quando ancora non vigeva l’obbligo per i terreni posti al di fuori dai centri abitati - come quello in questione - di munirsi di un titolo abilitativo per l’esercizio dello jus aedificandi.

Ciò si rileverebbe dalla perizia presentata al Comune il 13.7.2016, in base alla quale successivamente all’atto di donazione dell’area del 26.8.1966 sarebbero iniziati i lavori, poi terminati in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge n. 765/1967 dell’1.9.1967. A conferma di ciò vi sarebbe, tra l’altro, anche una scrittura privata tra tutte le parti aventi causa dagli originari proprietari del 30.6.2014 (registrata l’11.7.2014), che avrebbe attestato l’inizio della costruzione nel 1966, dopo la donazione;

III) Il decorso di un notevole lasso di tempo tra la realizzazione delle opere abusive e il provvedimento sanzionatorio avrebbe comportato la necessità di una motivazione da parte dell’amministrazione sulla sussistenza di ragioni di interesse pubblico alla demolizione;

IV) In via subordinata, la violazione dell’art. 34, comma 2, D.P.R. n. 380/2001 ai sensi del quale “Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”. L’ordine di demolizione non avrebbe tenuto conto dell’impossibilità di demolire le opere senza pregiudizio della parte eseguita in conformità.

Viene impugnato anche il provvedimento di sospensione lavori del Genio Civile in quanto meramente conseguenziale all’ordine di demolizione, adottato anch’esso a notevole distanza di tempo e in assenza di istruttoria.

DIRITTO

1) Il ricorso deve essere accolto per le ragioni che seguono.

2) Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto che l’immobile in questione avrebbe comunque conseguito un suo autonomo titolo abilitativo edilizio per effetto dell’ottenimento del contributo per la ricostruzione a seguito del terremoto del 1980, ai sensi della legge n. 219/1981.

A detta del ricorrente il rilascio del contributo di ricostruzione post sisma vale come titolo di autorizzazione edilizia; ciò ai sensi dell’art. 14 della legge n. 219/1981 che prescrive: “i contributi di cui ai precedenti articoli 9 e 10 sono concessi, unitamente all'autorizzazione o alla concessione ad edificare, con provvedimento del sindaco, su domanda dell'interessato, previo parere delle commissioni di cui al successivo terzo comma”.

Il motivo è infondato.

Il contributo previsto dalla legge n. 219/1981 non riguarda solo la ricostruzione ex novo degli immobili distrutto dall’evento sismico (art.9), ma anche la riparazione degli edifici non irrimediabilmente danneggiati dal terremoto e destinati ad uso di abitazione (art. 10).

Di quest’ultimo tipo risulta il contributo ottenuto per l’immobile in questione.

Al riguardo, l’art. 14 della legge n. 219/1981 ha evidentemente inteso far coincidere il momento di concessione del contributo con quello di rilascio del permesso per eseguire le opere oggetto del beneficio, unificandoli in un unico atto.

Se, pertanto, in caso di contributo per la ricostruzione si può probabilmente affermare che il titolo abilitativo per la realizzazione dell’immobile viene ormai a coincidere con quello insito nella concessione del contributo, con effetto lato sensu “novatorio” rispetto a quello precedente che perde rilevanza, a diversa conclusione si deve giungere nell’ipotesi di contributo per la riparazione.

In quest’ultimo caso il titolo abilitativo rilasciato contestualmente all’ammissione al contributo si limita ad assentire i soli lavori di riparazione, in modo che il permesso ad aedificandum iniziale non perde di rilevanza, continuando a costituire il titolo edilizio che legittima la sussistenza dell’immobile.

3) Nel secondo motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto che l’immobile è stato realizzato precedentemente all’entrata in vigore della legge n. 765/1967, ovverosia antecedentemente al dell’1.9.1967; prima, quindi, che quest’ultima legge imponesse l’obbligo generalizzato di munirsi di un titolo abilitativo edilizio per l’esercizio dello jus aedificandi sui terreni posti al di fuori dai centri abitati. La medesima ricorrente ha, altresì, lamentato il difetto di istruttoria e motivazione sul punto, in quanto il Comune non avrebbe correttamente considerato tutti gli elementi rilevanti della fattispecie acquisiti in sede procedimentale.

Sul punto l’ente locale ha dedotto in sede difensiva che l’onere di dimostrare la data di realizzazione dell’immobile ante 1967 grava sulla parte alla quale viene contestato l’abuso per assenza di titolo edilizio.

Il motivo è fondato nei termini che seguono.

Ben conosce e condivide il Collegio il predominante orientamento giurisprudenziale secondo cui è il proprietario o il responsabile dell'abuso assoggettato a ingiunzione di demolizione che ha l'onere di provare il carattere risalente del manufatto della cui demolizione si tratta, con riferimento a epoca anteriore alla c. d. legge "ponte" n. 761 del 1967, che ha imposto l'obbligo generalizzato di previa licenza edilizia per le costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano, come quella di parte ricorrente (T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, 19-10-2016, n. 4774; T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 15/06/2016, n. 391; T.A.R. Campania Napoli Sez. II, 27-11-2014, n. 6118; Cons. St., sez. IV, 6 agosto 2014 n. 4208; Cons. St., sez. IV, 7 luglio 2014, n. 3414).

Al tempo stesso, tuttavia, si deve ammettere un temperamento nel caso in cui, da un lato, il privato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento prima del 1967 elementi non implausibili e, dall'altro, il Comune fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio (Cons. Stato Sez. VI, 18-07-2016, n. 3177), stante comunque il dovere dell'autorità che adotta l'ingiunzione di demolizione di verificare in maniera adeguata la sussistenza dei presupposti dell’esercizio del potere sanzionatorio.

Nel caso di specie, la parte ricorrente ha sostenuto che il terreno è pervenuto per donazione a suo marito Francesco Massaro in data 26.8.1966 e che subito dopo è iniziata la realizzazione dell’immobile oggetto del provvedimento demolitorio, in modo che l’opera sarebbe stata edificata ante 1.9.1967.

A sostegno di tale tesi è stato allegato l’atto di donazione; risulta, inoltre, che nel 1980 l’opera era stata sicuramente realizzata, tanto è vero che ha usufruito dei contributi per la ricostruzione post sisma ex lege n. 219/1981; risulta, altresì, una dichiarazione di atto notorio attestante che l’immobile è stato realizzato ante 1967, così come un scrittura privata tra tutte le parti aventi causa dagli originari proprietari del 30.6.2014, che ha attestato l’inizio della costruzione dopo la donazione (anche se non riporta il periodo di inizio lavori).

Queste evidenze istruttorie, seppure non sono idonee a comprovare in modo certo la realizzazione delle opere ante 1967, sono degli elementi indiziari che suffragano la tesi di parte ricorrente, facendola apparire come non implausibile.

Dall’altra parte, il Comune non ha, invece, apportato nessun elemento di alcun genere a sostegno della tesi posta a base dell’ordinanza di demolizione, e cioè che l’immobile sarebbe stato costruito dopo l’entrata in vigore della cosiddetta legge Ponte, limitandosi a sostenere che l’onere di provare la data delle opere incombe sul privato. Non ha infatti evidenziato, nemmeno in sede di istruttoria procedimentale, alcuna risultanza da cui dedurre l’effettuazione di lavori successivi al 1967.

In tale contesto di totale assenza di elementi istruttori da parte del Comune, il Collegio ritiene di doversi orientare in conformità dell’orientamento suindicato, che onera l’amministrazione di verificare i presupposti dell’ordine demolitorio, ed è quindi dell’avviso di doversi pronunciare in favore dell’accoglimento del ricorso, in quanto l’ordine di demolizione non poteva essere adottato in base alle sole risultanze emerse in sede procedimentale.

Tra l’altro è ben plausibile che a distanza di moltissimo tempo dalla realizzazione delle opere il privato, che è spesso soggetto diverso da quello che ha posto in essere i lavori, abbia difficoltà a comprovare esattamente la data di realizzazione degli immobile, potendo apportare solo elementi indiziari.

Questo contemperamento sul versante dell’onere della prova appare, inoltre, coerente e opportuno nell’ambito di in un contesto normativo e giurisprudenziale che individua la repressione dell'abuso edilizio come manifestazione di attività strettamente vincolata, non soggetta a termini di decadenza o di prescrizione, e che non prevede un obbligo di motivazione circa l’interesse pubblico alla repressione, neanche nel caso in cui sia trascorso un notevole lasso di tempo dalla commissione dell’abuso.

4) Nel terzo motivo di ricorso parte ricorrente ha richiamato la tesi secondo cui, in caso di decorso di un notevole lasso di tempo tra la realizzazione delle opere abusive e l’esercizio del potere repressivo, l’amministrazione avrebbe l’obbligo di motivare la sanzione demolitoria evidenziando la sussistenza di ragioni di interesse pubblico alla demolizione.

Il motivo è infondato.

Sul punto il Collegio ribadisce l’orientamento secondo cui il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907), e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato, VI, 31 maggio 2013, n. 3010; Cons. Stato, VI, 11 maggio 2011, n. 2781).

In particolare, nel caso di abusi edilizi vi è un soggetto che pone in essere un comportamento contrastante con le prescrizioni dell’ordinamento, che confida nell’omissione dei controlli o comunque nella persistente inerzia dell’amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza. In questi casi il fattore tempo non agisce quindi in sinergia con l’apparente legittimità dell’azione amministrativa favorevole, a tutela di un’aspettativa conforme alle statuizioni amministrative pregresse (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907; Cons. Stato, IV, 4 maggio 2012, n. 2592).

5) Il ricorso appare fondato anche per quanto riguarda il provvedimento di sospensione lavori del Genio Civile in quanto lo stesso, per come è stato formulato e per l’istruttoria effettuata, si presenta come atto conseguenziale all’ordine di demolizione che è venuto meno in seguito all’accoglimento del presente ricorso sul punto.

6) Per le suesposte ragioni il ricorso va accolto nei termini indicati.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

In considerazione delle oggettive possibili incertezze interpretative in ordine alla spettanza dell’onere della prova sulla data di realizzazione dei manufatti privi di titolo abilitativo edilizio, il Collegio ritiene sussistano seri ed eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini indicati e, per l’effetto, annulla l’ordine di demolizione e l’ordine di sospensione lavori gravati.

Compensa le spese di lite, salva la rifusione del contributo unificato (nella misura effettivamente versata) con onere a carico del Comune di Casapesenna, da distrarre in favore del difensore dichiaratosi antistatario.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 20 settembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore

Rosalba Giansante, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Fabrizio D'Alessandri        Italo Caso