TAR Veneto Sez. II n.1375 del 14 dicembre 2016
Urbanistica.Piani attuativi di iniziativa privata

L'approvazione del piano attuativo di iniziativa privata non è un atto dovuto, ancorché il medesimo risulti conforme al piano regolatore generale, perché, sussistendo un rapporto di necessaria compatibilità ma non di formale coincidenza tra quest'ultimo e i suoi strumenti attuativi ed essendovi una pluralità di modi con i quali dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale, è ineliminabile la sussistenza di un potere discrezionale nella valutazione delle soluzioni proposte, dato che il Comune non si limita a svolgere un semplice riscontro della conformità del piano allo strumento generale, ma esercita pur sempre poteri di pianificazione del territorio comunale e pertanto può negare l’approvazione del piano attuativo facendo riferimento a ragioni interne al medesimo quali possono essere i temi dell’organizzazione urbanistica, viabilistica o architettonica dell’intervento


Pubblicato il 14/12/2016

N. 01375/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01575/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1575 del 2015, proposto da:
La Fossetta Srl, Paola Graziani, Eligio Fiocco, Paola Benedetti, Vittoria Franchetti, Giovanna Dai Pre', Emilio Comparotto, Sergio Mantovanelli, Giovanna Vargiu, Luca Benedetti, Amelio Turco, Maria Luisa Turco e Liliana Turco, rappresentati e difesi dagli avvocati Giulio Pasquini, Stefania Cavallo e Giorgio Pinello, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Venezia, San Polo, 3080/L;

contro

Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Baciga e Nicola Baciga, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonio Sartori in Venezia, San Polo, 2988;

per l'annullamento

della deliberazione n. 227 del 3/8/2015 con la quale la Giunta comunale di Verona ha restituito il Piano Urbanistico Attuativo denominato "Ai Tigli", respingendo la relativa istanza di approvazione del Piano attuativo medesimo presentata dai ricorrenti in data 23/12/2013.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Verona;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2016 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti sono proprietari di terreni compresi in un piano attuativo denominato “Ai tigli” sito nella località Montorio nel territorio del Comune di Verona.

Il repertorio normativo e la scheda norma n. 159 del piano degli interventi nel prevedere la redazione di tale piano prevedono che su una superficie territoriale di 37.500 mq sia possibile realizzare 15.000 mq abitativi di superficie utile lorda destinando a verde e servizi pubblici e di interesse collettivo una superfice, da cedere al Comune, di almeno il 50% della superfice territoriale, pari a 18.750 mq.

La planimetria della predetta scheda norma prevede che la parte ovest dell’ambito sia destinata all’edificazione residenziale, e la parte est sia destinata a verde e servizi con la realizzazione di un’area sportiva, costituita da impianti con giochi d’acqua, una palestra polifunzionale, spazi per associazioni del territorio e due palestre.

L’art. 157 delle norme tecniche operative allegate al piano degli interventi prevede l’obbligo per i privati di versare, oltre al contributo di costruzione, un ulteriore contributo da definirsi mediante un apposito accordo di pianificazione da redigere ai sensi dell’art. 6 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11.

Tale accordo è stato sottoscritto nel 2013, prevedendo in capo ai privati l’obbligo di progettare e realizzare a proprie spese le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di contribuire alla realizzazione delle opere pubbliche per un importo di € 1.500.000,00, con la stipula di una apposita fideiussione a garanzia dell’adempimento di tali obblighi.

Dopo un lungo confronto con gli uffici comunali per definire il contenuto progettuale del piano attuativo, la conferenza di servizi del 9 luglio 2015, ha dato esito positivo, e il Settore di pianificazione territoriale del Comune ha conseguentemente espresso un parere tecnico istruttorio definitivo favorevole trasmettendo il piano alla Giunta comunale per la sua adozione.

La Giunta comunale, dopo aver esaminato i contenuti progettuali avvalendosi, a fini istruttori, del parere di un legale esterno all’Amministrazione comunale, con deliberazione n. 227 del 3 agosto 2015, ha motivatamente disposto la restituzione del piano attuativo discostandosi dalle conclusioni cui erano pervenuti gli uffici.

La deliberazione nella parte finale così riassume i punti posti a giustificazione della restituzione:

- eccessiva riduzione della superficie destinata alla realizzazione della zona sportiva;

- previsione nell’ambito di quest’ultima di un edificio destinato a bar ristorante, non previsto dal repertorio normativo e dall’accordo di pianificazione;

- eliminazione del canale irriguo con la relativa vegetazione individuata dal piano degli interventi come elemento del paesaggio storico e della rete ecologica secondaria;

- totale alterazione della porzione di area coincidente con l’ambito delle risorgive;

- necessità di modificare alcune norme dello schema di convenzione riguardanti il collegamento tra opere di urbanizzazione, permessi di costruire e certificati di agibilità.

Tale deliberazione è impugnata con il ricorso in epigrafe per le seguenti censure:

I) violazione dell’art. 97 della Costituzione dell’art. 49 del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267, degli art. 3 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 20 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, carenza di istruttoria e di contraddittorio, sviamento, travisamento ed illogicità, perché la deliberazione che ha disposto la restituzione del piano attuativo non reca una motivazione sufficientemente approfondita in relazione all’ampia ed accurata istruttoria che era stata svolta dagli uffici tecnici;

II) violazione delle norme tecniche operative allegate al piano degli interventi, perché ciascuno dei cinque elementi posti a fondamento del giudizio negativo si rivela insufficiente al fine di sorreggere la restituzione del piano attuativo in quanto:

- la riduzione della superficie destinata alla realizzazione della zona sportiva ritenuta eccessiva dalla Giunta, in realtà è l’esito di una rimodulazione progettuale suggerita dagli stessi uffici, determinata dalla constatazione che il contributo a carico dei privati di € 1.500.000,00 è da solo insufficiente a finanziare interamente l’opera pubblica inizialmente progettata, mentre la nuova progettazione proposta, che ha ad oggetto le palestre attrezzate e la palazzina bar ristoro, è interamente sostenibile con il contributo a carico dei privati;

- la realizzazione del bar ristorante è stata suggerita dagli uffici del Comune nel corso dell’istruttoria;

- è vero che è prevista l’eliminazione della vegetazione arborea lungo un preesistente canale irriguo, ma con la riproposizione di nuove alberature lungo un canale attrezzato definito “strada a cortile” secondo le valutazioni positive espresse dagli uffici nel corso dell’istruttoria;

- le modifiche normative indicate possono essere eventualmente inserite in sede attuativa e non giustificano le restituzione del piano.

III) violazione dell’art. 20 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 e dell’art. 5 del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106, carenza di istruttoria e di contraddittorio, sviamento, travisamento, irragionevolezza ed insufficienza della motivazione perché, in base al citato art. 20 della legge regionale in materia urbanistica, il piano attuativo può essere restituito solo “qualora non conforme alle norme e agli strumenti urbanistici vigenti” in coerenza con quanto dispone la norma statale che ha previsto che la Giunta approvi i piani attuativi “conformi allo strumento urbanistico generale vigente”;

IV) violazione dell’art. 6 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, dell’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 1173 e ss cod. civ., carenza di istruttoria e del contraddittorio, sviamento, travisamento, irragionevolezza ed insufficienza della motivazione, in quanto le modalità di attuazione dell’intervento erano state disciplinate dall’accordo sottoscritto il 25 luglio 2013, e le obbligazioni a carico dei privati sono garantite da onerose fideiussioni, e pertanto il Comune era obbligato ad adottare il piano attuativo anche in attuazione dell’accordo;

V) sviamento, carenza di istruttoria, contraddittorietà, travisamento, irragionevolezza ed insufficienza della motivazione sotto ulteriore profilo, in quanto la Giunta in realtà persegue lo scopo di arrestare l’intervento edificatorio, per penalizzare il legale rappresentante della Società ricorrente che nel 2013 aveva accusato di alcuni illeciti penali l’allora vicesindaco ed assessore all’urbanistica che è stato in seguito condannato, con sentenza non definitiva, per quei fatti.

Si è costituito in giudizio il Comune di Verona replicando alle censure proposte e concludendo per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del 16 novembre 2016, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Con il terzo motivo, il cui esame ha priorità logica, in sostanza i ricorrenti sostengono che la Giunta comunale non ha il potere di restituire il piano attuativo per motivi di opportunità entrando nel merito delle scelte progettuali, dovendo limitarsi ad un riscontro di conformità agli strumenti urbanistici sovraordinati come prescritto dall’art. 20 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, con una norma che si armonizza con quanto dispone l’art. 5 del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106.

L’assunto non può essere condiviso.

Infatti come anche recentemente affermato da questa stessa Sezione (cfr. Tar Veneto, Sez. II, 4 aprile 2016, n. 351), vi è da ritenere che non vi è motivo di discostarsi dal consolidato principio giurisprudenziale “secondo il quale l'approvazione del piano attuativo di iniziativa privata non è un atto dovuto, ancorché il medesimo risulti conforme al piano regolatore generale, perché, sussistendo un rapporto di necessaria compatibilità ma non di formale coincidenza tra quest'ultimo e i suoi strumenti attuativi ed essendovi una pluralità di modi con i quali dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale, è ineliminabile la sussistenza di un potere discrezionale nella valutazione delle soluzioni proposte, dato che il Comune non si limita a svolgere un semplice riscontro della conformità del piano allo strumento generale, ma esercita pur sempre poteri di pianificazione del territorio comunale e pertanto può negare l’approvazione del piano attuativo facendo riferimento a ragioni interne al medesimo quali possono essere i temi dell’organizzazione urbanistica, viabilistica o architettonica dell’intervento (ex pluribus cfr. Tar Sicilia, Palermo, Sez. II, 8 luglio 2015, n. 1667; Tar Puglia, Bari, Sez. III, 12 marzo 2015, n. 403; Tar Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 11 febbraio 2014, n. 41; Tar Sicilia, Catania, Sez. I, 29 maggio 2013, n. 1563; Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo 2013, n. 1479; id. 19 settembre 2012, n. 4977; Tar Umbria, Sez. I, 27 maggio 2010, n. 335; Tar Piemonte, Sez. I, 9 aprile 2010, n. 1752; Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 6 giugno 2008, n. 624; Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 248)”.

Le censure di cui al terzo motivo devono pertanto essere respinte.

2. Su queste stesse premesse si rivela infondata anche la censura di cui al quarto motivo, con la quale i ricorrenti sostengono che il Comune avrebbe dovuto adottare e dar corso al piano attuativo in esecuzione dell’accordo di pianificazione sottoscritto il 25 luglio 2013 ai sensi dell’art. 6 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11.

La doglianza è priva di fondamento perché la Giunta comunale con l’atto impugnato, esercitando una propria facoltà, ha motivatamente messo in discussione solo le modalità con le quali il piano attuativo ha dato esecuzione all’accordo, e non la sua validità ed efficacia, e pertanto non può configurarsi un inadempimento in capo all’Amministrazione.

3. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano l’insufficienza della motivazione e l’illegittima acquisizione da parte della Giunta del parere di un legale esterno all’Amministrazione fatto proprio in modo acritico smentendo le diverse conclusioni cui erano pervenuti gli uffici del Comune dopo un lungo confronto con la parte privata.

Tale censura non può essere accolta, perché, come sopra visto, la Giunta comunale, in sede di adozione di un piano attuativo, non si limita ad un mero riscontro della compatibilità dello stesso con la pianificazione sovraordinata ma può esercitare un potere discrezionale valutando nel merito le soluzioni proposte.

Pertanto la Giunta, organo collegiale di governo del Comune, non è condizionata in modo assoluto nel proprio apprezzamento dalle conclusioni cui sono pervenuti gli uffici tecnici dalle quali può motivatamente discostarsi, e nello svolgimento di tale attività alla stessa non può ritenersi precluso ricorrere ad una consulenza legale esterna inserita nell'ambito dell’istruttoria procedimentale e richiamata nella motivazione dell'atto finale, come è avvenuto nel caso di specie.

La deliberazione impugnata contiene peraltro una motivazione molto articolata che da un lato riporta in modo dettagliato l’istruttoria svolta dagli uffici, dando atto dell’accuratezza delle indagini e dell’approfondimento di tutti gli aspetti del progetto con riferimento alla sua incidenza sul territorio e all’organizzazione dei servizi pubblici, dall’altro finisce per esprimere delle diverse valutazioni finali in modo motivato.

Non sussistendo impedimenti allo svolgimento di valutazioni autonome da parte della Giunta comunale rispetto a quelle svolte dagli uffici avvalendosi eventualmente del supporto di un legale esterno all’Amministrazione, e non potendo configurarsi il dedotto vizio di carenza di motivazione, le censure di cui al primo motivo devono pertanto essere respinte.

4. Con il secondo motivo i ricorrenti contestano la fondatezza e la correttezza di ciascuno dei cinque rilievi ai quali si è richiamata la Giunta comunale con il provvedimento impugnato per giustificare la restituzione del piano attuativo.

Anche tale motivo non può essere accolto.

Come sopra visto, in sede di adozione di un piano attuativo la Giunta esercita una discrezionalità che è quella ampia propria degli atti di pianificazione del territorio con l’unico limite di non poter effettuare valutazioni che contrastino con quelle già formalizzate con la pianificazione sovraordinata, ad esempio negando con valutazioni diametralmente opposte da quelle effettuate nel piano regolatore l’edificabilità ammessa da questo su un’area.

Nel caso all’esame la Società ricorrente non dimostra la sussistenza di profili di manifesta illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, errori nei presupposti o vizi nel procedimento logico seguito dalla Giunta.

Infatti alla luce della documentazione versata in atti i rilievi formulati dalla Giunta appaiono sorretti da obiettivi riscontri in quanto effettivamente la scelta progettuale è pervenuta a concentrare in soli 8.866,90 mq di superficie le strutture con una destinazione sportiva, rispetto ad una superficie potenziale a “verde, servizi pubblici e d’interesse collettivo” (denominata VS dal piano degli interventi) di 18.750 mq; pur trattandosi di una scelta astrattamente compatibile con la pianificazione sovraordinata, può evidentemente essere oggetto di una valutazione negativa da parte della Giunta che ha indicato come centrale, per l’interesse pubblico perseguito dal piano attuativo, la realizzazione di impianti sportivi e di spazi utilizzabili come sedi da parte delle associazioni del territorio in misura maggiore da quella indicata dalla pianificazione proposta.

Le medesime considerazioni circa l’opinabilità delle soluzioni progettuali individuate dai proponenti possono essere svolte anche con riguardo alla scelta di collocare un’area di verde pubblico attrezzato distaccata dall’area sportiva e della misura di soli 672,20 mq che, se da un lato contribuisce al raggiungimento dei rapporti di dimensionamento del piano attuativo con riguardo alle superfici con destinazione pubblica, la rende obiettivamente poco idonea alla sua funzione per dimensione e caratteristiche.

Per quanto riguarda la scelta progettuale contenuta nella proposta di piano di eliminare e sostituire con nuovi impianti il filare di alberi esistente e di destinare all’edificazione un’area classificata come ambito delle risorgive, effettivamente gli artt. 58 e 65 delle norme tecniche operative allegate al piano degli interventi fissano per tali ambiti come prioritario l’obiettivo di conservazione e recupero, e la scelta compiuta appare non armonizzarsi con tale finalità; analoghe considerazioni, circa la non irragionevolezza delle indicazioni contenute nella deliberazione impugnata, possono essere svolte con riguardo al giudizio di non idoneità della scelta, non prevista dall’accordo di pianificazione, di realizzare un bar ristorante, o alla richiesta di rimodulare fin da subito le norme dello schema della convenzione per adeguarle alle modifiche progettuali proposte e per assicurare una maggior tutela dell’interesse pubblico mediante il rafforzamento delle garanzie, sul piano procedimentale, del completo adempimento degli obblighi previsti in capo al soggetto attuatore.

Non potendosi ravvisare nella deliberazione impugnata valutazioni incoerenti o irragionevoli tali da comportare un vizio della funzione che manifesti un cattivo esercizio del potere amministrativo, anche le censure di cui al secondo motivo devono essere respinte.

5. Il quinto motivo, con il quale i ricorrenti lamentano lo sviamento perché in realtà l’atto impugnato dissimulerebbe l’intento di non approvare i piani attuativi proposti da Società riconducibili all’Amministratore delegato della ricorrente Società La Fossetta Srl, non può essere accolta, perché nel caso di specie la censura non è supportata da quei precisi e concordanti elementi di prova idonei a dimostrare l'illegittima finalità perseguita in concreto dall'organo amministrativo richiesti dalla giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3355; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1776), e che sono difficilmente ravvisabili laddove l'atto impugnato, come nel caso di specie, risulti adottato conformemente alle norme che lo disciplinano ed aderente al fine cui è istituzionalmente preordinato.

In definitiva il ricorso deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di Verona liquidandole nella somma di € 4.000,00 a titolo di compensi e spese oltre ad iva e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Alberto Pasi, Presidente

Stefano Mielli, Consigliere, Estensore

Marco Morgantini, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Stefano Mielli        Alberto Pasi