TAR Sicilia (CT) Sez. I sent. 5 del 9 gennaio 2009

Urbanistica. Sanatoria

Sulla inammissibilità della c.d. sanatoria giurisprudenziale


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2536 del 2005, proposto da:
Catalano Carmela, rappresentato e difeso dall\'avv. Salvatore Fiore, con domicilio eletto presso Carmelo Toscano in Catania, via della Scogliera, 1;
contro
Comune di Santo Stefano di Camastra (Me), rappresentato e difeso dall\'avv. Carmela Santonocito, con domicilio eletto presso Carmela Santonocito in Catania, corso Italia,226;
nei confronti di
Patti Arcangela, Gerbino Augusto, rappresentati e difesi dall\'avv. Silvano Martella, con domicilio eletto presso Silvano Martella in Catania, viale XX Settembre 43 St. Natullo;
per l\'annullamento
previa sospensione dell\'efficacia,
della concessione edilizia rilasciata, ai sensi dell’art. 13 L.47/85, dal Capo dell’Area Tecnica del Comune di Santo Stefano di Camastra alla ditta Patti Arcangela – Gerbino Augusto con provvedimento prot. 07006/10-04 – 02326/10–05 – Registro Concessioni n.038/004 del 19.5.05 pubblicata all’Albo Pretorio del Comune dal 22 maggio 2005 al 6 giugno 2005 e di cui la ricorrente ha ottenuto copia in data 26.8.05;.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l\'atto di costituzione in giudizio di Comune di Santo Stefano di Camastra (Me);
Visto l\'atto di costituzione in giudizio di Patti Arcangela;
Visto l\'atto di costituzione in giudizio di Gerbino Augusto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell\'udienza pubblica del giorno 20/11/2008 il dott. Rosalia Messina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO
Con il ricorso in epigrafe viene impugnata la concessione edilizia rilasciata ai controinteressati in sanatoria - ai sensi dell’art. 13 legge n. 47/1985 - dal Comune di Santo Stefano di Camastra.
Sono state dedotte le censure di seguito indicate:
I. Violazione e falsa applicazione art.13 L.47/85 per come reintrodotto dall’art. 36 DPR 380/01. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti. Sviamento dalla causa tipica.
II. Violazione e falsa applicazione art.36 Regolamento Edilizio Comune di Santo Stefano di Camastra. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti. Sviamento dalla causa tipica.
III. Violazione e falsa applicazione art. 37 NNTTAA PRG Comune di Santo Stefano di Camastra
IV. Violazione art. 61 REC. Difetto di istruttoria. Eccesso di potere.
Il Comune di Santo Stefano di Camastra si è costituito con atto depositato il 17.11.2008; la Segreteria, rilevata la tardività della costituzione, ai sensi dell’art. 22, comma 1, della l. n. 1034 del 1971, e del contenuto difensivo di detto atto, ai sensi dell’art. 23, comma 4, della medesima legge, inseriva in busta chiusa l’atto de quo.
Parte controinteressata ha sostenuto che sarebbe del tutto illogico e contrario ai principi di economicità, buon andamento, ragionevolezza e logicità dell\'azione amministrativa negare la concessione in sanatoria in presenza di manufatti realizzati abusivamente, ma che, al momento dell\'esame della richiesta di sanatoria, risultino tuttavia conformi agli strumenti urbanistici, poiché ciò comporterebbe la preventiva demolizione dell\'opera, a cura del privato su ordine dell\'amministrazione, ma successivamente l\'obbligo per l\'amministrazione stessa di approvare un\'opera identica a quella abusivamente realizzata.
Alla pubblica udienza del 20.11.2008 sorgeva questione fra le parti circa la possibilità di ammettere alla discussione orale il difensore del Comune resistente, attesa la duplice predetta tardività e l’opposizione del difensore di parte ricorrente all’acquisizione dell’atto del 17.11.2008 al materiale di cognizione, mediante apertura della busta chiusa di cui s’è detto.
Il collegio, riservata ordinanza ai sensi dell’art. 186 Cpc, riteneva di dover ammettere alla discussione orale il difensore del Comune, con la seguente motivazione (oci n. 455/2008): “la costituzione del Comune di Santo Stefano di Camastra è da ritenere rituale, mentre delle difese esplicate per iscritto non si può tenere conto, atteso che nel processo amministrativo il termine previsto dall\'art. 22, comma 1, della l. n. 1034 del 1971, di 20 gg. per la costituzione in giudizio ha natura ordinatoria, di tal che la costituzione tardiva non incorre in alcuna decadenza, con l\'unica conseguenza che detta costituzione avviene nello stato in cui il procedimento si trova a quel momento; che, viceversa, il termine di cui all\'art. 23, comma 4, della medesima legge, di 10 giorni liberi prima dell\'udienza di merito per il deposito di scritti difensivi è perentorio, con la conseguenza che, in caso di mancato consenso delle altre parti del giudizio – consenso che nella fattispecie non è stato espresso, come verbalizzato - il Tribunale non può acquisire agli atti detti scritti (cfr.: T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 18 giugno 2008 , n. 5952)”;
La difesa dell’amministrazione resistente, ammessa alla discussione orale, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso e sollevato eccezioni.
Il ricorso è stato infine tratto in decisione.
DIRITTO
Il collegio ritiene fondato il ricorso in epigrafe.
Va innanzitutto precisato che al momento della realizzazione del manufatto questo non era conforme al PUC n. 9, che richiedeva, nella zona in questione, la previa approvazione di un pdl, mentre sarebbe – circostanza per altro non pacifica tra le parti - conforme al nuovo PRG.
Merita adesione il primo motivo di gravame, con cui si lamenta violazione e falsa applicazione art.13 L.47/85 per come reintrodotto dall’art. 36 DPR 380/01.
Parte della giurisprudenza si è sforzata di mitigare gli effetti della rigorosa applicazione della normativa in questione, costruendo la cosiddetta sanatoria giurisprudenziale, la quale ammette la sanabilità di un\'opera, anche se abusivamente realizzata, qualora ne risulti la conformità alla disciplina urbanistica vigente al momento del rilascio del titolo abilitativo (e addirittura anche solamente a quelle applicabili al momento della presentazione dell\'istanza: C.d.S., Sez. V, 19 aprile 2005, n. 1796), rinvenendo tale orientamento la sua ratio nell\'esigenza di non imporre la demolizione di un\'opera prima di ottenere la concessione per realizzarla nuovamente. (cfr.: T.A.R. Abruzzo Pescara, 11 maggio 2007 , n. 534); così opinando, sostanzialmente si supera e si svuota di significato la previsione della doppia conformità delle opere che si intende sanare agli strumenti urbanistici vigenti all’epoca della realizzazione ed al’epoca della domanda di sanatoria. Tuttavia, il collegio ritiene preferibile l’orientamento che – criticando l’impostazione della sanatoria giurisprudenziale – riafferma le molte buone ragioni che militano in favore della necessità della doppia conformità.
Premesso che l\'accertamento di conformità previsto dall\'art. 13, l. 28 febbraio 1985 n. 47 (ora, art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001), è diretto a sanare - a regime - le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza concessione o autorizzazione, ma conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica applicabile per l\'area su cui sorgono,vigente sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione dell\'istanza di sanatoria (cfr.: T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 21 marzo 2008 , n. 1460; T.A.R. Emilia Romagna Parma, 13 dicembre 2007 , n. 620), si osserva che le pur apparentemente forti ragioni invocate a sostegno della tesi contraria a quella qui seguita sono in realtà tutte superabili. Denominatore comune delle argomentazioni solitamente addotte in favore della c.d. sanatoria giurisprudenziale è costituito dalla pretesa esigenza di ispirare l’esercizio del potere di controllo sull’attività edificatoria dei privati al buon andamento della p.a., canone costituzionale (art. 97 della Carta) che imporrebbe, in sede di accertamento di conformità ex art. 13 della l. n. 47/1985 (ed ora art. 36 del d.P.R. n. 380/2001), di accogliere l\'istanza di sanatoria per quei manufatti che potrebbero ben essere realizzati sulla base della disciplina urbanistica attualmente vigente, ancorché non conformi alla disciplina vigente al momento della loro realizzazione. Si eviterebbe, così, uno spreco di attività inutili, sia dell\'amministrazione (il successivo procedimento amministrativo preordinato alla demolizione dell\'opera abusiva), sia del privato (la nuova edificazione), sia ancora dell\'amministrazione (il rilascio del titolo per la nuova edificazione).
A ben guardare, invece, quella sorta di antinomia che si vorrebbe creare con l\'affermazione della cd. sanatoria giurisprudenziale - e quindi con il sostanziale ripudio dell\'esigenza della doppia conformità, ad onta della sua esplicita previsione negli artt. 13 e 36 citati - tra i principi di legalità e di buon andamento della P.A., con assegnazione della prevalenza a quest\'ultimo, in nome di una presunta logica "efficientista", risulta artificiosa (cfr.: T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 09 giugno 2006 , n. 1352).
Va innanzitutto osservato che l\'agire della pubblica amministrazione deve essere in ogni sua fase retto dal principio di legalità, inteso quale regola fondamentale cui è informata l\'attività amministrativa (cfr. l’appena citata decisione del Tar Milano, ed ivi ulteriore ragguaglio giurisprudenziale) e che trova un fondamento positivo in varie disposizioni costituzionali (artt. 23, 97, 24, 101 e 113 Cost.). In altri termini, lungi dall’esservi antinomia fra efficienza e legalità, non può esservi rispetto del buon andamento della p.a., ex art. 97 Cost., se non vi è nel contempo rispetto del principio di legalità. Il punto di equilibrio fra efficienza e legalità, è stato, nella specifica materia in questione, individuato dal legislatore nel consentire – come già detto – la sanatoria dei c.d. abusi formali, sottraendo alla demolizione le opere che risultino rispettose della disciplina sostanziale sull\'utilizzo del territorio, e non solo di quella vigente al momento dell\'istanza di sanatoria, ma anche di quella vigente all\'epoca della loro realizzazione (e ciò costituisce applicazione del principio di legalità), e quindi evitando un sacrificio degli interessi dei privati che abbiano violato soltanto le norme che disciplinano il procedimento da osservare nell’attività edificatoria (e ciò in applicazione dei principi di efficienza e buon andamento, che sarebbero violati ove agli aspetti solo formali si desse un peso preponderante rispetto a quelli del rispetto sostanziale delle norme generali e locali in materia di uso del territorio).
La vera insanabile contraddizione starebbe, da un lato nell’imporre alle autorità comunali di reprimere e sanzionare gli abusi edilizi, dall\'altro consentire violazioni sostanziali della normativa del settore, quali rimangono - sul piano urbanistico - quelle conseguenti ad opere per cui non esista la cd. doppia conformità, dovendosi aver riguardo al momento della realizzazione dell\'opera per valutare la sussistenza dell\'abuso (cfr. la già richiamata sentenza del Tar Milano n. 1352/2006).
Ciò in quanto sarebbe davvero contrario al buon andamento ammettere che l\'amministrazione, una volta posta la disciplina sull\'uso del territorio, di fronte ad interventi difformi dalla stessa sia indotta - anziché a provvedere a sanzionarli - a modificare la disciplina stessa. Si finirebbe così per incoraggiare, anziché impedire, gli abusi, perché ogni interessato si sentirebbe incitato alla realizzazione di manufatti difformi, contando sulla loro acquisizione di conformità ex post, a mezzo di modifiche della disciplina del settore.
Va inoltre tenuto nel debito conto che la sanabilità degli abusi sostanziali è ottenibile non attraverso lo strumento dell\'accertamento di conformità ex artt. 13 e 36 cit., ma tramite il diverso istituto giuridico del condono (T.A.R. Puglia, Lecce, n. 1007 del 1990; Tar Milano, n. 1352/2006, cit..) e nei limiti, in specie temporali, in cui quest\'ultimo è applicabile alla fattispecie concreta considerata.
Infine, la sanatoria giurisprudenziale non ha trovato conferma – come spesso accade con gli istituti di creazione pretoria – nella recente legislazione, ché, anzi, la doppia conformità continua ad essere esplicitamente richiesta dall\'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001. In ordine a questo rilevante aspetto della questione è stato osservato che il mancato recepimento nell’art. 36 t.u. dell\'edilizia ( nonostante l\'auspicio in tal senso espresso nel parere del 29 marzo 2001 della Adunanza generale del Consiglio di Stato - dell\'orientamento affermatosi nel vigore dell\'art. 13 l. 28 febbraio 1985 n. 47 e che viene denominato “sanatoria giurisprudenziale”) impedisce che l’applicazione delle disposizioni che consentono la sanatoria degli abusi, prevedendo un provvedimento tipico oggetto di una disciplina puntuale ed esaustiva nell\'art. 36 t.u. dell\'edilizia, subisca ampliamenti in via interpretativa, e che in particolare si superi la c.d. doppia conformità (cfr.: Consiglio Stato , sez. IV, 26 aprile 2006 , n. 2306).
La natura assorbente della censura esaminata, che deve, alla stregua delle superiori premesse, essere accolta, comporta accoglimento del ricorso in epigrafe, e conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza, e si pongono a carico delle parti resistenti, tenutevi in solido, come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione I, ACCOGLIE il ricorso in epigrafe, per l’effetto annullando il provvedimento impugnato.
Spese a carico delle parti resistenti, tenute in solido a corrispondere alla ricorrente la somma complessiva di euro 2.000,00, oltre IVA, CPA e rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall\'autorità amministrativa.
Ne sarà data comunicazione alle parti.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 20/11/2008 con l\'intervento dei Magistrati:

 

Vincenzo Zingales, Presidente
Rosalia Messina, Consigliere, Estensore
Pancrazio Maria Savasta, Consigliere

 

L\'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/01/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO