TAR Campania (NA), Sez. VI, n. 3588, del 11 luglio 2013
Urbanistica.Edificio demolito e ristrutturazione

La ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura, viceversa la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da tempo demolito, anche se soltanto in parte, costituisce una nuova opera e, come tale, è soggetta alle comuni regole edilizie e paesistico-ambientali vigenti al momento della riedificazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03588/2013 REG.PROV.COLL.

N. 04221/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4221 del 2012, proposto da: 
Giuseppe De Luca, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Affuso, con lui domiciliato ex lege presso la Segreteria T.A.R. essendo mancata l’elezione di domicilio nel Comune in cui ha sede questo Tribunale Amministrativo (art. 25 c.p.a.);

contro

Comune di Pozzuoli, rappresentato e difeso dall'avv. Giuliano Agliata, con domicilio eletto presso Giuliano Agliata in Napoli, via G.Porzio C. Dir. Isola G 8;

per l'annullamento

dell'ordinanza n. 26349 del 12.07.2012, notificata il successivo 18.07.2012, di demolizione delle opere ivi indicate; di ogni altro atto connesso, collegato e conseguente, comprese le relazioni del comando VV.UU. poste a fondamento dell’ordinanza impugnata;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pozzuoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2013 il dott. Luca Cestaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;



FATTO

1.1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, DE LUCA Giuseppe impugnava l’ordinanza n. 26349 del 12.07.2012, notificata il successivo 18.07.2012, (nonché ogni altro atto connesso, collegato e conseguente, comprese le relazioni del comando VV.UU. poste a fondamento dell’ordinanza impugnata), emessa dal Comune di Pozzuoli, con cui si è ordinata la demolizione di un manufatto di circa 450 mq con area esterna, di 1500 mq circa, delimitata da un muro alto m. 3,20 e da un cancello; alla base del provvedimento la considerazione che il manufatto fosse stato edificato – in area sottoposta a vincolo paesistico- in assenza di titolo edilizio.

1.2. In particolare, il ricorrente esponeva in ricorso le seguenti censure, meglio descritte nella parte in diritto:

I. violazione dell’art. 22 c.3 lett c) e d) del D.P.R. 380/2001; violazione dell’art. 2 L. 19/2001 e 31 lett. d) e c) L. 457/1978; violazione degli artt. 36/37 del dpr 380/2001; violazione del giusto procedimento, eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento, manifesta ingiustizia;

II. violazione dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001, violazione del giusto procedimento, eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento, manifesta ingiustizia;

III. violazione degli artt. 27 e 31 del dpr 380/2001, eccesso di potere, violazione del giusto processo;

IV. violazione e falsa applicazione del P.T.P. e del P.R.G. del Comune Pozzuoli; eccesso di potere per omessa e insufficiente motivazione e istruttoria; contraddittorietà tra atti, violazione del T.U. 380/2001; violazione del d.lgs. 42/2004; violazione dell’art. 167 co. 4 D.lgs. 42/2004;

V. eccesso di potere per travisamento dei fatti, violazione del “giusto processo”, omessa valutazione dei presupposti in fatto e diritto, omessa e/o insufficiente istruttoria e motivazione, omessa ponderazione della situazione contemplata, violazione e falsa applicazione della L.R. Campania n. 10/2004, violazione e falsa applicazione della L.R. Campania n. 19/2001.

1.3. In conclusione, il ricorrente chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato.

1.4. Si costituiva il Comune di Pozzuoli che chiedeva il rigetto del ricorso.

1.5. Con ordinanza del 24.10.2012, il Tribunale respingeva l’istanza di sospensione; la decisione era, poi, confermata in sede di appello cautelare dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 433/2013 del 06.02.2013.

1.6. All’esito dell’udienza di trattazione del 22.05.2013, il Collegio tratteneva la causa in decisione.

DIRITTO

2.1. Come si è detto nella parte in fatto, il Comune di Pozzuoli, ha ordinato, con il provvedimento impugnato, la demolizione di un ampio manufatto edificato in zona sottoposta, pacificamente, a vincolo paesistico.

3.1. Con le prime due censure, vertenti sulle medesime argomentazioni ad onta della diversa rubrica, il ricorrente lamenta che l’intervento in questione sia consistito nella mera ricostruzione di un immobile preesistente, edificato in epoca precedente al 1967, come tale sottoposto alla mera denuncia di inizio attività e (quindi) non soggetto alla sanzione demolitoria, ma alla più blanda sanzione pecuniaria; inoltre, il ricorrente rappresenta che è stata presentata un’istanza ai sensi dell’art. 36 d.p.r. 380/2001 (accertamento di conformità) che avrebbe impedito l’adozione del provvedimento impugnato almeno sino all’intervenuta definizione della stessa anche in considerazione della sicura sanabilità dell’opera che non lede valori paesistici e che si inserisce in un contesto già intensamente edicato.

3.2. Le censure non hanno pregio alcuno.

3.3. In primo luogo, infatti, è stato chiarito, con giurisprudenza costante, che, quand’anche l’immobile sia effettivamente da imputare alla “ricostituzione” di un preesistente manufatto, è necessario che la preesistenza abbia i connotati di una vera e propria costruzione non potendosi qualificare come ricostruzione o ristrutturazione quella relativa ad immobili che, prima dell’intervento edilizio, fossero privi di fondamentali elementi strutturali.

3.4. Nel caso di specie, la stessa perizia di parte ricorrente (allegata alla richiesta di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. 380/2001) evidenzia che la preesistenza consisteva in un comodo rurale in stato di totale abbandono e, anzi, si afferma che il manufatto non era mai stato «denunciato in catasto» in quanto l’«assenza totale delle strutture orizzontali» di copertura e «la fitta vegetazione che lo ha occultato per decenni non ha mai permesso una dettagliata individuazione dello stesso nei rilievi aereo fotogrammetrici» (cfr. pag. IX della relazione del 07.09.2012 a firma del geom. FITTIPALDI Rocco).

3.5. L’esposizione che precede dimostra con assoluta evidenza che, con riferimento a tale immobile, giammai si sarebbe potuto procedere a un restauro o a una ricostruzione dovendosi qualificare l’intervento in questione come «nuova costruzione» ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001.

3.6. Va ribadito, infatti, che «una ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare - ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura -, onde la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da tempo demolito, anche se soltanto in parte, costituisce una nuova opera e, come tale, è soggetta alle comuni regole edilizie e paesistico-ambientali vigenti al momento della riedificazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7476 dove sono richiamate: Consiglio di Stato, sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5375 e sez. V: 15 aprile 2004, n. 2142; 29 ottobre 2001, n. 5642; 1 dicembre 1999, n. 2021; 10 marzo 1997, n. 240. V. pure, ex multis, T.A.R. Napoli Campania sez. VI, 09 novembre 2009, n. 7049 e Cassazione penale sez. III, 21 ottobre 2008 n. 42521).

3.7.1. Inoltre, nel caso di specie, l’assenza del titolo edilizio e della correlativa autorizzazione paesistica impone, comunque, la demolizione e ciò tanto in assenza del permesso di costruire (per quanto si è detto, necessario nel caso di specie), quanto nel caso in cui sarebbe stata sufficiente la mera D.I.A.. La qualificazione dell’intervento, infatti, non incide sul regime sanzionatorio trattandosi di opere poste in essere su un’area sottoposta a vincolo paesaggistico, per le quali l’operatività della demolizione, disposta ai sensi dell’art. 27 D.P.R. 380/2001, non risente della diversità del regime autorizzatorio che, invece, incide esclusivamente sull’operatività dell’analogo strumento previsto dall’art. 31 del medesimo Testo Unico, applicabile nel caso in cui si sanzioni un immobile edificato abusivamente in zona non vincolata (v., ex multis, T.A.R. Campania, questa sezione, sent. n. 05241/2012).

3.8.1. Quanto, poi, al profilo dell’asserita sanabilità dell’opera ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001, si è a più riprese affermato che l’avvenuta presentazione dell’istanza in esame non impedisce l’adozione di provvedimenti sanzionatori. Nel sistema, infatti, non è rinvenibile alcuna previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto: la proposizione di un'istanza di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001 in tempo successivo all'emissione dell'ordinanza di demolizione, incide unicamente sulla possibilità dell'Amministrazione di portare ad esecuzione la sanzione, ma non si riverbera sulla legittimità del precedente provvedimento di demolizione (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 06 settembre 2010 , n. 17306; nello stesso senso v. Consiglio Stato, sez. IV, 19 febbraio 2008 , n. 849 e Consiglio di stato, sez. V, 29 maggio 2006 , n. 3236).

3.8.2. In proposito, va anche osservato che, essendo stata l’istanza depositata in data 27.09.2012, e non essendo intervenuto alcun provvedimento espresso, si è ormai formato il silenzio diniego sull’originaria istanza che, qualora non impugnato, deve intendersi consolidato (art. 36 co. 3 D.P.R. 380/2001: «sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata»).

4.1. Con la terza censura, il ricorrente lamenta che si sia attivato il procedimento sanzionatorio ex art. 27 del D.P.R. 380/2001, inapplicabile agli immobili ultimati, in luogo di quello di cui all’art. 31 del D.P.R. 380/2001. L’immobile in questione, infatti, sarebbe ormai completo in ogni sua parte.

4.2. L’argomento è privo di fondamento. Come ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di questo Tribunale, non rileva, infatti, ai fini dell’applicazione dell’art. 27 D.P.R. 380/2001, se l’opera sia o meno ultimata. La norma in questione, sopra riportata, all’esito delle modifiche apportate con D.L. 269/2003, è applicabile tanto se venga accertato l’inizio quanto l’avvenuta esecuzione di opere abusive su area vincolata (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 11 marzo 2009, n. 1376), per cui non può trovare accoglimento la prospettazione del ricorrente nel senso dell’inapplicabilità della norma a causa dell’avvenuto completamento dei lavori (ex multis, v. Sent. T.A.R. Napoli sez. VI n. 8987/2009).

5.1. La quarta censura è relativa a una pretesa carenza motivazionale in relazione alla reale incisione dei valori paesaggistici da parte di un’opera che dovrebbe essere ricondotta a una preesistenza edificata prima del 1967.

5.2.1. Ebbene, in disparte l’inesattezza del richiamo al manufatto “ante 1967” che, come si è detto, era null’altro che un rudere privo di fondamentali elementi di struttura e ricondotto, perciò, l’intervento in esame alla nozione di nuova costruzione, va rammentato che, in presenza di opere edificate senza titolo edilizio in zona vincolata, l’ordinanza di demolizione ai sensi dell’art. 27 D.P.R. 280/2001 è da ritenersi provvedimento rigidamente vincolato (cfr. art. 27 co. 2 D.P.R. 380/2001, cit. «il dirigente o il responsabile, quando accerti l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, (…) nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, nonché delle aree di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il dirigente provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa. …»).

5.2.2. La vincolatezza del provvedimento di demolizione, comporta che sia superflua e non dovuta una puntuale motivazione sull’interesse pubblico alla demolizione, sull’effettivo danno all’ambiente o al paesaggio (o, ancora, sulla proporzionalità in relazione al sacrificio imposto al privato); è, infatti, sufficiente evidenziare la violazione del regime vincolistico e l’avvenuta costruzione in assenza del titolo abilitativo, ciò che nel caso di specie è avvenuto (cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 04 agosto 2008 , n. 9718).

6.1. La quinta e ultima censura riguarda il mancato intervento del parere della commissione edilizia che non è emendabile in alcun modo in quanto non è intervenuto neppure il “parere” del responsabile del procedimento. Inoltre, si lamenta nuovamente la carenza istruttoria che avrebbe determinato l’adozione del provvedimento e la mancata indicazione dell’autorità a cui si sarebbe potuto proporre ricorso come pure è previsto dall’art. 3 co. 4 della L. 241/1990.

6.2. In merito all’assenza del parere della Commissione Edilizia Integrata, va confermato il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui non occorre acquisire il parere della Commissione Edilizia Integrata o della Commissione Edilizia Comunale, nel caso in cui l’ordine di ripristino discenda direttamente dall'applicazione della disciplina edilizia. In tali ipotesi, infatti, come si è detto, l’ordine di demolizione si qualifica come atto dovuto in virtù di una valutazione di carattere giuridico, svincolata dalla violazione di specifiche disposizioni a tutela del paesaggio, per l’accertamento delle quali sarebbe stato necessario operare valutazioni implicanti esercizio di discrezionalità tecnica ascrivibili alla Commissione Edilizia (in tal senso, cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez. VI Sent. del 14 aprile 2010 , n. 1975 e Sent. del 03 dicembre 2010, n. 26797).

6.3.1. Infine, per quanto il ricorso non sia chiaro sul punto, qualora si intenda lamentare, a prescindere dalla mancanza del parere della commissione edilizia, l’assenza del responsabile del procedimento, giova ribadire che «la mancata nomina del responsabile del procedimento non determina alcuna illegittimità viziante, in quanto la legge prevede che nel caso di omessa nomina le relative responsabilità restano intestate al titolare dell'ufficio di riferimento» (Consiglio Stato sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2910).

6.3.2. Peraltro, le argomentazioni suesposte in relazione alla vincolatezza del provvedimento e all’adeguato inquadramento dei suoi presupposti da parte dell’Amministrazione procedente, escludono che sia ravvisabile una qualsivoglia mancanza istruttoria (tanto meno riconducibile all’assenza di un responsabile del procedimento “dedicato”).

6.4. Egualmente, la mancata indicazione dell’autorità giurisdizionale a cui proporre ricorso, non vizia il provvedimento in punto di legittimità ma costituisce mera irregolarità che, può, al più legittimare la rimessione in termini per la proposizione del ricorso.

7.1. Tutto quanto precede dimostra la palese infondatezza del ricorso che, pertanto, deve essere respinto.

7.2. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza come per legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Pozzuoli che si liquidano in €. 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Renzo Conti, Presidente

Arcangelo Monaciliuni, Consigliere

Luca Cestaro, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)