TAR Lombardia (BS), Sez. II, n. 639, del 4 luglio 2013
Urbanistica.Trasformazione urbanistica

Il mutamento di destinazione d'uso è rilevante se avviene fra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, dovendosi in tal caso verificare la variazione del carico urbanistico. Si configura una "trasformazione edilizia" quando la stessa sia produttiva di vantaggi economici connessi all'utilizzazione del bene immobile, anche senza l'esecuzione di opere edilizie. E se, dunque, può ritenersi che sussista il passaggio ad un’autonoma categoria funzionale nel caso di passaggio da prevalente destinazione produttiva a prevalente destinazione residenziale, in ragione dell’incremento del carico urbanistico dovuto alla presenza di persone stabilmente residenti nell’immobile, non altrettanto sembra potersi affermare con riferimento al passaggio da una destinazione terziaria ad una commerciale, proprio perché ciò non determina un diverso carico urbanistico. Dunque, perché un mutamento di destinazione d’uso sia rilevante, è necessario che il diverso uso determini il passaggio ad una diversa categoria funzionale (art. 32 del DPR 380/2001). Pertanto, nell’ambito delle stesse categorie si possono avere mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico-contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell’ambito della medesima categoria. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00639/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01391/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1391 del 2012, proposto da: 
Bnp Paribas Real Estate Investment Management Italy S.G.R. P.A., Auchan S.p.a. e Consorzio Operatori Centro Commerciale Le Rondinelle, rappresentati e difesi dagli avv.ti Riccardo Delli Santi, Giovanni Onofri e Martino Margiotta, con domicilio eletto presso Giovanni Onofri in Brescia, via Ferramola, 14;

contro

Comune di Roncadelle, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Ballerini, con domicilio eletto presso Mauro Ballerini in Brescia, v.le Stazione, 37;

nei confronti di

Societa' Mella 2000 S.r.l., nella persona del suo legale rappresentante, sig. Gianbattista Saleri, Tre Laghi S.a.s. di S.A.R.A. 2 S.r.l. nella persona del suo legale rappresentante, sig. Giorgio Alberti,
rappresentate e difese dagli avv.ti Innocenzo Gorlani e Marialucia D'Ettorre, con domicilio eletto presso Innocenzo Gorlani in Brescia, via Romanino, 16; 
Inter Ikea Centre Italia S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Pesce e Angelo Raffaele Cassano, con domicilio eletto presso Vincenzo Rognoni in Brescia, via Monti, 2/A; 
Provincia di Brescia e Regione Lombardia, non costituite in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Ascom (Associazione Commercianti della Provincia di Brescia), rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Onofri e Giovanni Santini, con domicilio eletto presso Giovanni Onofri in Brescia, via Ferramola, 14; 
ad opponendum:
Unicredit Leasing S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Noschese e Giovanni Battista Spezia, con domicilio eletto presso Francesco Noschese in Brescia, via Cadorna, 7;

per l'annullamento

- dell’autorizzazione commerciale n. 18494 del 5 ottobre 2012, rilasciata dal Comune di Roncadelle a Mella 2000 s.r.l., dai ricorrenti conosciuta per invio da parte del Comune il 21 novembre 2012;

- delle autorizzazioni all’apertura di un centro commerciale n. 751 e n. 752 del 21 marzo 2008;

- dei provvedimenti n. 5658 e n. 5659 del 20 marzo 2012 di proroga dell’efficacia delle suddette autorizzazioni;

- della deliberazione della Giunta municipale n. 28 del 19 gennaio 2012, di adozione della variante del 27 ottobre 2012, atto prodromico all’approvazione della variante al P.I.I. Mella e non autonomamente impugnabile;

- della deliberazione della Giunta municipale n. 75/2012 di rettifica della delibera n. 28/2012;

- della deliberazione della Giunta municipale n. 169 del 27 ottobre 2012, avente ad oggetto la riassunzione della procedura di variante;

- delle deliberazioni del Consiglio comunale n. 54 e 64 , rispettivamente del 29 ottobre

2012 e del 26 novembre 2012, di interpretazione delle NTA del Piano delle Regole per il comparto “PAC1”, conosciute alla data della pubblicazione;

- della deliberazione del Consiglio comunale n. 65 del 26 novembre 2012, di approvazione della variante al PII Mella 2000, conosciuta alla data della pubblicazione;

- del parere n. 17933 del 25 settembre 2012 del Comune di Roncadelle, a firma dell’Autorità competente per la VAS e dell’autorità procedente, conosciuto il 21 novembre 2012;

- di tutti gli atti presupposti e comunque connessi a ciascuno degli atti impugnati, ancorchè non cogniti.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Roncadelle, della società Mella 2000 S.r.l., della Tre Laghi S.a.s. di S.A.R.A. 2 S.r.l. e della società Inter Ikea Centre Italia S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2013 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

I ricorrenti sono, rispettivamente, Auchan s.p.a., proprietaria e gestrice di un ipermercato e la BNP Paribas REIM, proprietaria della galleria del centro commerciale “Le Rondinelle”, posto a 1200 metri da quello progettato e oggetto dei provvedimenti impugnati, nonché il consorzio degli operatori commerciali operanti nel suddetto centro commerciale “Le Rondinelle”.

Tali soggetti lamentano il danno ingiusto che potrebbe derivare agli stessi direttamente e attraverso il danno subito dalle 77 aziende di intermediazione di beni e produzione di servizi presenti nel centro commerciale (e rappresentati dal Consorzio Operatori Centro Commerciale Le Rondinelle, il quale ha, per statuto, lo scopo della “tutela degli interessi comuni degli Operatori del Centro in tutti i loro aspetti, avvalendosi dell’insieme delle forze dei partecipanti nei rapporti con l’Autorità, Enti pubblici, Forze dell’Ordine, fornitori di servizi, etc.”) dall’apertura di quello denominato “InterIkea”.

Essi, in particolare, ritengono che si potrebbe ravvisare, in tale situazione, un’ipotesi di normale concorrenza di mercato, ma ciò solo se il centro non fosse realizzato in base ad una licenza commerciale illegittima, fondata su un accorpamento con precedenti autorizzazioni commerciali decadute e su una destinazione commerciale oggetto di una pianificazione attuativa correlata alla procedura di rilascio della licenza commerciale in contrasto con lo strumento urbanistico vigente.

Tale carenza di presupposti di legittimità rispetto all’autorizzazione della nuova apertura determinerebbe la sussistenza dell’interesse a ricorrere dei soggetti suddetti.

Nel ricorso si evidenzia, dunque, che, in data 1 giugno 2011, la società Mella 2000 srl, già titolare dell’area interessata dall’originario PII Mella 2000 (approvato nel 2003), asserendo la conformità di quanto richiesto al nuovo PGT, ha presentato una richiesta di modifiche sostanziali a tale strumento attuativo, tra le quali:

a) la riduzione della capacità edificatoria conferita al compendio (da 110.000 a 101.419 mq); b) la revisione dell’assetto planovolumetrico e funzionale dell’ambito, con accorpamento dei comparti B/C, riduzione del comparto D e riorganizzazione del sistema viabilistico e urbanizzato interno.

Successivamente, in luglio, mentre era in corso il complesso iter che, dopo la prima adozione (risalente a gennaio 2012), conduce all’approvazione definitiva, la Mella 2000 chiedeva l’inserimento nel centro di una superficie medio/grande di vendita di generi alimentari, nonostante le NTA del Piano delle Regole, relative al PII prevedessero, per il settore alimentare, la presenza di soli negozi di vicinato.

Nel frattempo, il 25 settembre 2012, la Mella 2000 acquisiva il parere secondo cui non sussistevano gli elementi per sottoporre la struttura alla procedura di VAS, trattandosi di modifica minore a piano o programma già approvato.

Ad ottobre, previa adozione di una deliberazione del consiglio comunale finalizzata all’interpretazione autentica delle N.T.A. che consentisse la previsione, nel centro commerciale, anche di un negozio di generi alimentari di 3000 mq, è stato, dunque, approvato in via definitiva, il PII denominato “Mella 2000”.

Ritenendo tutti gli atti così adottati illegittimi, i soggetti ricorrenti li hanno impugnati deducendo:

1. violazione dell’art. 22 del d. lgs. 114/1998 e della D.G.R. 8/5454 del 4 luglio 2007, all. a) art. 5.5, sub 5), nel rilascio delle autorizzazioni in proroga n. 751 e 752 del 2008 e dell’autorizzazione n. 18494 del 5 ottobre 2012. Le autorizzazioni sopra citate sarebbero illegittime perché prorogate dopo la scadenza dell’originario periodo di due anni di efficacia e senza un’analisi della “comprovata necessità”: necessità per definizione inesistente, visto che due mesi dopo la richiesta di proroga è stato adottato un diverso PII, che ha portato alla rinuncia delle due autorizzazioni citate per il rilascio della nuova, accorpata. In tal modo si sarebbe contravvenuto alla deliberazione della Giunta regionale 8/5454, nella quale è previsto il divieto di “utilizzare le superfici di vendita autorizzate ma non ancora attivate nel termine di due anni e soggette a proroga per trasferimenti, ampliamenti o accorpamenti”;

2. violazione dello stesso art. 22 cit., in quanto le autorizzazioni 751 e 752 sarebbero state rilasciate in assenza dei presupposti di attualità dell’attivazione, allora non possibile se non subordinatamente ad atti incerti nell’an e nel quantum;

3. illegittimità delle deliberazioni del Consiglio comunale n. 54 e 64 , rispettivamente del 29 ottobre 2012 e del 26 novembre 2012, di interpretazione delle NTA del Piano delle Regole per il comparto “PAC1”, per violazione dell’art. 13 della L.R. 12/2005 e delle disposizioni della stessa legge in tema di adeguamento degli strumenti urbanistici. Impropriamente sarebbe stato dapprima ravvisato e poi risolto, con una deliberazione interpretativa, un inesistente contrasto tra le NTA, al fine di addivenire ad una lettura delle stesse contemplante la possibilità di realizzare una media-grande struttura di vendita alimentare, in luogo di meri negozi di vicinato;

4. illegittimità della nuova autorizzazione commerciale, oltre che per invalidità derivata dalla illegittimità della deliberazione di approvazione definitiva del piano attuativo, per violazione del comma 17 dell’art. 6 della L.R. 6/2010, il quale richiederebbe il coordinamento tra il procedimento urbanistico e il procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione commerciale. Nel rilascio dell’autorizzazione, infatti, non si sarebbe considerato il fatto che il nuovo programma urbanistico-commerciale oggetto della disamina non sarebbe conforme agli atti del PGT;

5. illegittimità delle deliberazioni di approvazione ed adozione del nuovo PII per violazione degli artt. 13 e 14 della L.R. Lombardia n. 12/2005. Esse non rappresentano una variazione al piano già adottato, ma l’adozione di un nuovo piano sulla scorta del PGT, in specie perché, nonostante la riduzione complessiva della volumetria realizzabile, quella destinata al commercio è stata notevolmente aumentata rispetto a quella destinata al terziario, considerevolmente ridotta (da 64.000 a 14.636).

Tutto ciò in violazione della specifica normativa urbanistica, che ammette una procedura semplificata per l’adozione di varianti, ma non anche per l’approvazione di un nuovo piano;

6. illegittimità delle deliberazioni di approvazione ed adozione del nuovo PII per violazione degli artt 14 della L.R. Lombardia n. 12/2005, il cui comma 4 bis è stato abrogato dalla L.R. 4/2012, rendendo improcedibile il procedimento avviato sulla scorta di tale disposizione;

7. incompetenza della Giunta all’adozione di variante di piano attuativo, riservata, nei Comuni con meno di 15000 abitanti, al Consiglio;

8. illegittimità per mancata ripubblicazione delle porzioni del PII sostanzialmente modificate;

9. illegittimità della deliberazione n. 169/2012 per violazione per contrasto con l’art. 16 della legge 17 agosto 1924, n. 1150, nel comma aggiunto dall’art. 5, comma 8 del d.l. 13 maggio 2011, n. 70. La VAS avrebbe dovuto essere acquisita perché non si tratterebbe di variante, ma di approvazione di un nuovo piano;

10. illegittimità della deliberazione n. 65/2012 per contrasto con l’art. 14 della L.R. 12/2005 e con il comma 4 dell’art. 13 della medesima. La deliberazione sarebbe illegittima perché adottata prima della scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni.

Si è costituito in giudizio il Comune, eccependo la carenza di legittimazione del Consorzio, non essendo stato prodotto o comunque menzionato alcun atto autorizzativo della proposizione del ricorso e sostenendo l’infondatezza del ricorso.

Le autorizzazioni commerciali del 2008 sarebbero state, infatti, prorogate nel febbraio 2010, in ragione dell’impossibilità, per ragioni imputabili alla Provincia, di dare corso alla realizzazione delle previste opere di urbanizzazione. Nel caso di specie non si sarebbe, comunque, in presenza di un trasferimento, ampliamento o accorpamento di altre autorizzazioni, ma dell’impegno dell’operatore alla rinuncia di autorizzazioni non attive, con il conseguente riconoscimento, nel contesto della valutazione di compatibilità commerciale, di 3 punti, sul punteggio complessivo (68 punti, con un minimo di 40) riconosciuto dalla Regione ad esito di valutazioni effettuate con calcoli di mera matematica.

Le autorizzazioni del 2008, subordinate alla disponibilità delle aree necessarie alle opere di urbanizzazione, sarebbero affette da un’illegittimità evidentemente tardivamente dedotta con riferimento ai presupposti delle stesse.

Con le deliberazioni n. 54 e 64, rispettivamente del 29 ottobre 2012 e del 26 novembre 2012, il Comune si sarebbe fatto carico di risolvere l’esistente, anche se negato dai ricorrenti, contrasto tra l’art. 30 e l’art. 39.5 delle NTA.

La variante al PII adottata non costituiva affatto variante al PGT e in ogni caso non vi sarebbe l’adozione di un nuovo piano attuativo. Solo un aumento della SPL, che non vi è stato nel caso di specie, avrebbe determinato la necessità di una nuova approvazione di piano attuativo.

In ogni caso il procedimento urbanistico sarebbe soggetto alla regola tempus regit actum.

La censura relativa alla pretesa mancata considerazione della preesistenza del centro commerciale Rondinelle sarebbe inammissibile, in quanto la scelta pianificatoria non deve essere motivata, attinendo al merito amministrativo.

Infine il Comune ha evidenziato come alla realizzazione del centro commerciale sia intimamente connessa quella delle opere di infrastrutturazione (cui si è obbligata La Mella 2000), che rappresentano il completamento dello svincolo Brebemi, in corso di realizzazione, la cui mancanza renderebbe inutilizzabile lo stesso.

In vista della pubblica udienza, ha depositato una prima memoria l’interveniente ad opponendum Unicredit leasing s.p.a., quale proprietaria degli immobili inclusi nei lotti B e C del P.I.I. Mella 2000, concessi in locazione finanziaria alla Tre Laghi s.r.l. e, per ciò stesso, interessata al compimento dell’intera operazione connessa all’autorizzazione impugnata, proponendo una molteplicità di eccezioni in rito.

In primo luogo ha revocato in dubbio la legittimazione attiva di Auchan, Paribas e Consorzio Operatori Centro commerciale Le Rondinelle, non solo in ragione della mancata dimostrazione del titolo di proprietà da parte dei primi due soggetti, ma, soprattutto, perché nessuno di essi avrebbe fornito il minimo elemento di prova sulla vicinitas, in termini di contrazione o saturazione della domanda locale di superfici in locazione, per quanto riguarda BNP, ovvero di entità della sovrapposizione dei bacini di utenza di riferimento per gli altri soggetti.

Inoltre lo stesso ricorso collettivo sarebbe di per sé inammissibile, in quanto proposto da soggetti (ipermercato, società immobiliare e raggruppamento di piccoli esercenti) la cui attività e i cui interessi non sarebbero sovrapponibili: pertanto, in mancanza di omogeneità, le posizioni dei ricorrenti non sarebbero incise dai provvedimenti impugnati in modo analogo.

Il ricorso sarebbe comunque inammissibile, nella parte in cui ha ad oggetto l’autorizzazione commerciale del 5 ottobre 2012, in quanto la stessa sarebbe conforme al PGT sopravvenuto, rispetto al piano attuativo del 2003, e non impugnato, anche in ragione degli artt. 51 e 52 della L.R. 12/05 che ammettono la possibilità di variare le destinazioni d’uso ammesse senza limiti percentuali. In ogni caso tale autorizzazione sarebbe priva di efficacia lesiva attuale, atteso che necessiterebbe del titolo edilizio per incidere realmente sugli interessi dei ricorrenti.

Peraltro sarebbe priva di efficacia lesiva anche la deliberazione consiliare del 29 ottobre 2012, n. 54, in quanto avente natura meramente interpretativa e, quindi, potenzialmente disattendibile in sede esecutiva, mentre per quanto riguarda la specifica posizione di Auchan, la lesività sarebbe esclusa dall’impegno di Mella 2000 ad autolimitarsi nella realizzazione di un negozio, per il settore alimentari, inferiore a 3000 mq di superficie.

L’interesse a ricorrere mancherebbe, infine, anche con riferimento alle delibere consigliari di adozione, riassunzione e approvazione della variante al PII, in quanto esse prevederebbero una complessiva riduzione della SPL ed una redistribuzione delle destinazioni non direttamente lesiva.

La BNP ha contestato le eccezioni in rito, partendo dall’evidenziare come la normativa urbanistica preveda la coesistenza di piano del governo e piani attuativi: il primo individua le azioni di sviluppo e le modalità della loro attuazione, mentre i secondi rendono concrete le previsioni operando la scelta delle destinazioni d’uso, nell’ambito di quelle ammissibili. Ne deriva che la mancata impugnazione del piano di governo non precluderebbe la censurabilità delle scelte di destinazione d’uso operate dal piano attuativo. Ciò premesso, i ricorrenti sarebbero accomunati da un interesse qualificato e differenziato a che le disposizioni derivanti dai piani urbanistici compongano tutti gli interessi coinvolti sul territorio, compresi quelli di natura economico-sociale, a prescindere dalla liberalizzazione dell’attività economica (Cons. Stato 2710/12 e 6040/2012). In altre parole, i ricorrenti lamentano la mancata considerazione, da parte del Comune - in sede di adozione della variante censurata e, quindi, di superamento delle scelte già effettuate e condivise anche dai ricorrenti, in quanto preordinate alla realizzazione di un comparto prevalentemente di servizi del terziario -, degli effetti che da tali modificazioni si sarebbero prodotti sul territorio. Ciò anche attraverso l’adozione di un procedimento accelerato, che ha precluso la partecipazione degli odierni ricorrenti e che ha condotto all’approvazione di un piano attuativo completamento nuovo, data l’importanza delle modificazioni relative alle funzioni e alla distribuzione plani volumetrica e considerato che il precedente piano è in scadenza nel corso dello stesso anno 2013. La modifica del piano attuativo, pertanto, sarebbe talmente impattante da aver determinato, di fatto, una modificazione delle previsioni del PGT (che recepiva l’originario PII del 2003) in violazione delle relative modalità e disposizioni.

In ogni caso non sarebbe stato rispettato l’iter normativamente previsto all’art. 13 della legge regionale n. 12/2005 e dall’art. 14, il cui comma 4 è stato abrogato dalla legge regionale n. 4 del marzo 2012, entrata in vigore dopo la prima adozione della variante, ma prima della sua approvazione.

La nuova autorizzazione commerciale concessa sarebbe comunque illegittima, in quanto vede come presupposti le due autorizzazioni 751 e 752 del 2008, mai divenute efficaci nel biennio e per ciò stesso improrogabili e tanto meno rinunciabili, in quanto decadute.

In punto di conoscibilità degli atti invece, parte ricorrente insiste sul fatto che la deliberazione della giunta comunale n. 169/12 sarebbe stata solo asseritamente pubblicata, ma nessuna prova sarebbe stata prodotta a dimostrazione della data con cui sarebbe avvenuta la necessaria pubblicazione all’albo pretorio (che, a detta di parte ricorrente, il segretario avrebbe attestatato essere avvenuta a partire dal 30 ottobre 2012, mentre nella deliberazione 65/2012 si legge che la pubblicazione sarebbe avvenuta dal 27 ottobre 2012 al 26 novembre 2012).

L’associazione commercianti della Provincia di Brescia, quale tutore degli interessi sociali, morali ed economici dei soggetti imprenditoriali che operano nel settore terziario della provincia di Brescia ha depositato, in qualità di interveniente ad adiuvandum, una memoria nella quale aderisce alla domanda di accoglimento del ricorso, evidenziando l’altissima densità commerciale del Comune di Roncadelle (dove c’è un rapporto di 18 mq commerciali a famiglia, contro i 5 del Comune di Brescia), ulteriormente incisa dalla presenza di numerosi centri commerciali nei comuni contermini e, le preoccupazioni connesse al rischio di congestione del traffico e di innalzamento del livello di inquinamento (stimando in 20.000 tonnellate l’incremento di anidride carbonica nell’atmosfera).

Il Comune, dal canto suo, ha escluso che possa trattarsi, nel caso di specie, di un nuovo piano attuativo (visto che le modificazioni non sarebbero sostanziali, come invece sostenuto dai ricorrenti, ma limitate alla riduzione della SPL e alla modificazione delle destinazioni sempre in ambito terziario), ovvero di una variante al PGT (la destinazione commerciale e terziaria appartengono alla medesima categoria funzionale) ed ha insistito per la legittimità dell’iter seguito anche con riferimento alla competenza degli organi che hanno rispettivamente adottato ed approvato la variante. Il Comune ha, quindi, sostenuto l’infondatezza della tesi secondo cui l’autorizzazione commerciale 5 ottobre 2012 n. 18494 avrebbe influito sulla deliberazione consiliare 29 ottobre 2012, n. 54, mentre le autorizzazioni 751 e 752 del 2008 sarebbero state legittimamente prorogate attesa l’impossibilità di darvi attuazione a causa dei ritardi della Provincia nel mettere a disposizione del privato le aree necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione previste dal piano a carico dei titolari delle concessioni edilizie e delle autorizzazioni commerciali.

Infine, con riferimento al rispetto dei termini di pubblicazione della deliberazione n. 64/2012, nessuna violazione sarebbe ravvisabile, atteso che l’avviso al pubblico del deposito della variante e delle conseguente possibilità di depositare osservazioni è avvenuto con atto dirigenziale del 27 ottobre 2012: pertanto, nonostante la deliberazione di Giunta, immediatamente esecutiva, sia stata depositata all’albo pretorio il 30 ottobre, l’approvazione del Consiglio comunale sarebbe intervenuta, nel rispetto dei termini di legge (dal 27 ottobre all’11 novembre per la visione dei documenti e dal 12 novembre al 26 novembre per la presentazione delle osservazioni) il 26 novembre 2012.

Unicredit Leasing s.p.a. ha replicato eccependo l’inammissibilità dell’intervento di Ascom, per mancanza della produzione in giudizio della deliberazione del consiglio direttivo legittimante l’intervento in giudizio e per l’impossibilità di far valere un interesse riferibile alla categoria in modo complessivo ed unitario, visto che la nuova struttura può presentarsi come opportunità per nuovi operatori commerciali.

Ha altresì insistito sulla necessità dell’impugnazione del PGT, in quanto strumento preordinato a definire “gli indici urbanistico-edilizi in linea di massima, le vocazioni funzionali e i criteri di negoziazione”, per cui le superfici di vendita sarebbero definite e localizzate dallo strumento generale, rendendolo immediatamente lesivo. Infine, nel sostenere una linea difensiva analoga a quella del Comune, in ordine al merito del ricorso, si è soffermata sulla pretesa inammissibilità della censura relativa all’inefficacia delle autorizzazioni del 2008 e delle relative proroghe, che risulta essere nuova.

Il 22 maggio 2013 InterIkea Centre Italia s.r.l. ha depositato una memoria di replica nella quale ha insistito sulla carenza di prova della legittimazione dei soggetti ricorrenti: ciò in ragione del fatto che Auchan non ha depositato in giudizio la propria autorizzazione commerciale e BNP il proprio titolo di proprietà, mentre il Consorzio “Le Rondinelle” non avrebbe, nel suo oggetto sociale, la difesa in giudizio dei propri consorziati. Il ricorso sarebbe, peraltro, inammissibile anche in ragione della mancata impugnazione del PGT, la cui approvazione avrebbe reso possibile il rilascio dell’autorizzazione censurata: anche nel caso di caducazione dei provvedimenti impugnati, infatti, rimarrebbe ferma la vocazione commerciale di quell’area, la prescritta capacità edificatoria e la facoltà di introdurre varianti. In ogni caso, nel caso di specie, non sarebbe sufficiente a legittimare il ricorso la sola vicinitas, recessiva rispetto alla libera concorrenza garantita dalla più recente normativa.

La parte resistente ha, peraltro, sostenuto la correttezza dell’interpretazione delle NTA del Comune di Roncadelle alla luce del paragrafo 5.5. della D.G.R. 5054 del 2007, il quale ammette la variazione in aumento delle superfici di vendita del settore alimentare in termini del 25 % della superficie di vendita complessiva esistente al momento della richiesta, fino a 15.000 mq ed entro il 10 % per la quota di superficie eccedente il predetto limite. Ciò in considerazione del fatto che lo stesso art. 30 delle NTA prevede, nell’ambito delle norme speciali per le attività commerciali, il richiamo alla normativa regionale (peraltro norma di rango superiore). Del resto, sostiene InterIkea, la realizzazione di soli negozi di vicinato nell’ambito di un grande centro commerciale non avrebbe logica alcuna.

In ogni caso le variazioni apportate, contrariamente a quanto asserito nel ricorso, non integrerebbero l’approvazione di un nuovo piano attuativo, rientrando nei limiti di quanto ammesso dall’art. 39.5 delle NTA (prevedendo, infatti, la riduzione della capacità edificatoria, con accorpamento di due comparti e riduzione della vocazione edificatoria del comparto D, nonché la riorganizzazione del sistema viario ed urbanistico del compendio) e sarebbero state adottate, nel rispetto del comma 4, dell’art. 14 della L.R. 12/05, prima della sua abrogazione e poi della disciplina sopravvenuta, rispettando, in particolare, i termini della pubblicazione: l’avviso dell’adozione della variante è stato pubblicato, infatti, per quindici giorni (con “rende noto” del dirigente, dal 27 ottobre all’11 novembre) e la successiva deliberazione di approvazione definitiva è stata adottata decorsi gli ulteriori quindici giorni entro cui gli interessati potevano presentare osservazioni.

Anche la società Mella 2000 ha depositato una memoria di replica, contestando la memoria avversaria nella parte in cui tenderebbe a respingere l’eccezione di inammissibilità per effetto della mancata impugnazione del PGT e sostenendo la carenza di interesse alla decisione del ricorso, che sarebbe supportato dalla mera rivendicazione del diretto interesse al mantenimento del bacino di utenza (e quindi da un interesse di tutela della posizione, in netto contrasto con il quadro di liberalizzazione delineato dall’Unione Europea) e non anche dalla tutela degli interessi connessi al contesto economico-sociale di Roncadelle. Tutto ciò ribadendo la natura di variante del piano attuativo Mella 2000 dell’ultima approvazione definitiva censurata, che non ha ad oggetto, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, un nuovo piano attuativo, ma solo una modifica di quello preesistente, nel rispetto delle NTA del Piano delle Regole e della normativa regionale: variazione ottenuta, peraltro, seguendo l’iter delineato dalla normativa vigente al momento di ogni singolo passaggio del procedimento complesso a ciò preordinato.

Non vi sarebbe, inoltre, alcun collegamento tra la deliberazione interpretativa del consiglio comunale n. 54/2012 e gli altri atti impugnati ed in specie l’autorizzazione commerciale che, peraltro, aveva ad oggetto una superficie commerciale alimentare di soli 240 mq. Parte ricorrente non avrebbe, dunque, interesse concreto ed attuale all’impugnazione della suddetta delibera interpretativa, in quanto non avrebbe efficacia diretta sulla possibilità di edificazione del comparto.

La società Mella 2000, infine, ha insistito sulla irrilevanza della legittimità delle proroghe delle preesistenti autorizzazioni commerciali, la rinuncia alle quali ha attribuito solo 3 punti sul totale dei 68 conseguiti nel caso di specie (su 40, minimi, necessari).

Con riferimento all’intervento ad adiuvandum, nell’associarsi all’eccezione di inammissibilità dello stesso, Mella 2000 ne ha evidenziato anche l’infondatezza, dal momento che lo stesso non introduce alcun elemento utile ai fini del giudizio, soffermandosi ampliamente sul raffronto dei dati relativi alla distribuzione in zona delle strutture di vendita.

Parte ricorrente ha, quindi, a sua volta replicato alle memorie delle controparti, evidenziando come la legittimazione a ricorrere sia già stata implicitamente riconosciuta dal Tribunale in sede cautelare (e risulta, peraltro, confermata dagli atti formali depositati e relativi all’acquisto della proprietà), atteso che la produzione di documentazione comprovante il titolo è stata richiesta nei confronti del solo Consorzio, peraltro pienamente titolato, considerato che lo Statuto conferirebbe all’Amministratore il potere di agire e stare in giudizio per la tutela, anche in sede giudiziaria, degli interessi dei consorziati. Sarebbe, invece, inammissibile, in quanto tardiva, l’eccezione di inammissibilità del ricorso collettivo. La quale sarebbe, peraltro, oltre che generica, anche infondata, dal momento che la sopravvenuta presenza di una grande superficie di vendita alimentare in un centro commerciale concorrente ne modifica la struttura e la presenza sul mercato: i tre soggetti sarebbero, dunque, accomunati dal “fatto di operare congiuntamente nello stesso bacino di utenza della grande struttura di vendita della concorrente”.

Alla pubblica udienza del 12 giugno 2013 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Prima di affrontare anche le eccezioni in rito proposte nell’ambito della controversia in esame, appare opportuna una breve ricostruzione del quadro fattuale, partendo dal P.I.I. approvato nel 2003, il quale prevedeva, per quanto di interesse, la realizzazione, sia nel comparto B, che nel comparto C, di un insediamento, in ciascuno di essi, a destinazione commerciale “non alimentare” per complessivi mq 8700 per una superficie complessiva pari a mq 15.000, per consentire la quale sono state rilasciate due identiche autorizzazioni commerciali (la 751 e la 752 del 2008). Queste ultime imponevano prescrizioni formulate dalla Provincia, in specie con riferimento ad alcune opere viarie di particolare entità: proprio il ritardo della Provincia nel fornire i parametri di riferimento per la realizzazione di tali opere ha impedito di portare ad esecuzione le suddette autorizzazioni, che, perciò, sono state prorogate, la prima volta, sino al 15 febbraio 2012 e la seconda a decorrere dal 20 marzo 2012.

Le previsioni urbanistiche ora riportate sono state riprese dal PGT approvato dal Comune nel 2010, tant’è che l’art. 39.5 delle NTA – sub ambito PAC/1, prescrive una destinazione per attività produttive del settore terziario per tutti gli usi anche complementari, previsti dall’art. 29 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano delle Regole, compresa la destinazione commerciale, sia all’ingrosso sia al dettaglio per tutte le tipologie individuate dall’art. 30 “ Norme speciali per le attività commerciali”, salvo limitare la vendita dei prodotti alimentari alla tipologia degli “esercizi di vicinato” (così la deliberazione della Giunta n. 28/2012).

Il successivo comma 6 dello stesso art. 39.5 recita: “Eventuali varianti dello strumento attuativo vigente possono essere approvate con la procedura dell’art. 14 comma 4 bis L.R. 12/2005, se prevedono slp non superiori a quelle del medesimo strumento vigente. Le varianti allo strumento attuativo devono sempre includere l’area ex-ikea (zona S – servizi convenzionati in PAC), al fine di prevedere la conferma della destinazione dell’area medesima a servizi pubblici, nonché degli obblighi assunti, per tale area, dalla lottizzante, relativamente alla realizzazione di strutture comunali”.

In data 1 giugno 2011, la società Mella 2000 ha presentato un’istanza di variante (espressamente ammessa dal citato art. 39.5, con la procedura di cui all’art. 14, comma 4 della L.R. 12/2005 per il caso di variazione per una superficie massima realizzabile non superiore a quello dello strumento vigente) che, ritenuta compatibile con il PGT, è stata adottata il 19 gennaio 2012: essa ha previsto una complessiva riduzione della slp del piano (da 110.000 mq a 101.419), con rilevante cambio di distribuzione interno, passando dall’originaria, così suddivisa:

- comparto A slp mq 27.600 con destinazione commercio al dettaglio;

- comparto B slp mq 15.000 di cui mq 8.700 commerciale e 6.300 terziario;

- comparto C slp mq 15.000 di cui mq 8.700 commerciale e 6.300 terziario;

- comparto D slp mq 43.400 con destinazione terziario;

- comparto E slp mq 9.000 con destinazione produttivo;

alla seguente:

- comparto A slp mq 26.736 con destinazione commercio al dettaglio;

- comparto B-C slp mq 53.670 con destinazione commercio al dettaglio;

- comparto D slp mq 43.400 con destinazione terziario;

- comparto E slp mq 6.377 con destinazione commercio all’ingrosso.

Si è quindi passati da una destinazione suddivisa tra mq 45.000 a commercio al dettaglio e 56.000 a terziario, ad una, con l’accorpamento dei comparti B e C in un solo comparto con slp di 53.670 mq con destinazione commercio al dettaglio, ad una complessiva destinazione commerciale al dettaglio di 80.406, una destinazione commerciale all’ingrosso di 6.377 mq e la destinazione di solo 14.636 mq a terziario.

In conformità a quanto disposto dall’art. 6, comma 17 e comma 18, lett. a) della L.R. 6/2011, la procedura di approvazione dello strumento attuativo è stata sospesa sino alla conclusione della procedura di conferenza dei servizi ex art. 9 d. lgs. 114/98.

Sulla scorta di essa, il 3 maggio 2012, la Mella 2000 ha chiesto il rilascio di un’autorizzazione commerciale per l’ampliamento della grande struttura di vendita esistente (18.216 mq) e contestuale modifica della tipologia distributiva da grande struttura di vendita a centro commerciale (comprensiva di mq 240 per il settore alimentare): la stessa è stata concessa con provvedimento 18494 del 5 ottobre 2012 e reca il contestuale impegno alla rinuncia alle precedenti due autorizzazioni commerciali.

Nel frattempo è stata espletata la procedura di VIA e si è verificata la non assoggettabilità a VAS e si è addivenuti all’approvazione di un progetto definitivo di riqualificazione per le opere di urbanizzazione.

L’iter approvativo della variante è, dunque, ripreso - ottenuta l’autorizzazione commerciale ed il parere positivo di valutazione ambientale, nonché la favorevole conclusione della Conferenza di servizi, in data 5 ottobre 2012 -, mediante la “riassunzione della procedura di variante” (delibera G.C. n. 169 del 27 ottobre 2012, l’avviso di adozione della quale è stato dato con “rende noto” del dirigente dei servizi tecnici del 27 ottobre 2012, pubblicato dal 27 ottobre 2012 all’11 novembre 2012), poi conclusasi con la delibera del Consiglio comunale n. 65 del 26 novembre 2012.

Medio tempore, con deliberazione n. 54 del 29 ottobre 2012, il Consiglio comunale ha adottato una direttiva di interpretazione del combinato disposto degli artt. 30 e 39.5 delle NTA del Piano delle Regole, nella quale si esamina il potenziale contrasto tra le suddette disposizioni e quella del paragrafo 5.5., comma 6 della D.G.R. n. 5054/2007, che regolamenta i casi di modifica parziale del settore merceologico di attività commerciali, non aventi carattere essenziale e, pertanto, liberamente consentibili. La lettura di tale disposizione regionale, anche alla luce della sopravvenuta normativa nazionale di cui al D.L. 1 del 24 gennaio 2012, indurrebbe a ritenere ammissibile un’interpretazione delle NTA che consenta anche il superamento del divieto di destinazione a merceologia alimentare per superfici superiori a quelle proprie dell’esercizio di vicinato, ancorché nei limiti, autoimpostisi dalla Mella 2000, di 3000 mq.

Infine, con deliberazione del Consiglio comunale n. 65 del 26 novembre 2012, è stata approvata la variante al PII Mella 2000 ed, in conseguenza della sua pubblicazione, i ricorrenti hanno notificato il ricorso in esame, censurando non solo tale provvedimento conclusivo del procedimento, ma, a ritroso, anche tutti gli atti presupposti, dall’autorizzazione commerciale, alla deliberazione interpretativa della NTA.

Così ricostruita la vicenda nei fatti, deve essere, preliminarmente, riconosciuta la legittimazione ad intervenire di Unicredit Leasing s.p.a., in quanto soggetto direttamente interessato allo sviluppo commerciale delle aree in questione, di proprietà anche della stessa società e concesse in locazione finanziaria proprio allo scopo della realizzazione del contestato centro commerciale.

Ciò comporta la necessità di procedere, nell’esame della controversia, prendendo le mosse dalle eccezioni in rito da quest’ultima introdotte, in specie con riferimento alla legittimazione attiva dei soggetti ricorrenti.

A tale proposito, la documentazione prodotta in atti ha incontestabilmente dimostrato la qualità di proprietari degli immobili dichiarata nel ricorso con riferimento sia a BNP (cfr. Atto di apporto e di accollo a fondo comune di investimento immobiliare a rogito Notaio Cavallotti in Milano, rep. 5396, racc. n. 1731), che a Auchan (cfr. Atto di Scissione del 27 novembre 2003 rep. 43244, rac. 9291), la cui qualità di soggetto autorizzato ad operare entro il centro commerciale “Le Rondinelle” non appare seriamente revocabile in dubbio, essendo fatto notorio, facilmente accertabile, la cui confutazione richiederebbe, perciò, una parziale inversione dell’onere della prova, rimettendo a chi formula l’eccezione l’onere di documentare particolari idonei, quantomeno, ad instillare il ragionevole dubbio. Risulta determinante, allora, stabilire se Auchan e BNP, in quanto proprietari di altro centro commerciale, siano portatori di un interesse differenziato, legittimante l’impugnazione dell’atto ampliativo della sfera giuridica dei proprietari dei terreni interessati dall’attuazione del piano particolareggiato Mella 2000. Si rende necessario, dunque, stabilire se sia ravvisabile quel “legame immediato con il territorio interessato dagli atti di pianificazione” (cfr T.A.R. Catania, I, 10 giugno 2008, n. 1152), qualificabile come vicinitas, e che legittima l’impugnazione di uno strumento urbanistico, ovvero quell’interesse qualificato normalmente richiesto dalla giurisprudenza in capo a chi intenda impugnare l’altrui autorizzazione commerciale.

A tale proposito questo Tribunale ha già avuto occasione di affermare, nella sentenza 2421 del 1 luglio 2010, da cui non ravvisa ragione di discostarsi, che il soggetto già operante nel medesimo bacino d’utenza è a fortiori interessato a che nessun altro operatore vi si insedi in modo illegittimo. Ciò prendendo le mosse dal principio affermato dal Consiglio di Stato, nella sentenza del 12 settembre 2007, n. 4821, nella quale si legge che “la legittimazione e l'interesse all'impugnazione degli atti di approvazione dei progetti su versante urbanistico ex art. 5 d.P.R. n. 447 del 1998, nonché degli assensi annonari, vanno riconosciuti alla società commerciale non necessariamente proprietaria che abbia dimostrato, attraverso concrete iniziative amministrative, di volersi radicare nello stesso bacino d'utenza della concorrente”.

Ne risulta comprovata la legittimazione attiva sia di Auchan, che di BNP, quale soggetto indubbiamente interessato a che non aumenti la disponibilità di superfici locatizie per uso commerciale nella stessa area di riferimento.

Per quanto attiene al Consorzio degli operatori del centro commerciale Le Rondinelle, va rilevato come dallo statuto dello stesso, puntualmente depositato in giudizio, tale soggetto risulta essere stato costituito per fare fronte a necessità di intervento collettivo a tutela dell’interesse di tutti gli operatori, specificando, all’art. 2, “nei rapporti con l’Autorità, Enti pubblici, Forze dell’Ordine, fornitori di servizi, etc.”. Può, quindi, ritenersi, attraverso un’interpretazione estensiva della clausola “aperta”, che la rappresentanza collettiva possa sussistere anche in relazione alla tutela degli interessi dei consorziati in sede giudiziaria, condizione che indubbiamente ricorre nel caso di specie.

Né pare meritevole di positivo apprezzamento l’eccezione relativa all’inammissibilità del ricorso collettivo, in quanto appare pienamente condivisibile, a prescindere dalla tardività dell’eccezione, la tesi di BNP sull’infondatezza della stessa, in ragione dell’interesse comune derivante dal “fatto di operare congiuntamente nello stesso bacino di utenza della grande struttura di vendita della concorrente” (così la memoria di replica di BNP): il nocciolo della questione sta, dunque, nel verificare se tale interesse sia sufficiente ed idoneo a supportare l’esercizio della tutela giurisdizionale nel caso di specie.

Deve, invece, trovare accoglimento l’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum di Ascom, atteso che, nella vicenda in esame, tale associazione finirebbe per essere portatrice dell’interesse di alcuni degli operatori commerciali del territorio di competenza della stessa, contro quello di altri, già operanti o solo potenziali, operatori della medesima categoria: circostanza, questa, che rende inammissibile l’azione giudiziaria dell’ente esponenziale. Infatti, “l'interesse sul quale poggia la legittimazione delle associazioni professionali ad agire in giudizio non corrisponde alla somma degli interessi individuali dei singoli iscritti, ma deve avere carattere collettivo, deve cioè riferirsi alla categoria considerata in modo complessivo ed unitario; requisito questo che non ricorre nel caso del centro commerciale, posto che questa struttura, pur potendo restringere gli spazi di mercato degli operatori commerciali insediati nel Comune interessato, offrirebbe anche la possibilità di attivare altri esercizi commerciali. Sicché potrebbe esserne pregiudicato l'interesse di alcuni commercianti, ma non quello comune a tutti gli appartenenti alla categoria.” (in tal senso la sentenza, da cui il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi, T.A.R. Salerno Sez. II, 26 gennaio 2012, n. 129, che richiama Cons. Stato n. 1826/2004 e n. 6049/2002).

A tale proposito non appare fondata nemmeno l’eccezione proposta sia da Unicredit, che dal Comune e da Ikea, secondo cui i soggetti ricorrenti sarebbero privi di interesse concreto ed attuale alla pronuncia in ragione della mancata impugnazione delle previsione del PGT approvato nel 2010.

E’ pur vero, infatti, che se si vuole ritenere ammissibile il ricorso cumulativo proposto, si deve convenire che l’impugnazione sia volta a censurare l’illegittima realizzazione di un nuovo centro commerciale destinato a gravare sul bacino di clientela gravitante sul Comune di Roncadelle ed i suoi dintorni: solo questo può essere, infatti, l’interesse comune che lega un ipermercato, un proprietario immobiliare ed una pluralità di operatori commerciali di piccole e medie dimensioni.

Se, dunque, è legittima la ricostruzione operata dai ricorrenti del proprio interesse a ricorrere come interesse a che la decisione urbanistica che rappresenta il presupposto per la realizzazione di un nuovo centro commerciale nello stesso bacino d’utenza sia presa nell’ambito di un procedimento nel corso del quale siano valutati anche gli interessi degli operatori già esistenti, tale interesse potrebbe, in effetti, non essere attuale se gli atti impugnati fossero meramente attuativi di scelte operate in sede di strumento urbanistico generale e non tempestivamente impugnate.

Nel caso di specie, però, le doglianze sono state proposte in termini di non conformità del piano attuativo rispetto allo strumento urbanistico generale (che ha, in effetti, attribuito all’area in questione una destinazione a terziario ricettivo-commerciale non più censurabile) e non anche di legittimità del PGT, con la conseguenza che non si configura l’ipotizzata inammissibilità, sussistendo un interesse concreto ed attuale dei ricorrenti a che ogni illegittima attuazione del PGT sia impedita.

Ci si deve chiedere, dunque, nel caso concreto, se l’impugnazione del provvedimento che, in variante, ha portato, senza alcun incremento di superficie, ad una diversa distribuzione delle superfici di vendita per diversa tipologia merceologica, sia conforme o meno al PGT.

A tale proposito va ricordato che risulta incontestato il fatto che l’art. 39.5 delle NTA preveda che “la destinazione d’uso principale è costituita dalle attività produttive del settore terziario”.

Secondo l’orientamento rappresentato dal TAR Milano nella sentenza n. 1066 del 24-04-2013 - che il Collegio ritiene di poter fare proprio - il mutamento di destinazione d'uso è rilevante se avviene fra "categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico", dovendosi in tal caso verificare la variazione del carico urbanistico (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 13.7.2010, n. 4546, con la giurisprudenza ivi richiamata); parimenti è stato affermato che, indipendentemente dall'esecuzione fisica di opere, rileva il passaggio dell'immobile ad una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico, con conseguente aumento del carico; in altri termini si configura una "trasformazione edilizia" quando la stessa sia produttiva di vantaggi economici connessi all'utilizzazione del bene immobile, anche senza l'esecuzione di opere edilizie (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 14.10.2011, n. 5539, con le pronunce in essa richiamate ed anche TAR Lombardia, Milano, sez. II, 11.2.2011, n. 468).” . E se, dunque, può ritenersi che sussista il passaggio ad un’autonoma categoria funzionale nel caso di passaggio da prevalente destinazione produttiva a prevalente destinazione residenziale, in ragione dell’incremento del carico urbanistico dovuto alla presenza di persone stabilmente residenti nell’immobile, non altrettanto sembra potersi affermare con riferimento al passaggio da una destinazione terziaria ad una commerciale, proprio perché ciò non determina un diverso carico urbanistico.

In linea di principio, dunque, perché un mutamento di destinazione d’uso sia rilevante, è necessario che il diverso uso determini il passaggio ad una diversa categoria funzionale (art. 32 del DPR 380/2001). Pertanto, nell’ambito delle stesse categorie si possono avere mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico-contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell’ambito della medesima categoria (in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 27 dicembre 2001 n. 6411).

Nel caso in esame, l’art. 28 delle NTA prevede che il piano delle regole identifichi la destinazione principale o specifica, quelle non ammesse e quelle accessorie. Ove siano indicate solo le destinazioni ammesse, destinazioni diverse debbono intendersi vietate.

Scendendo più nel particolare, l’art. 29 delle stesse NTA stabilisce che rientrino nella categoria delle “attività produttivo del settore terziario”, le attività dirette alla produzione di servizi, quali le attività direzionali, finanziarie, alberghiere, ricettive, ricreative, pubblici esercizi ecc, le attività sociali, le attività dirette allo scambio di beni e prodotti, suddivise a loro volta in attività commerciali al dettaglio e attività commerciali all’ingrosso, la logistica.

Il successivo art. 31, in conformità al principio giurisprudenziale più sopra ricordato (nonché al primo comma dell’art. 51 della L.R. 12/2005, secondo cui: “Le destinazioni principali, complementari, accessorie o compatibili, come sopra definite, possono coesistere senza limitazioni percentuali ed è sempre ammesso il passaggio dall'una all'altra, nel rispetto del presente articolo, salvo quelle eventualmente escluse dal PGT”), stabilisce che costituiscono mutamenti di destinazione d’uso rilevanti quelli che intervengono tra usi appartenenti a diverse destinazioni principali.

Ne discende che non possono ritenersi variazioni essenziali, in contrasto con il PGT, quelle censurate con il ricorso in esame e, più precisamente, né l’inversione del rapporto tra superfici destinate al terziario e al commerciale, né la possibilità di aumentare la superficie destinata al commercio alimentare. A quest’ultimo proposito deve essere considerato come l’art. 30 delle NTA, disciplinante la specifica categoria commerciale, richiami espressamente quanto disposto dalla DGR n. 5054/2007, mentre il piano delle regole, all’art. 39.5, nell’indicare le attività ammissibili nel comparto denominato “PAC1”, corrispondente al PII Mella 2000, ha limitato la vendita di prodotti alimentari alla tipologia esercizi di vicinato.

L’interpretazione del combinato disposto di tali disposizioni - fatta propria dal Consiglio Comunale con le deliberazioni n. 54 e 64 del 2012, ammettendo nel comparto in questione, medie strutture di vendita di generi alimentari - appare rispondere, più che all’esigenza di uniformarsi alla normativa regionale in materia di urbanistica, agli obblighi derivanti, in capo al Comune, dall’affermazione del principio di cui all’art. 31 del D.L. n. 201/2011, in materia di competenza esclusiva statale quale la tutela della concorrenza, secondo il quale “"secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro il 30 Settembre 2012”.

Nel caso di specie non pare possibile ravvisare una particolare esigenza di questo tipo, pur considerando che la giurisprudenza ha enunciato il principio della correlazione dei procedimenti di rilascio della concessione o autorizzazione edilizia inerenti l'immobile o il complesso di immobili e dell'autorizzazione all'apertura di una media o grande struttura di vendita ed ha così espresso la necessità che, anche ai fini del rilascio dell'autorizzazione commerciale, venga attentamente considerata la conformità del nuovo insediamento ai vigenti parametri urbanistici e alle destinazioni d'uso previste nei regolamenti edilizi (Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2007, n. 638; 8 giugno 2007, n. 3027; TAR Lazio, Roma, sez. II, 21 aprile 2005, n. 2989; TAR Campania, Napoli, sez. III, 3 marzo 2005, n. 7324; sez. VIII, 10 settembre 2010 n. 17398; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 19 marzo 2007, n. 443; sez. II, 5 giugno 2007, n. 4751). Il collegamento tra normativa urbanistica e disciplina del commercio nei termini suddetti appare garantito, infatti, dalla circostanza per cui l’apertura della media struttura di vendita appartenente alla categoria alimentare in questione avverrà in una porzione di territorio già di per sé vocata all’utilizzo commerciale (in quanto ricadente nel PII Mella 2000) e, pertanto, appare legittima la scelta operata dal Comune, nel dare un’indicazione in ordine alla necessità di ritenere superata la clausola limitativa della superficie con destinazione commerciale alimentare, presumibilmente retaggio delle indicazioni urbanistiche originarie, risalenti al 2003.

A prescindere, dunque, dall’entrare nel merito della sussistenza di un interesse concreto ed attuale a proporre tale censura in capo ad un soggetto titolare di un ipermercato, di un proprietario immobiliare e di una pluralità di operatori commerciali appartenenti ai più diversi settori merceologici, in relazione ad una deliberazione, come quella del Consiglio n. 54/2012, che avrebbe natura meramente interpretativa, il Collegio ritiene di dover escludere che l’autorizzazione all’apertura di una struttura di vendita di medie dimensioni possa ritenersi in contrasto con il PGT del Comune di Roncadelle e con la vigente normativa in materia, come, invece, sostenuto da parte ricorrente con la terza e la quarta censura.

Invero il ricorso tende, ancor prima che a mettere in discussione la legittimità del mutamento di destinazione, alla caducazione delle precedenti autorizzazioni commerciali, ma, con riferimento a tale profilo appare fondata la tesi del Comune, secondo cui l’unico collegamento esistente tra le autorizzazioni commerciali del 2008 e quello oggetto di contestazione è rappresentato dal fatto che, in sede di valutazione della compatibilità commerciale del nuovo centro previsto dal Piano Mella 2000, l’intervenuta rinuncia alle stesse da parte dei rispettivi titolari ha determinato l’attribuzione di 3 punti su di un totale di 68, ben superiore al minimo di 40. Nessun principio di prova è stato fornito circa il fatto che la efficacia delle precedenti autorizzazioni fosse condizione necessaria per il rilascio della nuova, con la conseguenza che le censure n. 1 e 2, tese ad eccepire l’illegittimità della proroga dell’efficacia delle autorizzazioni n. 751 e 752 sono, prima di tutto, inammissibili, per i plurimi profili ora esaminati.

Debbono essere rigettati anche il quinto e il nono motivo di ricorso, dal momento che, per quanto ampiamente più sopra esposto, le modifiche apportate alle previsioni del Piano attuativo Mella 2002 non sono tali da integrare l’adozione di un nuovo piano, rispettando a pieno i limiti dello “ius variandi” riconosciuto dall’art. 39.5 del Piano delle Regole. Non vi era, dunque, nessun obbligo, per il Comune di seguire il particolare iter previsto per l’approvazione di un nuovo piano attuativo e tantomeno di sottoporre le varianti approvate alla valutazione ambientale strategica.

La corretta applicazione del principio tempus regit actum, inoltre, induce a ritenere prive di fondamento le censure n. 6 e 7: legittimamente il procedimento preordinato all’adozione della variante al piano attuativo e al correlato rilascio dell’autorizzazione commerciale ha seguito dapprima la disciplina dettata dal comma 4 bis dell’art. 14 della legge regionale 12/2005 e poi quella introdotta dalla sopravvenuta novella. Ogni singola fase dello stesso, dunque, è stata regolamentata dalla norma vigente al momento dell’adozione dei singoli atti endoprocedimentali: la prima adozione della variante è avvenuta in quanto ritenuta conforme al PGT, con atto della Giunta comunale, come previsto dal PGT stesso sulla scorta della legittimazione di cui al citato comma 4 bis dell’art. 14, mentre l’approvazione definitiva è stata operata dal Consiglio comunale in conformità sia alla previsione dello stesso comma 4 bis, che alla norma che ne ha disposto l’abrogazione (rimettendo anche la prima adozione al Consiglio comunale). Il richiesto annullamento giurisdizionale dell’adozione da parte della Giunta comunale, avvenuta nel rispetto della normativa allora vigente, non risponderebbe, dunque, né alla ratio della norma abrogatrice, né al principio tempus regit actum.

La documentazione prodotta in atti, infine, è idonea ad escludere la fondatezza anche delle censure n. 8 e 10, in quanto dell’avvenuta adozione della deliberazione giuntale di variazione del PPI Mella 2000 è stata puntualmente data notizia mediante pubblicazione all’albo comunale dell’avviso del dirigente dell’Ufficio tecnico, che dava conto anche del decorso del termine per la presentazione di eventuali osservazioni. La deliberazione di approvazione definitiva dell’atto pianificatorio attuativo in variante è avvenuta il giorno stesso in cui scadeva il termine per la presentazione delle osservazioni. Tale circostanza è del tutto irrilevante, in quanto gli odierni ricorrenti non hanno presentato osservazioni e, quindi, non hanno alcun interesse concreto ed attuale alla caducazione dell’atto suddetto in ragione di siffatta censura.

Ne deriva il rigetto del ricorso, mentre le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la complessità delle questioni interpretative sottese alla definizione della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, previa dichiarazione di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum di Ascom.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Calderoni, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere

Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)