Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente  

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Luxembourg

di Luca RAMACCI (pubblicato sulla rubrica "Ecolex" in "la Nuova Ecologia" settembre 2005

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Quando, in occasione di incontri e convegni, sottolineo il fatto che l’Italia, almeno per quanto riguarda la tutela dell’ambiente, non può essere sempre annoverata tra i paesi civili, vengo spesso guardato con scetticismo o riprovazione.

Anche se la cosa non mi sorprende più di tanto, noto che i più sensibili all’argomento sono quelli che vengono comunemente indicati come “rappresentanti delle istituzioni”, specie quelli che avendo capito che l’ambiente “fa audience” se ne interessano, ma senza disturbare troppo con iniziative impopolari.

Ho avuto una conferma di questa mia convinzione in un recente viaggio di studio presso la Corte di Giustizia a Lussemburgo.

L’incontro era dedicato alla tutela dell’ambiente e vi partecipavano magistrati di tutta Europa.

Oggetto di studio era, ovviamente, l’attività della Corte.

Tutti, quindi, sapevano che l’Italia, imperterrita nel cercare in tutti i modi di restringere la “nozione di rifiuto”, aveva varato il famigerato d.l. 1382002 sulla “interpretazione autentica della nozione di rifiuto” bersaglio di critiche feroci e palesemente in contrasto con la disciplina comunitaria.

Sapevano anche che, per questo, l’Italia era stata condannata dalla Corte nel novembre del 2004 e che, senza pensarci troppo, subito dopo era nuovamente intervenuta sulla materia con la “legge delega ambientale” riguardo alla quale era stata subito sollevata anche una questione di legittimità costituzionale.

Quelli ancora più attenti sapevano anche, molto probabilmente, che tutti questi sforzi del legislatore riguardano i rottami ferrosi che, evidentemente, sono in cima ai suoi pensieri.

Potete quindi immaginare le facce dei colleghi quando uno dei relatori ci ha informati che avremmo assistito ad un dibattimento che riguardava, combinazione, l’Italia ed una infrazione relativa al trasporto dei rifiuti.

Sarà stata la suggestione ma io ed altri colleghi italiani abbiamo avuto l’impressione che si parlasse del nostro Paese come del solito… trasgressore come noi si parla dell’arrestato plurirecidivo.

Non poco imbarazzo c’e’ stato durante il dibattimento, dove il rappresentante della Commissione (praticamente l’accusa), un italiano, ha necessariamente dovuto chiedere la condanna del suo Paese mentre l’Avvocato dello Stato, difensore dell’Italia, ci è sembrato in seria difficoltà nel fare il suo lavoro difendendo una posizione indifendibile.

Dimenticavo, l’Italia è stata poi condannata, ma per fortuna noi non c’eravamo.

Luca RAMACCI