Cass. Sez. III n. 34589 del 17 settembre 2021 (UP 4 giu 2021)
Pres. Petruzzellis Est. Aceto Ric. Caporaso
Acque.Ambito di applicazione del d.P.R. n. 227 del 2011
In generale, il d.P.R. n. 227 del 2011 si applica esclusivamente alle categorie di imprese di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro delle attività produttive del 18 aprile 2005, e cioè alla categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (complessivamente definita PMI) che è costituita da imprese che: a) hanno meno di 250 occupati, e b) hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro; inoltre, trattandosi di scarichi in rete fognaria, è necessario che osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'ente di governo dell'ambito competente (art. 107, d.lgs. n. 152 del 2006); pertanto, non è sufficiente allegare la provenienza dello scarico da una piccola azienda agroalimentare appartenente al settore lattiero-caseario che produce un quantitativo di acque reflue non superiore a 4000 mc/l’anno; è altresì necessario dare prova che l’impresa sia qualificabile come PMI (rientrante nell’ambito di applicazione del d.P.R. n. 227 del 2011) e, sopratutto, che siano rispettati i limiti di emissione degli scarichi idrici indicati nell’Allegato 5 alla Parte Terza del d.lgs. n. 152 del 2006. Di tali allegazioni deve farsi carico colui che invoca l’applicazione delle relative norme derogatorie.
RITENUTO IN FATTO
1. Il sig. Fedele Caporaso ricorre per l’annullamento della sentenza del 24/06/2020 del Tribunale di Campobasso che lo ha dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 137, d.lgs. n. 152 del 2006 (scarico non autorizzato di acque reflue industriali provenienti dall’attività di trasformazione casearia della società «Boca S.r.l.» da lui amministrata), e lo ha condannato alla pena di 1.500,00 euro di ammenda.
1.1. Con il primo motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) e c), cod. proc. pen., la nullità della sentenza per vizio di mancanza assoluta di motivazione in ordine alla natura degli scarichi che, in quanto assimilati a quelli domestici ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 227 del 2011, non necessitavano di autorizzazione (la cui mancanza, peraltro, integra un illecito amministrativo), così come evincibile dai documenti prodotti nel corso del processo e dalla memoria depositata in sede di discussione.
1.2. Con il secondo motivo, che riprende gli argomenti del primo, deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza di motivazione sulla applicabilità al caso di specie della normativa che assimila gli scarichi delle piccole aziende agroalimentari appartenenti al settore lattiero-caseario agli scarichi delle acque reflue domestiche.
1.3. Con il terzo motivo, ribadendo che si tratta di scarichi domestici che recapitano in pubblica fognatura, deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 124, 133, 137, d.lgs. n. 152 del 2006, e 2, d.P.R. n. 277 del 2011, nonché delle Norme contenute nel Piano di tutela delle acque della Regione Molise, integrative della norma penale.
1.4. Con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione e l’inosservanza degli artt. 124 e 137, d.lgs. n. 152 del 2006, e del d.P.R. n. 59 del 2013, osservando che la mancanza di autorizzazione unica ambientale non è sanzionata penalmente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è infondato.
3. Osserva il Collegio:
3.1. l’apertura o comunque l’effettuazione di nuovi scarichi industriali in assenza di autorizzazione è penalmente sanzionata dall’art. 137, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, con la pena dell’arresto da due mesi a due anni o dell’ammenda da euro 1.500,00 a euro 10.000,00;
3.2. l’art. 74, comma 1, lett. h), d.lgs. n. 152, cit., definisce le acque reflue industriali come «qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento»;
3.3. acque reflue domestiche sono quelle «provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche» (art. 74, lett. g, d.lgs. n. 152 del 2006);
3.4. ai sensi dell’art. 101, commi 7 e 7-bis, d.lgs. n. 152, cit., «7. Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue: a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura; b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame; c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità; d) provenienti da impianti di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo; e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale; f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore. 7-bis. Sono altresì assimilate alle acque reflue domestiche, ai fini dello scarico in pubblica fognatura, le acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari (…)»;
3.5. nel caso di specie, è incontestato che gli scarichi provenivano dall’attività di trasformazione casearia esercitata dall’impresa societaria legalmente rappresentata dall’imputato e che non si trattava di reflui derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche né di acque meteoriche di dilavamento;
3.6. ai sensi dell’art. 2, lett. c), d.P.R. n. 227 del 2011, invocato dal ricorrente, «le acque reflue provenienti dalle categorie di attività elencate nella tabella 2 dell'Allegato A, con le limitazioni indicate nella stessa tabella»;
3.7. tra le attività elencate nella tabella 2 dell'Allegato A rientrano le «piccole aziende agroalimentari appartenenti ai settori lattiero-caseario, vitivinicolo e ortofrutticolo, che producano quantitativi di acque reflue non superiori a 4.000 m3/anno e quantitativi di azoto, contenuti in dette acque a monte della fase di stoccaggio, non superiori a 1.000 kg/anno»;
3.8. l’assimilazione dei reflui industriali provenienti dagli impianti in questione è subordinata al rispetto dei parametri indicati dall’Allegato 5 alla Parte Terza del d.lgs. n. 152 del 2006 (art. 2, comma 1, d.P.R. n. 227 del 2011; art. 101, commi 1 e 2, d.lgs. n. 152 del 2006);
3.9. in generale, il d.P.R. n. 227 del 2011 si applica esclusivamente alle categorie di imprese di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro delle attività produttive del 18 aprile 2005, e cioè alla categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (complessivamente definita PMI) che è costituita da imprese che: a) hanno meno di 250 occupati, e b) hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro;
3.10. inoltre, trattandosi di scarichi in rete fognaria, è necessario che osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'ente di governo dell'ambito competente (art. 107, d.lgs. n. 152 del 2006);
3.11. pertanto, non è sufficiente allegare la provenienza dello scarico da una piccola azienda agroalimentare appartenente al settore lattiero-caseario che produce un quantitativo di acque reflue non superiore a 4000 mc/l’anno; è altresì necessario dare prova che l’impresa sia qualificabile come PMI (rientrante nell’ambito di applicazione del d.P.R. n. 227 del 2011) e, sopratutto, che siano rispettati i limiti di emissione degli scarichi idrici indicati nell’Allegato 5 alla Parte Terza del d.lgs. n. 152 del 2006;
3.12. di tali allegazioni deve farsi carico colui che invoca l’applicazione delle relative norme derogatorie, secondo un principio generale più volte applicato da questa Corte di cassazione in tema, per esempio, di attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall'art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016, Lazzarini, Rv. 265839), di deposito temporaneo di rifiuti (Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, Favazzo, Rv. 264121), di terre e rocce da scavo (Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, Fortunato, Rv. 263336), di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali (Sez. 3, n. 3943 del 17/12/2014, Aloisio, Rv. 262159), di qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali (Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, Giaccari, Rv. 262129; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504), di deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, prevista dall'art. 258 comma 15 del D.Lgs. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee (Sez. 3, n. 6107 del 17/01/2014, Minghini, Rv. 258860), di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali (Sez. 3, n. 35138 del 18/06/2009, Bastone, Rv. 244784), di scarichi da attività casearia (Sez. 3, n. 16044 del 28/02/2019, Rv. 275397-01);
3.13. nel caso di specie, il Tribunale dà atto (non contestato sul punto): a) dell’ampio superamento dei valori-limite stabiliti dal Regolamento per l’immissione e il trattamento delle acque bianche e meteoriche e nere e tecnologiche nelle opere e negli impianti consortili; b) del mancato adempimento alle prescrizioni impartite dalla polizia giudiziaria ai sensi degli artt. 318 e segg., d.lgs. n. 152 del 2006;
3.14. trattandosi di scarichi di acque reflue industriali, necessitava l’autorizzazione unica ambientale di cui all’art. 3, d.P.R. n. 59 del 2013, sostitutiva, ai sensi dell’art. 23, comma 1, d.l. n. 5 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 35 del 2012, di quella prevista dall’art. 124, d.lgs. n. 152 del 2006, richiamata nel capo di imputazione;
3.15. di qui l’infondatezza del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 04/06/2021.