Cons. Stato Sez. VI sent. 4602 del 23 settembre 2008
Acque. Verifica scarichi (laguna di Venezia)
Il principio, desumibile dall’art. 28 del d.lgs. n. 152/1999, poi recepito dall’art. 1010 d.lgs. n. 152/2006, in forza del quale la verifica sugli scarichi inquinanti deve essere effettuata scomputando dalla concentrazione al momento dello scarico quella esistente al punto di prelievo si applica anche agli scarichi inquinanti nella laguna di Venezia, la quale, pur essendo sottoposta ad un regime speciale, non si sottrae, tuttavia, alla regola appena descritta.
Acque. Verifica scarichi (laguna di Venezia)
Il principio, desumibile dall’art. 28 del d.lgs. n. 152/1999, poi recepito dall’art. 1010 d.lgs. n. 152/2006, in forza del quale la verifica sugli scarichi inquinanti deve essere effettuata scomputando dalla concentrazione al momento dello scarico quella esistente al punto di prelievo si applica anche agli scarichi inquinanti nella laguna di Venezia, la quale, pur essendo sottoposta ad un regime speciale, non si sottrae, tuttavia, alla regola appena descritta.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.4602/08
Reg.Dec.
N. 9280 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da 3V C.P.M. CHIMICA PORTO MAGHERA S.P.A., in persona del legale rappresentante, e da ITALSIGMA S.R.L., in persona del legale rappresentante, entrambe rappresentate e difese dall’Avv. Mario Bucello, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, alla via delle Quattro Fontane, n. 15;
contro
il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, il Ministero delle Infrastrutture, il Ministero dei Trasporti, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore,
il Magistrato alle acque – Ispettorato Generale per la Laguna di Venezia, Marano e Grado per l’attuazione della legge sulla salvaguardia di Venezia, in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati ex lege presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento e la riforma
della sentenza del T.a.r. Veneto, sez. III, n. 1753/2007, resa inter partes;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e il controricorso dell’Avvocatura dello Stato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza del 13 maggio 2008 il Consigliere Roberto Giovagnoli e uditi l’Avvocato Molè per delega dell’Avv. Bucello e l’Avv. dello Stato Ranucci;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Le ricorrenti Società rappresentano di svolgere la propria attività di produzione di materiali chimici intermedi e additivi per cementi e calcestruzzi in aree contigue al Polo Chimico di Porto Marghera.
Per quanto qui rileva, espongono che C.M.P. acquista da terzi (che le attingono dal Canale Lusore-Bretelle) le acque di raffreddamento dei propri impianti, che utilizza e sversa - senza che abbiano subito alcuna variazione qualitativa, ad eccezione di un modesto aumento della temperatura - attraverso lo scarico SM1 nel canale di raccordo denominato Darsena della Rana. Italsigma, invece, non genera scarichi industriali di alcun tipo.
Nessuna delle due imprese utilizza il ferro nei propri procedimenti di lavorazione.
2. In data 31.5.05, il Magistrato delle Acque eseguì un controllo sugli scarichi prelevando alcuni campioni che risultarono contenere un eccesso di ferro rispetto ai limiti previsti dalla legge.
Venne così emesso il provvedimento qui contestato con il quale si ordinava alle Ditte ricorrenti di interrompere lo sversamento di sostanze inquinanti in laguna; di far pervenire al MAV una dettagliata relazione descrittiva delle iniziative intraprese e le si diffidava dallo scarico in laguna di qualsiasi refluo, in assenza delle prescritte autorizzazioni.
3. Di fatto, l’unico valore che viene superato dalle acque di raffreddamento è quello relativo al ferro. La stessa Amministrazione ammette tuttavia che “tale parametro è risultato particolarmente elevato anche nelle acque di attingimento”, altrimenti detto: la concentrazione di ferro riscontrata non dipende dalle ricorrenti, ma è già presente nelle acque che esse acquistano da terzi.
Ciò che viene in questa sede contestato è il divieto di scaricare in laguna tali acque, il cui contenuto non subisce alcun incremento del parametro “ferro” a causa delle lavorazioni effettuate negli stabilimenti delle ricorrenti.
4. Con la sentenza impugnata, il T.a.r. ha respinto il ricorso.
Secondo il primo Giudice, la laguna di Venezia - a causa delle sua particolarità - è disciplinata, da lungo tempo, da norme speciali ad hoc, in parte derogatorie di quelle generali (sulle quali, ovviamente, prevalgono).
Viene, in particolare, in considerazione il D.M. 30.7.99, il quale, dopo aver richiamato nelle premesse i contenuti della previgente normazione sulla laguna di Venezia, ha recepito le risultanze dei lavori della Commissione Tecnica nominata a tenore dell’art. 4 del D.I. 16.12.98 con l’incarico di formulare una proposta di definizione dei limiti di accettazione degli scarichi e delle modalità per il controllo degli obiettivi di qualità e dei carichi massimi ammissibili di inquinanti in laguna.
Il D.M. in questione fissa i limiti agli scarichi industriali e civili che sversano nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante, nella tabella A, divisa in quattro sezioni, la prima delle quali riguarda i parametri “in relazione ai quali sono stati fissati i limiti di qualità” - tra cui è, per l’appunto, ricompreso il parametro “ferro” che non deve superare la soglia limite di 500 nanogrammi per litro. A ciò consegue – afferma il T.a.r.. - che, proprio al fine di raggiungere l’obiettivo di qualità, tale parametro va considerato in assoluto, e, ulteriormente, che nessuno scarico può sversare in laguna acque che lo superano, dipenda o meno questo dall’attività compiuta dai soggetti che tali acque utilizzano.
In altre parole, secondo il Giudice di primo grado, la disposizione - nel caso di specie, in cui non è controverso che le acque pervengano alle ricorrenti già “inquinate” da eccesso di ferro - impone non di bonificarle ma, più semplicemente, di non utilizzarle, proprio in quanto già inquinate e, come tali, non sversabili da alcuno nel bacino lagunare, a prescindere da chi sia il soggetto “inquinatore”.
5. Avverso tale sentenza hanno proposto appello le originarie ricorrenti.
6. L’appello merita accoglimento.
7. Risulta decisiva la circostanza che nel caso di specie, la acque di cui si discute, anche se non venissero prelevate finirebbero comunque nella laguna di Venezia con le stesse concentrazioni già presenti nel punto di prelievo.
Il provvedimento impugnato ha quindi l’effetto di impedire alle società appellanti di utilizzare (se non previa depurazione) queste acque in impieghi completamente neutri rispetto all’interesse ambientale.
8. Tale conclusione è tuttavia contraria al principio, desumibile dall’art. 28 del d.lgs. n. 152/1999, poi recepito dall’art. 1010 d.lgs. n. 152/2006, in forza del quale la verifica sugli scarichi inquinanti deve essere effettuata scomputando dalla concentrazione al momento dello scarico quella esistente al punto di prelievo.
Questo principio, ad avviso del Collegio, si applica anche agli scarichi inquinanti nella laguna di Venezia, la quale, pur essendo sottoposta ad un regime speciale, non si sottrae, tuttavia, alla regola appena descritta.
8.1. In primo luogo, infatti, l’art. 6, comma 2, d.m. 30 luglio 1999 (che è il provvedimento ministeriale con cui sono stabiliti i limiti agli scarichi nella laguna di Venezia) prescrive espressamente che, per il controllo degli scarichi civili e industriali, si debbano applicare le modalità di controllo previste dal d.lgs. n. 152/1999. Tra queste modalità rientra anche quella di cui all’art. 28 che appunto prevede lo scomputo dalle concentrazioni riscontrate allo scarico di quelle riscontrate al punto di prelievo.
8.2. In secondo luogo, appare significativo rilevare che la medesima regola dello scomputo è accolta dal d.m. 30 luglio 1999 per i c.d. microinquinanti (le sostanze maggiormente pericolose per la salubrità della laguna).
Sarebbe allora contraddittorio ritenere che, per il ferro il provvedimento ministeriale abbia imposto di valutare le concentrazioni negli scarichi in valore assoluti, indipendentemente dallo stato qualitativo delle acque al momento del prelievo, sancendo così un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello introdotto per altre sostanze molto più inquinanti (i c.d. microinquinanti).
9. Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello deve, pertanto, essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del provvedimento del Magistrato delle Acque n. 2080 del 2005.
10. Le spese del doppio grado di giudizio debbono essere compensate, sussistendo giusti motivi, anche in considerazione della complessità tecnica delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio del 13 maggio 2008, con l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone Presidente
Carmine Volpe Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Bruno Rosario Polito Consigliere
Roberto Giovagnoli Consigliere Rel. ed Est.
Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere Segretario
ROBERTO GIOVAGNOLI GLAUCO SIMONINI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23.09.2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.4602/08
Reg.Dec.
N. 9280 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da 3V C.P.M. CHIMICA PORTO MAGHERA S.P.A., in persona del legale rappresentante, e da ITALSIGMA S.R.L., in persona del legale rappresentante, entrambe rappresentate e difese dall’Avv. Mario Bucello, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, alla via delle Quattro Fontane, n. 15;
contro
il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, il Ministero delle Infrastrutture, il Ministero dei Trasporti, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore,
il Magistrato alle acque – Ispettorato Generale per la Laguna di Venezia, Marano e Grado per l’attuazione della legge sulla salvaguardia di Venezia, in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati ex lege presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento e la riforma
della sentenza del T.a.r. Veneto, sez. III, n. 1753/2007, resa inter partes;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e il controricorso dell’Avvocatura dello Stato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza del 13 maggio 2008 il Consigliere Roberto Giovagnoli e uditi l’Avvocato Molè per delega dell’Avv. Bucello e l’Avv. dello Stato Ranucci;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Le ricorrenti Società rappresentano di svolgere la propria attività di produzione di materiali chimici intermedi e additivi per cementi e calcestruzzi in aree contigue al Polo Chimico di Porto Marghera.
Per quanto qui rileva, espongono che C.M.P. acquista da terzi (che le attingono dal Canale Lusore-Bretelle) le acque di raffreddamento dei propri impianti, che utilizza e sversa - senza che abbiano subito alcuna variazione qualitativa, ad eccezione di un modesto aumento della temperatura - attraverso lo scarico SM1 nel canale di raccordo denominato Darsena della Rana. Italsigma, invece, non genera scarichi industriali di alcun tipo.
Nessuna delle due imprese utilizza il ferro nei propri procedimenti di lavorazione.
2. In data 31.5.05, il Magistrato delle Acque eseguì un controllo sugli scarichi prelevando alcuni campioni che risultarono contenere un eccesso di ferro rispetto ai limiti previsti dalla legge.
Venne così emesso il provvedimento qui contestato con il quale si ordinava alle Ditte ricorrenti di interrompere lo sversamento di sostanze inquinanti in laguna; di far pervenire al MAV una dettagliata relazione descrittiva delle iniziative intraprese e le si diffidava dallo scarico in laguna di qualsiasi refluo, in assenza delle prescritte autorizzazioni.
3. Di fatto, l’unico valore che viene superato dalle acque di raffreddamento è quello relativo al ferro. La stessa Amministrazione ammette tuttavia che “tale parametro è risultato particolarmente elevato anche nelle acque di attingimento”, altrimenti detto: la concentrazione di ferro riscontrata non dipende dalle ricorrenti, ma è già presente nelle acque che esse acquistano da terzi.
Ciò che viene in questa sede contestato è il divieto di scaricare in laguna tali acque, il cui contenuto non subisce alcun incremento del parametro “ferro” a causa delle lavorazioni effettuate negli stabilimenti delle ricorrenti.
4. Con la sentenza impugnata, il T.a.r. ha respinto il ricorso.
Secondo il primo Giudice, la laguna di Venezia - a causa delle sua particolarità - è disciplinata, da lungo tempo, da norme speciali ad hoc, in parte derogatorie di quelle generali (sulle quali, ovviamente, prevalgono).
Viene, in particolare, in considerazione il D.M. 30.7.99, il quale, dopo aver richiamato nelle premesse i contenuti della previgente normazione sulla laguna di Venezia, ha recepito le risultanze dei lavori della Commissione Tecnica nominata a tenore dell’art. 4 del D.I. 16.12.98 con l’incarico di formulare una proposta di definizione dei limiti di accettazione degli scarichi e delle modalità per il controllo degli obiettivi di qualità e dei carichi massimi ammissibili di inquinanti in laguna.
Il D.M. in questione fissa i limiti agli scarichi industriali e civili che sversano nella laguna di Venezia e nei corpi idrici del suo bacino scolante, nella tabella A, divisa in quattro sezioni, la prima delle quali riguarda i parametri “in relazione ai quali sono stati fissati i limiti di qualità” - tra cui è, per l’appunto, ricompreso il parametro “ferro” che non deve superare la soglia limite di 500 nanogrammi per litro. A ciò consegue – afferma il T.a.r.. - che, proprio al fine di raggiungere l’obiettivo di qualità, tale parametro va considerato in assoluto, e, ulteriormente, che nessuno scarico può sversare in laguna acque che lo superano, dipenda o meno questo dall’attività compiuta dai soggetti che tali acque utilizzano.
In altre parole, secondo il Giudice di primo grado, la disposizione - nel caso di specie, in cui non è controverso che le acque pervengano alle ricorrenti già “inquinate” da eccesso di ferro - impone non di bonificarle ma, più semplicemente, di non utilizzarle, proprio in quanto già inquinate e, come tali, non sversabili da alcuno nel bacino lagunare, a prescindere da chi sia il soggetto “inquinatore”.
5. Avverso tale sentenza hanno proposto appello le originarie ricorrenti.
6. L’appello merita accoglimento.
7. Risulta decisiva la circostanza che nel caso di specie, la acque di cui si discute, anche se non venissero prelevate finirebbero comunque nella laguna di Venezia con le stesse concentrazioni già presenti nel punto di prelievo.
Il provvedimento impugnato ha quindi l’effetto di impedire alle società appellanti di utilizzare (se non previa depurazione) queste acque in impieghi completamente neutri rispetto all’interesse ambientale.
8. Tale conclusione è tuttavia contraria al principio, desumibile dall’art. 28 del d.lgs. n. 152/1999, poi recepito dall’art. 1010 d.lgs. n. 152/2006, in forza del quale la verifica sugli scarichi inquinanti deve essere effettuata scomputando dalla concentrazione al momento dello scarico quella esistente al punto di prelievo.
Questo principio, ad avviso del Collegio, si applica anche agli scarichi inquinanti nella laguna di Venezia, la quale, pur essendo sottoposta ad un regime speciale, non si sottrae, tuttavia, alla regola appena descritta.
8.1. In primo luogo, infatti, l’art. 6, comma 2, d.m. 30 luglio 1999 (che è il provvedimento ministeriale con cui sono stabiliti i limiti agli scarichi nella laguna di Venezia) prescrive espressamente che, per il controllo degli scarichi civili e industriali, si debbano applicare le modalità di controllo previste dal d.lgs. n. 152/1999. Tra queste modalità rientra anche quella di cui all’art. 28 che appunto prevede lo scomputo dalle concentrazioni riscontrate allo scarico di quelle riscontrate al punto di prelievo.
8.2. In secondo luogo, appare significativo rilevare che la medesima regola dello scomputo è accolta dal d.m. 30 luglio 1999 per i c.d. microinquinanti (le sostanze maggiormente pericolose per la salubrità della laguna).
Sarebbe allora contraddittorio ritenere che, per il ferro il provvedimento ministeriale abbia imposto di valutare le concentrazioni negli scarichi in valore assoluti, indipendentemente dallo stato qualitativo delle acque al momento del prelievo, sancendo così un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello introdotto per altre sostanze molto più inquinanti (i c.d. microinquinanti).
9. Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello deve, pertanto, essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del provvedimento del Magistrato delle Acque n. 2080 del 2005.
10. Le spese del doppio grado di giudizio debbono essere compensate, sussistendo giusti motivi, anche in considerazione della complessità tecnica delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio del 13 maggio 2008, con l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone Presidente
Carmine Volpe Consigliere
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
Bruno Rosario Polito Consigliere
Roberto Giovagnoli Consigliere Rel. ed Est.
Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere Segretario
ROBERTO GIOVAGNOLI GLAUCO SIMONINI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23.09.2008
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria