Corte Costituzionale ord. 428 del 25 novembre 2005
iudizio di legittimità costituzionale dell’art. 37, commi 2 e 3, e dell’ art. 49, comma 1, lettera d), della legge della Regione Toscana 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell’utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 1° ottobre 2004, depositato in cancelleria il successivo 5 ottobre ed iscritto al n. 95 del registro ricorsi 2004.
ORDINANZA N. 428
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Annibale MARINI Presidente
- Franco BILE Giudice
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 37, commi 2 e 3, e dell’ art. 49, comma 1, lettera d), della legge della Regione Toscana 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell’utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 1° ottobre 2004, depositato in cancelleria il successivo 5 ottobre ed iscritto al n. 95 del registro ricorsi 2004.
Udito nell’udienza pubblica del 25 ottobre 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
udito l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che con ricorso notificato il 1° ottobre 2004, depositato il successivo 5 ottobre ed iscritto al n. 95 del registro ricorsi 2004, il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 37, commi 2 e 3, e dell’art. 49, comma 1, lettera d), della legge della Regione Toscana 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell’utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali);
che l’art. 37, commi 2 e 3, disciplina le indicazioni che devono essere riportate sull’etichetta del contenitore o sul contenitore delle acque minerali e di quelle di sorgente; e l’art. 49, comma 1, lettera d), attribuisce alla Regione potestà regolamentare in ordine, tra l’altro, a «le capacità nominali dei contenitori e le tolleranze ammesse»;
che il ricorrente prospetta la violazione dell’ art. 117, primo e secondo comma, lettere r) ed e), e sesto comma, della Costituzione;
che, come osservato dall’Avvocatura dello Stato, al fine di unificare le indicazioni metrologiche in ambito europeo, sono state adottate le direttive comunitarie n. 75/106/CEE del 19 dicembre 1974 (Direttiva del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati) e n. 75/107/CEE del 19 dicembre 1974 (Direttiva del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle bottiglie impiegate come recipienti-misura);
che tali direttive sono state recepite nell’ordinamento per effetto del decreto-legge 3 luglio 1976, n. 451 (Attuazione delle direttive del Consiglio delle Comunità europee n. 75/106/CEE relativa al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati e n. 75/107 relativa alle bottiglie impiegate come recipienti-misura), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 agosto 1976, n. 614;
che, secondo la difesa erariale, le norme impugnate sarebbero in contrasto con le prescrizioni comunitarie recepite nel d.l. n. 451 del 1976; ed, infatti, gli artt. 2 e 5 di tale decreto-legge stabiliscono che sull’imballaggio deve essere indicato il volume di liquido che l’imballaggio medesimo si ritiene debba contenere (“volume nominale”), così utilizzando, per la misura del contenuto, l’espressione e la nozione di “volume”, con le conseguenze che il “volume nominale” è distinto dal “volume effettivo”, e che solo quest’ultimo è determinato in relazione alla temperatura di 20 °C;
che la legge impugnata all’art. 37, commi 2 e 3, prevede, invece, che il produttore deve indicare sull’etichetta o sul contenitore la “capacità nominale” di quest’ultimo (intesa quale volume di acqua che esso si ritiene debba contenere), definita alla temperatura di 20 °C;
che, viceversa, come osserva l’Avvocatura dello Stato, l’espressione “capacità” si rinviene nella direttiva n. 75/107/CEE, soltanto con riguardo alle “bottiglie recipienti-misura CEE”;
che il ricorrente deduce come questi scostamenti, secondo gli operatori del settore, possano ingenerare confusione nei consumatori, mentre per il secondo “considerando” della direttiva n. 75/106/CEE «per informare correttamente i consumatori è opportuno indicare il modo secondo il quale devono risultare sugli imballaggi preconfezionati le indicazioni riguardanti il volume nominale del liquido contenuto nello stesso»;
che l’art. 37, commi 2 e 3, contrasterebbe, quindi, con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, ed invaderebbe le competenze esclusive dello Stato nelle materie “pesi e misure” e “tutela della concorrenza” (art. 117, secondo comma, lettere r ed e della Costituzione);
che, secondo il ricorrente, le differenze di linguaggio e di nozioni, poste in evidenza, possono sottrarre alcuni operatori economici al dovere di rispettare le regole stabilite per una corretta competizione e per la protezione dei consumatori;
che, in ogni caso, la disciplina delle indicazioni metrologiche, che deve essere compresa nella materia “pesi e misure”, ha effettività se applicata dalla generalità dei destinatari;
che, in ordine all’art. 49, comma 1, lettera d), l’Avvocatura dello Stato rileva che le tolleranze sono definite dalla direttiva n. 75/106/CEE ancor prima che dalla legislazione italiana e che, trattandosi di materia riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, non spetta alla Regione l’adozione di regolamenti;
che successivamente alla proposizione del ricorso è stata emanata dalla Regione Toscana la legge 1° febbraio 2005, n. 21, recante «Modifiche alla legge regionale 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell’utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali)»;
che, per effetto delle disposizioni nella stessa contenute, nell’art. 37, comma 2, della legge reg. n. 38 del 2004 le parole “la capacità” sono state sostituite dalle parole “il volume”, mentre il comma 3 del suddetto art. 37 e l’art. 49, comma 1, lettera d), della medesima legge regionale sono stati abrogati;
che, nel corso dell’udienza pubblica, il ricorrente ha dedotto che l’intervenuto mutamento della normativa regionale non ha carattere satisfattorio, in quanto sussiste l’esigenza che sia affermato il difetto di competenza della Regione ad adottare norme nella materia de qua, e che pertanto persiste la necessità di una decisione di merito della Corte.
Considerato che, con ricorso notificato il 1° ottobre 2004, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato le disposizioni contenute nell’art. 37, commi 2 e 3, e nell’art. 49, comma 1, lettera d), della legge della Regione Toscana 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell’utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali), nella parte in cui, rispettivamente, prevedono, da un lato (art. 37, commi 2 e 3) che il produttore deve indicare sull’etichetta o sul contenitore delle acque minerali e di sorgente la “capacità nominale” – definita come «il volume d’acqua che il contenitore si ritiene debba contenere» – in luogo dell’espressione “volume nominale” utilizzata dagli artt. 2 e 5 del decreto-legge 3 luglio 1976, n. 451 (Attuazione della direttiva del consiglio delle Comunità europee n. 75/106/CE relativa al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati e n. 75/107 relativa alle bottiglie impiegate come recipienti-misura), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 agosto 1976, n. 614; dall’altro (art. 49, comma 1, lettera d), che la Regione è legittimata ad emanare norme regolamentari di attuazione per disciplinare specificamente «le capacità nominali dei contenitori e le tolleranze ammesse»;
che, secondo il ricorrente, l’uso da parte del legislatore regionale di una terminologia difforme da quella adoperata dal legislatore statale, sulla base della normativa comunitaria in materia, integra la violazione dell’art. 117, primo e secondo comma, lettere r) ed e), della Costituzione, anche in considerazione del fatto che le differenze di linguaggio e di nozioni usate sono suscettibili di sottrarre alcuni operatori al dovere di rispettare le regole stabilite per una corretta competizione e per la protezione dei consumatori;
che la prevista attribuzione alla Regione di potestà regolamentare lede l’art.117, sesto comma, della Costituzione;
che, preliminarmente, va precisato che il thema decidendum deve essere propriamente individuato -- in base alle puntualizzazioni contenute nel ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri in ragione della relativa deliberazione di autorizzazione adottata dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, in data 24 settembre 2004 -- nelle sole censure concernenti il contrasto tra le espressioni utilizzate dal legislatore regionale e quelle presenti nella legislazione statale volta a disciplinare materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato, nonché nella dedotta attribuzione alla Regione della potestà regolamentare in materia estranea alla sua competenza;
che, successivamente alla proposizione del ricorso, è intervenuta la legge della Regione Toscana 1° febbraio 2005, n. 21, recante «Modifiche alla legge regionale 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell’utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali) », la quale ha disposto che nell’art. 37, comma 2, di tale ultima legge le parole “la capacità” sono sostituite dalle parole “il volume” e nello stesso tempo ha abrogato il comma 3 del medesimo art. 37 e il successivo art. 49, comma 1, lettera d);
che l’art. 50, comma 1, della legge della Regione Toscana n. 38 del 2004, stabilisce che «le disposizioni della presente legge si applicano a far data dall’entrata in vigore del regolamento regionale di cui all’articolo 49»;
che non possono trovare ingresso le deduzioni difensive dell’Avvocatura dello Stato circa la violazione, da parte della Regione, con l’impugnata legge, delle norme costituzionali sul riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni nella materia “pesi e misure”, in quanto formulate, per la prima volta, in sede di discussione orale, e pertanto estranee al thema decidendum fissato nel ricorso introduttivo (cfr. sentenza n. 382 del 1999);
che, pertanto, il suindicato intervento normativo può ritenersi totalmente satisfattivo della pretesa quale risulta avanzata con il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, sicché è venuta a cessare la materia del contendere, anche perché non risulta che le norme censurate, medio tempore, abbiano prodotto effetti;
che, in conformità della giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex multis, sentenze n. 304 del 2005 e n. 424 del 2004), deve, dunque, dichiararsi cessata la materia del contendere.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37, commi 2 e 3, e dell’art. 49, comma 1, lettera d), della legge della Regione Toscana 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell’utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali) sollevate, in riferimento all’art. 117, primo e secondo comma, lettere r) ed e), e sesto comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 novembre 2005.
Annibale MARINI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2005.