Cass. Sez. III sent.8299 del 9 marzo 2006 (ud. 1 febbraio 2006)
Pres. Papadia Est. Franco Ric. Tortora
Aria – Ambito applicazione articolo 674 cod. pen.
Non è configurabile il reato di cui all’articolo 674 c.p. nel caso in cui le
emissioni in atmosfera provengano da un’attività regolarmente autorizzata e
siano inferiori ai limiti previsti dalle leggi speciali in materia di
inquinamento atmosferico.
Svolgimento del processo
Tortora
Pierluigi, Maggi Giulio e Forte Alessandro, nelle rispettive qualità di
amministratore delegato e di dirigenti della Divisione Igiene Ambientale della
spa ACAM, autorizzata all'esercizio di operazioni di smaltimento di rifiuti
solidi urbani ed assimilabili presso una discarica controllata in La Spezia,
vennero rinviati a giudizio per rispondere dei reati di cui agli artt. 674 cod.
pen. e 51, quarto comma, d. Igs. 5 febbraio 1997, n. 22.
Entrambe
le contestazioni partivano dal presupposto che l’autorizzazione provinciale ad
esercitare l’impianto di smaltimento avrebbe contenuto, attraverso il richiamo
ad una delibera della regione Lombardia del 28 marzo 1995, la prescrizione di
completare la rete di captazione ed il collegamento alla torcia entro il termine
di 24 mesi dal conferimento dei rifiuti, mentre nel caso di specie il
conferimento dei rifiuti aveva avuto inizio il 26 agosto 1998 e la piena
operatività della rete di captazione e della torcia di combustione del biogas
si era avuta solo alla fine del 2001, e quindi oltre il detto termine di 24
mesi. Da qui la contestata violazione dell'art. 51, quarto comma, d.lgs. 5
febbraio 1997, n. 22, per non avere osservato le prescrizioni contenute nella
autorizzazione provinciale nonché dell'art. 674 cod. pen. per avere, in un caso
non consentito dalla legge - perchè in inosservanza delle suddette specifiche
prescrizioni dell'autorizzazione provinciale relative alla piena operatività
della rete di captazione e della torcia di combustione del biogas entro
l’agosto 2000 - provocato, dal maggio al novembre 2001, emissioni estese ed
intense di biogas in atmosfere, atte ad offendere o molestare le persone.
Il
giudice del tribunale di La Spezia, con sentenza del 24 gennaio 2005, assolse
gli imputati da entrambi i reati loro ascritti per insussistenza del fatto e
dispose la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica per valutare
l'eventuale commissione di reati da parte del consulente tecnico del pubblico
ministero nonché se procedere al recupero delle spese allo stesso liquidate in
complessivi € 75.180,21.
Rilevò
infatti il giudice a quo che l'autorizzazione provinciale ad effettuare
operazioni di smaltimento non conteneva, né direttamente né indirettamente,
alcuna prescrizione in base alla quale la rete di captazione ed il collegamento
alla torcia di combustione del biogas avrebbero dovuto essere completati entro
il termine massimo di 24 mesi dall'inizio del conferimento dei rifiuti, di modo
che il loro completamento entro la fine del 2001 era stato regolare e non aveva
violato nessuna prescrizione del provvedimento autorizzativo. Da qui
l'insussistenza del fatto contestato al capo B) e relativo alla presunta
violazione dell'art. 51, quarto comma, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.
Per
quanto riguardava poi il reato di cui all'art. 674 cod. pen., di cui al capo A),
poiché era stato specificamente contestato che le esalazioni maleodoranti
sarebbero state illegittime perchè emesse «in caso non consentito dalla legge»,
ossia perché emesse in violazione del suddetto termine di 24 mesi, l'accertata
inesistenza di tale termine faceva venir meno la configurabilità anche di
questo reato.
Osservo
poi il giudice che in ogni caso, anche a prescindere dalla concreta
contestazione, non sussisteva il reato di cui all'art. 674 cod. pen. perché -
stante l'equivocità e la contraddittorietà delle risultanze probatorie
costituite dalle deposizioni testimoniali e le conclusioni dello stesso
consulente tecnico del p.m. - non poteva ritenersi raggiunta la prova che le
esalazioni maleodoranti avessero superato il limite della normale tollerabilità.
Rilevò
infine il giudice che il prolungamento dei tempi per il completamento della rete
di captazione del biogas era stato provocato da eccezionali situazioni
climatiche avverse, sicché in ogni caso le emissioni in questione sarebbero
state riconducibili al caso fortuito e che comunque non era stata nemmeno
fornita la prova che le stesse provenissero dall'impianto gestito dagli imputati
e non invece da altre discariche poste nelle immediate vicinanze.
II
Procuratore della Repubblica presso il tribunale di La Spezia propone ricorso
per cassazione avverso il solo capo della sentenza relativo al reato di cui
all'art. 674 cod. pen. deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell'art.
674 cod. pen. e mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
In
particolare osserva che il giudice ha errato nel ritenere necessaria, per la
sussistenza del reato, la violazione di una qualche prescrizione contenuta nel
provvedimento di autorizzazione, dal momento che la locuzione «nei casi non
consentiti dalla legge» contenuta nella seconda parte dell'art. 674 cod. pen.,
va riferita al parametro della normale tollerabilità di cui all'art. 844 cod.
civ., sicché il reato è configurabile quando le emissioni eccedano il limite
della normale tollerabilità anche quando siano rispettati i limiti e le
prescrizioni previsti dall'autorizzazione amministrativa.
Rileva
poi che è manifestamente illogica la motivazione nella parte in cui ha ritenuto
che non vi fosse la prova certa del superamento nella specie del limite della
normale tollerabilità. Infatti, le affermazioni contenute nella relazione del
consulente tecnico del p.m., secondo le quali non era stata accertata la
presenza di tracce significative di sostanze maleodoranti nell'atmosfera, si
riferivano agli accertamenti eseguiti nel 2002 e quindi non si ponevano in
contrasto con le deposizioni testimoniali che riguardavano le esalazioni
avvenute nel 2001 ed erano irrilevanti ai fini della contestazione, che
concerneva il periodo dal maggio al novembre 2001. D'altra parte, anche il
consulente tecnico della difesa, in ordine a quest'ultimo periodo di tempo,
aveva potuto fare riferimento solo a «calcoli di simulazione» e non a
misurazioni reali, sicché le sue conclusioni non erano idonee a contrastare
quanto emergeva dalle deposizioni testimoniali. Lamenta, quindi, che vi è
stata da parte del giudice a quo una erronea interpretazione e valutazione delle
risultanze processuali.
Infine
osserva che non poteva ritenersi esistente un caso di forza maggiore - dal momento
che le prescrizioni della delibera della giunta regionale lombarda del 28 marzo
1995, anche se non richiamate dal provvedimento di autorizzazione, dovevano
comunque essere seguite come indicazioni dello «stato dell'arte» in materia di
discariche, sicché il ritardo non poteva trovare giustificazione - e che dalle
risultanze processuali emergeva la prova che le esalazioni provenivano proprio
dall'impianto degli imputati.
Motivi della decisione
L'impugnazione
del pubblico ministero investe esclusivamente la pronuncia di assoluzione dal
reato di cui all'art. 674 cod. pen.
In
via preliminare può osservarsi come i motivi di ricorso siano in realtà
irrilevanti.
La
sentenza impugnata ha infatti esattamente messo in evidenza che agli imputati
era stato espressamente contestato lo specifico fatto di avere provocato le
emissioni maleodoranti atte ad offendere o molestare le persone «in caso non
consentito dalla legge» e precisamente per «inosservanza di specifiche
prescrizioni contenute o richiamate nella detta autorizzazione, in particolare
quella della messa in esercizio a completa operatività della rete di captazione
e della torcia di combustione del biogas entro 24 mesi dall'inizio del
conferimento dei rifiuti, e così entro l'agosto 2000 (il che, invece, non
avveniva che circa 14 mesi più tardi e cioè solo nella seconda metà
dell'ottobre 2001, e inoltre, ancora a tal momento, non essendo stata la rete di
captazione completata e collegata interamente alla torcia di combustione)».
Del
tutto correttamente, quindi, il giudice ha ritenuto che il pubblico ministero
aveva contestato agli imputati non una generica emissione di sostanze
maleodoranti in violazione del principio del neminem laedere, bensì
un'emissione da ritenersi illegittima unicamente perché effettuata in
violazione delle prescrizioni che sarebbero state contenute nella autorizzazione
provinciale, ossia dopo l’inutile decorso del termine fissato per la messa in
funzione della rete di captazione e della torcia di combustione. Se così non
fosse, d'altra parte, non avrebbe avuto alcun senso lo specifico e dettagliato
richiamo nel capo di imputazione alle prescrizioni dell'autorizzazione
asseritamente violate ed anzi la contestazione risulterebbe intrinsecamente
contraddittoria.
In
modo ineccepibile, pertanto, il giudice a quo, una volta accertato che
l'autorizzazione provinciale non conteneva affatto queste prescrizioni e che
quindi non vi era stata alcuna violazione delle stesse, ha ritenuto che veniva
automaticamente meno anche il presupposto - appunto l'inosservanza delle
presunte prescrizioni - per la configurabilità del reato così come
concretamente contestato dal pubblico ministero.
In
ogni modo, anche a voler prescindere da questa considerazione preliminare ed in
sé assorbente, va rilevato che i motivi di ricorso sono infondati perchè si
basano su un'interpretazione dell’art. 674 cod. pen. che. pur se seguita in
passato, è stata ormai da tempo superata dalla più recente giurisprudenza di
questa Corte, che il Collegio condivide e ritiene quindi di dover confermare.
Secondo
questo più recente orientamento, invero, ai fini della configurabilità del
reato previsto dalla seconda parte dell’art. 674 cod. pen. (emissione di gas,
vapori o fumi atti a molestare le persone), l'espressione «nei casi non
consentiti dalla legge» costituisce una precisa indicazione circa la necessità
che tale emissione avvenga in violazione delle norme che regolano l'inquinamento
atmosferico. Ne consegue che, poiché la legge contiene una sorta di presunzione
di legittimità delle emissioni di fumi, vapori o gas che non superino la soglia
fissata dalle leggi speciali in materia, ai fini dell’affermazione di
responsabilità per il reato indicato non basta l'affermazione che le emissioni
stesse siano astrattamente idonee ad arrecare fastidio, ma è indispensabile la
puntuale e specifica dimostrazione che esse superino i parametri fissati dalla
legge, mentre quando, pur essendo le emissioni contenute nei limiti di legge,
abbiano arrecato e arrechino concretamente fastidio alle persone, superando la
normale tollerabilità, si applicheranno le norme di carattere civilistico
contenute nell'art. 844 cod. civ. (cfr. Sez. I,16 giugno 2000, Meo, n. 216.621;
Sez. I, 24 ottobre 2001, Tulipano, n. 220.678; Sez. III, 23 gennaio 2004,
Pannone, n. 228.010; Sez. III, 19 marzo 2004, n. 16728, Parodi; Sez. I, 20
maggio 2004, Invemizzi, n. 229.170; nonché Sez. I, 12 marzo 2002, Pagano, n.
221.362; Sez. I, 14 marzo 2002, Rinaldi, n. 221.653, in tema di emissione di
onde elettromagnetiche).
Non
è, pertanto, configurabile il reato di cui all'art 674 cod. pen. nel caso in
cui le emissioni provengano da un'attività regolarmente autorizzata e siano
inferiori ai limiti previsti dalle leggi speciali in materia di inquinamento
atmosferico.
In
altri termini, secondo l’ormai costante orientamento giurisprudenziale,
all'inciso «nei casi non consentiti dalla legge» deve riconoscersi,
contrariamente a quanto ritenuto dal precedente orientamento, una valenza
rigida, tale da costituire una sorta di spartiacque tra il versante
dell'illecito penale da un lato e quello dell’illecito civile dall'altro.
Nel
caso di specie l'attività di smaltimento dei rifiuti posta in essere dagli
imputati è contestata con il capo di imputazione era stata regolarmente
autorizzata dalla competente autorità amministrativa, il concreto esercizio di
tale attività non aveva dato luogo ad alcuna violazione delle prescrizioni
contenute nel provvedimento autorizzativo, ed infine non è stato nemmeno
allegato il superamento dei limiti previsti dalla autorizzazione o dalla
normativa in materia di inquinamento atmosferico.
Non
è quindi configurabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen.