Cass. Sez. III n. 37566 del 15 ottobre 2021 (UP 20 lug 2021)
Pres. Andreazza Est. Di Stasi Ric. Felletti
Aria. Reato di cui all'art. 279 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

Il reato di cui all'art. 279 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che ha sostituito con continuità normativa l’art. 24 d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203), che punisce, per quanto qui rileva, chi “inizia ad installare o esercisce uno stabilimento in assenza della prescritta autorizzazione” ha natura di reato permanente, la cui consumazione perdura fino al rilascio della prescritta autorizzazione. La norma è, infatti, finalizzata alla tutela della qualità dell'aria e l'autorizzazione costituisce il mezzo di controllo preventivo sugli impianti inquinanti onde verificare la tollerabilità delle emissioni e l'adozione di appropriate misure di prevenzione dell'inquinamento atmosferico, per cui il reato permane fino a che il competente ente territoriale non abbia effettuato tale controllo

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 09/12/2020, il Tribunale di Padova dichiarava Felletti Paolo responsabile del reato di cui all’art. 279 d.lvo 152/2006 – perché aveva avviato una attività di trattamenti meccanici superficiali dei metalli (sabbiatura) senza la preventiva comunicazione di modifica di stabilimento – e lo condannava alla pena di euro 700,00 di ammenda.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Felletti Paolo, a mezzo del difensore di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 279 d.lvo 152/2006 e vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale non aveva tenuto conto della circostanza, emergente dalle risultanze istruttorie, che l’impianto di sabbiatura non era funzionante; l’autorizzazione generale al punto 4.1, inoltre, non prevedeva che la domanda di adesione dovesse presentarsi prima dell’installazione dell’impianto, come erroneamente riportato in motivazione con travisamento della prova documentale; la motivazione, quindi, era viziata e contraddittoria.
Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 163 e 164 cod.pen. e vizio di motivazione, lamentando che il tribunale non aveva concesso la sospensione condizionale della pena, argomentando in ordine ad un profilo di mera convenienza.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 195, comma 3, cod.proc.pen., lamentando che il tribunale aveva basato la prova della mancata presentazione della domanda di autorizzazione su dichiarazioni de relato ed aveva rigettato la richiesta di audizione del teste Roberto Arcaro con motivazione illogica ed in violazione dell’art. 195, comma 1, cod.proc.pen.
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla quantificazione della pena dell’ammenda in euro 700,00, lamentando che il Tribunale aveva espresso una formula di stile che non consentiva di ricostruire il percorso argomentativo posto a base della determinazione del trattamento sanzionatorio.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
Si è proceduto in camera di consiglio senza l’intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, in base al disposto dell’art. 23, comma 8 d.l. 137/2020, conv. in l. n. 176/2020.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il primo motivo di ricorso è infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il reato di cui all'art. 279 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che sostituito con continuità normativa l’art. 24 d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203), che punisce, per quanto qui rileva, chi “inizia ad installare o esercisce uno stabilimento in assenza della prescritta autorizzazione” ha natura di reato permanente, la cui consumazione perdura fino al rilascio della prescritta autorizzazione. La norma è, infatti, finalizzata alla tutela della qualità dell'aria e l'autorizzazione costituisce il mezzo di controllo preventivo sugli impianti inquinanti onde verificare la tollerabilità delle emissioni e l'adozione di appropriate misure di prevenzione dell'inquinamento atmosferico, per cui il reato permane fino a che il competente ente territoriale non abbia effettuato tale controllo (Sez.3, n.12921 del 20/02/2008, Rv.239352 – 01; Sez.3, n.22018 del 13/04/2010, Rv.247279 – 01).
Nella specie, il Giudice di merito ha accertato, con apprezzamento di fatto adeguatamente e logicamente motivato ed il linea con il suesposto principio, che il ricorrente, a seguito di modifica della pregressa attività dello stabilimento, aveva avviato un’attività di trattamenti meccanici superficiali dei metalli (impianto di sabbiatura) senza aver richiesto ed ottenuto la prescritta autorizzazione; ha, quindi, correttamente ritenuto integrato il reato contestato, valutando irrilevante, in linea con il suesposto principio di diritto, che l’impianto di sabbiatura, collegato con l’impianto di abbattimento, non fosse in funzione al momento del sopralluogo.
2. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Questa Corte ha condivisibilmente affermato che, in tema di sospensione condizionale della pena, è illegittima la decisione con la quale il beneficio sia negato dal giudice sulla base di una valutazione di non convenienza per l'imputato, essendo tale valutazione di pertinenza esclusiva di quest'ultimo (Sez.4,n.9204 del 12/02/2014, Rv. 259291 – 01); tanto è avvenuto nella specie, risultando così integrato il vizio dedotto, con conseguente annullamento sul punto della sentenza impugnata.
L’annullamento può essere disposto senza rinvio, potendo il predetto beneficio essere direttamente disposto in questa sede ai sensi dell'art. 620, comma 1, lett. l), cod. proc. pen., come modificato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, in quanto gli accertamenti di fatto esposti nella motivazione del giudice di merito consentono alla Corte di esercitare la propria "discrezionalità vincolata", senza necessità di svolgere ulteriori accertamenti, che sarebbero incompatibili con il giudizio di legittimità e imporrebbero il giudizio di rinvio; nella specie, trattasi di imputato incensurato e non risultano dagli atti cause ostative alla sua concessione (Sez.5,n.845 del 26/10/2020, dep.12/01/2021, Rv.280400 – 01; Sez.5, n.14885 del 15/02/2021,Rv.281028 – 01).
3. Il terzo motivo di ricorso è generico.
Il Tribunale ha fondato l’affermazione di responsabilità, con argomentazioni congrue e logiche, non solo sulle dichiarazioni rese dalla teste Lorenzoni ma anche sulla documentazione acquisita agli atti (cfr pag.4 e 5 della sentenza impugnata); il ricorrente non si confronta con la complessiva motivazione e la doglianza è, quindi, priva della necessaria specificità perché è formulata senza in alcun modo prospettare a questa Corte la possibile, ed in ipotesi, decisiva influenza degli elementi asseritamente inutilizzabili sulla complessiva motivazione posta a fondamento della contestata affermazione di responsabilità. Va ribadito che, nei casi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilità o la nullità di una prova dalla quale siano stati desunti elementi a carico, il motivo di ricorso deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", essendo in ogni caso necessario valutare se le residue risultanze, nonostante l'espunzione di quella inutilizzabile, risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (cfr. Sez.2, n.7986 del 18/11/2016, dep.20/02/2017, Rv.269218; Sez.6,n.18764 del 05/02/2014, Rv.259452;Sez. 4, n. 18764 del 5.2.2014,Rv. 259452; Sez. 3, n. 3207 del 2.10.2014, dep. 2015, Rv. 262011).
4. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
La sentenza impugnata ha fatto corretto uso dei criteri di cui all'art. 133 cod.pen., ritenuti sufficienti dalla giurisprudenza di legittimità, per la congrua e logica motivazione in termini di determinazione della pena, richiamando, nel determinare l’entità della pena, la personalità dell’imputato e la gravità del fatto.
Va ricordato che, ai fini del trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod.pen., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare la determinazione della pena; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
5. La sentenza impugnata, in definitiva, va annullata senza rinvio limitatamente alla omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, beneficio che si concede; il ricorso va, poi, rigettato nel resto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, beneficio che concede. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 20/07/2021