Cass. Sez. III n. 14183 del 5 aprile 2007 (Ud. 13 dic. 2006)
Pres. Papa E. Est. Fiale Imputato: Bronchi.
(Rigetta, App. Firenze, 21 febbraio 2005)
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Legge quadro sulle aree protette - Interventi all'interno di un parco - Nulla osta dell'ente parco - Prima dell'adozione del piano del parco - Necessità - Disposizioni di riferimento - Individuazione.

In tema di aree protette, l'operatività della previsione dell'art.13, comma primo, della L. 6 dicembre 1991, n.394, che stabilisce che "il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente Parco", non è subordinata alla previa approvazione del piano e del regolamento del parco, atteso che in mancanza la valutazione spettante all'Ente Parco deve fare riferimento agli atti istitutivi del parco, alle deliberazioni ed altri provvedimenti emanati dagli organi di gestione dell'ente, alle misure di salvaguardia, ai piani paesistici territoriali o urbanistici, i quali hanno valenza fino al momento della approvazione del piano del parco.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 13/12/2006
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 2073
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 23098/2005
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BRONCHI Santi, nato a Poppi (AR) il 28.8.1940;
avverso la sentenza 21.2.2005 della Corte di Appello di Firenze;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dr. Aldo Fiale;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dr. Izzo Gioacchino, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 21.2.2005, confermava la sentenza 24.3.2004 del Tribunale di Arezzo, che aveva affermato la responsabilità penale di Bronchi Santi in ordine al reato di cui:
- alla L. 6 dicembre 1991, n. 394, art. 13, comma 1, e art. 30, comma 1, (per avere eseguito - all'interno del Parco Nazionale delle "Foreste Casentinesi", in area sottoposta altresì a vincolo paesaggistico ai sensi del D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 - la ristrutturazione di parte di un fabbricato, consistita nella realizzazione di una facciata di metri 13,40 in bozze e muratura in cemento con n. 6 aperture e di un tetto per una superficie di mq. 52,93, senza avete acquisito il nullaosta dell'Ente parco - acc. in Badia Pretaglia, il 10.7.2002 con opere in corso);
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi uno di arresto ed Euro 500,00 di ammenda, concedendo i doppi benefici di legge.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Bronchi, il quale ha eccepito l'erronea interpretazione della L. n. 394 del 1991, art. 30, assumendo che la sanzione penale prevista da tale norma non potrebbe trovare applicazione nel caso (corrispondente a quello in esame) in cui non siano stati approvati il piano ed il regolamento del parco. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato. 1. Ai sensi della L. 6 dicembre 1991, n. 394, art. 13, comma 1, (Legge Quadro sulle aree protette), "il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla-osta dell'Ente parco" e detto nullaosta "verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento". La violazione dell'art. 13 viene poi sanzionata penalmente dal successivo art. 30. In relazione alle anzidette previsioni normative appare opportuno anzitutto evidenziare che, all'interno dei parchi (nazionali e regionali), per le modifiche urbanistiche ed edilizie, il legislatore prevede un triplice controllo: del responsabile dell'ufficio tecnico comunale, al quale è demandato il rilascio del titolo abilitativo edilizio (ai sensi del T.U.: D.P.R. n. 380 del 2001); dell'autorità regionale o di quella delegata al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica (ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004); dell'autorità del parco (ai sensi della L. n. 394 del 1991).
La circostanza che il rilascio degli ultimi due provvedimenti sia eventualmente attribuito, con legge regionale, ad un unico organo, non fa perdere agli stessi la loro autonomia, con la conseguente necessità di una duplice valutazione in merito (vedi, tra le decisioni più recenti, Cass., Sez. 3^: 15.12.2003, n. 47706;
20.6.2003, n. 26863; 12.5.2003, n. 20738; 11.1.2000, n. 83;
13.10.1998, n. 12917. Netto stesso senso C. Stato, Sez. 4^, 28.2.2005, n. 714).
Tale pluralità di controlli si spiega e si giustifica in virtù della loro finalizzazione alla salvaguardia di valori ed interessi diversi: il permesso di costruire, invero, tutela lo sviluppo ordinato del territorio in conformità alla pianificazione urbanistica; l'autorizzazione paesaggistica inerisce alla forma del territorio medesimo; il nulla-osta dell'Ente parco si correla ad interessi più spiccatamente naturalistici concretamente perseguiti. La specialità della Legge Quadro n. 394 del 1991 - rispetto alla normativa diretta alla regolamentazione dell'assetto territoriale ed alla protezione del paesaggio e delle bellezze naturali nella gestione del medesimo territorio - si identifica nelle diverse configurazione ed estensione della tutela che all'Ente parco fa capo, in quanto questa si rivolge alla flora, alla fauna, alle formazioni geologiche, e prende in considerazione tutto il complesso delle attività umane rilevanti nel territorio del parco. Ed è proprio questa finalizzazione "naturalistica" che impone agli organi del parco di non restringere la propria azione ad interventi semplicemente limitativi: infatti, se il territorio avente pregio paesaggistico può essere tutelato anche con la semplice inibizione della possibile alterazione ad opera dell'uomo, il fine naturalistico, proprio del parco, impone invece iniziative "positive di mantenimento e di miglioramento del sistema ecologico, senza le quali l'assetto naturale tipico del parco non si conserva". La protezione del paesaggio e quella del parco hanno sicuramente in comune, dunque, un fine conservativo, rivolto a consentire la fruizione collettiva, rispettivamente, della bellezza paesaggistica e di un territorio preservato nei suoi valori naturalistici. Al parco spetta ulteriormente, però, una gestione promotrice della fruizione del suo territorio, affinché questa non venga lasciata alla variabile iniziativa individuale, estemporanea ed occasionale. Il parco, insomma, deve organizzare il godimento pubblico, disciplinando il corretto uso delle sue risorse per i propri fini istituzionali. La Corte Costituzionale ha appunto evidenziato, al riguardo (sentenza n. 1029/1988), che i parchi rientrano nella materia "protezione della natura" di cui al D.P.R. n. 616 del 1977, art. 83, che comprende "la conservazione delle risorse naturali e la salvaguardia di un equilibrato assetto del territorio nei suoi aspetti esteriori e nella sua strutturazione geofisica (sentenza n. 1108/1988) e che va tenuta distinta da altre materie quali l'urbanistica, i beni ambientali, l'agricoltura e le foreste etc.".
La L. n. 394 del 1991 prevede, però, il coordinamento degli interessi più strettamente urbanistici e paesaggistici con le finalità proprie del parco e stabilisce che esso si attui anzitutto attraverso gli strumenti del piano (art. 12) e del regolamento (art. 11) del parco, nei cui procedimenti di formazione sono coinvolti anche la Regione e gli enti locali interessati. Tali strumenti si pongono, dunque, come fondamentali per la composizione degli interessi globalmente presenti nell'area protetta. Da ciò deriva, altresì, che gli organi del parco, chiamati a pronunziarsi su un intervento programmato all'interno del relativo territorio, devono avere anzitutto quali referenti di valutazione il piano e/o il regolamento del parco medesimo.
2. Questa Terza Sezione - con la sentenza 18.10.1995, n. 10407, Di Felice ed altri - ha affermato che "il nulla-osta previsto dalla L. n. 394 del 1991, art. 13 è inscindibilmente ed esclusivamente collegato alla verifica della conformità dell'intervento progettato alle disposizioni del piano e del regolamento del parco, rispettivamente previsti e disciplinati dalla medesima Legge Quadro, artt. 12 ed 11, sulle aree protette", facendone discendere la conseguenza che, fino all'approvazione di detti strumenti, non può trovare applicazione la sanzione di cui alla stessa L. n. 394 del 1991, art. 30.
Anche nella giurisprudenza amministrativa è stato talora affermato che la L. n. 394 del 1991, art. 13, si applica solo dopo
l'approvazione del piano e del regolamento del parco. In attesa della formazione e approvazione di tali strumenti, operano le misure di salvaguardia previste dall'art. 6 ed i divieti di cui alla della L. n. 394 del 1991, art. 11, che possono essere integrati da misure dettate dal provvedimento di istituzione dell'ente parco (così TAR Toscana- Firenze, Sez 1^, 19.2.2002, n. 288).
3. Sempre questa Sezione però - con successive decisioni - ha affermato che il rilascio di concessioni, permessi di costruire o autorizzazioni per interventi, impianti e opere all'interno dei parchi è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco anche in assenza della previa approvazione del piano e del regolamento di cui alla L. n. 394 del 1991, artt. 11 e 12, atteso che, in assenza di tale approvazione, deve farsi riferimento ai piani paesistici territoriali o urbanistici o agli altri eventuali strumenti di pianificazione previsti dal citato art. 12, comma 7, i quali hanno validità sino al momento della loro sostituzione con il nuovo piano (Cass., Sez. 3^: 19.3.1998, n. 3443, Santercole; 11.10.1999, n. 11537, Caravante; 13.2.2004, n. 5863, Farina. Nel senso della irrilevanza, al fine della necessità del nulla-osta di cui alla L. n. 394 del 1991, art. 13, previa adozione del regolamento e del piano del parco, vedi pure C. Stato, Sez. 5^, 20.8.2001, n. 4469, ove si afferma che la potestà autorizzatoria può essere esercitata "tenendo conto dei principi comunque emergenti dalla normativa di riferimento a tutela specifica delle finalità sottese all'istituzione del parco).
Con la sentenza n. 11537/1999, in particolare, è stato rilevato che:
a) L'interpretazione alla quale essa ha aderito appare più conforme, anzitutto, alla lettera della L. n. 394 del 1991, la quale - nella prima proposizione dell'art. 13, comma 1 - detta la regola perentoria ed incondizionata che "il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco". Con le proposizioni successive, invece, lo stesso art. 13 fissa i limiti interni dei poteri devoluti alla suddetta amministrazione nel compiere la valutazione disciplinando esclusivamente il contenuto che il provvedimento permissivo deve assumere nonché i tempi entro cui deve essere rilasciato ed introducendo, in caso di inerzia dell'ente, l'istituto del silenzio assenso.
La norma, pertanto, così come non contiene alcun termine che subordini direttamente o indirettamente la vigenza e l'applicabilità della prima disposizione all'esistenza del piano e del regolamento menzionati dalla seconda, non può del pari essere interpretata nel senso di perdita di efficacia dell'obbligo (di munirsi del nulla- osta) stabilito dal legislatore nazionale in caso di mancata predisposizione dell'uno e dell'altro strumento da parte dell'Ente parco e delle amministrazioni cointeressate nei termini rispettivamente indicati dai precedenti artt. 12 ed 11. Il solo raccordo logico tra le due disposizioni dell'art. 13, comma 1, in esame, consentito dalle espressioni usate dal legislatore e dalla loro consecuzione, è semmai nel senso che:
- è la prima a costituire il presupposto della seconda, introducendo essa la necessità di uno speciale provvedimento autorizzativo, vincolante non solo per le amministrazioni destinatane del precetto (alle quali è attribuito il potere-dovere di rilasciarlo) ma anche per tutti indistintamente i soggetti interessati all'esecuzione di interventi edilizi di qualsiasi genere all'interno di un parco;
- la seconda disposizione, invece, costituisce una tipica norma di azione, perciò diretta al solo Ente parco, con cui il legislatore disciplina il contenuto del provvedimento autorizzativo, limitandone la discrezionalità alla verifica della conformità tra le disposizioni del piano per il parco e del regolamento e l'intervento edilizio, nonché escludendo, così, che l'Ente parco possa valutare i singoli interventi caso per caso e/o sostituirsi al Comune nella verifica della conformità del progetto al piano regolatore generale vigente (vedi C. Stato, Sez. 6^, 20.6.1997, n. 954).
b) Non è esatto che questa interpretazione ridurrebbe la richiesta del nulla-osta ad un mero formalismo del tutto superfluo (in caso di mancanza del piano e del regolamento), data l'inesistenza di una disciplina propria cui possa riferirsi la valutazione dell'intervento progettato, perché la disposizione della L. n. 394 del 1991, art. 12, dopo avere disciplinato il procedimento per la formazione del "piano per il parco", dispone nel comma 7 che lo stesso "sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione", i quali restano, dunque, in vigore per tutte le finalità cui è delegato il piano del parco fino al momento della loro "sostituzione" per la predisposizione di quest'ultimo. Ciò è pure previsto dal successivo art. 25 per il piano dei parchi naturali regionali, che "ha valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico e sostituisce i piani paesistici e i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello".
c) A queste stesse conclusioni conduce, del resto, anche l'interpretazione logico-sistematica delle disposizioni di legge in esame: già prima di esse, infatti, la L. n. 1511 del 1923, art. 4, sui parchi nazionali vietava la manomissione e l'alterazione delle bellezze naturali e delle formazioni geologiche e paleontologiche da determinarsi con successivo regolamento; e quest'ultimo, approvato con R.D. n. 2124 del 1923, aveva disposto nell'art. 5 che "i Comuni, enti e privati, che intendono eseguire costruzioni, ricostruzioni di qualsiasi genere ovvero aperture di nuove cave nel territorio del parco pel quale sia stata fatta la notificazione di cui al precedente articolo, dovranno ottenere la preventiva approvazione del progetto relativo dal Comitato esecutivo dell'Ente, il quale potrà prescrivere la distanza, le misure e le altre norme necessarie affinché le nuove opere non danneggino le finalità del parco, ne' apportino alcuna alterazione all'aspetto ed allo stato delle cose..". Alla stregua di tali precedenti normativi appare razionale ritenere che il nuovo art. 13 della L. n. 394 del 1991 abbia intaso rafforzare e non diminuire il ruolo istituzionale degli enti parco, richiedendo sempre e comunque uno specifico nulla-osta degli stessi per qualsiasi intervento, impianto od opera all'interno dell'area protetta e prevedendo un autonomo reato in caso di realizzazioni compiute senza averlo ottenuto.
d) Una diversa interpretazione introdurrebbe, infine, un limite di dubbia costituzionalità alla obbligatorietà di una legge penale eventualmente circoscritta (con applicazione della norma non uniforme nel tempo e nel territorio) ai soli parchi retti dalle amministrazioni più diligenti nell'ottemperare alle disposizioni della L. n. 394 del 1991 e non operante nei tenitori di tutti gli altri, che rimarrebbero lasciati alla variabile iniziativa individuale ed estemporanea di privati ed enti locali. Va ricordato, al riguardo, che la Corte Costituzionale ha sempre affermato e ribadito il principio dell'unitarietà dei parchi nazionali (espressamente contenuto nel D.P.R. n. 616 del 1977, art. 83, comma 2) rivolto, da un lato, ad assicurare allo Stato poteri idonei a garantirne l'unitarietà di struttura e di funzionamento e, dall'altro, a precludere alle Regioni di porre una disciplina comunque idonea a pregiudicare siffatta unitarietà anche di gestione. Tale unitarietà di disciplina deve riguardare tutti i parchi nazionali, sia già esistenti sia di futura istituzione, non avendo il legislatore consentito una diversità di regime tra di essi in quanto, pur se formati in tempi diversi, sono comunque sorretti da un medesimo interesse e da identiche finalità (vedi Corte Cost., sentenze n. 1029 del 1988 e n. 223 del 1984).
4. Le argomentazioni come sopra svolte sono condivise da questo Collegio, sicché deve concludersi nel senso che l'operatività della L. n. 394 del 1991, art. 13, comma 1, (nella parte in cui stabilisce che "il rilascio di concessioni o autorizzazioni relativi ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla-osta dell'Ente parco") e della correlativa sanzione penale, prevista dal successivo art. 30, comma 1, non è subordinata alla previa approvazione del piano e/o del regolamento del parco, di cui agli artt. 11 e 12 della stessa legge.
In mancanza di tali strumenti, la valutazione spettante all'Ente parco, ai fini dell'emissione del provvedimento di propria competenza, deve fare riferimento: a) agli atti istitutivi del Parco;
b) alle deliberazioni, ordinanze ed altri provvedimenti eventualmente emanati dagli organi di gestione dell'ente ai sensi delle norme istitutive; c) alle misure di salvaguardia adottate; d) ai piani paesistici o aventi comunque valenza paesaggistica nelle disposizioni riguardanti gli aspetti naturalistici e la tutela ecologica. È fondamentale, comunque, che il provvedimento autorizzativo dell'Ente parco - per la sua specialità rispetto ai diversi provvedimenti abilitativi riconducibili alla normativa diretta alla regolamentazione dell'assetto territoriale ed alla protezione del paesaggio e delle bellezze naturali - si ricolleghi in modo peculiare alla configurazione ed estensione della tutela che al parco fa capo, si da evitare indebiti sconfinamenti in valutazioni demandate alle altre autorità preposte alla tutela più specifica degli interessi urbanistici ed estetici.
5. Non sono condivisibili, pertanto, le argomentazioni svolte con i motivi di gravame ed al rigetto del ricorso segue per il ricorrente, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento. P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2007