Cass. Sez. III n. 9278 del 9 marzo 2011 (Ud. 26 gen. 2011)
Pres. Ferrua Est. Lombardi Ric. Berti
Beni Ambientali. Delitto paesaggistico
In tema di paesaggio, la fattispecie delittuosa di cui all’art. 181, comma primo bis lett. a) del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, esecuzione di lavori senza la prescritta autorizzazione su immobili o aree dichiarati di notevole interesse pubblico, introdotta dall’art. 36, comma  primo lett. c), della legge 15 dicembre 2004 n. 308 è configurabile anche se la dichiarazione è avvenuta con provvedimento emesso ai sensi delle disposizioni previgenti
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
 Composta dagli Ill.mi Signori:
 Dott. Giuliana Ferrea                                      Presidente
 Dott. Alfredo Maria Lombardi                          Consigliere
"         Amedeo Franco
 "        Silvio Amoresano
 "        Elisabetta Rosi
 ha pronunciato la seguente:
 SENTENZA
 - Sul ricorso proposto dal 'Avv. Paolo Bastianini, difensore di fiducia di Berti  Giuseppe, n. a Sorano l'1.5.1932, avverso la sentenza in data 5.3.2010 della  Corte di Appello di Firenze, con la quale, a conferma di quella del Tribunale di  Grosseto, sezione distaccata di Orbetello, in data 26.2.2009, venne condannato  alla pena di anni uno e mesi due di reclusione, quale colpevole dei reati: a) di  cui agli art. 81 cpv. c.p., 44 lett. c) del DPR n. 380/2001, 181, comma I bis  lett. a), del D. Lgs n. 42/2004, 54, 55 e 1161 del Codice della Navigazione; b)  di cui all'art. 51, comma primo lett. a) e comma secondo, del D. Lgs. n.  22/1997, unificati sotto il vincolo della continuazione.
- Visti gli atti, la sentenza  denunziata ed il ricorso;
 - Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria  Lombardi;
 - Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo  Passacatando, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza per  i reati contravvenzionali perché estinti per prescrizione; rigetto del resto;
 - Udito il difensore dell'imputato, Avv. Bruno Leporatti, in sostituzione  dell'Avv. Paolo Bastianini, che ha concluso per l'accogli,mento del ricorso;
 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze ha confermato la  pronuncia di colpevolezza di Berti Giuseppe in ordine ai reati:
a) di cui agli art. 81 cpv. c.p., 44 lett. c) del DPR n. 380/2001, 181, comma 1 bis lett. a), del D. Lgs n. 42/2004, 54, 55 e 1161 del Codice della Navigazione;
b) di cui all'art. 51, comma primo lett. a) e comma secondo, del D. Lgs. n. 22/1997, a lui ascritti per avere realizzato, mediante riporto di terra, in zona paesaggistica, dichiarata di notevole interesse pubblico, in fascia di rispetto demaniale, una pista di atterraggio, senza il permesso di costruire e senza le autorizzazioni delle amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli, nonché per avere smaltito rifiuti non pericolosi provenienti dall'attività di demolizioni edilizie, terre e rocce da scavo, riutilizzandoli al fine di rialzare il piano di campagna e di bonificare terreni acquitrinosi.
 L'esecuzione degli interventi di cui si tratta venivano accertati in area di  proprietà del Berti limitrofa alla laguna di Orbetello ed in particolare si  rilevava, oltre al riporto di cumuli di terreno e di rifiuti da demolizioni  edili, la realizzazione di una pista in terra battuta, delimitata da birilli,  lunga circa mezzo chilometro e larga venti, che si stendeva a fianco della  laguna, invadendo parzialmente le acque.
 La Corte territoriale ha rigettato la richiesta dell'imputato di riapertura  dell'istruzione dibattimentale, finalizzata all'escussione di testi in ordine  all'epoca di esecuzione degli interventi, avendo ritenuto provato che gli stessi  erano stati posti in essere in epoca contestuale a quella dell'accertamento.
 La sentenza ha rigettato, tra gli altri, il motivo di gravame con il quale  l'appellante aveva dedotto che l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 181, comma 1  bis lett. a), del D. Lgs n. 42/2004 non è applicabile alla fattispecie in esame,  operando all'epoca del commesso reato una formulazione più restrittiva della  norma che avrebbe richiesto un espresso provvedimento, successivo all'entrata in  vigore della riforma, dichiarativo del notevole interesse pubblico degli  immobili e delle aree oggetto di tutela. La sentenza ha altresì ritenuto  irrilevante il motivo di gravame con il quale era stata dedotta la illegittimità  della contestazione della recidiva, osservando che non è stato applicato alcun  aumento di pena per effetto della citata aggravante.
 Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la  denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed  errata applicazione delle norme incriminatici di cui all'imputazione, nonché  contraddittorietà della motivazione con riferimento ad atti del processo e  segnatamente al processo verbale di sequestro, alla deposizione resa dal M/llo  dei C.C. Domenico Castignani ed al fascicolo fotografico formato dai C.C. del  NOE. In sintesi, con il motivo di gravame si deduce che in base alle citate  risultanze processuali, di cui si denuncia il travisamento da parte dei giudici  di merito, i lavori fmalizzati a rialzare il piano di campagna e a bonificare i  terreni acquitrinosi non riguardavano la pista di atterraggio, che risultava  essere già stata realizzata e non era interessata dagli interventi descritti dai  verbalizzanti. Si deduce, poi, che gli interventi in corso di esecuzione e la  stessa pista di atterraggio, costituita dalla delimitazione del terreno con  birilli di plastica, non integra le fattispecie di reato di cui alla  contestazione.
 Con il secondo mezzo di annullamento, denunciando la violazione ed errata  applicazione delle predette norme incriminatici, si deduce che i corrispondenti  reati dovevano essere dichiarati estinti per prescrizione. Sul punto si rileva  che, stante l'incertezza in ordine all'epoca di realizzazione della pista di  atterraggio, la fattispecie di cui all'art. 181 del D. Lgs n. 42/2004 doveva  essere inquadrata nell'ipotesi contravvenzionale di cui al primo comma e che la  violazione di cui all'art. 1161 del Codice della Navigazione, essendosi  concretata nella esecuzione di interventi nella fascia di rispetto demaniale, ha  natura istantanea.
 Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia per vizi di motivazione la  mancata ammissione delle prove chieste in appello, deducendosi che la  valutazione della Corte territoriale in ordine alla prova dell'epoca di  commissione dei reati contrasta con le già citate risultanze processuali.
 Con il quarto mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata  applicazione dell'art. 181, comma 1 bis lett. a), del D. Lgs n. 42/2004.
 Si osserva che il testo originario del comma 1 bis lett. a) dell'art. 181,  introdotto dalla legge n. 308/2004, prevedeva quale fattispecie criminosa  l'esecuzione di lavori di qualsiasi genere su beni immobili ed aree che, ai  sensi dell'art. 136, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati  dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in  epoca antecedente alla realizzazione dei lavori.
 Con successiva legge n. 157 del 2006 é stato eliminato dalla norma l'inciso "ai  sensi dell'art. 136". Si deduce, quindi, che il riferimento dell'articolo, nella  sua formulazione originaria, alla dichiarazione di notevole interesse pubblico  degli immobili e delle aree ai sensi dell'art. 136 deve essere interpretata nel  senso che la fattispecie criminosa era configurabile solo in relazione a beni  destinatari di apposito provvedimento dichiarativo del notevole interesse  pubblico emesso ai sensi dell'ari, 140 e ss. successivamente all'entrata in  vigore della norma che ha previsto la fattispecie delittuosa. Con la successiva  eliminazione dell'inciso il legislatore ha, invece, voluto estendere la  applicabilità della sanzione più grave ai lavori eseguiti su immobili o aree  dichiarati di notevole interesse pubblico con qualsiasi provvedimento  vincolistico emesso in base alle normative previgenti.
 Sulla basa di tali rilievi si deduce che ai sensi della normativa vigente  all'epoca di commissione del reato, più restrittiva e, perciò, più favorevole  per l'imputato, doveva escludersi la configurabilità della fattispecie criminosa  fondata su vincoli risalenti nel tempo e non oggetto di recente verifica. Con  l'ultimo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione  dell'art. 99 c.p..
 Si deduce che nei confronti del Berti non poteva essere affatto contestata la  recidiva, ai sensi dell'art. 99 c.p., come modificato dalla L. n. 251/2005,  riferendosi i suoi precedenti penali esclusivamente a fatti di natura  contravvenzionale. Si aggiunge che la sentenza impugnata ha erroneamente escluso  l'interesse dell'imputato a censurare la contestazione della recidiva per non  essere stato applicato alcun aumento di pena per detta aggravante. Si osserva,  in contrario, che la recidiva reiterata, come contesta al Berti, esplica i suoi  effetti anche nella fase esecutiva, rendendo inapplicabili determinati benefici  in favore del condannato.
 
 Il ricorso non è fondato.
 
 Con i primi tre motivi di ricorso sostanzialmente si denunciano vizi di  motivazione della sentenza con riferimento alla valutazione delle risultanze  probatorie circa la natura e l'epoca di esecuzione dei vari interventi.
 All'esame di tali motivi è, perciò, opportuno premettere in punto di diritto che  il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta  applicazione della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo  grado di giudizio diretto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione.
 Si tratta di un principio di diritto reiteratamente affermato da questa Corte ed  assolutamente condivisibile (sez. un. 23.11.1995 n. 2110, Facchini, RV 203767 e  più di recente: sez. II, 5.5.2006 n. 19584, Capri ed altra, RV 233773; sez. VI,  20.3.2006 n. 14054, Strazzanti, RV 233454).
 Tale impostazione, anche dopo la modifica dell'art. 606, primo comma lett. e),  c.p.p., disposta dall'art. 8, comma primo lett. b), della legge 20 febbraio 2006  n. 46, è stata ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale  può aversi vizio di travisamento della prova quando l'errore sia in grado "di  disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la  motivazione" e che questo può avvenire solo nei casi in cui "si introduce in  motivazione un'informazione rilevante che non esiste nel processo", oppure "si  omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della decisione". (sez. II,  23.5.2007 n. 23419, P.G. in proc. Vignaioli, RV 236893; sez. I, 15.6.2007 n.  24667, Musumeci, RV 237207).
 L'esame del materiale processuale previsto dalla norma non può mai comportare  per la Corte di legittimità una nuova valutazione del risultato probatorio e  delle sue ricadute in termini di ricostruzione del fatto e delle responsabilità,  ma deve limitarsi a verificare che la sentenza impugnata non sia incorsa nel  vizio di travisamento della prova.
 Né i vizi logici, che devono essere manifesti, possono essere ravvisati nel  fatto che il ricorrente abbia ritenuto non soddisfacenti le argomentazioni con  le quali la sentenza impugnata ha risposto ai rilievi formulati nei motivi di  gravame.
 Orbene, appare evidente dall'esame dei motivi di ricorso, con i quali si deduce  il travisamento delle risultanze processuali da parte dei giudici di merito sui  punti dell'epoca di esecuzione degli interventi e della natura degli stessi,  nonché sulla richiesta di ammissione di riapertura della istruzione  dibattimentale in appello, che tali motivi contengono esclusivamente la  richiesta di rivalutazione del materiale probatorio, già esaminato dai giudici  di merito e, perciò, inammissibile in sede di legittimità.
 
 Il quarto motivo di ricorso è infondato.
 E' stato già afferrano da questa Suprema Corte, peraltro prima che intervenisse  la legge n. 157/2006, che ha ulteriormente modificato l'art. 181 del D. Lgs. n.  42/2004, che "In tema di paesaggio, la fattispecie delittuosa di cui all'art.  181, comma primo bis lett. a) del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, esecuzione di  lavori senza la prescritta autorizzazione su immobili o aree dichiarati di  notevole interesse pubblico, introdotta dall'art. 36, comma primo lett. c),  della legge 15 dicembre 2004 n. 308, è configurabile anche se la dichiarazione è  avvenuta con provvedimento emesso ai sensi delle disposizioni previgenti." (sez.  III, 9.11.2005 n. 45609, Pastore, RV 232641). Questa Corte non ravvisa ragioni  per discostarsi dal citato indirizzo interpretativo.
 E' evidente, infatti, che il riferimento ai beni dichiarati di notevole  interesse pubblico ai sensi dell'art. 136, contenuto nell'art. 181, comma l  lett. a), nella formulazione antecedente alla modifica di cui al D. Lgs n.  157/2006, corrisponde all'analogo riferimento contenuto nella lettera b) del  predetto comma ai beni immobili tutelati per legge ai sensi dell'art. 142 del  medesimo decreto legislativo.
 Peraltro, vi è piena continuità normativa sul piano procedimentale tra le  disposizioni del D. Lgs 42/2004 (citato art. 136 e ss.) e quelle del D. Lgs n.  490/99 (art. 139 e ss.) in materia di dichiarazione di notevole interesse  pubblico di immobili ed aree; disposizioni che, a loro volta, richiamavano  quelle della L. 29 giugno 1939 n. 1497, art. l e seguenti.
 Cosi come vi è piena continuità normativa tra le previsioni dell'art. 142 del D.  Lgs n. 42/2004 e quelle contenute nell'art. 146 del D. Lgs n. 490/99, a loro  volta riferibili a quelle degli art. 1 e 1 quater del D.L. n. 312/1985,  convertito con modificazioni nella L. n. 431/1985.
 Peraltro, si palesa evidente la irrazionalità di una disposizione normativa che  avesse fondato la configurabilità della fattispecie delittuosa più grave sulla  rinnovazione della dichiarazione di notevole interesse pubblico con riferimento  a tutto il patrimonio paesaggistico ed immobiliare italiano, già ritenuto tale  in base a precedenti provvedimenti.
 Una diversa interpretazione, infine, risulta in contrasto con l'espresso  disposto dell'art. 157, comma 1 lett. b), e), d bis) ed e) del medesimo D. Lgs  n. 42/2004, ai sensi del quale conservano efficacia a tutti gli effetti gli  elenchi compilati e le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate  ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497, nonché gli elenchi compilati ovvero  integrati e le dichiarazioni di notevole interesse pubblico ai sensi del D. Lgs  n. 490/99.
 Sicché correttamente è stata configurata la fattispecie delittuosa di cui  all'art. 181, primo comma lett. a), del D. Lgs n. 42/2004 in relazione alla  esecuzione di interventi, di qualsiasi natura essi siano, senza la prescritta  autorizzazione in un'area dichiarata di interesse pubblico con decreto  ministeriale del 21 febbraio 1958.
 
 E', infine, infondato l'ultimo motivo di gravame.
 
 Va confermato il giudizio di carenza di interesse espresso sul punto nella  sentenza impugnata anche per quanto si osserverà subito dopo.
 Deve essere rilevato che il termine di prescrizione relativo ai reati  contravvenzionali, con decorrenza dalla data del fatto (7.9.2005), pur tenendosi  conto della sospensione del suo decorso per rinvii del dibattimento per  impedimento di parte per il periodo di sessanta giorni, è decorso in data  6.5.2010, ai sensi degli art. 157 e 160 c.p. nella formulazione previgente alla  L. n. 251/2005. Deve essere, pertanto, dichiarata la estinzione per prescrizione  dei reati contravvenzionali e la sentenza impugnata deve essere annullata senza  rinvio limitatamente agli stessi.
 Va inoltre eliminato l'aumento di pena inflitto per detti reati che corrisponde  a mesi due di reclusione.
 L'annullamento senza rinvio della sentenza in ordine ai reati contravvenzionali  fa venir meno, in ogni caso, l'interesse dell'imputato al motivo di ricorso  afferente alla recidiva, poiché tale aggravante personale risultava, sia pure  erroneamente, contestata solo con riferimento ai reati contravvenzionali.
 Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato nel resto.
 P.Q.M.
 La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente ai reati contravvenzionali  senza rinvio per essere detti reati estinti per prescrizione ed elimina la  relativa pena di mesi due di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.
 
 Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 26.1.2011.
                    



