Cass. Sez. III n. 1732 del 15 gennaio 2021 (UP 27 nov 2020)
Pres. Di Nicola Est. Corbetta Ric. Villari
Beni ambientali.Delitto paesaggistico e demolizione con ricostruzione
In tema di reati paesaggistici, la fattispecie di cui all'art. 181, comma 1-bis, d.lgs. 12 gennaio 2004, n. 42, nel caso di abbattimento di una costruzione e di successiva edificazione, in zona vincolata, di un nuovo manufatto in assenza della prescritta autorizzazione, è integrata ove lo stesso abbia un volume superiore al trenta per cento rispetto a quello della costruzione originaria, anche se il volume complessivo del nuovo manufatto sia inferiore a mille metri cubi, mentre, qualora tale limite percentuale non sia superato, il reato è configurabile allorchè siano superati i limiti volumetrici alternativamente previsti dalla norma con riferimento all'ampliamento e alla nuova costruzione
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Torre Annunziata e appellata dall’imputato, la Corte di appello di Napoli dichiarava non doversi procedere nei confronti di Michele Villari in relazione alla violazioni urbanistiche di cui ai capi A), B) e C) perché estinte per prescrizione, rideterminando in un anno e quattro mesi di reclusione la pena per il residuo delitto di cui all’art. 181, comma 1-bis, d.lgs. n. 42 del 2004, nel resto confermando la pronuncia di primo grado.
2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo si eccepisce la carenza di motivazione e l’inosservanza della legge penale. Assume il ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe esplicitato le argomentazione tali per cui ha ritenuto che si fosse in presenza di un aumento di volumetria superiore al 30% della costruzione originaria, non essendo tale dato stato accertato nel corso dell’istruttoria dibattimentale, e considerando che dai permessi in sanatoria rilasciati dal Comune di Vico Equense non emerge che vi sia stato alcun aumento di volumetria; di conseguenza, non essendovi prova del superamento dei limiti volumetrici, il fatto integrerebbe una mera contravvenzione, che sarebbe prescritta.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta la carenza di motivazione e l’inosservanza della legge penale. La Corte territoriale, evidenzia il ricorrente, avrebbe erroneamente escluso, con riguardo ai reati di cui ai capi A), B) e C), la relativa estinzione per intervenuta sanatoria, considerando che le opere del secondo livello non vi è stato alcun aumento di superficie utile o di volume rispetto alle preesistente, di talché l’intervento edilizio è qualificabile come manutenzione straordinaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato in relazione al primo motivo.
2. La Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 2016, n. 56 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’art. 181, comma 1-bis d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nella parte in cui prevede ": a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell'art. 142 ed".
Mentre, in precedenza, la fattispecie incriminatrice apprestava una tutela maggiormente rigorosa per i beni vincolati in via provvedimentale e, per i beni vincolati per legge, il delitto di cui al comma 1-bis veniva in rilievo soltanto in caso di opere di notevole impatto volumetrico, la sentenza della Corte costituzionale ha ricondotto all'area contravvenzionale tutti i lavori eseguiti su beni paesaggistici, sia quelli vincolati in via provvedimentale, sia quelli vincolati per legge.
L'unica ipotesi di delitto residuata, pertanto, concerne i lavori di qualsiasi genere eseguiti su beni paesaggistici, qualora comportino il superamento delle soglie volumetriche indicate all’art. 181, comma 1-bis, d.lgs. n. 42 del 2004, ossia quando i lavori “abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi”.
3. Come recentemente affermato da questa Corte di legittimità, in tema di reati paesaggistici, la fattispecie di cui all'art. 181, comma 1-bis, d.lgs. 12 gennaio 2004, n. 42, nel caso di abbattimento di una costruzione e di successiva edificazione, in zona vincolata, di un nuovo manufatto in assenza della prescritta autorizzazione, è integrata ove lo stesso abbia un volume superiore al trenta per cento rispetto a quello della costruzione originaria, anche se il volume complessivo del nuovo manufatto sia inferiore a mille metri cubi, mentre, qualora tale limite percentuale non sia superato, il reato è configurabile allorchè siano superati i limiti volumetrici alternativamente previsti dalla norma con riferimento all'ampliamento e alla nuova costruzione (Sez. 3 n. 16476 del 03/03/2020, dep. 29/05/2020, Giordano, Rv. 278967).
4. Nel caso in esame, come emerge dal capo A), al Villari si contesta la realizzazione di un manufatto su due livelli con struttura di sostegno in conglomerato cementizio armato, probabilmente in luogo di vecchie fabbriche, ma che comunque ha comportato la totale demolizione del preesistente, costruendo un organismo edilizio completamente diverso dal precedente per sagoma e consistenza, senza escludere aumenti di superfici utili e volumi.
5. Orbene, la Corte territoriale ha ritenuto che “le opere in contestazione, consistenti nella realizzazione di una intera unità immobiliare (….) ad uso residenziale funzionalmente collegata alla preesistente rientrano senz’altro nel novero degli interventi esclusi dalla pronuncia della Corte costituzionale, comportando un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria e pertanto un intervento ancora qualificabile come delitto ai sensi dell’art. 181, comma 1-bis, d.lgs. n. 42 del 2004”.
Si tratta di un’affermazione apodittica, non emergendo dalle sentenze di merito (e nemmeno dal capo di imputazione) l’indicazione del volume sia dell’edificio oggetto di demolizione, sia dell’edificio abusivamente edificato: dati evidentemente indispensabili per accertare il superamento della soglia volumetrica del trenta per cento del nuovo edificio rispetto al precedente e oggetto di demolizione, ovvero, ove si, che ove si ritenesse che il manufatto sia una “nuova costruzione”, il superamento della soglia di mille metri cubi.
6. La sentenza dovrebbe perciò essere annullata con rinvio al fine di appurare gli elementi dinanzi indicati.
Nondimeno, essendo nel frattempo maturata la prescrizione del reato, va ribadito il principio secondo il quale, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275).
La sentenza impugnata deve perciò essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione; ciò comporta, di conseguenza, la revoca dell’ordine di demolizione e di rimessione in pristino.
7. Il secondo motivo è inammissibile.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto non idonea la documentazione prodotta, sul presupposto che non risultano oggetto di sanatoria le opere di cui al primo e al secondo livello, e, in ogni caso, la configurabilità dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 181, comma 1-bis, d.lgs. n. 42 del 2004, rende irrilevante la sanatoria.
La Corte ha fatto perciò corretta applicazione del principio, che il Collegio intende ribadire, secondo cui, in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a precludere l'irrogazione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva previsto dall'art. 31, comma 9, del medesimo d.P.R. e a determinare, se eventualmente emanata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la revoca di detto ordine, può essere solo quella rispondente alle condizioni espressamente indicate dall'art. 36 del decreto stesso citato, che richiede la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente, sia al momento della realizzazione del manufatto, sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria, dovendo escludersi la possibilità che tali effetti possano essere attribuiti alla cd. "sanatoria giurisprudenziale" o "impropria", che consiste nel riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica (da ultimo, cfr. Sez. 3, n. 45845 del 19/09/2019, dep. 12/11/2019, Caprio, Rv. 277265).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il residuo reato di cui al capo D) é estinto per prescrizione. Revoca l’ordine di demolizione e di rimessione in pristino. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 27/11/2020.