Cass.Sez. III n. 15751 del 15 aprile 2016 (Ud 6 apr 2016)
Presidente: Amoresano Estensore: Riccardi Imputato: Sirigu e altro
Beni Ambientali.Effetti della Sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 23 marzo 2016
In tema di reati paesaggistici, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 23 marzo 2016 che ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell'art. 181, comma 1-bis, del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 , integra la contravvenzione prevista dal comma primo di detto articolo ogni intervento abusivo su beni vincolati paesaggisticamente, tanto in via provvedimentale che per legge, configurandosi invece il delitto previsto dal successivo comma 1-bis nella sola ipotesi di lavori che superino i limiti volumetrici ivi indicati.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del Tribunale di Cagliari emessa il 20/10/2012 D.P. e S.A. venivano condannati alla pena, rispettivamente, di otto mesi di reclusione e otto mesi e quindici giorni di reclusione per il reato di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1 bis, per avere realizzato opere di ampliamento del locale soggiorno mediante chiusura del loggiato esistente e realizzazione di un loggiato con pilastri in pietra e copertura in legno, e il solo S. per avere smaltito 2 mc. di materiale inerte proveniente da attività edilizia, in assenza di autorizzazione paesaggistica, in zona vincolata; in (OMISSIS).
2. Con sentenza della Corte di Appello di Cagliari emessa in data 10/06/2013, in parziale riforma, S.A. veniva assolto dal delitto ascrittogli limitatamente alla condotta di smaltimento, con conseguente riduzione della pena a otto mesi di reclusione, e veniva confermata nel resto la sentenza di primo grado.
3. Ricorre per cassazione D.P., chiedendo l'annullamento della sentenza, per vizio di motivazione, non avendo la sentenza motivato sulla carenza di offensività in concreto della condotta, tenuto conto del modesto aumento di volumetria e dell'accertamento di compatibilità paesaggistica delle opere di cui alla Determinazione n. 1426 del 26/07/2010 dell'autorità amministrativa competente.
Con memoria pervenuta il 01/04/2016 il difensore di D. ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza, in quanto, in seguito alla sentenza 23 marzo 2016 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 181 Codice ambientale, comma 1 bis, il reato deve ritenersi estinto per il rilascio dell'accertamento di compatibilità paesaggistica.
4. Ricorre per cassazione S.A., chiedendo l'annullamento della sentenza, per vizio di motivazione, non avendo la sentenza motivato sulla sussistenza del vincolo paesaggistico, sulla base di una cartografia, e sull'entità modesta dei lavori eseguiti dall'imputato, limitati alla mera sostituzione delle tegole;
lamenta altresì il vizio di motivazione in ordine all'erronea affermazione del dolo di fattispecie, sul rilievo della diffusa notorietà delle caratteristiche paesaggistico-ambientali dell'area di (OMISSIS), e della conseguente consapevolezza dell'esistenza di vincoli; si duole, infine, dell'omessa motivazione sulla carenza di offensività in concreto della condotta, tenuto conto del modesto aumento di volumetria e dell'accertamento di compatibilità paesaggistica delle opere dell'autorità amministrativa competente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Assorbente appare la considerazione che la Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 2016, n. 56 ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1-
bis, (Codice dei beni culturali del paesaggio, ai sensi della L. 6 luglio 2002, n. 137, art. 10), nella parte in cui prevede: "a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell'art. 142 ed"".
L'attuale formulazione dell'art. 181 Codice dei beni culturali è dunque la seguente:
1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c).
1-bis. La pena è della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1 abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi.
Mentre in precedenza, dunque, la fattispecie incriminatrice apprestava una tutela maggiormente rigorosa per i beni vincolati in via provvedimentale, mentre, per i beni vincolati per legge, il delitto di cui al comma 1 bis veniva in rilievo soltanto in caso di opere di notevole impatto volumetrico, la sentenza costituzionale ha ricondotto all'area contravvenzionale tutti i lavori eseguiti su beni paesaggistici, sia quelli vincolati in via provvedimentale, sia quelli vincolati per legge; l'unica ipotesi di delitto residuata, pertanto, concerne i lavori eseguiti su beni paesaggistici, qualora comportino il superamento delle soglie volumetriche indicate al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis.
2. Nel caso in esame, la sentenza impugnata concerne lavori eseguiti in assenza di autorizzazione paesaggistica in zona vincolata con D.M. 1 settembre 1967; la natura provvedimentale del vincolo attraeva il fatto nella fattispecie delittuosa di cui all'art. 181, comma 1 bis;
attualmente, invece, alla stregua della nuova formulazione della norma, in seguito alla dichiarazione di illegittimità costituzionale richiamata, l'esecuzione delle opere deve ritenersi attratta nella fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 181, comma 1, trattandosi di modesti aumenti volumetrici (per complessivi 24 mq.).
La realizzazione di volumi, del resto, impedisce l'estinzione della contravvenzione per l'intervenuto accertamento di compatibilità ambientale, ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 ter, lett. a.
Nondimeno la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, per essere il reato estinto per prescrizione: risalendo il fatto al 19 gennaio 2007, la natura contravvenzionale del reato implica l'avvenuto decorso del termine massimo di prescrizione, pari a cinque anni, in data 19/01/2012.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 6 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2016