Cass. Sez. III n. 32547 del 1 settembre 2010 (Ud 8 giu. 2010)
Pres. Lupo Est. Squassoni Ric. Marongiu
Beni ambientali. Ordine di riduzione in pristino
La statuizione inerente la demolizione non deve essere revocata allorquando sussista il reato ambientale per cui avrebbe dovuto essere disposto l’ordine di restitutio in pristinum per ricondurre l’assetto dei luoghi alla situazione originaria; comportando la reintegrazione totale del bene nell’area protetta, l’ordine di rimessione in pristino ha una ampiezza maggiore , ma comprensiva dello abbattimento del manufatto abusivo. Pertanto, l’ordine di demolizione, eventualmente caducato per il reato urbanistico, deve essere mantenuto in vigore per quello ambientale.
UDIENZA del 01.07.2010
SENTENZA N. 1298
REG. GENERALE N. 21550/2010
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Sez. III Penale
Composta dagli ill.mi Sigg.ri  Magistrati: 
 
 Dott. ERNESTO LUPO                                             - Presidente
 Dott. ALFREDO TERESI                                           - Consigliere
 Dott. CLAUDIA SQUASSONI                                     - Rel. Consigliere
 Dott. AMEDEO FRANCO                                          - Consigliere
 Dott. SILVIO AMORESANO                                       - Consigliere
 
 ha pronunciato la seguente
 SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 1) MARONGIU MARIO GIOVANNI PAOLO N. IL xx/xx/xxxx
 - avverso la sentenza n. 575/2008 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI, del  22/12/2009
 - visti gli atti, la sentenza e il ricorso
 - udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/07/20101a relazione fatta dal Consigliere  Dott. CLAUDIA SQUASSONI
 - Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.Fausto De Santis che ha  concluso per annullamento senza rinvio per estinzione per i reati di cui ai capi  a) e c) dell'imputazione; rigetto nel resto.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con sentenza 7 luglio 2007, il Giudice monocratico del Tribunale di Nuoro ha  ritenuto Marongiu Mario Giovanni Paolo responsabile dei reati previsti dagli  artt.44 c.l lett.c, 64,65,71,72 TU 380/2001, 181 DLvo 42/2004 (per avere  ampliato un precedente edificio ad uso abitativo in zona vincolata privo del  permesso di costruire, della autorizzazione ambientale ed in violazione delle  norme sul cemento armato); il Giudice ha condannato l'imputato alla pena di  giustizia ordinando la demolizione del manufatto.
 La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Cagliari sd Sassari,  con sentenza 22 dicembre 2009, per l'annullamento della quale l'imputato ha  proposto ricorso per Cassazione. Deduce violazione di legge e difetto di  motivazione, in particolare, rilevando:
 - che è illegittima la ordinanza con la quale la Corte territoriale ha disatteso  la istanza difensiva di sospensione o rinvio del processo in attesa dell'esito  della domanda di concessione edilizia in sanatoria;
 - che, nelle more del processo, è stata rilasciata sanatoria, previo  accertamento di compatibilità paesaggistica, che comporta anche la estinzione  del reato ambientale a sensi dell'art.181 c. ter D.L.vo 42/2004;
 - che i lavori non erano soggetti alla disciplina sul cemento armato.
Le deduzioni del ricorrente sono fondate nel limite in prosieguo precisato.
 Per quanto concerne il primo motivo, la ordinanza della Corte di Appello non è  meritevole di censure dal momento che l'imputato aveva prodotto una  documentazione insufficiente e non idonea ad attestare la pendenza del  procedimento a sensi dell'art.13 L.47/1985 (ora art. 36 TU 380/2001).
 Dopo il giudizio di secondo grado, la sanatoria è stata concessa ed è stata  allegata al presente ricorso per cui questa Corte è stata posta nella condizione  di verificarne la legittimità per l'attinenza alla edificazione per cui si  procede, per la conformità dell'opera alla disciplina urbanistica (sia al  momento della realizzazione sia a quello della domanda) e per l'accertamento di  compatibilità paesaggistica. La efficacia estintiva della sanatoria è limitata  ai reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti e non si  estende ad altri reati correlati alla tutela di interessi diversi quali quelli  previsti dalla normativa sulle opere in cemento armato, sulle costruzioni in  zone sismiche oppure di tutela delle aree di interesse ambientale.
Per questi ultimi reati, la L.308/2004 ( art.unico, c.36) ha novellato l'art.181 DLvo 42/2004 ed introdotto la possibilità di una valutazione postuma di compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori all'esito della quale (pur rimanendo ferme le misure amministrative ripristinatorie e pecuniarie di cui all'art.167 DLvo 42/2004) non si applicano le sanzioni penali.
 L'imputato non ha fatto ricorso a tale procedure né poteva utilmente farlo  poiché risultano realizzate nuove volumetrie e questa circostanza rende  inapplicabile la speciale causa estintiva del reato come precisato dall'art.181  c.1 ter sub a D.L.vo 42/2004.
 La residua censura, relativa al non utilizzo del cemento armato nella  edificazione, è priva della necessaria concretezza perché il ricorrente non  segnala alcun elemento o argomento a sostegno del suo assunto.
 Per quanto riferito, si deve concludere che solo il reato previsto dall'art.44  c.1 lett. c TU 380/2001 è estinto per concessione edilizia in sanatoria; di  conseguenza, la Corte annulla senza rinvio la impugnata sentenza limitatamente  alla ricordata contravvenzione ed elimina- avendo come referente la pena  inflitta dai Giudici di merito -la relativa sanzione (giorni dieci di arresto ed  euro 3.500,00 di ammenda).
 I residui reati - accertati il 10 marzo 2005- non sono estinti per prescrizione  dal momento che al termine previsto dagli artt.157,160 cp vigente all'epoca  dello loro commissione- anni quattro e mezzo- devono aggiungersi mesi nove e  giorni ventidue ( per rinvio del processo dal 31 marzo 2009 al 22 dicembre 2009  per astensione del Difensore dalla udienze).
 La statuizione inerente la demolizione non deve essere revocata in quanto  sussiste il reato ambientale per cui avrebbe dovuto essere disposto l'ordine di restitutio in pristinum per ricondurre l'assetto dei luoghi alla  situazione originaria; comportando la reintegrazione totale del bene nell'area  protetta, l'ordine di rimessione in pristino ha una ampiezza maggiore, ma  comprensiva dello abbattimento del manufatto abusivo.
 Pertanto, l'ordine di demolizione, caducato per il reato urbanistico, deve  essere mantenuto in vigore per quello ambientale.
 PQM
 La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di  cui al capo a) della imputazione perché estinto per concessione edilizia in  sanatoria ed elimina la relativa pena di giorni dieci di arresto ed euro  3.500,00 di ammenda. Rigetta il ricorso nel resto.
 Roma, 1 luglio 2010
 
 DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  01 sett. 2010
                    



