Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4066, del 5 agosto 2013
Beni Ambientali.Tutela dei territori costieri anche se elevati sul mare
Le esigenze di tutela ambientale in particolare, nella fattispecie in esame, concretizzate nella inedificabilità dei territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare, di cui all’art. 142 d.lgs. n. 42/2004, hanno nella graduazione degli interessi coinvolti e nella stessa ratio della norma, evidente e assoluta preminenza sulle difformi aspettative dei soggetti privati, anche ove la legge che tale tutela conforma è successiva alla disciplina urbanistica comunale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 04066/2013REG.PROV.COLL.
N. 09466/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9466 del 2007, proposto da:
Ministero per i beni e le attività culturali in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Columbu Village s.r.l. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Silvana Congiu, con domicilio eletto presso Nicola Giancaspro in Roma, via Postumia, 1;
nei confronti di
Regione Autonoma Sardegna, Comune di Sarroch, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE II n. 1624/2007, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesaggistica per realizzazione di un centro servizi commerciali.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società intimata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2013 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Gerardis e l'avvocato Giancaspro per delega dell'avvocato Congiu;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Ministero per i beni e le attività culturali chiede la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo della Sardegna ha accolto il ricorso proposto dalla società Columbu Village avverso il diniego opposto dalla Regione Sardegna e dalla competente Soprintendenza alla richiesta di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di un centro servizi commerciali e struttura alberghiera nel territorio del Comune di Sarroch.
I) L’intervento proposto dalla società ricorrente in primo grado rientra nell’ambito di una lottizzazione convenzionata il 20 settembre 1969, attuata con la realizzazione sia delle opere di urbanizzazione, sia di edifici con destinazione turistico-residenziale, e ha ottenuto l’autorizzazione paesaggistica della Regione con provvedimento del 26 agosto 1993, annullato dalla Soprintendenza per i beni ambientali di Cagliari con provvedimento del 13 maggio 1994, annullato dal Tribunale amministrativo della Sardegna con la sentenza n. 1468 del 27 ottobre 1997, confermata in appello. Essendo, nelle more, decaduto il nulla osta paesaggistico, l’interessata ha ripresentato domanda di autorizzazione il 19 dicembre 2003, sulla quale la Regione non si è pronunciata nei termini di legge; la società ha quindi invocato l’intervento sostitutivo della Soprintendenza ai sensi dell’art. 146, comma 9, d.lgs. n. 42 del 2004, ma nel frattempo, il 22 settembre 2005 la Regione ha respinto la richiesta di autorizzazione; il 25 ottobre 2005 è poi intervenuto il provvedimento, parimenti negativo, della Soprintendenza di Cagliari.
II) Con la sentenza impugnata il provvedimento regionale è stato annullato dal Tribunale amministrativo della Sardegna, che ha dichiarato inammissibile la domanda di annullamento del provvedimento della Soprintendenza, adottato quando ormai il potere era stato esercitato dalla Regione. Il primo giudice ha rilevato l’incongruenza della valutazione di pregio dell’area rispetto alla effettiva situazione dei luoghi, tale da escludere la necessità di tutela. Secondo la sentenza impugnata, gli strumenti per mantenere inalterato lo stato dei luoghi non possono andare in contrasto con la disciplina dettata dal piano di lottizzazione, per la cui realizzazione la società ricorrente aveva un particolare affidamento non scalfito da sopravvenuti elementi di pregio del sito. Né, in contrario, può essere valorizzata la disposizione di cui all’art. 5 della legge regionale 25 novembre 2004, n. 8, relativa alla necessità dello studio di compatibilità paesistico ambientale per i piani urbanistici generali e i piani attuativi del Comuni costieri, che vale solo per i piani adottati dopo l’entrata in vigore della legge. Infine, la mancata presentazione di un nuovo progetto, richiesta dalla Regione con nota del 15 marzo 2005, addotta a ulteriore motivazione del provvedimento impugnato, non vale a sorreggerlo, posto non sono state fornite indicazioni sulle caratteristiche necessarie per ottenere l’autorizzazione.
III) L’appello proposto dal Ministero al quale, ai sensi dell’art. 159, comma 3 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, come sostituito dall’art. 26 d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157, va riconosciuta legittimazione e interesse a chiedere la riforma della sentenza, le cui motivazioni altrimenti sarebbero vincolanti nella successiva funzione di controllo, è fondato.
Fondata è, innanzitutto, la censura che si appunta sulla inammissibile sostituzione, da parte del Tribunale amministrativo, di una propria valutazione di merito circa il valore dell’area sulla quale insiste l’intervento in esame (gravata dal vincolo previsto dall’art. 142, comma 1, lettere a) e g) d.lgs. n. 42 del 2004) a quella espressa dalle Amministrazioni, regionale e statale, preposte alla tutela dei beni ambientali e paesaggistici, che ne hanno ritenuto il pregio elevatissimo. Come rileva l’appellante, tali valutazioni sono censurabili solo sotto l’aspetto estrinseco, attinente alla illogicità e/o irrazionalità della motivazione, che nella specie non è dato riscontrare, ma non sono sindacabili dal giudice quanto al loro contenuto tecnico-discrezionale. Ed è appena il caso di aggiungere che, da una parte, la circostanza che l’area non sarebbe interessata da un bosco, ma dalla macchia mediterranea, valorizzata dal primo giudice, non sposta minimamente le esigenze di tutela, né la congruità e logicità della tutela stessa, e, dall’altra, che la compromissione del sito a causa di interventi pregressi, lungi da escludere la necessità della salvaguardia, ne rafforza anzi l’esigenza.
A tale ultimo proposito, la constatazione che l’area in oggetto è rimasta l’unica zona verde all’interno del piano di lottizzazione sopra ricordato, evidenziata dalla Soprintendenza con il provvedimento impugnato in primo grado, scolora la rilevanza della tutela dell’affidamento della società proponente, alla quale le stesse Amministrazioni regionale e statale avevano proposto la possibilità di presentare un nuovo progetto che fosse compatibile con le esigenze di salvaguardia del sito, affidamento comunque già soddisfatto con la quasi compiuta realizzazione dell’intervento convenzionato.
In ogni caso, contrariamente da quanto ha ritenuto il Tribunale amministrativo, le esigenze di tutela ambientale (in particolare, nella fattispecie in esame, concretizzate nella inedificabilità “dei territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare”: art. 142 d.lgs. n. 42 citato) hanno, nella graduazione degli interessi coinvolti e nella stessa ratio della norma, evidente e assoluta preminenza sulle difformi aspettative dei soggetti privati, anche ove la legge che tale tutela conforma è successiva alla disciplina urbanistica comunale.
IV) In conclusione, l’appello merita accoglimento, con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso di primo grado.
Le spese del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna la società appellata a rifondere all’Amministrazione appellante le spese del doppio grado del giudizio, nella misura di 5.000 (cinquemila) euro.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore
Andrea Pannone, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/08/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)