TAR Toscana Sez. II n. 6883 30 dicembre 2010
Caccia e animali. Fauna e controllo selettivo
Il secondo comma dell’art. 19 della legge n. 157/92 attribuisce alle Regioni il controllo delle specie di fauna selvatica per motivi sanitari e per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche. Secondo la norma tale controllo, esercitato selettivamente, deve essere praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici, su parere dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica; e soltanto laddove il medesimo Istituto abbia verificato l’inefficacia dei predetti metodi, le Regioni possono eventualmente autorizzare piani di abbattimento della fauna, avvalendosi delle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, le quali, a propria volta, potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 06883/2010 REG.SEN.
N. 01277/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1277 del 2008, proposto da:
Lega Anti-Vivisezione – L.A.V. Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Valentina Stefutti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Barbara Vannucci in Firenze, via Scialoia 67;
contro
Comune di Pontedera;
nei confronti di
Arcicaccia;
per l'annullamento
dell'ordinanza n. 145 del 30 maggio 2008 "intervento speciale di contenimento di piccioni terraioli nei fondi agricoli del comune di Pontedera", nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2010 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il 10 – 16 luglio 2008, e depositato il 22 luglio successivo, la Lega Anti-Vivisezione (L.A.V.), associazione di protezione animale ed ambientale individuata ai sensi dell’art. 13 della legge n. 349/86, proponeva impugnazione avverso l’ordinanza n. 145 del 30 maggio 2008, con la quale il Sindaco del Comune di Pontedera, per limitare i danni all’agricoltura provocati dall’eccessiva presenza di piccioni terraioli sul territorio, aveva disposto in via d’urgenza che i conduttori di fondi agricoli provvedessero ad effettuare operazioni di contenimento della popolazione di quei volatili avvalendosi, prioritariamente, di sistemi non cruenti di allontanamento ovvero, in caso di comprovata inefficacia di tali misure, mediante abbattimento.
L’associazione ricorrente, affidate le proprie doglianze a tre motivi in diritto, intimava dinanzi a questo tribunale l’amministrazione procedente unitamente all’Arci Caccia, chiamata – con le altre associazioni venatorie – a dare esecuzione al provvedimento, e concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensiva. Con l’atto introduttivo del giudizio, veniva altresì formulata la richiesta di misure cautelari provvisorie.
L’istanza cautelare veniva accolta interinalmente con decreto presidenziale del 31 luglio – 1 agosto 2008, e definitivamente con ordinanza collegiale del 4 – 5 settembre 2008. Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 26 ottobre 2010.
DIRITTO
Come riferito in narrativa, la controversia ha per oggetto l’ordinanza n. 145 del 30 maggio 2008, adottata in via d’urgenza dal Sindaco di Pontedera per porre rimedio ai danni provocati alle colture agricole da una specie di uccello selvatico, il piccione terraiolo, la cui diffusa presenza sul territorio sarebbe di danni all’agricoltura locale: in particolare, nel provvedimento impugnato si legge che i volatili, riprodottisi in maniera incontrollata per mancanza di predatori naturali, distruggerebbero le sementi, di cui si alimentano, pregiudicando i raccolti. Destinatari dell’ordinanza in questione sono i possessori di piccioni domestici, cui è fatto obbligo di provvedere alla custodia degli animali in modo da evitare danni, ed i conduttori dei fondi agricoli, chiamati a porre in essere operazioni di contenimento della popolazione di piccioni, in primo luogo attraverso mezzi di allontanamento non cruento, e, nel caso di inefficacia di tali misure, attraverso l’abbattimento con fucile, da eseguirsi secondo modalità e prescrizioni specificamente indicate dall’ordinanza medesima.
Preliminarmente, deve riconoscersi come la legittimazione ad agire della ricorrente L.A.V., associazione individuata ai sensi dell’art. 13 della legge n. 349/86, si radichi negli interessi – la protezione degli animali e la lotta per il diritto alla vita di ogni essere vivente – da essa statutariamente perseguiti, ed indiscutibilmente incisi dal provvedimento impugnato. Tanto premesso, e venendo alle censure articolate in ricorso, con il primo motivo è dedotta l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri contingibili ed urgenti riconosciuti al Sindaco dagli artt. 50 e 54 T.U.E.L.: ad avviso della L.A.V., mancherebbe infatti la dimostrazione di uno stato di eccezionale ed imprevedibile pericolo, tale da giustificare l’adozione di provvedimenti extra ordinem.
Con il secondo motivo si afferma, invece, che, sul piano degli strumenti tipici apprestati dal legislatore, ai sensi dell’art. 19 della legge n. 157/92 l’abbattimento degli animali selvatici, quali il piccione terraiolo, sarebbe consentito eccezionalmente e solo per motivate ragioni (attinenti, fra l’altro, alla tutela della salute ed a quella delle produzioni agricole), mentre, di regola, il controllo della fauna dovrebbe essere esercitato mediante metodi ecologici e, soprattutto, l’adozione di eventuali piani di abbattimento dovrebbe essere preceduta dalla verifica negativa, ad opera dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, circa l’efficacia dei metodi incruenti. Al contrario, nella specie il Comune di Pontedera si sarebbe sottratto alla verifica dell’I.N.F.S., mai chiamato ad esprimersi in merito alla sostenibilità ambientale del prelievo ed alla efficacia dei metodi di controllo faunistico prescritti con l’ordinanza n. 145/08.
Con il terzo motivo (erroneamente rubricato sub 4), sono denunciati l’illogicità, la contraddittorietà ed il travisamento da cui sarebbe afflitto l’atto impugnato, che se, da un lato, limita l’utilizzo delle armi da fuoco nelle aree a rischio per l’incolumità pubblica, dall’altro sembrerebbe autorizzare l’uso del fucile nelle zone esterne all’abitato, nelle quali, tuttavia, non parrebbe configurabile alcun pericolo sanitario per la popolazione.
I motivi, che saranno esaminati congiuntamente, sono fondati per quanto di ragione.
Per quanto qui interessa, il secondo comma dell’art. 19 della legge n. 157/92 attribuisce alle Regioni il controllo delle specie di fauna selvatica per motivi sanitari e per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche. Secondo la norma tale controllo, esercitato selettivamente, deve essere praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici, su parere dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica; e soltanto laddove il medesimo Istituto abbia verificato l’inefficacia dei predetti metodi, le Regioni possono eventualmente autorizzare piani di abbattimento della fauna, avvalendosi delle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, le quali, a propria volta, potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio.
Ciò posto, e lasciate in disparte le questioni di competenza, è pacifico che l’amministrazione intimata, nel predisporre le modalità di controllo della popolazione di piccioni terraioli in funzione di tutela delle coltivazioni, abbia proceduto in assenza del parere obbligatorio dell’I.N.F.S., incorrendo così nella violazione di legge dedotta con il secondo motivo. La circostanza che il provvedimento sia stato adottato in via di dichiarata urgenza dal Sindaco lascia peraltro presumere che, con il provvedimento impugnato, il Comune abbia in realtà inteso esercitare non gli ordinari poteri di controllo di cui al citato art. 19 l. n. 157/92, bensì le prerogative disciplinate dagli artt. 50 e 54 T.U.E.L. (quest’ultimo viene in considerazione nel testo introdotto dall’art. 6 del D.L. n. 92/08, ma senza le modificazioni successivamente apportate dalla legge di conversione n. 125/08), che, com’è noto, giustificano l’adozione di ordinanze contingibili ed urgenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica, ovvero al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. In questa prospettiva, il primo rilievo, dal quale il collegio non può esimersi, riguarda l’estraneità delle ragioni d’urgenza addotte dal Sindaco di Pontedera al novero degli interessi tutelati dalle disposizioni appena citate: le allegate esigenze di protezione delle produzioni agricole non sono, infatti, neppure lontanamente assimilabili all’ambito della sanità e dell’igiene, ovvero a quelli dell’incolumità pubblica e della sicurezza urbana, il che rende manifesti, per questo aspetto, la violazione di legge e lo sviamento nei quali l’amministrazione è incorsa, e denunciati con il primo motivo.
Diversamente è a dirsi quanto ai pericoli di natura igienico-sanitaria, cui pure l’ordinanza impugnata fa cenno, e che almeno in astratto legittimano il ricorso ai poteri sindacali extra ordinem. Sul punto, deve però osservarsi che, secondo la consolidata interpretazione della giurisprudenza, l’esercizio di tali poteri richiede che la situazione da affrontare presenti il carattere dell’emergenza, sia cioè tale da determinare, se non un danno attuale, un pericolo imminente per la salute della comunità territoriale di riferimento, in relazione al quale sia impossibile utilizzare i mezzi giuridici ordinari e debba, perciò, ricorrersi a rimedi d’urgenza affidati a strumenti atipici, previo accertamento della situazione di fatto fondato su prove concrete e non su mere presunzioni (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6366). Non essendovi ragioni per discostarsi da tali consolidati principi, deve allora inevitabilmente concludersi per la assoluta inadeguatezza della motivazione dell’atto impugnato, che si limita ad enunciare l’esistenza di un “potenziale pericolo igienico sanitario per la popolazione”, senza tuttavia indicare alcun elemento obiettivo dal quale desumere, sia pure in via presuntiva, l’attendibilità dell’affermazione, e, comunque, senza precisare per quale ragione si tratterebbe di una situazione eccezionale ed imprevedibile, non fronteggiabile nelle forme ordinarie.
Che la si riguardi sotto il profilo dell’esercizio di poteri ordinari di cui all’art. 19 della legge n. 157/92, ovvero che la si qualifichi come provvedimento contingibile e urgente ai sensi degli artt. 50 e 54 T.U.E.L., l’ordinanza impugnata rivela dunque la propria manifesta illegittimità. Possono di conseguenza considerarsi assorbite le censure articolate con il terzo motivo, che, per inciso, non sembrano cogliere nel segno, nella misura in cui le prescrizioni dettate in merito all’utilizzo delle armi da fuoco sono chiaramente dirette a contemperare le – malintese, per quanto si è detto – esigenze di tutela della produzione agricola e dell’igiene con la pubblica incolumità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il gravame deve essere accolto, con annullamento dell’atto impugnato.
Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’amministrazione intimata alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Ivo Correale, Primo Referendario
Pierpaolo Grauso, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/12/2010