TAR Toscana Sez. III n. 935 del 16 maggio 2012
Caccia e animali. Istituzione di fondo chiuso alla caccia.
Il G.A. ha rilevato che l'amministrazione ha ritenuto imprescindibile l’esercizio in loco della attività venatoria, con la quale ridurre la densità faunistica delle specie nocive (cinghiale), ma ha osservato che l'obiettivo della riduzione dei danni arrecati dalla fauna va perseguito con gli interventi di contenimento numerico previsti dall'articolo 19 della Legge 157/1992 e dall'articolo 37 della L. R. 3/1994 e non già attraverso l'attività venatoria (segnalazione di A. Atturo)
N. 00935/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02143/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2143 del 2007, proposto da:
Casonato Enrico ed Altri, Massimiliano Zulpo, Paola Zanin, Ilaria Giuseppini, Rita Moro, Jens Lottner, Beniamino Summonte, Alessandro Ricciardi, Fabio Montigiani, Rosanna Marchino, Emanuele Montignani, A. Leonhard Fueter, Rossana Malagoli, Claudio Maria Rossi, Monica Cozzani, Pier Paolo Piombanti, Catherine Lapie, Fulvio Ceruti, Gianpiero De Nicolo, Louis Roger, Renata Tonanni, Pierina Tonanni, Donatella Campinotti, Fabio Montagnani, Claudia Jandeau, Luisa Monico, rappresentati e difesi dall'avv. Guglielmina Simoneschi, con domicilio eletto presso Guglielmina Simoneschi in Firenze, via delle Oche, 3;
contro
Provincia di Pisa, rappresentata e difesa dagli avv. Maria Antonietta Antoniani, Silvia Salvini, con domicilio eletto presso Raffaella Poggianti in Firenze, via degli Artisti 8/B;
Dirig.Resp.Servizio Difesa Fauna Provincia di Pisa;
nei confronti di
Unione Agricoltori della Provincia di Pisa;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Lega Abolizione Caccia, rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Natali, Guglielmina Simoneschi, con domicilio eletto presso Guglielmina Simoneschi in Firenze, via delle Oche, 3;
per l'annullamento
della Determinazione n. 4386 del 11.09.2007, adottata dal Funzionario P.O. della U.O. Difesa Fauna, Dipartimento programmazione territoriale ed economica della Provincia di Pisa, ed avente ad oggetto "Determinazione di diniego richieste Aree sottratte alla gestione programmata della caccia ai sensi dell'art. 25 L.R. 3/94, Comune di Chianni";
nonché di ogni atto presupposto, consequenziale o connesso, compresi proposte e pareri, in particolare il parere reso dallo stesso Funzionario P.O. della U.O. Difesa Fauna, dipartimento programmazione territoriale ed economica della Provincia di Pisa, avente ad oggetto "parere tecnico su richiesta di esclusione dalla caccia programmata ex art. 25 della L.R. 3/94 di alcuni fondi rustici presenti nel territorio del Comune di Chianni", allegato alla Determinazione n. 4386 del 11.9.2007;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Pisa;
Visto l’atto di intervento della Lega Abolizione Caccia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2011 il dott. Eleonora Di Santo e uditi per le parti i difensori G. Simoneschi, anche quale delegata di R. Natali, R. Poggianti delegata da M.A. Antoniani e S. Salvini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli odierni ricorrenti, in data 17 luglio 2007, presentavano - in qualità di proprietari di fondi rustici siti nel Comune di Chianni (Pisa), tra di loro contigui e di estensione complessiva pari a 135 Ha - domanda al Presidente della Provincia di Pisa, ai sensi dell’art. 15, 3° e 4° comma, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e dell’art. 25, 7° e 8° comma, della L.R. Toscana 12 gennaio 1994, n. 3, per ottenere l’esclusione dei fondi di loro proprietà dalla gestione programmata della caccia.
Adducevano, ai sensi della legislazione sopra richiamata e dell’art. 72 della Delibera del Consiglio Regionale della Toscana 12 luglio 1994, n. 292, avente ad oggetto “Indirizzi regionali di programmazione faunistico-venatoria”, a giustificazione della richiesta:
a) che, come indicato alla lett. a) dell’art. 72 cit., l’area oggetto della domanda di esclusione dalla gestione programmata della caccia apparteneva a diversi proprietari tra di loro confinanti, aveva una superficie di ampiezza superiore a 100 Ha e presentava caratteristiche ambientali tali da consentire lo svolgimento di un’azione di tutela e salvaguardia della fauna selvatica;
b) che, come previsto dallo stesso art. 72 e della ricordata legislazione statale di settore, sui fondi oggetto della domanda venivano svolte attività di rilevante interesse economico, sociale e ambientale.
Si evidenziava, a tale ultimo riguardo, che i fondi oggetto della richiesta di esclusione dalla gestione programmata della caccia erano interessati da aziende agricole che utilizzavano metodi biologici e aderenti ai Consorzi Aiab ed Ecocert; erano sede di allevamento di specie a rischio di estinzione (asino dell’Amiata) e oggetto di progetti di ricerca e conservazione; ospitavano, occupando una percentuale superiore al 50% dell’area, strutture di ricezione turistica, in quanto nei suddetti fondi rustici avevano sede aziende agrituristiche, realtà economica individuata tra gli obiettivi strategici del Piano Territoriale di Coordinamento provinciale per il Sistema delle Colline della Valdera.
Si precisava, infine, che l’area e le strutture ricettive in essa ricadenti erano interessate da iniziative provinciali a sostegno del turismo ippico, ossia il c.d. “Progetto dell’Ippovia”.
Gli stessi istanti denunciavano che l’esercito della attività venatoria sui fondi rustici in esame era motivo di danno e disturbo alle attività economiche e sociali ivi svolte e sopra descritte; la caccia, in particolare, “causa un notevole danno economico alle aziende agrituristiche coinvolte dalla richiesta”, non consentendo alle medesime la necessaria valorizzazione del patrimonio naturalistico presente, il quale dovrebbe costituire, invece, il punto di forza di dette attività.
Venivano, quindi, indicati i vari aspetti e motivi del danno e del disturbo denunciato. Si precisava, a riguardo, che oltre all’assenza di animali selvatici “visibili”, l’esercizio della caccia causava un notevole disturbo alla quiete delle persone e rendeva pericoloso praticare le attività tipiche di un soggiorno in agriturismo: le passeggiate a piedi e/o a cavallo, la ricerca di funghi, i giochi all’aria aperta.
Con determinazione dirigenziale n. 4386 dell’11 settembre 2007 il Dirigente della U.O. Difesa Fauna, Dipartimento programmazione territoriale ed economica della Provincia di Pisa, decideva di non accogliere le richieste di esclusione della caccia proposte dai ricorrenti “perché contrastano con l’attuazione della pianificazione faunistico-venatoria provinciale, come specificato nella relazione tecnica e come previsto dall’art. 72, 1° comma, della DCR 292/1994”; alla determinazione veniva allegata la richiamata relazione tecnica.
Le ragioni su cui tale determinazione si fonda sono deducibili dal richiamo, contenuto nella parte motiva del provvedimento, al “Piano faunistico venatorio Provinciale 2005-2010 … e in particolare [al]la Sezione: Proposte gestionali e Indirizzi generali di piano, in cui sono fornite specifiche indicazioni per evitare possibili rifugi per il cinghiale e altri ungulati al fine di evitare danni nei confronti delle colture agricole esistenti sul territorio”.
Più diffusamente, dalla lettura della relazione tecnica allegata, risulta che l’Amministrazione provinciale di Pisa ha valutato che l’esclusione dei fondi in questione dalla gestione programmata della caccia avrebbe ostacolato l’attuazione del Piano faunistico venatorio provinciale, in particolare degli obiettivi contenuti nella Sezione “Proposte gestionali ed Indirizzi generali di Piano”, sul presupposto che la presenza di ungulati su tali fondi, e in specie del cinghiale, in difetto di attività venatoria avrebbe determinato danni alle colture agricole presenti, laddove la tutela delle coltivazioni agricole rappresenta una delle finalità precipue della stessa pianificazione faunistica venatoria provinciale.
Il rischio di danni alla colture agricole, inoltre, ad avviso della Amministrazione provinciale, sarebbe nel caso di specie aggravato dalle caratteristiche ambientali dell’area in cui ricadono i fondi rustici in questione; in specie, per la presenza di boschi, che potrebbero essere utilizzati come rifugio dagli ungulati, e per la intersecazione esistente tra zone vocate e zone non vocate, tra zone boscose e zone coltivate.
Con il ricorso in esame, gli istanti hanno, quindi, impugnato il suindicato provvedimento, e il parere tecnico allegato, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di doglianza:
1) “Violazione di legge (art. 15, IV comma, L. 11 febbraio 1992, n. 157; art. 25, VIII comma, L.R. 12 gennaio 1994, n. 3; violazione di un atto amministrativo sovraordinato: Delibera Cons. Reg. Toscana, 12 luglio 1994, n. 292, art. 72; Piano Faunistico venatorio della Provincia di Pisa). Eccesso di potere (Eccesso di potere per difetto di ponderazione di interessi primari)”, in quanto gli atti impugnati sarebbero illegittimi ai sensi della normativa ivi richiamata, perchè le richieste di esclusione dei fondi dei ricorrenti dall'esercizio della caccia non ostacolerebbe l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria; in particolare, dette domande non ostacolerebbero l'attuazione del piano faunistico venatorio provinciale in quanto la finalità di prevenzione dei danni alle colture agricole potrebbe essere attuata tramite la realizzazione di interventi di contenimento numerico di cui all'art.37 della L.R.T.n.3/1994; inoltre, gli atti impugnati sarebbero affetti da eccesso di potere per difetto di ponderazione degli interessi coinvolti, quali, da un lato, il diritto di libera iniziativa economica, di proprietà e, dall'altro, l'esercizio della caccia, non essendo stata attribuita prevalenza ai primi;
2) “Violazione di legge (art. 15, IV comma, L. 11 febbraio 1992, n. 157; art. 3, L. n. 241/1990). Eccesso di potere (Eccesso di potere per difetto di istruttoria)”, in quanto l’Amministrazione provinciale non ha accolto le richieste dei ricorrenti senza effettuare una valutazione delle realtà economiche degli stessi e senza esplicitare le ragioni della decisione, ancorchè l’art. 72 delle Delibera Consiglio Regionale della Toscana n. 292/1994 avrebbe configurato il disturbo e il danno ad attività economiche e/o sociali quale autonoma fattispecie di accoglimento della richiesta, ai sensi dell’art. 15, 4° comma, della legge n. 157/1992;
3) “Violazione di legge (art. 1, comma II, del Protocollo n. 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; artt. 11 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; violazione dell’art. 21, I comma, Cost. e dell’art. 42, II comma, Cost.)”, in quanto gli atti impugnati violerebbero la libertà di pensiero e le convinzioni etiche dei proprietari dei fondi, contrari all’esercizio venatorio sulle loro proprietà, e detta violazione comporterebbe un disequilibrio tra gli interessi contrapposti a svantaggio delle convinzioni etiche dei proprietari.
2. Con atto di intervento ad adiuvandum, depositato il 12 marzo 2010, la Lega Abolizione Caccia (LAC) si è costituita, sviluppando un unico motivo di doglianza coincidente con il terzo motivo di ricorso.
In particolare, l’interveniente ha sostenuto che gli atti amministrativi impugnati sarebbero illegittimi per essere stati adottati sulla base di una interpretazione della disciplina sul prelievo venatorio non conforme all’art. 1, 2° comma, del Primo Protocollo addizionale alla Cedu, e alle relative sentenze della Corte di Strasburgo, in forza della quale le esigenze che presiedono all’assoggettamento a caccia di un territorio non consentono la mortificazione delle convinzioni etiche contrarie alla caccia del soggetto coinvolto nell’esercizio del potere.
3. Va preliminarmente accolta l’eccezione sollevata dall’Amministrazione provinciale di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum dispiegato dalla L.A.C., con conseguente estromissione dal giudizio dell’associazione interveniente, poiché nella causa in esame viene in rilievo la tutela del diritto di proprietà dei ricorrenti perseguita attraverso la richiesta di esclusione dei loro fondi dalla gestione programmata della caccia, ai sensi dell’art. 15, 3° e 4° comma, della legge n. 157/1992 e dell’art. 25, 7° e 8° comma, della L.R. n. 3/1994, tutela che non ha una immediata relazione con gli interessi ambientali, alla cui salvaguardia è legato, invece, il riconoscimento della legittimazione della L.A.C., riconosciuta come associazione ambientalista dal Ministero dell’Ambiente ai sensi della legge 8 luglio 1986 n. 348.
4. Nel merito, il ricorso è fondato.
Occorre premettere il quadro normativo di riferimento.
L’art. 15, comma da 3 a 6 della Legge 11.2.1992, n.157, vigente all'epoca dell’adozione del provvedimento impugnato, prevedeva : "3. 11 proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trema giorni dalla pubblicazione del piano faunistico venatorio, al Presidente della Giunta Regionale richiesta motivata che, ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dalla stessa è esaminata entro sessanta giorni”.
Secondo il successivo 4° comma, “La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10. E’ altresì accolta, in casi specificatamente individuati con norme regionali, quando l’attività venatoria sia in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di colture agricole specializzate nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse economico, sociale o ambientale”.
La norma regionale in materia è conforme a quella statale, salvo peraltro il conferimento al Presidente della Provincia della competenza a ricevere le richieste in esame. In particolare, la L.R. n. 3/1994, dispone all’art. 25 (intitolato “Fondi chiusi e aree sottratte alla caccia programmata”), comma 7° e 8°, nel testo vigente all'epoca di adozione del provvedimento impugnato, che ''7. Il conduttore o il proprietario che a norma dell'art.15, comma 3°, della L. n.157/1992, intende vietare la caccia nel proprio fondo rustico deve presentare al Presidente della Provincia richiesta motivata entro 30 giorni dalla pubblicazione del piano faunistico venatorio regionale di cui all’art. 9 della presente legge. Il Presidente della Provincia, entro 60 giorni dal ricevimento della richiesta, comunica l'accoglimento o il rifiuto della stessa sulla base dei criteri definiti negli indirizzi regionali di cui al precedente art. 7 comma 2 lettera g)”.
Inoltre, l'art.7, comma l e 2, lettera g) della L.R. n. 3/1994, nel testo vigente all'epoca di adozione del provvedimento impugnato, prevedeva che: "1. Il Consiglio regionale su proposta dello Giunta, sentite le Province, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, nonché degli atti della programmazione territoriale ed ambientale, sulla base del piano regionale di sviluppo, tenuto conto dei criteri orientativi della programmazione di cui all'art. 10, commi 10 e11, della L 11 febbraio 1992 n. 157 , adotta gli indirizzi regionali di programmazione faunisticovenatoria in conformità con l'art. 7 della L.R. 9 giugno 1992, n. 26.
2. Gli indirizzi regionali dispongono in ordine ai criteri di redazione dei piani faunistico venatori provinciali in modo da garantirne l 'omogeneità. Gli indirizzi regionali concernono inoltre: ... ... ... g) i criteri per la determinazione dei comprensori omogenei di cui all’art. 10, comma 7, della L. n.l57/1992 e all’art, 8, 2° comma della presente legge, nonché i criteri di ammissibilità e di accoglimento delle richieste di esclusione dei fondi rustici dalla gestione programmata della caccia".
Gli indirizzi regionali cui si riferiscono gli artt. 7 e 25 della citata L.R. n. 3/1994, sono stati definiti con Delibera del Consiglio Regionale della Toscana 12 luglio 1994 n. 292.
L'art. 72 della anzidetta delibera, concernente "Indirizzi regionali di programmazione faunistico-venatoria" prevede, relativamente ai criteri di ammissibilità e di accoglimento delle richieste di esclusione dei fondi rustici dalla gestione programmata della caccia, che: "1. Le richieste di esclusione dei fondi rustici dalla gestione programmata della caccia come disciplinato dall'art. 25 della L.R. n. 3 del 1994 sono accolte qualora non contrastino con l’attuazione della pianificazione faunistico venatoria provinciale.
2. Saranno dichiarate ammissibili le richieste di esclusione che riguardino una delle seguenti lettere:
a) superfici di terreno di ampiezza e caratteristiche ambientali tali da consentire l’effettivo svolgimento di una azione di tutela e salvaguardia della fauna selvatica e non inferiori a 100 ha. Tale estensione può essere raggiunta col concorso di fondi appartenenti a proprietari e conduttori confinanti: è ammessa la deroga a tale limite solo per territori interessati da ecosistemi di particolare pregio faunistico e naturale, che non siano sostanzialmente alterati dalla presenza o dall'attività dell'uomo;
b) superfici di terreno nelle quali vengano condotti programmi sperimentali di allevamento e coltivazione attuati con finanziamenti di Enti pubblici ed Università, finalizzati alla ricerca scientifica ed alla innovazione tecnologica;
c) luoghi nei quali vengono svolte attività di rilevante interesse economico e sociale. I motivi della richiesta dovranno essere adeguatamente documentati in ordine all’entità, frequenza e pericolosità del danno e del disturbo dichiarati.
3) La Provincia verifica l'ammissibilità delle richieste mediante sopralluoghi.”
E’ pacifico, dunque, che secondo la richiamata disciplina le richieste dei proprietari ritualmente proposte per escludere i propri fondi dall’esercizio della caccia, debbono essere accolte quando non ostacolino l’attuazione della pianificazione faunistico-venatoria.
Nel caso di specie, l’Amministrazione provinciale ha respinto le istanze proposte dai ricorrenti ex art. 15 della legge 157/1992, ritenendo che esse avrebbero ostacolato l’attuazione della Pianificazione faunistico-venatoria provinciale; in particolare, premesso che nel territorio in questione il Piano faunistico venatorio provinciale mira alla tutela delle colture agricole, l’Amministrazione ha a tale scopo ritenuto imprescindibile l’esercizio in loco della attività venatoria, con la quale ridurre la densità faunistica delle specie nocive (cinghiale).
In realtà, a ben vedere, per i territori in esame il Piano Faunistico Venatorio Provinciale 2005–2010 prevede tra gli "Obiettivi strategici" da perseguire la prevenzione dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle colture agricole e forestali a favore della tutela del lavoro agricolo, ma tale scopo è perseguito dalla stessa disciplina di Piano e dalla stessa normativa di settore, non già tramite l’esercizio dell’attività venatoria, ma tramite altro, diverso e specifico istituto, ossia gli interventi di contenimento numerico di cui agli artt. 19 della legge n. 157/1992 e 37 della L.R. n. 3/1994, così come dedotto con il primo motivo di ricorso.
Il controllo previsto dall’art. 19 della legge n. 157/1992 e, per la Regione Toscana, dall’art. 37 della L.R. n. 3/1994, costituisce, infatti, un istituto di carattere generale, tanto che la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale configura detta norma statale quale “principio fondamentale della materia a norma dell’art. 117 Cost. tale da condizionare e vincolare la potestà legislativa regionale” (Corte Costituzionale 21 ottobre 2005 n. 392 e n. 135 del 2001).
Pertanto, così come dedotto con il primo motivo di ricorso, risulta illegittima la motivazione su cui si fonda il provvedimento impugnato, con il quale si è ritenuto che la tutela delle colture agricole minacciate da un elevato numero di cinghiali fosse perseguibile solo con l’esercizio dell’attività venatoria e non già mediante l’esercizio dei poteri tipici a tal fine previsti dalla legge, ossia gli interventi di contenimento numerico di cui agli artt. 19 della legge n.157/1992 e 37 della L.R. n. 34/1994, cui non si fa, invece, minimamente cenno nel provvedimento in questione.
La fondatezza del motivo esaminato (primo motivo) determina l’assorbimento del secondo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti hanno lamentato che l’Amministrazione provinciale non avrebbe accolto le loro richieste senza effettuare una valutazione delle realtà economiche su cui il provvedimento andava ad incidere e senza esplicitare le ragioni della decisione.
E’, invece, inammissibile il terzo motivo di ricorso, in quanto i ricorrenti nell’istanza di esclusione dei loro fondi dalla caccia programmata non hanno addotto, tra le varie motivazioni, quella relativa alla loro contrarietà etica all’esercizio dell’attività venatoria nei loro fondi.
Difetta, pertanto, ogni determinazione dell’Amministrazione a riguardo.
5. Il ricorso va, pertanto, accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
6. Quanto alle spese di giudizio, le stesse, tenuto conto della particolarità della vicenda dedotta, vanno compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa estromissione dal giudizio della L.A.C., lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti con lo stesso impugnati, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:
Angela Radesi, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere, Estensore
Gianluca Bellucci, Consigliere
Da Assegnare Magistrato, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/05/2012