Sez. 3, Sentenza n. 10629 del 02/03/2006 Ud. (dep.
28/03/2006 ) Rv. 233679
Presidente: Postiglione A. Estensore: Teresi A.
Relatore: Teresi A. Imputato: Cadelano. P.M. Ciampoli L.
(Conf.)
(Rigetta, App. Cagliari, 11 Novembre 2005)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Fanghi
essiccati residui della lavorazione di calcestruzzo - Natura di rifiuti.
In tema di gestione dei rifiuti, i fanghi essiccati derivanti
dall'attività di produzione di calcestruzzo costituiscono
rifiuti non pericolosi, il cui abbandono in modo incontrollato integra
il reato di cui all'art. 51 , comma primo, del D.Lgs. n. 22 del
1997.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 02/03/2006
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - rel. Consigliere - N. 391
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - N. 01202/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CADELANO Massimiliano, nato a Cagliari 08/01/1970;
avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari in data
11/11/2005 che ha confermato la condanna alla pena dell'arresto e
dell'ammenda inflittagli con la sentenza di primo grado per il reato di
cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1;
Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
Sentita in Pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo
Teresi;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. Dott. CIAMPOLI Luigi, il quale
ha chiesto il rigetto del ricorso.
OSSERVA
Con sentenza 11/11/2005 la Corte di Appello di Cagliari confermava la
condanna alla pena dell'arresto e dell'ammenda inflitta nel giudizio di
primo grado a Cadelano Massimiliano perché responsabile di
avere, quale amministratore unico dell'insediamento produttivo Intersar
s.r.l., abbandonato in modo incontrollato rifiuti non pericolosi
costituiti da fanghi essiccati derivanti dall'attività di
produzione di calcestruzzi.
Riteneva la corte che i fanghi costituissero rifiuti perché
qualificati tali dallo stesso imputato, il quale aveva escluso che
potessero essere riutilizzati e aveva dichiarato che li avrebbe
conferiti in discarica.
Proponeva ricorso per Cassazione l'imputato denunciando vizio di
motivazione in ordine alla qualificazione dei fanghi come rifiuti,
essendo irrilevante la dichiarazione richiamata dai giudici
dell'appello, ben potendo gli stessi essere riutilizzati, come ritenuto
nell'ordinanza sindacale 22/01/2002.
Chiedeva l'annullamento della sentenza anche per l'intervenuta
prescrizione.
Il ricorso è infondato avendo i giudici di merito
correttamente individuato gli elementi probatori emersi a carico
dell'imputato e confutato ogni obiezione difensiva, con logica e
corretta motivazione che non può essere censurata.
È stato accertato, in fatto, che un consistente quantitativo
stratificato di fanghi essiccati derivanti dall'attività di
produzione di calcestruzzo è stato depositato all'esterno
dell'insediamento produttivo.
Sulla base di tali elementi i giudici di merito hanno correttamente
qualificato tali sostanze come rifiuto anche perché lo
stesso titolare dell'impianto aveva escluso una diversa qualificazione
ed ammesso che le stesse dovevano essere conferite in discarica. Sul
punto, sono irrilevanti le considerazioni difensive circa la concreta
possibilità di riutilizzo "mediante processi chimici da
eseguire presso altro stabilimento" essendo tale prospettazione
contraria non solo alla disciplina del Decreto n. 22 del 1977, ma anche
a quella della nuova definizione di rifiuto contenuta nel D.L. 8 luglio
2002 n. 138, art. 14, convertito con L. 8 agosto 2002 n. 178 quale
interpretazione autentica della nozione dettata dal D.Lgs. 5 febbraio
1997 n. 22, art. 6, lett. a), che definisce rifiuto ogni sostanza
inclusa nelle categorie riportate nell'allegato A del decreto citato di
cui il detentore "si disfi" che cioè il detentore sottoponga
ad una delle attività di smaltimento o di recupero che sono
precisate negli allegati B e C del decreto o di cui il detentore abbia
"deciso di disfarsi" che cioè il detentore voglia destinare
a una delle operazioni di smaltimento o di recupero, come sopra
individuate o di cui il detentore abbia "l'obbligo di disfarsi" in base
a una disposizione di legge, a un provvedimento della pubblica
autorità o alla natura stessa del materiale e, in
particolare, in base alla natura di sostanze pericolose come
individuate nell'allegato D del decreto.
La decisione di disfarsi ricorre per legge per i residui di produzione
o di consumo effettivamente ed oggettivamente riutilizzati nel
medesimo, analogo o in diverso ciclo produttivo ovvero di consumo senza
subire alcun intervento di trattamento preventivo e senza recare
pregiudizio all'ambiente ovvero dopo avere subito un trattamento
preventivo, ma senza che sia necessaria alcuna operazione di recupero
tra quelle individuate nell'allegato C del decreto. Ribadito che la
riutilizzazione va intesa come possibilità di reimpiego
diretto senza alcun trattamento preventivo, correttamente è
stato ritenuto che, nel caso in esame, i fanghi essiccati costituiscono
rifiuto a nulla rilevando la richiamata, postuma, ordinanza sindacale.
Premesso che le S.U. di questa Corte, con sentenza n. 36 del
28/11/2001, Cremonese, hanno affermato che la sospensione del corso
della prescrizione, correlata ai casi in cui la sospensione dei termini
di custodia cautelare è imposta da una particolare
disposizione di legge, a norma dell'art. 159 c.p., comma 1, opera anche
nei confronti di imputati a piede libero, va osservato che la
sospensione del corso della prescrizione prevista dall'art. 159 c.p.,
comma 1, ultima parte, "in ogni caso in cui la sospensione dei termini
di custodia cautelare è imposta da una particolare
disposizione di legge" opera automaticamente e non richiede un apposito
provvedimento del giudice, diversamente da quanto previsto dall'art.
304 c.p.p. per la sospensione dei termini di custodia cautelare, che
presuppone l'emissione di un'ordinanza appellabile al tribunale del
riesame.
Per la durata della sospensione il codice di rito non prevede alcun
termine massimo, sicché correttamente è stato
ritenuto che ciascun termine parziale va calcolato dalla data della
richiesta di rinvio e quella della successiva udienza.
Pertanto, il reato, commesso il 11/06/2001, non è prescritto
perché il termine massimo di anni 4 mesi 6 (11/12/2005) va
aggiunto un periodo di sospensione del corso della prescrizione, per
rinvio richiesto dalla difesa, per mesi 2 e giorni 22,
sicché la prescrizione maturerà il 04/03/2006.
Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 2 marzo
2006. Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2006
Rifiuti. Fanghi da lavorazione calcestruzzo
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