Cass. Sez. III n. 39162 del 4 dicembre 2025 (UP 13 nov 2025)
Pres. Ramacci Est. Liberati Ric. Famulari
Rifiuti.Caratteristiche del reato di combustione illecita

La disposizione di cui all'art. 256-bis d.lgs. 152/2006 non richiede, per la configurabilità del reato di combustione illecita di rifiuti, la previa contestazione del reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, non essendo configurata sulla base della presupposizione della contestazione di un altro precedente reato, ma richiede solo, per il perfezionamento della fattispecie, che la condotta abbia avuto a oggetto rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, ossia, come osservato, senza il rispetto delle fondamentali prescrizioni e cautele da osservarsi per la salvaguardia della salute e dell'ambiente, con la conseguente irrilevanza, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 256-bis d.lgs. n. 152 del 2006, della mancata contestazione di tale reato.

RITENUTO IN FATTO 
1. Con sentenza dell'Il aprile 2025 la Corte d'appello di Messina ha rigettato l'impugnazione proposta da Antonino Pietro Famulari nei confronti della sentenza del 20 novembre 2023 del Tribunale di Messina, con la quale lo stesso Famulari era stato condannato alla pena di due anni di reclusione in relazione al reato di combustione illecita di rifiuti di cui all'art. 256-bis d.lgs. n. 152 del 2006, per avere, quale committente e in concorso con due suoi dipendenti, appiccato l'incendio a rifiuti di polistirolo abbandonati o depositati in modo incontrollato su un terreno di sua proprietà.
2. Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l'Avvocato Sebastiano Massimo Brigandì, che lo ha affidato a quattro motivi.
2.1. Con un primo motivo si lamenta, a norma dell'art. 606, comma 1, lett.
b), c) ed e), cod. proc. pen., la errata applicazione di disposizioni di legge penale e di norme processuali e un vizio della motivazione, anche in conseguenza del travisamento del contenuto della deposizione del teste Antonino Maimone.
Quest'ultimo, infatti, aveva dichiarato che l'imputato si era limitato ad ordinare ad Alessandro Silvestro e a Francesco Brancato, suoi dipendenti, di portare il furgone dell'impresa, carico di materiale, in altra località, dove vi era un magazzino utilizzato per depositare attrezzi e materiali, e di scaricarlo, con l'ulteriore incarico, per Silvestro, di sistemare una tubazione d'acqua, ma tali dichiarazioni, dalle quali si ricavava l'estraneità del ricorrente alla condotta contestata, non erano state considerate dai giudici di merito, benché corroborate da quanto dichiarato dallo stesso imputato nel corso del suo esame, allorquando aveva escluso di aver mai dato disposizioni di bruciare tale materiale, condotta che era quindi da ricondurre a una iniziativa estemporanea dei suoi dipendenti, anche perché il ricorrente non era presente sul luogo, laddove accorse solo perché chiamatovi dai Carabinieri.
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe, inoltre, manifestamente illogica laddove ha fatto discendere la responsabilità dell'imputato da un suo mancato spontaneo chiarimento circa la bruciatura del polistirolo, non essendovi stata, tra l'altro, nessuna iniziativa in tal senso da parte della polizia giudiziaria, oltre che congetturale nella parte in cui si afferma che la disposizione di procedere alla bruciatura dei rifiuti di polistirolo sarebbe stata impartita dal ricorrente ai propri dipendenti in altra occasione, precedente o successiva, non essendovi, tra l'altro, prove di conversazioni tra il ricorrente e i suoi dipendenti aventi a oggetto tale circostanza.
Si censura la motivazione della sentenza impugnata anche laddove afferma che la responsabilità del ricorrente sarebbe, comunque, ravvisabile anche per omesso controllo ai sensi dell'art. 256-bis, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006, quale responsabile dell'attività organizzata, senza considerare né quanto dichiarato dal suddetto teste Maimone, da cui poteva desumersi la riconducibilità dell'abbruciamento dei rifiuti di polistirolo a una iniziativa autonoma dei dipendenti del ricorrente, né l'impossibilità di esercitare su di essi un effettivo controllo, posto che la condotta venne realizzata in un'area distante dal luogo di esercizio dell'attività d'impresa, presso il quale il ricorrente non era presente.
Tale modalità della condotta, inoltre, costituiva una circostanza aggravante e non era, comunque, stata contestata, con la conseguente violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza di cui all'art. 522 cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta, a norma dell'art. 606, comma 1, lett.
b) ed e), l'inosservanza di disposizioni di legge penale e un ulteriore vizio della motivazione, laddove era stata ritenuta irrilevante la mancata contestazione del reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, non essendo stata contestata la realizzazione di un deposito incontrollato (come, invece, necessario, si richiama in proposito la sentenza n. 38021 del 2019), che non era comunque ravvisabile, difettando la prova che il deposito del polistirolo trasportato nel terreno del ricorrente costituisse abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, in quanto il materiale era stato rinvenuto in un terreno utilizzato per l'attività d'impresa del ricorrente, dove si trovava un magazzino destinato al ricovero delle attrezzature, cosicché la condotta avrebbe, semmai, dovuto essere qualificata come deposito temporaneo di rifiuti, ivi lecitamente trasportati e raccolti, essendo il ricorrente autorizzato alla raccolta e al trasporto dei rifiuti.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l'inosservanza dell'art. 131-bis cod. pen., con riferimento alla applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, esclusa senza considerare una pluralità di elementi idonei a qualificare la condotta come di minima offensività, tra cui il fatto che il ricorrente non era stato l'autore materiale dell'incendio di rifiuti; le modalità della condotta, non connotate da gravità, in quanto l'abbruciamento era stato effettuato in pieno giorno e all'interno di una cisterna utilizzata per bruciare le sterpaglie, dunque in modo controllato; il fatto che il ricorrente era immediatamente intervenuto; la occasionalità della attività, riconducibile alla errata percezione delle direttive impartite dal ricorrente ai propri dipendenti.
2.4. Infine, con il quarto motivo si lamenta l'illogicità della motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, in assenza di motivazione e senza considerare la modesta gravità dell'offesa e del pericolo o conseguenti alla condotta, lo stato di incensuratezza del ricorrente e il suo comportamento collaborativo post factum.
3. Il Procuratore Generale ha concluso sollecitando la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, sottolineando l'inammissibilità del primo motivo, in quanto invocante una non consentita rilettura delle prove sul punto, nonostante la logicità della motivazione sul punto; la manifesta infondatezza del secondo motivo, per avere la sentenza dato conto degli elementi probatori dimostrativi del deposito incontrollato dei rifiuti, che si configura come condotta presupposta del reato di combustione illecita, con la conseguente mancanza di concludenza della questione relativa a una supposta necessità di riqualificazione per effetto di una mancata contestazione di tale antecedente; la manifesta infondatezza delle doglianze in ordine al trattamento sanzionatorio.
4. A tali richieste il ricorrente ha replicato con memoria del 6 novembre 2025, ribadendo la fondatezza del primo motivo circa la propria estraneità all'incendio dei rifiuti, sottolineando nuovamente quanto dichiarato dal teste Maimone; nonché del secondo motivo, relativo alla mancanza di prova della condotta presupposta di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, neppure contestata, sottolineando che i rifiuti erano stati rinvenuti in un'area circoscritta, di pertinenza e strumentale all'impresa del ricorrente, lecitamente raccolti e trasportati, essendo il Famulari in possesso di autorizzazione alla raccolta e al trasporto di rifiuti.

CONSIDERATO IN DIRITTO 
1. Il ricorso, peraltro ampiamente riproduttivo dei motivi d'appello, adeguatamente considerati e motivatamente disattesi dalla Corte d'appello, con la conseguente inammissibilità dello stesso, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, solo apparentemente, denunciano un errore logico o giuridico determinato (in termini v. Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970 - 01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608 - 01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838 - 01; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708 - 01), è infondato.
2. Il primo motivo, mediante il quale si lamenta il travisamento o, comunque, l'errato apprezzamento delle prove, per non essere stato considerato quanto dichiarato dal teste Maimone e per la mancanza di qualsiasi elemento circa l'esistenza di disposizioni del ricorrente in ordine all'abbruciamento di rifiuti, realizzato in sua assenza dai suoi dipendenti, è inammissibile, essendo volto a conseguire una rivisitazione e una rilettura delle risultanze istruttorie, da contrapporre a quella, concorde e non manifestamente illogica, dei giudici di merito, come tale non suscettibile di riconsiderazione e rivalutazione, tantomeno sul piano dell'apprezzamento delle prove, nel giudizio di legittimità, nel quale è esclusa, per giurisprudenza univoca e consolidata, la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970 - 01, cit.; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575 - 01; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata;
Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099 - 01; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina, Rv. 235716 - 01).
La Corte d'appello di Messina ha ribadito l'affermazione di responsabilità del ricorrente sottolineando che i rifiuti oggetto della condotta contestata, consistenti in residui di imballaggi in polistirolo, erano, come ricavato senza possibilità di equivoci dal verbale di sopralluogo e dalle fotografie a questo allegate, accatastati alla rinfusa, in misura consistente, sul terreno di proprietà del ricorrente, in contrada Scifi, e certamente non prodotti in tale località, escludendo, di conseguenza, la configurabilità di un deposito temporaneo di rifiuti, che richiede che questi siano prodotti nello stesso luogo (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 50129 del 28/06/2018, D., Rv. 273965 - 01, secondo cui ricorre la figura del deposito temporaneo solo nel caso di raggruppamento di rifiuti e del loro deposito preliminare alla raccolta ai fini dello smaltimento per un periodo non superiore all'anno o al trimestre, ove superino il volume di 30 mc, nel luogo in cui gli stessi sono materialmente prodotti o in altro luogo, al primo funzionalmente collegato, nella disponibilità del produttore e dotato dei necessari presidi di sicurezza), e ritenendo, poi, irrilevante, al fine della configurabilità del reato di combustione illecita di rifiuti di cui all'art. 256-bis d.lgs. n. 152 del 2006, la mancata contestazione della contravvenzione di deposito incontrollato di rifiuti.
La responsabilità del ricorrente, proprietario dell'area e amministratore della Cooperativa sociale Archimede di cui erano dipendenti i suddetti Brancato e Silvestro, che materialmente incendiarono i rifiuti, è stata ricavata, in modo non manifestamente illogico, proprio dal fatto che nella specifica occasione non era stata data alcuna specifica indicazione agli agenti circa la destinazione dei rifiuti, come sottolineato dal ricorrente anche sulla base della testimonianza del dipendente Maimone (il cui contenuto è stato ampiamente richiamato nel ricorso), giacché proprio dalla assenza di specifiche istruzioni è stata desunta l'ordinarietà di tale condotta, in quanto rientrante nella prassi aziendale, e di ciò i giudici del merito hanno tratto conferma dalla ulteriore circostanza che il ricorrente, intervenuto sul posto in quanto chiamato dai Carabinieri, nulla obiettò, eccepì o dedusse circa l'anomalia di tale condotta o la sua riconducibilità a una iniziativa autonoma o estemporanea dei propri dipendenti, così avvalorando la deduzione logica della riconducibilità della condotta di abbruciamento dei rifiuti a disposizioni impartite in via generale o, comunque, a una prassi aziendale, con la conseguente configurabilità della responsabilità del ricorrente medesimo quale committente dell'abbruciamento dei rifiuti.
Si tratta di considerazioni idonee a giustificare la conferma della dichiarazione di responsabilità del ricorrente, essendo fondate su un apprezzamento razionale delle risultanze istruttorie, che sono state valutate in modo logico sulla base di nozioni di comune esperienza, valorizzando in modo non illogico la condotta del ricorrente successiva al fatto, e di cui è stata proposta nel ricorso una rivisitazione fondata su una rilettura delle risultanze istruttorie, da contrappore a quella dei giudici di merito, non consentita, come ricordato, nel giudizio di legittimità, in presenza di motivazione idonea e immune da vizi di illogicità manifesta.
Non può, invece, ravvisarsi alcuna responsabilità del ricorrente per omessa vigilanza, ai sensi dell'art. 256-bis, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006, come ritenuto in via alternativa dalla Corte d'appello, in quanto tale disposizione è stata espressamente abrogata dal d.l. 8 agosto 2025, n. 116 (recante le disposizioni urgenti per il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti, per la bonifica dell'area denominata Terra dei fuochi, nonchè in materia di assistenza alla popolazione colpita da eventi calamitosi, entrato in vigore il 9 agosto 2025 e convertito con modificazioni dalla I. 3 ottobre 2025, n. 147), con la conseguente irrilevanza dei rilievi formulati sul punto dal ricorrente a proposito della mancata contestazione di una responsabilità per tale titolo, essendo stata ribadita la sua responsabilità per il concorso nella condotta contestata.
3. Il secondo motivo, mediante il quale è stato lamentato il mancato accertamento di un abbandono di rifiuti o della realizzazione di un deposito incontrollato di rifiuti, costituenti necessario presupposto del delitto di combustione illecita di rifiuti, oltre che volto, anch'esso, a sindacare la valutazione delle risultanze istruttorie e la ricostruzione dei fatti che sulla base di esse è stata compiuta, è infondato.
Il delitto di combustione illecita di rifiuti deve, infatti, avere a oggetto rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, come avvenuto nel caso in esame, laddove, come già sottolineato al par. 2, la condotta ha avuto a oggetto rifiuti depositati in modo incontrollato in un terreno di proprietà del ricorrente (essendo emerso che questi erano accatastati alla rinfusa, in misura consistente, sul terreno di proprietà del ricorrente), posto che è configurabile un deposito non controllato (ossia senza il rispetto delle fondamentali prescrizioni e cautele da osservarsi per la salvaguardia della salute e dell'ambiente) allorquando si realizzi un'attività temporanea di collocazione di oggetti in un certo luogo sotto il controllo del detentore in attesa del compimento di ulteriori operazioni da svolgersi su di essi (tale condotta si caratterizza, come l'abbandono, per essere un evento assolutamente occasionale, riguardante un determinato e circoscritto quantitativo di rifiuti, senza l'osservanza delle prescrizioni e cautele imposte, in quanto la eventuale pluralità degli atti di collocazione dei rifiuti, compiuti in funzione di strutturali esigenze produttive, condurrebbe a qualificare il fatto non come deposito, ma come una fase di gestione dei rifiuti).
La disposizione di cui all'art. 256-bis d.lgs. 152/2006 citato non richiede, poi, per la configurabilità del reato di combustione illecita di rifiuti, la previa contestazione del reato di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, non essendo configurata sulla base della presupposizione della contestazione di un altro precedente reato, ma richiede solo, per il perfezionamento della fattispecie, che la condotta abbia avuto a oggetto rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, ossia, come osservato, senza il rispetto delle fondamentali prescrizioni e cautele da osservarsi per la salvaguardia della salute e dell'ambiente, con la conseguente irrilevanza, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 256-bis d.lgs. n. 152 del 2006, della mancata contestazione di tale reato.
Ne consegue l'infondatezza dei rilievi sollevati dal ricorrente con il secondo motivo di ricorso, essendo stata accertata la realizzazione della condotta di combustione illecita su rifiuti depositati in modo incontrollato nel senso anzidetto e non occorrendo, per la configurabilità del delitto di combustione illecita di rifiuti, la precedente contestazione dei reati di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti.
4. Il terzo motivo, relativo al diniego della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. (peraltro, ora espressamente esclusa per effetto dell'introduzione, da parte dell'art. 2, comma 1, lett. a), del citato d.l. 8 agosto 2025, n. 116, convertito con modificazioni dalla I. 3 ottobre 2025, n. 147, al terzo comma dell'art. 131-bis cod. pen. del n. 4-ter, che include tra i reati per i quali l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità anche i delitti consumati o tentati previsti dagli articoli 255-ter, 256, commi 1-bis, 3 e 3-bis, 256-bis e 259 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), è inammissibile per ragioni analoghe a quelle esposto al par. 2, essendo volto a sindacare valutazioni di merito, in ordine alla non occasionalità della condotta e alla sua gravità, che sono state giustificate con motivazione idonea e immune da vizi logici.
La Corte territoriale, infatti, ha escluso l'applicabilità di detta causa di non punibilità in considerazione della gravità della condotta, per il quantitativo di rifiuti bruciati (sottolineando che la combustione aveva sprigionato una densa coltre di fumo nero) e della non occasionalità del comportamento, in quanto realizzato nell'ambito di una attività d'impresa e avvalendosi di mezzi e strumenti destinati appositamente a bruciare i rifiuti (ossia una cisterna aperta sulla sommità e con due fori nella parte bassa frontale): si tratta di motivazione idonea e scevra da illogicità manifeste, essendo stati sottolineati in modo logico e coerente con il dato normativo gli aspetti di gravità e non occasionalità della condotta ritenuti ostativi a escluderne la punibilità per particolare tenuità, che il ricorrente ha censurato, anche a questo proposito, esclusivamente sul piano delle valutazioni di merito, contrapponendone una propria a quella, non manifestamente illogica, dei giudici di merito, con la conseguente evidente infondatezza anche di tale motivo di ricorso.
5. Il quarto motivo, relativo al diniego delle circostanze attenuati generiche, è manifestamente infondato in quanto si pone anch'esso in termini meramente contestativi di una valutazione di merito che è fondata, in modo non illogico, sulla gravità della condotta, come illustrata nella parte della motivazione relativa alla affermazione di responsabilità e alla esclusione della non punibilità del fatto per particolare tenuità, gravità che è stata ritenuta preponderante tra gli indici di cui all'art. 133 cod. pen. da considerare ai fini del riconoscimento di tale beneficio: si tratta, anche a questo riguardo, di motivazione idonea, in quanto la disposizione di cui all'art. 62-bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione, come nel caso in esame, degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti, cosicché queste possono essere negate anche soltanto in base alla gravità del fatto o ai precedenti penali dell'imputato, perché in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di particolare gravità della condotta e di disvalore sulla personalità dell'imputato (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv.279549 - 01; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 - 01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 - 01; Sez. 4, n. 23679 del 23/04/2013, Viale, Rv. 256201 - 01; Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Dell'Anna, Rv. 227142 - 01).
6. Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato, a cagione della infondatezza del secondo motivo e della inammissibilità di quelli restanti.
Consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/11/2025