Cass. Sez. III n. 6717 del 12 febbraio 2019 (Up 30 nov 2018)
Pres. Ramacci Est. Gai Ric. Parsani
Rifiuti.Nozione di prescrizione

In presenza di regime semplificato, le prescrizioni e le cautele che debbono essere rispettate coincidono con quanto previsto in sede di iscrizione da parte della ditta richiedente nel registro delle imprese che effettuano recupero di rifiuti non pericolosi (fattispecie relativa a soggetto che operava in regime di comunicazione semplificata ed aveva gestito rifiuti in quantità superiore a quella indicata nella comunicazione di inizio di attività e dalla scheda allegata alla stessa).

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 13 settembre 2017, il Tribunale di Bergamo ha condannato Luigi Parsani, alla pena di € 5.000,00 di ammenda, perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) del d.lgs n. 152 del 2006, perché, quale titolare della ditta individuale, effettuava, senza autorizzazione, la gestione di rifiuti speciali non pericolosi, eccedendo i quantitativi annui autorizzati, segnatamente, a fronte del quantitativo annuo autorizzato pari a 965 tonnellate, riceveva nell’anno 2011, un quantitativo pari a 2.244,506 tonnellate, nell’anno 2012 un quantitativo pari a 2666,235 tonnellate, nell’anno 2013 un quantitativo pari a 3272,566 tonnellate, un quantitativo di 1363,907 tonnellate nell’anno 2014. In Albano S. Alessandro negli anni 2011,2012,2013 e 2014.
2. Avverso la sentenza, l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione e ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione come disposto dall’art. disp.att. cod.proc.pen.
2.1. Col primo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione della legge penale.
Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe erroneamente condannato l’imputato ritenendo integrata la contravvenzione di cui all’art. 256 comma 1 del d.lgs n. 152 del 2006, mentre, nel caso in esame, avrebbe dovuto trovare applicazione la fattispecie contravvenzionali di cui al quarto comma della medesima disposizione di legge. Ciò in quanto, la condotta di chi effettua un’attività di raccolta trasporto recupero smaltimento di rifiuti in mancanza di prescritta autorizzazione, art. 256 comma 1 cit., è situazione diversa rispetto alla condotta di colui che svolge tale attività non osservando le prescrizioni contenute richiamate nelle autorizzazioni, nonché nell’ipotesi di carenza dei requisiti delle condizioni richieste per le iscrizioni o comunicazioni, art. 256 comma 4 cit.
Come affermato da pronunce della Suprema Corte di legittimità la comunicazione di inizio di attività di cui all’articolo 214 comma 1 cit., sostituisce l’autorizzazione ex art. 216 cit, a tutti gli effetti, sicché nel caso di specie, il Parsani, che aveva effettuato la comunicazione di esercizio di attività ai sensi dell’art. 214, trattando rifiuti per un quantitativo superiore a quello indicato nella scheda tecnica allegata alla stessa, avrebbe commesso la contravvenzione punita al comma 4 dell’art. 256 cit. Il superamento del quantitativo di rifiuto gestibile integrerebbe la contravvenzione di cui al comma 4 e non quella di cui al comma 1 dell’art. 256 del d.lgs n. 152 del 2006 che punisce lo smaltimento in assenza di autorizzazione.
2.2. Col secondo motivo denuncia la violazione di cui all’articolo 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione all’illogicità della motivazione nella misura in cui il Tribunale ha ritenuto che il mero superamento del quantitativo di rifiuti trattati valga quale assenza di autorizzazione, pur in presenza di un’attività autorizzata e di mero superamento di limiti di quantitativi autorizzati.
3. Il Procuratore generale ha chiesto, in udienza, previa riqualificazione dell’originaria imputazione in quella di cui all’art. 256 comma 4 del d.lgs n. 152 del 2006, annullamento senza rinvio con rideterminazione del trattamento sanzionatorio in € 2.500,00 di ammenda.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. - I due motivi di ricorso che, per ragioni di connessione possono essere scrutinati congiuntamente, non sono fondati per le ragioni qui esposte.
5.- Secondo quanto accertato dal Tribunale, e non sindacabile in presenza di congrua motivazione, a seguito di ispezione presso la ditta del Parsani, avente ad oggetto la gestione di rifiuti speciali non pericolosi, era stato accertato lo smaltimento, negli anni 2011, 2012, 2013 e 2014, di quantitativi di rifiuti superiori a quelli indicati nella scheda tecnica allegata alla comunicazione di inizio di attività di cui all’articolo 214 comma 1 cit., e specificatamente nei quantitativi meglio indicati nel capo di imputazione (vedi supra par. 1), e che le caratteristiche dell’impianto, le fideiussioni e le altre soluzioni dell’impianto erano calibrate sul quantitativo di rifiuti che la ditta era in grado di gestire.
Sulla scorta di tali elementi di fatto, il Tribunale ha ritenuto che l’autorizzazione per l’esecuzione e il recupero dei rifiuti è valido titolo in relazione al quantitativo complessivo dei rifiuti, e ciò in quanto gli impianti, le fideiussioni e le altre soluzioni specifiche sono calibrate a tale quantità, sicchè il superamento della quantità autorizzata integra il reato di cui al comma 1 operandosi al di fuori di valida autorizzazione e, dunque, in assenza di essa.
6.- L'art. 256, comma 1 del d.lgs. n. 152 del 2006 sanziona penalmente la gestione dei rifiuti (raccolta, trasporto, smaltimento etc.) in mancanza di prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210,211,212, 213 e 214; l’art. 256 comma 4 del medesimo decreto sanziona l'inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché la carenza dei requisiti e delle condizioni richieste per le iscrizioni o comunicazioni.
La Corte ha già spiegato che in presenza di regime semplificato, come nel caso del Parsani, le prescrizioni e le cautele che debbono essere rispettate coincidono con quanto previsto in sede di iscrizione da parte della ditta richiedente nel registro delle imprese che effettuano recupero di rifiuti non pericolosi (Sez. 3, n. 34543 del 19/05/2017, Mascitti, Rv. 270964 – 01; Sez. 3, n. 11495 del 15/12/2010, Oliva, Rv. 249819; Sez. 3, n. 33887 del 07/04/2006, Strizzolo, Rv. 235046). E’ stato affermato che l'inosservanza dei requisiti e delle condizioni previsti nella comunicazione di inizio attività si traduce nell'esercizio dell'attività stessa in assenza dei requisiti richiesti per il suo svolgimento, sia perché in base al combinato disposto di cui agli artt. 214, comma 8, d.lgs. n. 152 del 2006 e 19, legge n 241 del 1990 (richiamato dall'art. 214, cit.), la comunicazione di inizio attività di cui all'art. 216, comma 1, d.lgs. n. 152, cit., sostituisce l'autorizzazione a tutti gli effetti.

7.- Ciò posto, l’imputato, che operava in regime di comunicazione semplificata, aveva gestito rifiuti in quantità superiore a quella indicata nella comunicazione di inizio di attività e dalla scheda allegata alla stessa. Sostiene, il ricorrente, che il fatto (superamento dei limiti quantitativi di rifiuti) dovrebbe essere sussunto nella fattispecie di cui al comma 4 dell’art. 256 del d.lgs n. 152 del 2006, e non in quella del comma primo.
La questione posta dal ricorrente attiene all’esatta qualificazione giuridica della fattispecie di gestione, da parte di soggetto che opera munito di autorizzazione (a cui va equiparata la comunicazione in via semplificata) di quantitativi superiori a quelli indicati e per i quali è sussistente il titolo autorizzativo.
Anzitutto, deve rilevarsi che la quantità di rifiuto costituisce un elemento essenziale del provvedimento autorizzativo, ma ciò non autorizza a concludere per l’esclusione per ciò solo della qualificazione ai sensi del comma 4.
Il tema è stato, in passato, affrontato dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento al trasporto di rifiuti in luogo diverso da quello previsto nell’autorizzazione. In tale ambito era stato affermato che è configurabile il reato di gestione in assenza di autorizzazione (art. 51, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), attualmente art. 256 comma 1 del d.lgs n. 152 del 2006, in caso di utilizzo di un'area diversa da quella autorizzata, in quanto l'individuazione del luogo di smaltimento dei rifiuti costituisce un elemento essenziale del provvedimento di autorizzazione, implicando una valutazione positiva da parte dell'autorità competente circa l'idoneità del sito allo scopo richiesto (Sez. 3, n. 41583 del 09/10/2007, Pagnotta, Rv. 238012 – 01; Sez. 3, n. 36499 del 21/09/2006, Barbuti, Rv. 236271), mentre è stata ritenuta la fattispecie di cui al comma 4, cioè dell'inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, nel fatto del trasporto di rifiuti effettuato con mezzi diversi da quelli originariamente comunicati in sede di iscrizione all'Albo delle imprese esercenti attività di raccolta e trasporto di rifiuti (cfr. Sez. 3, n. 12374 del 01/04/2005, Rosario, RV 231078; Sez. 3, n.  1492 del 04/07/2000, P.M. in proc. Pantano; Sez. 3, n. 4373 del 05/02/2004; Sez. 3, n.  5342 del 04/02/2008, Rv 217180).
Ritiene il Collegio che l’interpretazione tracciata, pur sotto il differente profilo sopra indicato, mantenga validità anche con riguardo alla gestione di rifiuti in misura superiore al quantitativo indicato nel titolo autorizzativo essendo medesima la ratio. Si tratta di requisito, quello del quantitativo di rifiuti, che incide sulla sussistenza dei requisiti per il rilascio del titolo autorizzativo tant’è che ad esso sono parametrati gli impianti, le fideiussioni e le altre soluzioni nella gestione tecnica dei rifiuti, come osservato dal Tribunale.
Ed allora, è del tutto evidente che se il soggetto che riceve un titolo abilitativo lo trasgredisce perché l’attività posta in essere non è ad esso conforme e le  caratteristiche materiali della sua attività avrebbero potuto giustificare un titolo abilitativo di contenuto diverso quanto alle prescrizioni in esso contenute, la funzione di controllo delle attività di gestione dei rifiuti che riverberano effetti esterni sull'ambiente e sulla collettività, a presidio delle quali è posta la norma penale, viene comunque pregiudicata, e, parimenti viene svuotato l’effetto giuridico del titolo autorizzativo che rende l’attività materiale posta in essere contra legem perché mancante del titolo medesimo.
Pertanto, la condotta è stata correttamente sussunta nelle ipotesi di reato di cui all’art. 256 comma 1 del d.lgs n. 152 del 2006.

8.- Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30/11/2018