Cass. Sez. III n. 42958 del 26 ottobre 2015 (Ud 9 giu 2015)
Pres. Fiale Est. Andronio Ric. Arecco
Rifiuti.Scomposizione del rifiuto nelle frazioni liquida e solida mediante filtraggio
L'operazione di separazione fisica di rifiuti realizzata attraverso un impianto di deposito filtraggio è qualificabile in termini di "trattamento", perché tale è, ai sensi dell'art. 183, comma 1, lettera s), del d.lgs. n. 152 del 2006, ogni operazione di recupero o smaltimento, ivi compresa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento. E la scomposizione del rifiuto nelle frazioni liquida e solida mediante filtraggio rappresenta indubbiamente una preparazione del medesimo ai fini dello smaltimento
RITENUTO IN FATTO
1. - Con sentenza del 29 ottobre 2013, il Tribunale di Savona ha condannato l'imputata, riconosciute le circostanze attenuanti generiche e concessi i benefici della sospensione condizionale e della non menzione, alla pena di Euro 2000,00 di ammenda, in relazione al reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, perchè, nella sua qualità di legale rappresentante di una società, eseguiva, senza autorizzazione, un'attività di trattamento di rifiuti non pericolosi consistente nel lavaggio delle autocisterne utilizzate per il trasporto di liquami di fosse settiche e fognature, con filtrazione degli scarichi del lavaggio in cassoni dotati di telo filtrante e raccolta degli stessi in vasche interrate a ciclo chiuso.
2. - Avverso la sentenza l'imputata, ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo, con unico motivo di doglianza, l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. s), e art. 230. Sostiene la difesa che il funzionario provinciale che aveva proceduto all'accertamento aveva affermato che l'operazione oggetto in contestazione non è configurabile come "trattamento dei rifiuti", trattandosi di un'operazione finalizzata alla manutenzione dell'automezzo, che consisteva nel lavaggio dello stesso e nella separazione tra una parte liquida una parte solida, che veniva poi smaltita. La stessa difesa richiama il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 230, comma 5, il quale prevede che i rifiuti provenienti dalle attività di pulizia manutentiva delle reti fognarie di qualsiasi tipologia si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia e essi possono essere conferiti direttamente a impianti di smaltimento o recupero o, in alternativa, raggruppati temporaneamente presso la sede o unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia.
Non vi sarebbe, dunque, nel caso di specie alcun trattamento del rifiuto, ma semmai la produzione del rifiuto, poi correttamente smaltito presso centri autorizzati. In altri termini l'attività di filtrazione meccanica di residui di fognatura non potrebbe costituire attività di trattamento, trattandosi di una mera separazione ai fini di residui solidi, poi temporaneamente depositati ai fini dello smaltimento differenziato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. - Il ricorso è infondato.
Oggetto dell'imputazione è l'attività di trattamento di rifiuti consistente nel lavaggio delle autocisterne utilizzate per il trasporto di liquami da fognature, con filtrazione degli scarichi del lavaggio attraverso appositi teli e raccolta degli stessi in vasche interrate a ciclo chiuso. Si tratta senza dubbio - ma tale profilo non è oggetto di contestazione da parte della difesa - di un'attività che rientra nella disciplina dei rifiuti, perchè ciò che viene estratto dalle autocisterne non è fatto confluire in corpi idrici ricettori, ma in vasche, e successivamente conferito a ditte specializzate per lo smaltimento (in tal senso, sez. 3, 30 maggio 2007, n. 24481).
La ricorrente sostiene che la sentenza violerebbe il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 230, comma 5, sul duplice rilievo che la separazione della componente liquida da quella solida non potrebbe essere ricondotta alla categoria del trattamento dei rifiuti e che l'operazione di raccolta dei residui solidi di detta separazione sarebbe riconducibile alla categoria del "raggruppamento temporaneo" ai fini del successivo conferimento a un centro autorizzato per lo smaltimento.
Si tratta di un'interpretazione erronea.
Come correttamente evidenziato dal Tribunale, l'operazione di separazione fisica di rifiuti realizzata attraverso l'impianto di deposito filtraggio della società dell'imputata è qualificabile in termini di "trattamento", perchè tale è, ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. s), ogni operazione di recupero o smaltimento, ivi compresa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento. E la scomposizione del rifiuto nelle frazioni liquida e solida mediante filtraggio rappresenta indubbiamente una preparazione del medesimo ai fini dello smaltimento. Quanto al disposto del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 230, comma 5, - secondo cui i rifiuti derivanti dalla pulizia delle reti fognarie si considerano prodotti dal soggetto che svolge l'attività di pulizia, con la conseguenza che gli stessi potranno essere anche raggruppati temporaneamente presso la sede o l'unità locale del soggetto che svolge l'attività di pulizia manutentiva - deve rilevarsi che la condotta realizzata nel caso di specie si pone al di fuori di tale previsione. L'operazione svolta dalla società dell'imputata non può essere, infatti, qualificata in termini di mero raggruppamento e, dunque, di collocazione in un medesimo contesto spaziale dei rifiuti, perchè essa consiste - come visto - nella radicale modificazione della composizione del rifiuto attraverso un'attività di filtraggio e non nella mera raccolta differenziata di rifiuti già di per sè diversi.
4. - Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 giugno 2015.