Consiglio di Stato Sez. IV n. 6287 del 17 luglio 2025
Rifiuti.Principio di precauzione e misure di prevenzione

Il principio di precauzione è stato concepito per offrire una risposta al problema della gestione dei rischi per la salute delle persone e per l’ambiente quando neppure la più seria istruttoria scientifica sia in grado di fornire delle certezze riguardo ai pericoli, agli oneri e agli effetti collaterali connessi ad una determinata attività. La finalità del principio è dunque quella di assicurare, in modo trasversale, la tutela di beni e di interessi primari, e tra questi certamente rientrano la tutela della salute umana e dell’ambiente, quando essi siano minacciati non solamente da pericoli concreti, ma anche da rischi la cui misura e incidenza sia difficilmente ponderabile. Nel caso di un’area di bonifica che presenta rilevantissimi rischi per le matrici ambientali e per la salute umana, sicuramente trova applicazione detto principio che deve essere declinato, per quanto riguarda le misure di prevenzione, ai sensi del citato art. 245, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006. Le misure di prevenzione, nei casi quali quello in esame, non sono soltanto quelle da assumersi nell’urgenza e nell’immediatezza dell’iniziale fatto inquinante, ma anche quelle volte a fronteggiare, nel corso del tempo necessario alla bonifica (nella specie evidentemente assai lungo), situazioni sopravvenute che, per la loro rilevanza e intensità inquinante, devono essere affrontate anche attraverso un iter non necessariamente immediato, ma al contrario protratto nel tempo (con varianti ai piani di messa in sicurezza e di bonifica etc…).

Pubblicato il 17/07/2025

N. 06287/2025REG.PROV.COLL.

N. 05703/2023 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5703 del 2023, proposto da Cdp Immobiliare s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pasquale Frisina, Caterina Mercurio, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
la Regione Campania, non costituita in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Cdp Real Asset Società di Gestione del Risparmio s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pasquale Frisina, Caterina Mercurio, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, sezione quinta, n. 7797 del 2022.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;

Visto l’atto di intervento di Cdp Real Asset Società di Gestione del Risparmio s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2025 la Cons. Emanuela Loria;

Uditi gli avvocati delle parti come da verbale d’udienza;


FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio è stato proposto con ricorso di primo grado dinanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, dalla Cdp Immobiliare s.r.l. – proprietaria delle aree ubicate nel Comune di Napoli, alla Via Galileo Ferraris n. 273, della superficie complessiva di circa mq. 152.736, individuate in catasto terreni del predetto Comune, al foglio 112, p.lle 84 e 121, foglio 152, p.lla 1, foglio 155, p.lla 248 – la quale ha impugnato il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Direzione Generale per la Salvaguardia del Territorio e del Mare, prot. n. 253 del 19.6.2019, limitatamente alla parte in cui, all’art. 1, lett. p), prescrive che: “relativamente alla contaminazione in falda – vista la sottoscrizione della transazione con cui l’Azienda ha aderito all’Accordo di Programma di Napoli, in attuazione del quale il progetto di bonifica di Sogesid s.p.a. prevede la messa in opera di una barriera idraulica in tre aree del sito nazionale di bonifica e alla luce della contaminazione rilevata nel sito in esame – si ritiene comunque che il suddetto progetto di bonifica debba contemplare anche le misure di prevenzione necessarie al fine di impedire che la contaminazione da mercurio possa diffondersi nelle aree a valle” e, inoltre, nelle parti in cui pone ulteriori prescrizioni (per il caso di individuazione di ulteriori ed impreviste contaminazioni, diverse da quelle accertate in fase di caratterizzazione, al fine di consentire la verifica della necessità di una variante, l’invio di una comunicazione corredata da valutazioni tecniche in merito all’efficacia degli interventi previsti nel progetto approvato ad abbattere la nuova contaminazione rilevata e, ancora, per il caso di individuazione di ulteriori ed imprevisti volumi di rifiuti/terreni da trattare rispetto a quelli previsti nel progetto approvato, la predisposizione di un’apposita variante, da sottoporre alla procedura prevista dall’art. 252 del Codice dell’Ambiente, qualora la situazione rilevata fosse tale da comportare una variazione delle dimensioni e delle condizioni di esercizio degli impianti asserviti alla bonifica previsti nel progetto).

2. Con il ricorso di primo grado sono stati articolati i seguenti quattro motivi:

1) violazione degli artt. 97 Cost., 3 l. n. 241/90; eccesso di potere sotto vari profili;

2) violazione degli artt. 242 ss. d. lgs. n. 152/06; violazione del principio “chi inquina paga”; eccesso di potere;

3) violazione degli artt. 240, 242, 245 e 252 d.lgs. n. 152/06; violazione dell’art. 3 l. n. 241/90; eccesso di potere sotto vari profili;

4) difetto di istruttoria e di motivazione.

La tesi sostenuta dalla ricorrente consiste, in estrema sintesi, nell’affermare che l’imposizione delle misure de quibus contrasterebbe con gli impegni assunti dalle Amministrazioni pubbliche con l’accordo di programma del 2007, e che, comunque, nessun obbligo sussisterebbe a suo carico, non essendo essa autore della contaminazione del sito. L’atto impugnato, quindi, contrasterebbe con il principio, di derivazione eurounitaria, secondo cui “chi inquina paga”, avendo l’Amministrazione posto l’adozione delle misure in parola a carico di soggetto diverso dall’effettivo inquinatore.

2.1. Il giudice di primo grado ha esaminato congiuntamente i quattro motivi e li ha ritenuto infondati alla luce dell’interpretazione dell’Accordo di programma sottoscritto nel 2007 – segnatamente dell’art. 3 - e della particolare significatività degli interventi di bonifica da realizzare, che richiedono tempi ragionevolmente lunghi per cui è stato ritenuto del tutto ragionevole “che, nelle more di tali interventi, si realizzino misure di prevenzione, ad opera dei soggetti a più stretto contatto con il sito di interesse, e dunque – per quel che rileva in questa sede – in capo al proprietario”.

3. Con l’appello in esame la CDP Immobiliare s.r.l. in liquidazione ha impugnato la sentenza di primo grado articolando quattro motivi di ricorso con i quali ha, tra l’altro, riproposto i motivi non esaminati dal giudice di primo grado:

I. Sulla illegittimità ed erroneità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui in violazione del principio del contraddittorio e di difesa e in particolare in violazione degli artt. 1, 2 e 73 c.p.a. e 27 Cost. – ha rigettato il primo motivo di ricorso, senza una specifica considerazione delle doglianze della ricorrente – Omesso esame delle specifiche censure relative all’efficacia esimente delle pattuizioni trasfuse nell’Accordo di programma 2007 e nella transazione – violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. – violazione e falsa applicazione degli art. 1362 e ss. c.c. – Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 64 c.p.a. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 245, comma 2, del d.lgs. 3.4.2006 n. 152 – Erronea sussunzione della fattispecie concreta all’ipotesi astratta contemplata dalla norma – violazione dell’art. C.P.A. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. – difetto di motivazione.

L’Accordo di Programma 2007, con riferimento agli interventi di bonifica e messa in sicurezza delle acque di falda, contemplerebbe, nei confronti dei soggetti privati che, come nel caso della Cdp Immobiliare, avessero inteso fruire dei benefici ivi previsti stipulando l’apposita transazione, di carattere asseritamente “tombale”:

- per un verso, una vera e propria riserva alla mano pubblica circa l’esecuzione materiale di tali interventi;

- per altro verso, la mera partecipazione finanziaria dei privati, con efficacia interamente liberatoria, una volta ultimato il pagamento di quanto dovuto.

Risulterebbe pertanto inconferente la considerazione espressa in sentenza circa la complessità degli interventi programmati, da cui sarebbero derivati “tempi ragionevolmente lunghi (……)” circa la loro esecuzione: tale utilizzo da parte del primo giudice del fatto notorio, oltre ad essere inammissibile, poiché di tale ricorso difetterebbero i presupposti, avrebbe pretermesso completamente, in violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., i contenuti dell’atto di transazione sottoscritto dall’appellante, con il quale la Cdp Immobiliare, in coerenza con i contenuti dell’Accordo di Programma 2007, si sarebbe liberata da ogni obbligo ed onere concernenti la bonifica delle acque di falda, a fronte del versamento alla parte pubblica, ossia al “MASE”, dell’importo forfettario e omnicomprensivo di euro 15.976.107,60, convenuto siccome satisfattivo a titolo di risarcimento del preteso danno ambientale ed a tacitazione di ogni onere relativo agli interventi di messa in sicurezza, bonifica, ripristino ambientale, trattamento e recupero delle acque di falda anche per interventi futuri da sostenersi per il confinamento delle acque di falda fronte mare, e ciò anche in caso in cui la realizzazione degli interventi comportasse tempi maggiori di quelli stimati.

Sarebbe dunque erronea l’affermazione del T.a.r. secondo cui l’imposizione delle misure di prevenzione di cui all’art 245, comma 2, del Codice dell’Ambiente, non si porrebbe in contrasto con gli impegni assunti con il citato Accordo di Programma del 2007 stante la ritenuta “diversità delle attività da attuarsi in forza del titolo negoziale e di quello legale”, atteso che, nella specie, la Cdp Immobiliare sarebbe stata completamente liberata da ogni obbligo ed onere concernente la bonifica delle acque di falda.

Mancherebbero, inoltre, i presupposti per l’applicazione dell’art. 245, comma 2, del Codice dell’Ambiente perché essendo noto lo stato di contaminazione del sito da oltre vent’anni, non sarebbe prospettabile l’esistenza di una situazione di pericolo a cui debba farsi fronte con urgenza per impedirne l’aggravamento.

Pertanto, con l’Accordo di programma del 2007 le parti pubbliche si sarebbero assunte l’onere, in sostituzione dei responsabili, dell’esecuzione della bonifica delle acque di falda e, dunque, dell’adozione di ogni misura all’uopo comunque occorrente; di converso, in conseguenza della richiamata transazione la “Cdp Immobiliare” dovrebbe ritenersi esonerata da ogni obbligo ed onere.

II. – Secondo motivo: illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui non fa corretta applicazione degli artt. 242 e 252 del d.lgs. 3.4.2006 n.152 – Violazione del principio del “chi inquina paga” – Omesso esame dei motivi di illegittimità dedotti con il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui era eccepito che le prescrizioni del Ministero impugnate essendo intese a neutralizzare in via definitiva la contaminazione rivelatasi sostanziavano non misure di prevenzione quanto piuttosto di messa in sicurezza insuscettibili di gravare sul proprietario incolpevole, e dunque erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 240, 242 e 252 del d.lgs. 3.4.2006 n. 15 – inesistenza della motivazione – riproposizione.

Con riferimento all’art. 245 del Codice dell’Ambiente, la sentenza deve essere riformata poiché con riferimento alla bonifica delle acque di falda che attraversano il SIN Napoli Orientale, risulterebbe già individuato il soggetto tenuto ad accollarsi ogni onere ed obbligo al riguardo, in sostituzione del responsabile della contaminazione, a valere sulle risorse pubbliche stanziate e su quelle acquisite dai proprietari anche incolpevoli, in virtù della transazione all’uopo conclusa.

Contrariamente a quanto asserito da T.a.r. per la Campania, difetterebbero, sotto concorrenti profili, le condizioni per poter derogare al principio “chi inquina paga”, con conseguente inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 245, comma 2, del d.lgs. 152 del 2006 e s.m.i. al proprietario incolpevole, quale l’appellante.

Il principio sopra indicato andrebbe inteso in senso sostanzialistico e quindi il proprietario incolpevole non potrebbe essere onerato della realizzazione di interventi di messa in sicurezza, quali sarebbero quelli imposti con il provvedimento impugnato, né gli stessi potrebbero essere considerati quali misure di prevenzione a prescindere dall’accertamento della responsabilità, poiché in tal modo verrebbe surrettiziamente attribuito al proprietario del bene un concorrente e sostanziale obbligo di bonifica.

III. – Terzo motivo: Omesso esame dei motivi di illegittimità dedotti con il terzo motivo di ricorso e conseguente illegittimità della sentenza impugnata (I) per errata interpretazione della normativa (II) per violazione e falsa applicazione degli artt. 240, 242, 245 E 252 del d.lgs. 3.4.2006 n. 15; (III) per violazione del principio id proporzionalità – carenza di motivazione - riproposizione.

Con il terzo motivo è riproposto il terzo motivo del ricorso di primo grado, a mezzo del quale è stata dedotta l’illegittimità dell’impugnato provvedimento per violazione ed erronea applicazione delle rubricate disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006, in particolare perché imporrebbe misure di prevenzione senza alcuna specifica motivazione sulla effettiva situazione di “urgenza” e sull’esigenza di scongiurare il “rischio immediato” che possano giustificare tale tipologia di intervento richiesto: in tal modo sarebbe stata surrettiziamente ampliata l’area di responsabilità a carico del proprietario.

IV. – Quarto motivo: Omesso esame dei motivi di illegittimità dedotti con il quarto motivo di ricorso e conseguente illegittimità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 3 e ss. della legge 9 agosto 1990 n. 241 – Carenza di motivazione - riproposizione.

Con tale motivo è riproposto il quarto motivo di ricorso di primo grado, con cui era stata contestata l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e s.m.i., sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione e del difetto di istruttoria.

In particolare, il provvedimento non avrebbe considerato gli effetti liberatori dell’atto di transazione per la ricorrente e non avrebbe adeguatamente ponderato gli interessi coinvolti in maniera tale da comportare il minor sacrificio possibile per il privato destinatario del provvedimento.

4. Il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica si è costituito in giudizio e ha depositato memoria e documenti in data 30 luglio 2023: ha, in primo luogo, sollevato eccezione di improcedibilità del ricorso a causa della sopravvenuta carenza di interesse alla decisione ex art. 35, comma 1, lett. c) c.p.a., poiché Cdp Immobiliare, nel mese di novembre 2021, ha comunicato di aver completato le indagini ambientali integrative preliminari all’avvio degli interventi di Messa in Sicurezza Permanente (MISP) “secondo quanto prescritto all’art. 1 del Decreto in oggetto”, ossia il decreto n. 253 del 19 giugno 2019 in questa sede impugnato.

In secondo luogo, l’Amministrazione ha fatto presente che l’area oggetto del giudizio, di proprietà di CDP Immobiliare, è costituita dall’insieme delle aree - tra loro contigue - denominate ex ETI (Ente Tabacchi Italiano), ex Etinera, ex AAMS (Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato) ed ex Ispettorato compartimentale dei Monopoli di Stato, ricadenti nel sito di interesse nazionale con la maggiore estensione territoriale (circa 830 ettari) di tutto il Paese.

In relazione alla bonifica dell’area, la caratterizzazione avviata ai sensi del D.M. 471/99 è stata approvata nel 2005 per l’area principale e nel 2006 per le altre aree; tutte le attività di caratterizzazione sono terminate nel 2008.

Alla luce del Piano urbanistico attuativo la caratterizzazione dell’area ha rilevato: nei suoli, superamenti per metalli, IPA, idrocarburi pesanti, PCB e mercurio, in particolare, nei riporti; nelle acque di falda, superamenti delle CSC per alluminio, ferro, manganese, arsenico, mercurio e fluoruri.

L’area è stata oggetto di un intervento di messa in sicurezza d’emergenza da parte del MiSE.

Per quanto riguarda le acque di falda, nell’ottobre del 2009 Fintecna Immobiliare S.r.l. (oggi, CDP Immobiliare) e Fintecna - Finanziaria per i settori industriale e dei servizi S.p.A. (dante causa della prima in relazione all’acquisito della proprietà delle Aree ex Manifattura Tabacchi) - hanno sottoscritto con il Ministero dell’Ambiente un atto di transazione in base al quale entrambe le società Fintecna assumevano l’obbligo di pagare (ratealmente, in dieci anni) l’importo di euro 15.976.107,60 “a tacitazione di ogni pretesa recuperatoria di ogni onere che lo Stato ha sostenuto e deve sostenere per gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale” in specie “quelli per la progettazione, realizzazione e gestione dell’impianto di collettamento, trattamento e recupero delle acque di falda”, nonché a tacitazione “della pretesa di risarcimento del danno ambientale … conseguente - ad avviso della Parte Pubblica -all’inquinamento della falda sottostante le aree oggetto di confinamento, delle acque superficiali e dei sedimenti circostanti il sito oggetto dell’intervento di messa in sicurezza” (art. 2).

L’atto transattivo è stato firmato, ai sensi dell’Accordo di Programma sottoscritto tra le competenti Amministrazioni il 15 novembre 2007; successivamente, nel giugno del 2022 è stato sottoscritto, tra i medesimi soggetti pubblici, un nuovo Accordo di Programma, che aggiorna gli obiettivi già previsti nell’Accordo di Programma del 2007 e stanzia ulteriori risorse per il completamento dell’intervento di messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda del SIN Napoli Orientale attualmente in corso di realizzazione da parte di Sogesid s.p.a., società in house del Ministero dell’Ambiente.

L’intervento di messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda secondo il progetto presentato da Sogesid prevede tre distinte fasi per l’attuazione degli interventi di cui la prima è quella relativa al settore settentrionale del SIN, ove si trova anche l’area ex Fintecna oggetto del giudizio.

Con riferimento ai terreni, nel novembre 2018 CDP Immobiliare ha trasmesso il “Progetto di Messa in Sicurezza dell’area Ex Manifattura Tabacchi”; tale Progetto è stato approvato con il decreto n. 253 del 19 maggio 2019, impugnato in parte qua con il ricorso di primo grado, ed è oggi in corso di esecuzione da parte di CDP.

Con nota del novembre 2021 CDP ha aggiornato il Ministero in merito alle attività in corso.

La difesa dell’Amministrazione ha, sulla scorta di quanto sopra, argomentato in ordine alla infondatezza di tutti i motivi di appello, sostenendo che:

- con l’accordo di programma del 2007, le Pubbliche Amministrazioni competenti “si sono impegnate a realizzare, per quanto qui interessa, “gli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda, al fine di impedire in via definitiva ogni ulteriore diffusione incontrollata dei contaminanti all'esterno delle singole aree ricomprese nel sito” e, in particolare, a garantire la realizzazione dei seguenti interventi: “a) progettazione e realizzazione dell'intervento di confinamento in grado di impedire la fuoriuscita delle acque inquinate verso l'area marino-costiera antistante il sito, a integrazione e completamento dei tratti già progettati dai singoli soggetti e approvati; b) progettazione, realizzazione e gestione dell'impianto di collettamento, trattamento e recupero delle acque di falda contaminate.” (cfr. art. 3)”;

- “trattandosi di un intervento di enormi dimensioni, atteso che riguarda il sito di interesse nazionale con la maggiore estensione territoriale (circa 830 ettari) e che interessa, oltre alle aree industriali, anche vaste aree residenziali - le fasi di progettazione e realizzazione degli interventi hanno richiesto e richiedono tempi proporzionalmente lunghi”;

- “nelle more del completamento di tali interventi, restano fermi gli obblighi ex lege previsti in tema di misure di prevenzione”;

- “Nel caso all’esame, con la sottoscrizione dell’atto transattivo e il pagamento dell’importo ivi previsto, la ricorrente si è liberata unicamente dell’obbligo di effettuare - in proprio - gli interventi per la messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale della falda sottostante il sito di proprietà (tali interventi sono, infatti, in corso di esecuzione da parte dei soggetti pubblici firmatari dell’Accordo di Programma), nonché dell’obbligo di risarcimento del danno ambientale correlato all’inquinamento della falda medesima, delle acque superficiali e dei sedimenti circostanti il sito. Nell’accordo transattivo non vi è invece alcun cenno - né potrebbe esservi - agli obblighi connessi all’adozione delle misure di prevenzione che restano disciplinati ex lege (art. 245 D.lgs. n. 152/2006)”.

5. La CDP Real asset Società di gestione del risparmio s.p.a. ha depositato atto di intervento ad adiuvandum ai sensi dell’art. 111 c.p.c. e dell’art. 28 c.p.a., rappresentando che, nelle more del giudizio, nella sua qualità di società di gestione del “Comparto A” del “Fondo Sviluppo” e, quindi, per conto e nell’interesse dello stesso, con atto di apporto in data 6 agosto 2024, stipulato per atto a rogito del Notaio Dott. Francesca Giusto di Roma, rep. n. 29441/17477 e con successivo atto ricognitivo di verificate condizioni, a rogito del medesimo Notaio in data 17 ottobre 2024, repertorio n. 29613/17542, registrato presso l'Agenzia delle Entrate di Roma 4 il 25 ottobre 2024 al n. 34821 Serie 1T, ha acquistato la proprietà delle aree del presente giudizio.

La Società interveniente ha confermato nella sua qualità di avente causa della CDP Immobiliare di avere interesse alla decisione del ricorso.

6. La società CDP Immobiliare in liquidazione ha depositato memoria ex art. 73 c.p.a. eccependo anzitutto l’inammissibilità delle difese e dei depositi documentali del Ministero, in quanto il relativo deposito in prime cure è stato ritenuto tardivo dalla sentenza impugnata, coperta in parte qua dal giudicato; né sarebbe possibile affermare che il deposito sia ammissibile argomentando dalla natura di eccezione in senso lato delle difese in tal modo svolte, poiché il Giudice sarebbe tenuto, al fine di legittimare la nuova produzione documentale, alla verifica dell’impossibilità per la parte di provvedere tempestivamente, nel giudizio di primo grado, a tale produzione per causa ad essa non imputabile.

6.1. Infondata sarebbe anche l’eccezione di carenza di sopravvenuta interesse alla decisione, sia perché l’eccezione sarebbe stata implicitamente rigettata nella sentenza impugnata (che, dunque, avrebbe dovuto essere oggetto di espressa impugnazione, in difetto della quale la correlativa statuizione deve ritenersi coperta da giudicato), sia, comunque, perché il progetto de quo è stato presentato con riserva del presente ricorso in appello.

6.2. Nel merito, CDP ha sostanzialmente riproposto le argomentazioni defensionali già formulate con l’atto di appello.

7. Alla udienza pubblica del 20 marzo 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Preliminarmente, il Collegio dà atto che, per ragioni di economia decisionale e motivazionale, ritiene di prescindere dallo scrutinio delle eccezioni sollevate dall’Amministrazione costituita nonché dalla interveniente ad opponendum, poiché l’appello è infondato nel merito. Specularmente, la decisione può prescindere dai depositi documentali operati in prime cure dall’Amministrazione e contestati dall’appellante.

Il Collegio richiama il fatto che è stata impugnata la parte del provvedimento che ha prescritto che ‎«relativamente alla contaminazione in falda -vista la sottoscrizione della transazione con cui l'Azienda ha aderito all'Accordo di Programma di Napoli, in attuazione del quale il progetto di bonifica di Sogesid SpA prevede la messa in opera di una barriera idraulica in tre aree del sito nazionale di bonifica e alla luce della contaminazione rilevata nel sito il esame- si ritiene comunque che il suddetto progetto di bonifica debba contemplare anche le misure di prevenzione necessarie al fine di impedire che la contaminazione da mercurio possa diffondersi nelle aree a valle».

Sono state inoltre impugnate in via precauzionale:

a) l’art. 3, comma 1, laddove è previsto “per il caso di individuazione di ulteriori ed impreviste contaminazioni, diverse da quelle accertate in fase di caratterizzazione, al fine di consentire la verifica della necessità di una variante, l’invio di una comunicazione corredata da valutazioni tecniche in merito all'efficacia degli interventi previsti nel progetto approvato ad abbattere la nuova contaminazione rilevata”;

b) l’art. 3, comma 2, laddove è previsto “per il caso di individuazione di ulteriori ed imprevisti volumi di rifiuti/terreni da trattare rispetto a quelli previsti nel progetto approvato, la predisposizione di un'apposita variante, da sottoporre alla procedura prevista dall'art. 252 del 2 D.lgs. 03.04.2006 n. 152, qualora la situazione rilevata fosse tale da comportare una «variazione delle dimensioni e delle condizioni di esercizio degli impianti asserviti alla bonifica previsti nel progetto”.

9. L’appellante deduce, in primo luogo, l’illegittimità della richiesta di integrare il Progetto di messa in sicurezza permanente (MiSP) dei terreni dell’area ex Manifattura Tabacchi con le misure di prevenzione necessarie al fine di impedire che la contaminazione da mercurio possa diffondersi, in quanto tale richiesta sarebbe in contrasto con gli impegni assunti dalle amministrazioni pubbliche con l’Accordo di programma riguardante la realizzazione di interventi di messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda nel SIN Napoli Orientale e con la connessa e conseguente transazione.

9.1. Il motivo è infondato.

E’ necessario principiare dalla lettura dell’accordo del 2007 sopra indicato.

Lo stesso prevede che le parti pubbliche realizzino “gli interventi di messa in sicurezza e bonifica delle acque di falda, al fine di impedire in via definitiva ogni ulteriore diffusione incontrollata dei contaminanti all'esterno delle singole aree ricomprese nel sito”; prevede altresì che siano realizzati gli interventi di “a) progettazione e realizzazione dell’intervento di confinamento in grado di impedire la fuoriuscita delle acque inquinate verso l’area marino-costiera antistante il sito, a integrazione e completamento dei tratti già progettati dai singoli soggetti e approvati; b) progettazione, realizzazione e gestione dell'impianto di collettamento, trattamento e recupero delle acque di falda contaminate.” (cfr. art. 3).

Tali previsioni dell’accordo di programma, atto di natura amministrativa, devono essere coordinate con la superiore disposizione legislativa di cui all’art. 245, comma 2, primo periodo, d.lgs. n. 152 del 2006, che pone a carico dei soggetti che si trovano ad avere l’immediata disponibilità delle aree interessate dall’evento di contaminazione riscontrato - ivi incluso il proprietario del sito, anche se non responsabile del superamento delle CSC - l’obbligo di comunicare tale superamento alle autorità competenti nonché quello di attuare le misure di prevenzione necessarie.

D’altro canto, con l’atto di transazione (che l’appellante ha più volte richiamato quanto all’assunta tacitazione di - in tesi - tutti i propri obblighi a mezzo del pagamento dell’importo ivi riportato) la CDP si è liberata dell’obbligo di effettuare - in proprio - gli interventi per la messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale della falda sottostante il sito di proprietà, oltre che dell’obbligo di risarcimento del danno ambientale correlato all’inquinamento della falda medesima, delle acque superficiali e dei sedimenti circostanti il sito per rinuncia espressa del Ministero (cfr. art. 8 transazione).

Tuttavia, l’art. 7 dell’atto di transazione prevede che Fintecna – la cui avente causa è l’attuale appellante – resta obbligata alla bonifica dei suoli e al ripristino ambientale delle matrici di sua competenza in conformità ai progetti di bonifica, nonché si obbliga a sostenere, in conformità con il progetto di bonifica che sarà approvato, tutti gli oneri di gestione e di manutenzione dei sistemi di drenaggio delle acque di falda realizzati in connessione ai confinamenti di messa in sicurezza nonché gli oneri di manutenzione/trattamento delle acque captate da tali sistemi.

Permangono, dunque, a carico dell’appellante i connessi obblighi di adozione delle misure di prevenzione, che restano disciplinati ex lege (art. 245 d.lgs. n. 152 del 2006, a tenore del quale “Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. ...”).

Nessuna disposizione dell’atto di transazione ha, infatti, esonerato l’appellante dalla necessità, peraltro prescritta dalla legge, di predisporre le misure di sicurezza, in particolare ove vi siano sversamenti di sostanze pericolose nelle acque di falda (nel caso di specie, mercurio).

Ciò che peraltro corrisponde al principio euro-unitario di precauzione, che è uno dei capisaldi della politica ambientale dell’Unione europea ed è attualmente menzionato nell’art. 191, paragrafo 2, del TFUE (ex art. 174 TrCE), insieme a quelli del “chi inquina paga” (evocato dall’appellante per escludere la propria responsabilità e quindi obblighi esecutivi) e dell’azione preventiva.

Tale principio di precauzione è stato concepito per offrire una risposta al problema della gestione dei rischi per la salute delle persone e per l’ambiente quando neppure la più seria istruttoria scientifica sia in grado di fornire delle certezze riguardo ai pericoli, agli oneri e agli effetti collaterali connessi ad una determinata attività. La finalità del principio è dunque quella di assicurare, in modo trasversale, la tutela di beni e di interessi primari, e tra questi certamente rientrano la tutela della salute umana e dell’ambiente, quando essi siano minacciati non solamente da pericoli concreti, ma anche da rischi la cui misura e incidenza sia difficilmente ponderabile.

Nel caso in esame, trattandosi di un’area di bonifica che presenta rilevantissimi rischi per le matrici ambientali e per la salute umana, sicuramente trova applicazione detto principio che deve essere declinato, per quanto riguarda le misure di prevenzione, ai sensi del citato art. 245, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006.

Le misure di prevenzione, nei casi quali quello in esame, non sono soltanto quelle da assumersi nell’urgenza e nell’immediatezza dell’iniziale fatto inquinante, ma anche quelle volte a fronteggiare, nel corso del tempo necessario alla bonifica (nella specie evidentemente assai lungo), situazioni sopravvenute che, per la loro rilevanza e intensità inquinante, devono essere affrontate anche attraverso un iter non necessariamente immediato, ma al contrario protratto nel tempo (con varianti ai piani di messa in sicurezza e di bonifica etc…).

10. Con il secondo motivo - invero strettamente connesso al primo - l’appellante si duole perché l’atto impugnato dispone a suo carico di inviare, in caso di individuazione di ulteriori ed impreviste contaminazioni diverse da quelle accertate in fase di caratterizzazione, valutazioni tecniche in merito all’efficacia degli interventi previsti nel progetto approvato ad abbattere la nuova contaminazione riscontrata.

10.1. Il motivo è infondato.

In primo luogo, si rileva che la previsione impugnata è, allo stato della proposizione del giudizio, del tutto ipotetica ed è stata infatti impugnata in via precauzionale sicché, in carenza di impugnativa di ulteriori atti applicativi, difetta l’attualità e la concretezza dell’interesse alla impugnativa.

Il motivo è, comunque, infondato poiché nessun obbligo improprio è stato posto in capo all’appellante, trattandosi di una misura autenticamente precauzionale che richiede comunque una valutazione tecnica in relazione all’efficacia degli interventi già progettati e/o in corso di esecuzione.

11. Con il terzo motivo è censurata la mancanza della situazione d’urgenza e del rischio immediato che fungerebbe da presupposto ex lege per le misure di prevenzione sopra indicate. Le misure di sicurezza si confonderebbero in modo illegittimo con quelle di prevenzione, dirette - queste ultime e non le prime - a contrastare una minaccia ambientale imminente.

11.1. Il motivo è infondato.

Premesso che, come per il motivo precedente, si tratta di deduzioni che concernono una previsione ipotetica, la censura è comunque priva di fondamento anche alla luce del bilanciamento degli interessi che, in relazione alle imponenti operazioni di bonifica di cui al SIN per cui è causa, le parti hanno trovato attraverso la sottoscrizione dell’atto di transazione, a mente del quale l’amministrazione ha sì assunto su di sé gli obblighi di messa in sicurezza e di definitiva bonifica delle acque di falda, ma, in considerazione del fatto che l’appellante ha ancora la disponibilità dell’area, la verifica dell’eventuale emersione di ulteriori e sopravvenuti profili di contaminazione delle acque e, per quanto qui di interesse, la predisposizione delle adeguate misure di prevenzione non può che gravare in capo alla stessa.

12. Con il quarto motivo l’appellante si duole poiché il provvedimento impugnato sarebbe carente di idonea motivazione in relazione alla previsione di adottare misure di prevenzione relative alla presenza di mercurio in falda.

12.1. Il motivo è infondato.

Invero, il provvedimento richiama, da un lato, gli obblighi assunti dalla parte pubblica per la messa in sicurezza e la bonifica e, dall’altro, prescrive all’appellante (che ha l’attuale disponibilità dell’area e che sta già realizzando un intervento per la messa in sicurezza e bonifica dei suoli contaminati) di adottare le misure di prevenzione al fine di evitare che, nelle more degli interventi di bonifica, vi sia una diffusione di sostanze nocive per la salute umana e per l’ambiente.

Tali obblighi derivano direttamente – come già detto – dalla disposizione imperativa di cui all’art. 245 codice ambiente, per cui non era necessaria alcuna ulteriore più specifica motivazione per giustificarne la previsione.

13. Conclusivamente, per le suindicate motivazioni, l’appello è da respingere.

14. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio in considerazione della rilevanza degli interessi coinvolti e, comunque, della complessità delle questioni dedotte.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del giudizio tra le parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:

Luca Lamberti, Presidente FF

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore

Luigi Furno, Consigliere