Corte costituzionale sent. n. 12 del 26 gennaio 2007
Tutela dell'ambiente - Regione Sardegna -Smaltimento di rifiuti
-Divieto di smaltimento di rifiuti pericolosi di provenienza
extraregionale.
SENTENZA N. 12
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giovanni Maria
FLICK Presidente
-
Francesco
AMIRANTE Giudice
-
Ugo
DE SIERVO "
-
Romano
VACCARELLA "
-
Paolo
MADDALENA "
-
Alfio
FINOCCHIARO "
-
Alfonso
QUARANTA "
-
Franco
GALLO
"
-
Luigi
MAZZELLA "
-
Gaetano
SILVESTRI "
-
Sabino
CASSESE
"
- Maria
Rita
SAULLE
"
-
Giuseppe
TESAURO
"
- Paolo
Maria
NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
dell'art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile
2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale della Regione – legge finanziaria 2001), promosso
con ordinanza del 27 settembre 2004 dal Tribunale amministrativo
regionale della Sardegna sul ricorso proposto da Sipsa Ecologica S.r.l.
contro la Regione Sardegna, iscritta al n. 18 del registro ordinanze
2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima
serie speciale, dell'anno 2005.
Visto l'atto di costituzione della
Regione Sardegna;
udito nell'udienza pubblica del 5
dicembre 2006 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
udito l'avvocato Salvatore Alberto
Romano per la Regione Sardegna.
Ritenuto in fatto
1.– Il Tribunale
amministrativo regionale della Sardegna ha sollevato, con ordinanza del
27 settembre 2004, questione di legittimità costituzionale
dell'art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile
2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale della Regione – legge finanziaria 2001), in
riferimento agli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), e in relazione agli
artt. 5, 11, 18 e 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22
(Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui
rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di
imballaggio), nonché in riferimento all'art. 41 della
Costituzione.
Il Tribunale rimettente precisa che il
giudizio a quo, promosso da una società che gestisce, in
territorio sardo, un impianto di termodistruzione specializzato nello
smaltimento di rifiuti sanitari pericolosi, ha ad oggetto la
legittimità del provvedimento regionale con il quale la
autorizzazione all'esercizio del detto impianto è stata
vincolata all'osservanza della previsione normativa contenuta nell'art.
6, comma 19, della legge regionale n. 6 del 2001, in base alla quale
«è fatto divieto di trasportare, stoccare,
conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti,
comunque classificati, di origine extraregionale».
Il rimettente, ricordato come il
medesimo Tribunale amministrativo già aveva sollevato in
passato, in termini analoghi, questione di legittimità
costituzionale della stessa disposizione ora censurata e che, in tale
occasione, la Corte, con ordinanza n. 45 del 2004, ne aveva dichiarato
la manifesta inammissibilità per non avere, allora, il
rimettente considerato che l'applicazione della norma impugnata era
stata sospesa per effetto di altra norma, preesistente alla emissione
della ordinanza con la quale la questione era stata sollevata, rileva
che, avendo, alla data in cui la questione viene nuovamente trattata,
cessato i suoi effetti la norma che disponeva la sospensiva, la
fattispecie sottoposta al suo esame è regolata dall'art. 6,
comma 19, della legge regionale n. 6 del 2001.
Nell'ordinanza di rimessione del 27
settembre 2004, così come nella precedente, il Tribunale
amministrativo regionale rileva, preliminarmente, come la tematica
dedotta in giudizio non possa essere affrontata in termini di
disapplicazione della legge regionale impugnata (per asserito contrasto
con le direttive 91/156/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CE), in quanto la
ricorrente individua il contrasto non con la normativa comunitaria, ma
con i principi statali dettati dal d.lgs. n. 22 del 1997 (che ha dato
attuazione alle suddette direttive nell'ordinamento nazionale).
Il giudice a quo osserva, quanto alla
non manifesta infondatezza della questione, che
più volte la Corte costituzionale ha affermato che il
principio di autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non
pericolosi, stabilito dall'art. 5, comma 5, del decreto legislativo n.
22 del 1997 – il quale vieta lo smaltimento di tali rifiuti
in Regioni diverse da quella in cui sono stati prodotti – non
è applicabile rispetto ai rifiuti pericolosi, riguardo alla
cui eliminazione vale, viceversa, il criterio della necessaria
individuazione degli appropriati impianti specializzati, che non
consente di determinare a priori l'ambito territoriale ottimale di
smaltimento.
Aggiunge il rimettente che, sebbene le
peculiari connotazioni geografiche e socio-economiche della Regione
Sardegna potrebbero giustificare sul punto un diverso regime rispetto
alle altre regioni d'Italia, stanti anche i profili di
diseconomicità che potrebbero derivare dallo smaltimento di
rifiuti pericolosi extraregionali in stabilimenti ubicati in Sardegna,
nondimeno la questione relativa alla legittimità
costituzionale dell'art. 6, comma 19, della legge regionale n. 6 del
2001 si pone in termini di non manifesta infondatezza.
Infatti, prosegue il Tribunale
amministrativo, la norma in questione non è riconducibile ad
alcuna di quelle, elencate nell'art. 3 dello statuto di autonomia, per
le quali la Regione dispone di competenza legislativa primaria, potendo
essere compresa, peraltro solo in parte, in quella
dell'«igiene e sanità», indicata
all'art. 4, lettera i), del medesimo statuto. Cioè fra
quelle riguardo alle quali la competenza legislativa regionale, essendo
concorrente, è assoggettata al rispetto dei principi
stabiliti dalle leggi dello Stato; limiti segnatamente individuati in
quelli dettati dagli artt. 5, 11, 18 e 26 del citato decreto
legislativo n. 22 del 1997.
Infine, il rimettente ritiene
la norma censurata in contrasto anche con l'art. 41 della Costituzione,
in quanto, «qualora si ritenga l'insussistenza di condizioni
che legittimerebbero la Regione Sarda ad adottare una legislazione
differente da quelle delle altre regioni», resterebbe priva
di giustificazione la compressione del diritto di iniziativa economica
della impresa ricorrente nonché delle altre imprese del
settore.
2.– Si è
tempestivamente costituita in giudizio la Regione Sardegna sostenendo
la inammissibilità della questione e, in subordine, la sua
infondatezza.
Quanto alla prima eccezione, ad avviso
della difesa regionale il rimettente avrebbe motivato sulla non
manifesta infondatezza «in modo perplesso ed
equivoco», offrendo argomenti sia a favore sia contro la
pretesa illegittimità della norma.
Sulla infondatezza, la difesa regionale
ritiene che la disciplina di cui trattasi rientrerebbe nell'ambito
della competenza legislativa funzionalmente riservata alla Regione.
Infatti, rammentato come la materia
connessa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti è
intrecciata con la complessa problematica relativa alla duplice
competenza legislativa in tema di «tutela
dell'ambiente» e di «valorizzazione dei beni
ambientali» e che la prima è considerata nella
giurisprudenza della Corte non una “materia” ma un
“valore” cui sottendono una serie di competenze
legislative ora statali ora regionali, la Regione osserva che la
disciplina relativa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti si
interseca con le competenze, esclusive, relative a
«agricoltura» e a «acque minerali e
termali» e con quelle, concorrenti, relative a
«commercio» e a «igiene e
sanità».
Ciò detto, essa rileva che,
caduto, per effetto dell'art. 10 della legge cost. 18 ottobre
2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione), per le materie di cui all'art. 117, comma quarto, della
Costituzione, il limite posto dalle «norme di riforma
economico-sociale» (sentenza n. 274 del 2003), la sua
competenza legislativa esclusiva è subordinata solo al
rispetto della Costituzione e delle norme comunitarie, mentre, quanto
alla competenza concorrente, la medesima è tenuta solo al
rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale.
Riguardo allo smaltimento dei rifiuti
urbani non pericolosi, il principio fondamentale, prosegue la difesa
regionale, è costituito dal principio di autosufficienza,
mentre, per quelli pericolosi, vige il principio che lo smaltimento
debba avvenire «in uno degli impianti appropriati
più vicini, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti
stessi», integrandosi così il criterio della
specializzazione con quello della prossimità, onde ridurre
il più possibile i rischi connessi alla movimentazione dei
rifiuti.
La Regione sostiene, pertanto, che,
legittimamente, data la sua peculiarità insulare, essa, nel
bilanciare i due criteri, ha valorizzato il secondo, considerati i
rischi che potrebbero derivare dal trasferimento via mare di rifiuti
pericolosi.
Riguardo alla censura connessa alla
violazione dell'art. 41 della Costituzione, la difesa regionale osserva
che questa è subordinata alla presunta incompetenza
regionale ad emanare la normativa impugnata. Dimostrata,
perciò, la infondatezza di tale primo assunto, discenderebbe
anche la infondatezza della seconda censura.
3.– Nell'imminenza della
trattazione della questione in udienza pubblica la Regione Sardegna ha
depositato una memoria illustrativa in cui ha ribadito le proprie
conclusioni, anche alla luce delle intervenute sopravvenienze
normative, costituite dall'articolato del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), ritenute non incidenti in
maniera significativa sulla questione.
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale
amministrativo regionale della Sardegna dubita, con riferimento agli
artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto
speciale per la Sardegna), e in relazione agli artt. 5, 11, 18 e 26 del
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive
91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE
sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), nonché con
riferimento all'art. 41 della Costituzione, della
legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 19, della
legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione –
legge finanziaria 2001), nella parte in cui tale disposizione nel fare
«divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o
smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti, comunque
classificati, di origine extraregionale», non distingue, ai
fini della applicabilità del divieto, fra rifiuti urbani non
pericolosi e rifiuti pericolosi (rectius: speciali).
Va, peraltro, detto che nella ordinanza
di rimessione è anche menzionato l'art. 120 della
Costituzione; ma, per ciò che concerne questo parametro,
deve chiarirsi che nel provvedimento del giudice a quo esso
è solamente citato, senza alcuna argomentazione e con
formulazione che induce a ritenerlo riferito alla prospettazione
avanzata dal ricorrente nel giudizio a quo e non ai motivi di
impugnazione della norma. Esso, pertanto, neppure richiamato nel
dispositivo della ordinanza, non costituisce parametro di
costituzionalità invocato dal rimettente.
2.– Poiché la
difesa della costituita Regione Sardegna ha preliminarmente eccepito la
inammissibilità della questione - avendo, a suo avviso, il
rimettente prospettato il dubbio di costituzionalità in
maniera perplessa, con argomenti destinati sia a sostenere la possibile
incostituzionalità della norma impugnata sia, al contrario,
volti a confermarne la compatibilità costituzionale - questa
Corte deve prioritariamente decidere su tale punto.
L'eccezione non è fondata.
Dall'esame della ordinanza di rimessione
emerge con chiarezza che il Tribunale amministrativo regionale,
esaminata e richiamata la giurisprudenza di questa Corte formatasi
sulla specifica tematica, ritiene la norma censurata inconciliabile con
i principi dalla medesima enunciati.
E' ben vero che a tali
considerazioni il giudice amministrativo aggiunge che, stante la
peculiarità geografica propria della Sardegna, regione
insulare, potrebbe essere difficile ipotizzare un sito ubicato
nell'isola quale luogo più appropriato per lo smaltimento
dei rifiuti pericolosi prodotti «nelle regioni dell'Italia
continentale».
Ma – a prescindere dalla
circostanza che la presente questione non viene sollevata sotto il
profilo della ragionevolezza o meno del divieto imposto dalla norma
impugnata ma per una lamentata inosservanza da parte del legislatore
sardo dei limiti costituzionalmente fissati alla sua autonomia
normativa – tale rilievo, attenendo, come riconosciuto dallo
stesso rimettente, alla «economicità complessiva
del ciclo produttivo» connesso alla attività di
smaltimento dei rifiuti, si risolve in una osservazione di tipo
fattuale sulla opportunità di determinate scelte legislative
sulle quali, prosegue il rimettente, «la discussione
è (al medesimo) preclusa».
Si aggiunga che queste considerazioni
vengono svolte dal rimettente dopo aver concluso la sua disamina in
ordine alla sussistenza, alla luce della giurisprudenza costituzionale
che viene analizzata (sentenze n. 505 del 2002, n. 335 del 2001 e n.
281 del 2000), del requisito della “non manifesta
infondatezza”. Esse, quindi, non si inseriscono nel processo
decisionale che lo induce a sottoporre alla Corte la questione di
legittimità, ma sono espressamente formulate come un
contributo ex post rimesso alla valutazione della Corte.
Per ciò che concerne le
ulteriori questioni di ammissibilità, va dato atto che il
rimettente, chiamato a giudicare della legittimità di un
provvedimento amministrativo emanato in applicazione della norma
censurata, ha adeguatamente motivato in ordine alla rilevanza nel
giudizio a quo della prospettata questione, dal cui esito dipende,
infatti, la decisione della controversia nell'ambito della quale
l'incidente di costituzionalità si inscrive.
Va altresì osservato che non
preclusiva dell'esame del merito della presente questione è
l'abrogazione delle norme statali indicate dal rimettente
come espressive dei principi fondamentali cui il legislatore regionale
deve attenersi nell'esplicazione della competenza legislativa
concorrente, avvenuta successivamente alla adozione della ordinanza con
la quale è stata sollevata la questione.
Infatti, anche se l'intero decreto
legislativo n. 22 del 1997 è stato espressamente abrogato a
seguito della entrata in vigore dell'art. 264 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), tuttavia deve
rilevarsi che il contenuto dell'art. 5, comma 5, del decreto
legislativo n. 22 del 1997 – individuato dal rimettente quale
principio fondamentale violato – è stato trasfuso,
per quanto interessa, con corrispondenza sostanziale, nel vigente art.
182, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, il quale, non
diversamente dalla previgente disposizione, prevede per i soli rifiuti
urbani non pericolosi il divieto di smaltimento al di fuori della
Regione ove gli stessi sono stati prodotti.
3.– Nel merito, la questione
è fondata.
Il titolo di legittimazione legislativa,
riguardo alla disciplina afferente allo smaltimento dei rifiuti,
è rinvenibile, con riferimento alla Regione Sardegna,
nell'art. 4, lettera i), della legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), il quale dispone che la
Regione, in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento
interno ed internazionale, nonché entro i principi stabiliti
con legge dello Stato, ha competenza legislativa in materia di
«igiene e sanità pubblica». Si verte,
quindi, in materia in cui, alla luce dello speciale statuto di
autonomia, la Regione ha potestà legislativa concorrente.
La competenza primaria nelle
materie dell' «agricoltura» e delle
«acque minerali e termali», invocata dalla Regione,
non rileva se non come limite esterno, nel senso che tali materie non
debbono essere negativamente incise dalla normativa relativa alla
gestione dei rifiuti. Si tratta, peraltro, di un'ipotesi che risulta
estranea alla questione in oggetto.
Occorre, pertanto, vedere se la
disposizione censurata dal Tribunale amministrativo, la quale, come
detto, vieta in generale di trasportare, stoccare, conferire o trattare
nel territorio sardo, anche al fine di ivi provvedere al loro
smaltimento, rifiuti di ogni genere, sia o meno in linea con i principi
dettati in materia dallo Stato.
Questa Corte già
più volte è intervenuta sui limiti imposti dalla
legislazione regionale allo smaltimento dei rifiuti di provenienza
extraregionale, pervenendo sostanzialmente ad una duplice soluzione in
relazione alla tipologia dei rifiuti in questione.
Da un lato si è statuito che,
alla luce del principio di autosufficienza stabilito espressamente,
ora, dall'art. 182, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006,
ma, già in passato, affermato dall'art. 5, comma 5, del
decreto legislativo n. 22 del 1997, il divieto di smaltimento dei
rifiuti di produzione extraregionale è applicabile ai
rifiuti urbani non pericolosi; mentre si è, d'altro canto,
affermato che il principio dell'autosufficienza locale ed il connesso
divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale non
possono valere per quelli pericolosi – fra i quali sono
compresi, fra gli altri, anche gran parte di quelli di origine
sanitaria (sentenza n. 281 del 2000) – né per
quelli speciali non pericolosi (sentenza n. 335 del 2001).
Si è, infatti, rilevato che
per tali tipologie di rifiuti – pericolosi e
speciali (sentenza n. 505 del 2002) – non
è possibile preventivare in modo attendibile la dimensione
quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire, cosa che,
conseguentemente, rende impossibile «individuare un ambito
territoriale ottimale che valga a garantire l'obiettivo della
autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 335 del 2001).
Tanto più che vi è
la necessità, per determinate categorie di rifiuti (quali
quelli sanitari pericolosi), che lo smaltimento avvenga in strutture
specializzate, non presenti in maniera omogenea sul territorio
nazionale. Questa constatazione vale a superare le argomentazioni della
Regione che tendono a valorizzare il requisito della
“prossimità” rispetto a quello della
“specializzazione”. E' evidente, infatti, che
l'ordine logico richiede che il requisito della
“specializzazione” preceda quello della
“prossimità”, posto che solo dopo aver
determinato la tipologia dei rifiuti può aversi un quadro
della dislocazione degli impianti che trattano del loro smaltimento nel
territorio nazionale. Del resto, questa Corte già si
è pronunciata nelle sentenze innanzi citate sulla
impossibilità che, per le tipologie di rifiuti che esulano
dalla “ordinarietà”, sia predeterminato
un ambito territoriale ottimale e sulla necessità che lo
smaltimento sia effettuato nella maniera più appropriata.
Dalle citate sentenze emerge che il
principio dell'autosufficienza regionale nello smaltimento dei rifiuti
urbani ordinari non si applica alle tipologie di rifiuti speciali
pericolosi.
Poiché la censurata
disposizione, operando una indiscriminata assimilazione di ogni genere
di rifiuto di origine extraregionale, ne vieta globalmente l'ingresso
nel territorio regionale, anche se, come nel caso in oggetto,
finalizzato allo smaltimento di rifiuti speciali pericolosi, ne deriva
il suo contrasto con il principio fondamentale rilevabile nella
legislazione dello Stato e, quindi, la sua
incostituzionalità.
4.– L'accoglimento della
questione con riferimento alla violazione dei limiti fissati alla
autonomia legislativa regionale, assorbe la residua censura svolta dal
rimettente riguardo alla affermata lesione dell'art. 41 della
Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità
costituzionale dell'art. 6, comma 19, della legge della Regione
Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale della Regione – legge
finanziaria 2001), nella parte in cui, nel fare «divieto di
trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio
della Sardegna, rifiuti, comunque classificati, di origine
extraregionale», non esclude dall'applicabilità
del divieto i rifiuti di provenienza extraregionale diversi da quelli
urbani non pericolosi.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 gennaio
2007.
F.to:
Giovanni Maria FLICK, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2007.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
Rifiuti. Attività di smaltimento (regione Sardegna)
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