dell\'Avv. Stefano PALMISANO
“Nei procedimenti relativi ai reati riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, [….] le funzioni di cui al comma 1, lettera a), dell\'articolo 51 del codice di procedura penale sono attribuite al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, il quale le esercita anche in deroga a quanto previsto dall\'articolo 2 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, e successive modificazioni.” (art. 3, c. 1, D.L. 90\\2008)
Traduzione: “In questo modo viene ad essere dilatato il potere di gestione del Procuratore capo, in ordine alle indagini e all’azione penale…. Il rischio che si prospetta è quello di vedere cancellata l’indipendenza interna e la autonomia professionale dei sostituti…. Invero, viene ad essere conferito al procuratore della Repubblica un ampio potere discrezionale nella gestione degli affari di cui all’art 3 comma 1° del DL citato, con facoltà di impartire qualsivoglia disposizione e direttive anche specifiche ai magistrati (non più) ‘titolari’ dei procedimenti in materia ambientale, ma solamente co-assegnatari.”
“Nei procedimenti indicati al comma 1 le funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell\'udienza preliminare sono esercitate da magistrati del Tribunale di Napoli. Sulle richieste di misure cautelari personali e reali decide lo stesso tribunale in composizione collegiale. [….]” (art. 3, c. 2)
Traduzione: “L’attribuzione – prevista in via ‘transitoria’, siccome legata al perdurare dell’emergenza (fissata normativamente per il 31 Dicembre 2009, ma destinata a perdurare oltre, per circa trenta mesi, come affermato dal Sottosegretario di Stato dr. Guido BERTOLASO) - della competenza territoriale al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli per i procedimenti penali relativi a reati riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, nonché a quelli ad essi connessi a norma dell’articolo 12 del codice di procedura penale, solleva non poche perplessità di conformità al modello costituzionale di giurisdizione disegnato dagli artt. 25 e 102 Cost. ed altrettante ne suscita quanto alla previsione della efficacia futura della azione giudiziaria. Viene ad essere individuata, infatti, una nuova figura di giudice - il Tribunale in composizione collegiale che si occupa delle misure cautelari personali e reali relative a reati in tema di rifiuti – che, da una parte, è straordinario, poiché temporalmente e territorialmente limitato, dall’ altra speciale, avendo cognizione di una specifica e limitata materia. Per di più tale modifica riguarda anche i procedimenti già avviati, con un mutamento delle regole nel corso del procedimento, che non può non rilevare anche in relazione all’art. 3 Cost.”
Memo: “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.” “La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull\'ordinamento giudiziario. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali.” (estratti rispettivamente, dagli artt. 25 e 102 Costituzione della Repubblica Italiana)
“Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai procedimenti in corso prima della data di entrata in vigore delle disposizioni medesime, per i quali non e\' stata esercitata l\'azione penale.” “Le misure cautelari eventualmente disposte prima della data di entrata in vigore del presente decreto, o convalidate da giudice diverso da quello indicato al comma 2, cessano di avere effetto se entro venti giorni dalla trasmissione degli atti il giudice competente non provvede a norma degli articoli 292, 317 e 321 del codice di procedura penale.” (art. 3, commi 5 e 6)
Traduzione: “[….] le misure, personali e reali, già disposte prima della entrata in vigore del D.L., dovranno essere oggetto di una nuova delibazione da parte del nuovo giudice speciale collegiale: con il paradosso per cui ordinanze di custodia da considerarsi stabili (cd. giudicato cautelare) - avendo superato positivamente tutti i controlli giudiziari, compreso quello della Corte di Cassazione - dovranno essere nuovamente esaminate, riaprendo così una nuova serie di impugnazioni e aggravando ulteriormente il lavoro dei magistrati, tutto ciò ovviamente a scapito della celerità e della efficienza della azione giudiziaria. Egualmente contraria, rispetto alla auspicata efficienza giudiziaria da assicurare, è la previsione per cui le richieste di misura cautelare ancora pendenti dinnanzi al GIP e non ancora decise dovranno passare al nuovo giudice specializzato collegiale: in tal modo si renderà inutile il tempo trascorso e impiegato dal GIP per studiare gli atti in vista della decisione sulla misura e si renderanno ancora piu’ lunghi i tempi di decisione del nuovo giudice speciale, nel frattempo oberato di tutto il carico di lavoro pendente in Campania e concentrato solo dinnanzi ad esso.”
“Non si applicano le previsioni dell\'articolo 321, comma 3-bis, del codice di procedura penale.” (art. 3, c. 2, ultimo periodo)
Traduzione: “Sotto il profilo investigativo inciderà non poco sulla efficacia dell’azione il divieto per il P.M. e per la P.G. di ricorrere al sequestro preventivo di urgenza, uno dei pochi strumenti validi per la lotta contro gli inquinatori, avendo esso sempre assicurato una risposta rapida ed efficace contro i reati ambientali.”
“Per tutta la durata dell\'emergenza, le aree destinate a discarica ed a siti di stoccaggio di cui all\'articolo 9, nonche\' quelle individuate con provvedimento del Sottosegretario di Stato, possono essere sottoposte a sequestro preventivo quando ricorrono gravi indizi di reato, sempreche\' il concreto pregiudizio alla salute e all\'ambiente non sia altrimenti contenibile.” (art. 3, c. 8)
Traduzione: “Ma egualmente preoccupante e costituzionalmente illegittima per violazione del dell’art. 3 Cost. è anche la introduzione di requisiti ulteriori (necessità della gravità indiziaria e dell’ ‘incontenibilità altrimenti’ del pregiudizio alla salute ed all’ambiente) per la adozione di misure cautelari reali di aree destinate a discariche e siti di stoccaggio, nonché quelle ulteriori individuate dal Sottosegretario di Stato – art 3 comma VIII del decr. cit. Infatti, il divieto di operare il sequestro preventivo urgente consentirà, da una parte, solo il ricorso al sequestro probatorio che, come noto, presenta spazi di operatività non sovrapponibili al sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., dall’altra, in ultima analisi, si tradurrà in un fattore di rilevante depotenzionamento della azione di contrasto alle attività illegali posti in essere da tutti gli inquinatori del territorio e delle acque marine ed interne della regione e, quindi, anche della azione di contrasto della stessa criminalità organizzata camorristica che, in particolare nelle province di Napoli e Caserta, opera illegalmente in questo settore sin dalla fine degli anni ‘80.”
“Ai fini dello smaltimento nelle discariche di cui al comma 1, i rifiuti urbani oggetto di incendi dolosi o colposi sono assimilati ai rifiuti aventi codice CER: 20.03.01.” (art. 9, c. 3)
Traduzione: “Da ultimo, non possono non evidenziarsi disposizioni che assicurano una deroga a principi generali in materia di gestione dei rifiuti informati su parametri comunitari. A titolo esemplificativo si evidenzia l’art. 9 comma III del decr. cit. che effettua una assimilazione normativa obbligatoria dei cd. rifiuti combusti ai rifiuti solidi urbani (CER 20.03.01) senza possibilità di assegnare un altro codice ricompreso nel catalogo europeo dei rifiuti, ciò sulla scorta di specifiche analisi fisico chimiche. In altri termini, e solo nella regione Campania, posto che per le altre regioni italiane vige un divieto assoluto, sarà possibile smaltire in discarica un rifiuto normativamente considerato pericoloso in qualunque paese europeo – in quanto i parametri dei metalli pesanti ovvero di altre sostanze inquinanti lo indicano come tale – atteso che la nuova normativa lo equipara ad un rifiuto non pericoloso.”
Il testo è quello di alcune tra le più illuminanti disposizioni dell’ennesimo “decreto Berlusconi”, stavolta in materia di rifiuti campani; quello che muove dall’espressa considerazione della “necessità di fornire adeguate risposte, anche in termini di efficienza, nello svolgimento delle attività di indagine in ordine ai reati commessi nell’ambito delle predette attività di gestione dei rifiuti [….]”
La traduzione è costituita da stralci di un documento inviato al C.S.M. da 75 dei 100 magistrati della Procura della Repubblica di Napoli, tra i quali vi sono coloro che hanno chiesto l’arresto, avvenuto qualche giorno fa, di un gruppo di capi e capetti, pubblici e privati, del limpido maxi-business della spazzatura campana, più precisamente del segmento delle cosiddette “ecoballe”.
Provvedimenti giudiziari a loro volta tradotti, nella vulgata bipartisan più acuta giuridicamente e coraggiosa politicamente dello “schieramento avverso a quello che ha vinto”, come “intervento spettacolare e fuori contesto” cherischia di “ostacolare la soluzione del problema rifiuti”.
La perspicua esegesi è del c.d. “ministro ombra dell’ambiente”; curiosamente, proprio il fiero fustigatore del c.d. “ambientalismo del no”, l’espressione più genuina del nobile ambientalismo del sì, dal sì agli inceneritori a quello al nucleare (nelle sue propaggini più estreme, ma dalla matrice legambientista indubitabilmente comune), che torna, dopo decenni di sì con sempre meno “se” e meno “ma”, ad affermare un no forte e chiaro: quello agli interventi spettacolari ecc…., ossia agli interventi della magistratura.
Ma subito dopo si rimette senza indugio sulla retta via dichiarando l’ultimo sì in ordine di tempo: quello al su citato decreto Berlusconi, considerato, evidentemente, quantomeno una possibile “soluzione del problema rifiuti”.
Fino a qualche tempo fa quell’ennesima, ineffabile pagina dell’autobiografia di questa nazione che si chiama centrosinistra “si limitava”, quando era al governo, a fare cose sostanzialmente simili a quelle che fa il centrodestra quando è maggioranza, al massimo evitando (ma non abolendo) le più impresentabili “norme – vestito”, i provvedimenti legislativi, cioè, più spudoratamente ritagliati sulle esigenze di un solo committente e dei suoi sodali; ma questo solo perché, com’è noto, nel centrosinistra non c’è il committente unico.
Per il resto, però, le differenze tra i due “schieramenti” (si fa per dire) erano sempre più evanescenti su millanta questioni e millanta leggi tra le più qualificanti (dall’indulto esteso ad ogni tipo di corruttori, grassatori e manutengoli dei mafiosi, purchè rigorosamente in colletto bianco, ai “pacchetti sicurezza” all’interno dei quali interi gruppi etnici o nazionali presenti sul territorio italiano trovavano la lieta sorpresa di deportazioni di massa).
Tanto che le menti più critiche e le voci più intemerate della vita pubblica nazionale ammonivano severamente: “se queste cose le facesse Berlusconi, domani saremmo tutti in piazza.”
Oggi il centrosinistra non si limita più a questo: fiancheggia platealmente, o meglio “dialoga” col centrodestra anche quando è all’opposizione, pardon al governo ombra; e anche quando si tratta di provvedimenti legislativi altrettanto scellerati quanto la più sconcia legge ad personam, poiché eversivi dell’ordine costituzionale e criminalmente attentatori contro la salute pubblica di intere popolazioni.
Nel silenzio più tombale della gran parte di quelle menti ex critiche e di quelle voci una volta intemerate.
A tacere delle menti e delle voci “ecologiste”, il cui più temerario slancio di fronte al disastro ecologico e politico campano è quello di dichiararsi “stupite e perplesse”: ma “su quanto contestato dalla Procura di Napoli”, ossia sull’ennesima impietosa e coraggiosa radiografia della legalità nazionale in materia ambientale fatta per mano giudiziaria (poiché, come afferma il presidente della già citata Legambiente, “che i rifiuti in uscita dagli impianti della Fibe non fossero proprio a norma così come la loro destinazione finale era una questione già nota a tutti da anni.” Sic!), non certo sulla nuova perla di legislazione ambientale del governo Berlusconi.
Sabato 7 giugno, a Milano, c’è la “Marcia per il clima” promossa da decine di sigle ambientaliste, per “abbassare la febbre al mondo”.
Ma quando si porranno gli ambientalisti del sì il problema della febbre gialla che ormai da anni sta divorando loro e con loro, purtroppo, la migliore tradizione e le maggiori energie ecologiste di questo paese? Quella febbre per contrarre la quale basta qualche frequentazione con la più diroccata, ma comunque infettante, delle stanze del potere, e che, una volta attecchita, permette, curiosamente, di riconoscere e di combattere un nemico dell’ambiente solo quando è incorporeo ed invisibile (come il povero CO2) e, soprattutto, quando, non sedendo in un ministero, in un assessorato o in un consiglio d’amministrazione, esso non è in condizione di dispensare servigi e prebende varie?
Fasano, 3\\6\\2008