E’ reato depositare rifiuti in uno scarrabile senza autorizzazione?

di Gianfranco AMENDOLA

pubblicato su osservatorioagromafie.it.Si ringraziano Autore ed Editore

Se si rinvengono rifiuti depositati senza autorizzazione in un cassone scarrabile a bordo strada, si può ipotizzare un illecito ?

Questo, in sostanza, è il nocciolo di una recente sentenza della Cassazione la quale ha confermato condanna ai sensi degli artt. 192 e 256 D.Lgs. 152/2006 (TUA) a carico di un soggetto che “in assenza della prescritta autorizzazione,iscrizione o comunicazione ai sensi del citato decreto, effettuava attività di stoccaggio rifiuti non autorizzata, avente ad oggetto materiali inerti depositati in un cassone a bordo strada, qualificabili come rifiuti speciali non pericolosi“. Più in paricolare ciò avveniva tramite “un cassone scarrabile colmo di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da scavi e da vari cumuli di rifiuti solidi urbani” prodotti da lavori edili in corso nei pressi. Motiva in proposito la Suprema Corte che “si è, infatti, in presenza di un raggruppamento di rifiuti, effettuato in un luogo diverso da quello di produzione dei medesimi e realizzato senza alcuna autorizzazione amministrativa, reso possibile dalla condotta dell'imputato, che aveva collocato il cassone sulla pubblica via per consentire che in esso la ditta committente conferisse i rifiuti prodotti dall'attività edilizia1 . Nella specie, peraltro, come documentato dalla difesa ed attestato in sentenza, l’imputato non era il produttore dei rifiuti ma la persona che aveva fornito a noleggio lo scarrabile su cui i rifiuti venivano depositati dalla ditta dei lavori e poi li trasportava, con regolare fattura al produttore e formulario di trasporto, in un centro di raccolta2.

Giova, a questo punto, precisare che i cassoni scarrabili sono dei container mobili che vengono riempiti di rifiuti per poi essere agganciati a un camion o ad un autocarro per il loro trasporto altrove.

La loro funzione finale, quindi, non è lo stoccaggio ma il trasporto dei rifiuti in essi depositati, alla stessa stregua di un autocarro fornito di cassone. Il deposito, cioè, sembra essere solo un segmento necessario per poi procedere al trasporto. Di diverso c’è solo la maggiore capienza e la possibilità che, sganciati da una motrice, tra il loro riempimento ed il trasporto intercorra un notevole lasso di tempo tanto che potrebbero addirittura diventare un luogo di stoccaggio permanente e definiiivo. Ipotesi, tuttavia, da escludere nel caso di specie dove lo scarrabile era in noleggio temporaneo ed i trasporti al centro di raccolta risultano documentati.

In questo quadro di fatto, quindi, vanno esaminate le possibili illegalità, tenendo conto che il TUA prevede il deposito temporaneo, l’abbandono- deposito incontrollato e lo stoccaggio.

Limitandoci al caso in esame e rinviando ad altri scritti per approfondimenti3, sembra opportuno iniziare dalla figura del deposito temporaneo , previsto dall’art. 185-bis del TUA e definito come il raggruppamento dei rifiuti effettuato prima della raccolta ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero o smaltimento, nel rispetto di alcune condizioni precise tra cui spiccano il luogo di produzione, la effettuazione per categorie omogenee, la permanenza temporale e la quantità ammissibile. Ricorrendo queste condizioni, il deposito temporaneo prima della raccolta non necessita di autorizzazioni ma si applicano solo l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all'articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all'articolo 187 (art. 208, comma 17). Nel caso in esame, tuttavia, la Cassazione non lo ha ritenuto ipotizzabile proprio per assenza di questi requisiti, sottolineando, in particolare, che la collocazione dello scarrabile sulla pubblica via esclude che possa configurarsi la figura del deposito temporaneo la quale richiede, fra i vari requisiti, che i rifiuti siano depositati sull' " intera area su cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti" (art. 185-bis D.Lgs. citato). Area che -aggiunge la Suprema Corte-, pur ampliando al massimo questa condizione4, certamente non comprende una strada provinciale e “non si vede come possa rientrare nel perimetro delimitato dalla previsione normativa”. Tanto più che, comunque, come da giurisprudenza consolidata5, l’onere di dimostrare l’esistenza delle condizioni previte per il deposito temporaneo “ incombe sulla parte privata che deduce la liceità del deposito temporaneo, onere che il ricorrente non ha assolto non essendo stato allegato elemento alcuno sul punto”.

Ricorre, pertanto, la situazione, già più volte esaminata dalla Cassazione, secondo cui “in assenza delle condizioni prescritte dall'art. 183, comma 1, lett. bb), d.lgs. n. 152 del 2006, non ricorre l’ipotesi del deposito temporaneo di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, posto che, in difetto anche di uno dei requisiti indicati da tale norma, il deposito non può ritenersi temporaneo, ma deve essere qualificato, a seconda dei casi, come "deposito preliminare" (se il collocamento di rifiuti è prodromico ad un'operazione di smaltimento), come "messa in riserva" (se il materiale è in attesa di un'operazione di recupero), come "abbandono" (quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o recupero) o come "discarica abusiva", nell'ipotesi di abbandono reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi6.

Ipotesi che, nel caso in esame, una volta esclusa la configurabilità del deposito temporaneo ed esclusa la discarica, restano limitate allo stoccaggio (“deposito preliminare” o “messa in riserva” ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett.aa TUA) e al divieto di abbandono- deposito incontrollato . (art. 192 TUA) rispetto alle quali, in particolare, la giurisprudenza della Suprema Corte ha confermato in un primo tempo che “allorché il deposito dei rifiuti manchi dei requisiti per essere qualificato come temporaneo, e non sia configurabile né un deposito preliminare, realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, né una messa in riserva, realizzato in vista di successive operazioni di recupero, si ha invece un deposito incontrollato o abbandono di rifiuti che non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o recupero (Cass., Sez. III, 11 marzo 2009 —11 maggio 2009, n. 19883)7; precisando, tuttavia, successivamente che “il reato di deposito incontrollato di rifiuti può avere natura permanente, nel caso in cui l'attività illecita sia prodromica al successivo recupero o smaltimento dei rifiuti, e si configura invece come reato di natura istantanea con effetti eventualmente permanenti, nel caso in cui l'anzidetta attività si connoti per una volontà esclusivamente dismissiva del rifiuto, che esaurisce l'intero disvalore della condotta8. In altre parole, cioè, l’abbandono presuppone una volontà esclusivamente dismissiva dei rifiuti mentre l’attività di deposito incontrollato caratterizza “la collocazione non definitiva dei rifiuti in un determinato luogo in previsione di una successiva fase di gestione del rifiuto, del quale quindi costituisce il prodromo, poiché altre finalità sembra possano condurre tutte alla collocazione entro diverse fattispecie”. 9

Il che è esattamente quanto avveniva nel caso in esame ove i rifiuti depositati nello scarrabile non venivano abbandonati ma trasportati in un centro di raccolta; e, pertanto, il loro deposito nello scarrabile non era direttamente connesso ad operazioni di smaltimento e di recupero ma ad una fase intermedia, peraltro precedente alla raccolta. Considerazione che sembra, quindi, escludere trattarsi di stoccaggio (deposito preliminare) come invece ritiene la Cassazione.

Ma, in realtà, a nostro sommesso avviso, non trattasi neppure di deposito incontrollato o, quanto meno, dalla scarna sentenza non risultano elementi per ipotizzarlo: non sappiamo, cioè, quale fosse la reale distanza tra lo scarrabile ed il luogo di produzione dei rifiuti, non sappiamo se vi fossero possibilità di controllo da parte del produttore né quanto tempo i rifiuti restavano nello scarrabile; e non sappiamo neppure se il deposito nello scarrabile avveniva con opportune precauzioni10.

Scontiamo ancora una volta, peraltro, la approssimazione del legislatore italiano il quale ha più volte modificato questa normativa in modo confuso ed incoerente inserendo termini, definizioni ed eccezioni che non trovano riscontro nella normativa di riferimento comunitaria, la quale si limita a prevedere il “ deposito temporaneo” che consiste nel semplice raggruppamento di rifiuti nel luogo di produzione prima di qualsiasi operazione di gestione (ad iniziare dalla raccolta); e il “ deposito preliminare” di rifiuti, anche esso solo temporaneo, ma già integrato in una operazione di gestione; per cui, come chiarito dalla Corte europea di giustizia, “la nozione di “deposito temporaneo” non rientra nella nozione di “operazione di gestione” ai sensi dell’art. 1, lett. d), della direttiva 75/442; pertanto “non è «soggetto alle rigorose norme” della direttiva rifiuti11,

Ed è proprio da questa semplice e chiara distinzione comunitaria che, a nostro sommesso avviso, bisognerebbe iniziare per valutare il caso in esame, privilegiando gli aspetti sostanziali connessi con l’esigenza di tutelare l’ambiente. E allora, prescindendo dalle complicazioni introdotte dal nostro legislatore, appare evidente che il comportamento in esame non è affatto diverso né più pericoloso del deposito dei rifiuti nel cassone di un autocarro per il trasporto né dal deposito dei rifiuti in contenitori predisposti per strada dal servizio pubblico che poi provvede a raccoglierli: casi in cui certamente non è richiesta alcuna autorizzazione per il deposito e, in ogni caso, in assenza di opportune precauzioni per evitare lo spsrgimento dei rifiuti12, può ipotizzarsi, al massimo, un deposito incontrollato ma non uno stoccaggio che presuppone una specifica intenzione di “conservare”, dopo la raccolta, i rifiuti per un certo tempo prima di provvedere al loro smaltimento o recupero; e che, proprio per questo, deve essere autorizzato.

In realtà, quindi, il comportamento in esame sembra rientrare nella definizione, creata dalla dottrina ed accettata dalla giurisprudenza, di “movimentazione” ai fini di trasporto, che non necessita di alcuna autorizzazione13.

In conclusione, non resta che auspicare un sollecito intervento del legislatore italiano per semplificare la disciplina e ricondurla con chiarezza nell’alveo comunitario avendo di mira gli interessi sostanziali da tutelare. Ma bisogna anche aggiungere, a questo punto, che, dal punto di vista formale, la Cassazione, dovendo giudicare solo in base alle circostanze acquisite, non ha fatto altro che adeguarsi al quadro legislativo italiano, procedendo per esclusione in applicazione della propria giurisprudenza.

Summum ius summa iniuria?

1 Cass. pen, sez. 3, 21 novembre 2024 (UP 22 ott 2024), n. 42610, Novelli in www.lexambiente.it 11 dicembre 2024

2 Per questo aspetto si rinvia alle approfondite considerazioni critiche di PAONE, Chi noleggia un cassone scarrabile per lo stoccaggio (abusivo) di rifiuti concorre nel reato di cui all’art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152/2006? in www.rivistadga.it, n. 6 del 2024

3 Ci sia consentito rinviare, anche per citazioni e richiami, al nostro Diritto penale ambientale , Pisa 2024, pag. 184 e segg.

4 Cfr, Cass. pen., sez. 3, 3 marzo 2021 (PU 5 nov 2020) n. 8498, Staffetti, in www.lexambiente.it, 22 marzo 2021

5 Cfr., da ultimo Cass. pen., sez. 3, 13 aprile 2023 (UP 16 mar 2023) n. 15450, Curcio, in www.lexambiente.it , 26 Aprile 2023

6 Cass. pen., sez. 3, 2 settembre 2020 (CC 16 lug 2020), n. 24989, Marconi in www.lexambiente.it ,17 Settembre 2020

7 Cfr. per tutti Cass. pen., sez. 3, 24 marzo 2010 (Ud 11 feb. 2010), n. 11270, Bardeggi, ivi, 12 aprile 2010;

8 Cass. pen., Sez. 3, 2 settembre 2022 (ud. del 24 maggio 2022) n. 32305, in RGA online n. 38 – Gennaio 2023, con nota di PUCCIO-TOMASELLO

9 Cass. pen, sez. 3, 17 luglio- 31 ottobre 2019, n. 44516, Jannotti, 18 Novembre 2019 con nostra nota Gestione di rifiuti e Cassazione.Quello che non è espressamente permesso è vietato in www.rivistadga.it n. 1 del 2020

10 La sentenza Jannotti sopra citata precisa, in proposito, che “tale deposito deve essere qualificato come “incontrollato” qualora l’autore del deposito si disinteressi degli stessi, integrando un vero e proprio abbandono; ovvero li gestisca senza rispettare le regole previste dalla legge per evitare danni e pericoli per l’ambiente; evitando, cioè, proprio quelle cautele che servono a “controllare” l’impatto ambientale dei depositi di rifiuti”.

11 Corte di giustizia CE, Sez. IV 5 ottobre 1999, in cause riunite C-175/98 e C-177/98, Lirussi e Bizzaro, in Ambiente e sicurezza ,1999, n. 21, pag. 106 e ss. con nota di PAONE. In dottrina, per approfondiementi e richiami ci permettiamo rinviare al nostro D.lgs. N. 116/2020. Si restringe l’ambito del deposito temporaneo di rifiuti. Il pastrocchio italiano del «deposito preliminare alla raccolta» e di una nota che c’è e non c’è in www.osservatorioagromafie.it , 8 gennaio 2021

12 E’ sempre la CGCE a ricordarci che i principi di prevenzione e precauzione devono sempre, in virtù di norme comunitarie, presiedere alla gestione dei rifiuti

13 Cass. pen, sez. 3, 10 maggio 2012 (Cc. 17 gen. 2012) n. 17460, Martinelli, in www.ambientediritto.it.,