TAR Emilia-Romagna (BO) Sezione II n. 644 del 3 ottobre 2017
Rifiuti.Esclusione responsabilità ambientale del curatore fallimentare
Il TAR di Bologna, aderendo ad un orientamento prevalente tra i giudici amministrativi, ha emanato questa recente sentenza nella quale viene ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale sulla responsabilità in materia ambientale dell'imprenditore fallito e del curatore fallimentare . In particolare è stato enunciato il principio secondo cui fatta salva la eventualità di "univoca, autonoma e chiara responsabilità" del curatore fallimentare sull'abbandono dei rifiuti, la curatela fallimentare non può essere destinataria, a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze dirette alla tutela dell'ambiente, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell'impresa fallita. La curatela pertanto non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito non sussistendo, per tal via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti. La pronuncia delinea quindi una responsabilità meramente residuale del curatore fallimentare, responsabilità circoscritta alle sole ipotesi (in verità alquanto marginali) in cui sia ravvisabile un suo contributo diretto all'abbandono dei rifiuti. In applicazione di tali principi generali, nel caso di specie, i giudici hanno confermato la legittimità della diffida emanata da Arpae Emilia-Romagna (subentrata nelle competenze amministrative ambientali delle province a decorrere dal 1° gennaio 2016) mediante la quale veniva richiesta soltanto all'ex legale rappresentante della società fallita, e non anche al curatore, l'esecuzione di una serie di obblighi di messa in sicurezza di un impianto e di rimozione di rifiuti speciali derivanti dall'attività svolta prima della sospensione della produzione e del conseguente fallimento della società stessa (segnalazione e massima G.FANTINI)
Pubblicato il 03/10/2017
N. 00644/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00504/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 504 del 2017, proposto da:
Tiziano Baraldi, rappresentato e difeso dagli avv.ti Sara Castellazzi, Simona Della Casa, con domicilio eletto presso lo studio Gregorio Descovich in Bologna, via Santo Stafano 25;
contro
Arpae-Agenzia Regionale per la Prevenzione, L'Ambiente e L'Energia dell'Emilia-Romagna, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Fantini, Maria Elena Boschi, con domicilio eletto presso l’ufficio legale dell’ARPAE in Bologna, via Po 5;
nei confronti di
Aldo Rocco Salerno non costituito in giudizio;
per l'annullamento
-della diffida del 01.12.2016, relativa alla pratica n.34377/2016 e notificato in data 12.12.2016, avente ad oggetto: “D.Lgs 152/06 parte seconda – L.R. 21/04 Ditta Ossidan S.R.L., Via della Tecnica n.4 a San Cesario Sul Panaro (MO) – attività di trattamento di superficie di metalli mediante processi elettrolitici. Autorizzazione integrata ambientale (rif. Int. N. 00183740364/001)” e portante diffida ai sensi dell'art. 29-decies comma 9 d.lgs 152/06 parte seconda. (provv. Imp. Doc. all. n. 1);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Arpae-Agenzia Regionale per la Prevenzione, L'Ambiente e L'Energia dell'Emilia-Romagna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 settembre 2017 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori Simona Della Casa e Maria Elena Boschi;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente aveva presentato un ricorso straordinario al Capo dello Stato per impugnare la diffida indicata in epigrafe ed a seguito della notifica dell’atto in opposizione proposto da A.R.P.A.E. lo riproponeva in questa sede.
Tiziano Baraldi era uno dei tre soci della Ossidan Srl che svolgeva attività di trattamento di superficie di metalli mediante processi elettrolitici.
La Provincia di Modena ha rilasciato l’Autorizzazione Integrata Ambientale per lo stabilimento in Via Della Tecnica 4, in San Cesario Sul Panaro in data 29/10/2007 con successive modificazioni ed un rinnovo con scadenza al 29/10/2017.
In conseguenza del decesso degli altri due soci si sono create delle difficoltà nella gestione. Il socio Claudio Trevisi era amministratore e legale rappresentante della società e si occupava della “gestione” (anche ai fini AIA) degli impianti di trasformazione degli oli dielettrici e del trasporto dei conferimenti dei fanghi presenti nei container.
A causa delle difficoltà seguite alla morte degli altri soci, l’attività veniva di fatto sospesa fino a quando non interveniva il fallimento.
Nonostante la comunicazione ad A.R.P.A.E. del fallimento, il ricorrente riceveva una diffida che riguardava lo smaltimento di rifiuti pericolosi, derivanti dall’attività svolta dalla Società Ossidan Srl presenti all’interno dello stabilimento.
Avverso tale provvedimento il ricorrente eccepiva innanzitutto il suo difetto di legittimazione passiva in quanto il fallito perde la legittimazione processuale, anche passiva, in merito ai beni e ai diritti assoggettati a spossessamento ed in sua vece è il curatore fallimentare che sta in giudizio per quanto attiene a tutte le controversie; tale curatore si sostituisce al soggetto sottoposto a procedura fallimentare nei giudizi già promossi ante procedura e provvede personalmente a promuovere quelli tendenti al recupero della massa attiva del fallimento.
Con l’unico motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art.29 decies, comma 9, D.Lgs. 152/2006 e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Sostanzialmente il motivo consiste nel sottolineare come la norma sopra richiamata prevede l’obbligo per il gestore dell’impianto di verificare l'osservanza di tutte le prescrizioni imposte nell'autorizzazione integrata ambientale. Ma l’individuazione del gestore dell’impianto, si complica nell’ipotesi in cui intervenuto il fallimento della Società titolare dell’autorizzazione.
Sebbene al ricorrente sia noto l’orientamento giurisprudenziale che prevede come non possano essere accollati al curatore fallimentare gli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell'imprenditore fallito, ritiene che nel caso di specie i precedenti non si attaglino al caso di specie poiché non si tratta di abbandono incontrollato di rifiuti, ma di caratterizzazione di rifiuti presenti nel sito, la loro destinazione ad operazioni di recupero o smaltimento e più in generale la messa in sicurezza dell’impianto.
Essendo il fallito spossessato dei beni le attività richieste dalla diffida diventano impossibili, non avendo più alcuna disponibilità dei beni e dunque possibilità di accesso all’area gestita dalla Società.
Si costituiva ini giudizio A.R.P.A.E. chiedendo che il ricorso fosse respinto.
La questione posta dal ricorso non riguarda la legittimità del contenuto del provvedimento impugnato, ma semplicemente l’individuazione di colui che ha l’obbligo di darvi esecuzione.
Va premesso che la diffida trae origine da una nota della Provincia di Modena che invitava la società ad indicare se la sospensione sarebbe perdurata fornendo in tal caso indicazione degli adempimenti dovuti e da un sopralluogo effettuato dai tecnici dell’Amministrazione che avevano rilevato lo stato di abbandono della struttura produttiva e della sua mancata custodia tanto che si erano verificati atti vandalici.
La giurisprudenza ha un orientamento univoco nell’affermare che non può essere richiesto al curatore un intervento che ha lo scopo di bonificare il sito dell’attività produttiva dell’impresa fallita dopo la cessazione di detta attività. Le ordinanze dei Sindaci che hanno posto a carico dei curatori obblighi di smaltimento di rifiuti presenti nell’azienda fallita sono state sistematicamente annullate per mancanza di legittimazione passiva.
In merito agli obblighi dei curatori la giurisprudenza ha chiarito che, fatta salva la eventualità di univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore fallimentare sull'abbandono dei rifiuti, la curatela fallimentare non può essere destinataria, a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze sindacali dirette alla tutela dell'ambiente, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell'impresa fallita, non subentrando tale curatela negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito e non sussistendo, per tal via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti. La società dichiarata fallita, invero, conserva la propria soggettività giuridica e rimane titolare del proprio patrimonio: solo, ne perde la facoltà di disposizione, pur sotto pena di inefficacia solo relativa dei suoi atti, subendo la caratteristica vicenda dello spossessamento
Il Fallimento non acquista la titolarità dei suoi beni, ma ne è solo un amministratore con facoltà di disposizione, laddove quest'ultima riposa non sulla titolarità dei relativi diritti ma, a guisa di legittimazione straordinaria, sul munus publicum rivestito dagli organi della procedura.
Il ricorrente mostra di conoscere tale orientamento ma ritiene che la sua situazione sia diversa da quella che ha dato origine alle pronunce di molti TAR.
In realtà, invece, la situazione è la medesima poiché leggendo il contenuto della diffida si apprende che gli obblighi imposti al Baraldi sono: avviare al recupero/smaltimento i fanghi fitopressati, trattamento/conferimento dei reflui contenuti nelle vasche di accumulo, conferimento dell’acido solforico esausto presente nei serbatoi oltre alla complessiva messa in sicurezza dell’impianto.
Si tratta per lo più di smaltimento di rifiuti speciali e l’apparente differenza rispetto ai casi di obbligo di bonificare un sito risiedono solamente nel fatto che in quei casi l’art. 192 D.lgs. 152/2006 conferisce al Sindaco il potere di emettere l’ordinanza, mentre nel caso di specie siamo in una fase precedente dove è l’organo tecnico che diffida per consentire il rispetto dell’A.I.A. a suo tempo rilasciata.
Il provvedimento è, di conseguenza, legittimo ed il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente a rifondere le spese di giudizio che liquida in € 3.000.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 6 settembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Mozzarelli, Presidente
Umberto Giovannini, Consigliere
Ugo De Carlo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ugo De Carlo Giancarlo Mozzarelli