TAR Piemonte sent. 2928 del 21 novembre 2008
Rifiuti. Siti contaminati

L'art. 17, d. lgs. n. 22 del 1997, la cui impostazione sul punto è stata ora confermata e specificata dagli artt. 240 e ss., d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (c.d. Codice dell'ambiente), impone l'esecuzione di interventi di recupero ambientale anche di natura emergenziale al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario ovvero con il gestore dell'area interessata; a carico di quest'ultimo (proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione), invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 282 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Sila Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Barosio e Fabio Dell'Anna, con domicilio eletto presso l’avv. Vittorio Barosio in Torino, corso G. Ferraris, 120;

contro

Comune Arborio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Federico Peres, Andrea Martelli, con domicilio eletto presso l’avv. Riccardo Montanaro in Torino, via del Carmine, 2;
Regione Piemonte, in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio;
Provincia Vercelli, in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti di

Carpelli Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Paola Bosco Sartori e Carlo Braga, con domicilio eletto presso l’avv. Paola Bosco Sartori in Torino, corso Inghilterra, 11;
Tagliabue Davide, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

-a) della deliberazione 21.11.2006, n. 27, pubblicata all'Albo Pretorio del Comune dal 12.12.2006 al 17.1.2007, con la quale il Consiglio Comunale di Arborio ha adottato la variante parziale n. 7 al P.R.G.C., a norma dell'art. 17 comma 7 della l.r. 56/1977, limitatmente al contenuto della variante stessa che riguarda i terreni di proprietà della SILA s.r.l.;

-b) di ogni altro atto antecedente, preparatorio, presupposto, conseguenziale e comunque connesso con quello impugnato, ivi compresi: -I) la deliberazione 21.11.2006, n. 29, pubblicata all'Albo Pretorio del Comune di Arborio dal 18.12.2006 al 17.1.2007, con la quale il Consiglio Comunale di Arborio ha approvato la variante al P.I.P., con contestuale variante "strutturale" al P.R.G.C., limitatamente alla parte in cui essa ha attribuito alle aree comprese nel medesimo P.I.P. quella "capacità edificatoria" che è stata contestualmente sottratta, per effetto della suddetta delibera C.C. n. 27/06, (anche) alle aree di proprietà della SILA s.r.l.; -II) per quanto possa occorrere, la delibera del Consiglio Comunale 21.4.2005, n. 20 (citata nella suddetta delibera C.C. n. 27/06), con la quale il Comune di Arborio ha imposto (rectius, ha riconosciuto l'esistenza), sui terreni di proprietà della SILA s.r.l., dell'onere reale di cui all'art. 17 comma 10 del d.lgs. 22/1997;)

nonché per l'annullamento

- della deliberazione 30.5.2007, n. 10, non notificata, ma pubblicata all'albo Pretorio del Comune dal 7.6.2007 al 22.6.2007, con la quale il Consiglio Comunale di Arborio: - ha dichiarato di apporre l'onere reale (a suo dire, "comunque sussistente ex lege") sulle aree di proprietà della SILA s.r.l. individuate e "confermate" dalla medesima delibera; - e ha adottato le "integrazioni agli elaborati a corredo della variante parziale n. 7 adottata con la delibera del Consiglio Comunale n. 27/2006;

ed ancora per l'annullamento

- della deliberazione 17.12.2007, n. 25, non notificata, ma pubblicata all'albo Pretorio del Comune dal 17.1.2008 al 15.2.2008, con la quale il Consiglio Comunale di Arborio: - ha adottato la variante parziale n. 7 al P.R.G.C.; - e ha dichiarato di abrogare e/o di revocare in modo solo parziale la delibera del Consiglio Comunale n. 20 del 21.5.2005, "mantenendo in essere l'apposizione dell'onere reale" sui terreni di proprietà della SILA s.r.l. e "confermando l'individuazione delle aree già gravate" da tale onere (a suo dire, "comunque sussistente ex lege");

nonché per l'annullamento

di tutti gli allegati alle suddette deliberazioni C.C. n. 20/2005, n. 27/2006, n. 29/2006, n. 10/2007, n. 25/2007, (e, in particolare, degli elaborati 3b), 3c) e della "Relazione e scheda quantitativa dei dati urbani" approvati con la delibera C.C: n. 10/2007), nonché in (particolare, gli elaborati "Relazione" e "sviluppi del PRGC" scala 1:2000 e scala 1:10.000 approvati con la delibera C.C. n. 25/2007) occorrendo, la nota 24.12.2007, prot. 2294, successivamente recapitata, con la quale il Responsabile dellUfficio Tecnico del Comune di Arborio ha (in parte) comunicato alla SILA s.r.l. il contenuto della variante parziale al PRGC adottata con la suddetta delibera C.C. n. 25/2007.


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Arborio;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Carpelli Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 06/11/2008 il Primo Referendario dott. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con il ricorso in oggetto, la società ricorrente ha impugnato la Variante di Piano Regolatore del Comune convenuto, limitatamente alla parte di proprietà della società medesima, unitamente al P.I.P. che ha attribuito a sé la capacità edificatoria delle aree prima ricomprese in quelle di proprietà ricorrente.

Secondo parte ricorrente i suddetti provvedimenti sarebbero illegittimi per i seguenti motivi:

I. Violazione di legge dell’art. 17 d. lgs. 22-97, artt. 7,8,9 d.m. 471-99 e 240, 242, 244, 245, 250, 253 del d. lgs. 152-06.

Secondo parte ricorrente, con tale sottrazione di capacità edificatoria, il Comune ha previsto un vincolo d’immodificabilità o inedificabilità sui terreni e edifici di proprietà della società ricorrente ex art. 17 d. lgs. 22-97, con specifici oneri reali di facere (effettuare il ripristino ambientale) e di non facere (non edificare), connessi alle opere di bonifica: onere che non è previsto dall’art. 253 del d. lgs. 152-06 per il proprietario incolpevole dell’inquinamento.

II. Violazione di legge sotto altro profilo dell’art. 17 d. lgs. 22-97 e dell’art. 253 del d. lgs. 152-06.

Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, erronea valutazione, travisamento dei fatti e irragionevolezza. Violazione del principio di buon andamento, di imparzialità, del minimo mezzo e di proporzionalità. Difetto di motivazione.

Secondo parte ricorrente, nella delibera C.C. n. 20 del 2005 il Comune ha riconosciuto esigenze di bonifica soltanto con riferimento ai terreni, mentre il P.R.G. impugnato lo ha imposto anche ai fabbricati, senza esporre per quali motivazione e in base a quali valutazione si imponesse uin più gravoso sacrificio ai privati.

III. Sotto ulteriore profilo: violazione di legge dell’art. 17 d. lgs. 22-97, artt. 7,8,9 d.m. 471-99 e 240, 242, 244, 245, 250, 253 del d. lgs. 152-06. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, erronea valutazione e travisamento dei fatti. Difetto di motivazione.

Secondo parte ricorrente, la variante impugnata modifica anche i parametri urbanistici dei terreni di proprietà della ricorrente (il rapporto di copertura) senza esplicitare il collegamento tra tale modifica riduttiva e l’onere reale di ripristino ambientale imposto e prima richiamato.

IV. Illegittimità derivata. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria. Difetto di motivazione.

I vizi denunciati sul P.R.G. si riflettono anche sul P.I.P. approvato che, peraltro, manifesterebbe anche vizi autonomi, in punto motivazione dell’ampliamento degli indici di edificabilità e delle superfici territoriali, senza valutazione comparativa degli interessi sacrificati (quelli della società ricorrente).

Con successivi motivi aggiunti al ricorso, parte ricorrente ha contestato il provvedimento, descritto in epigrafe, con cui il Comune ha dichiarato di apporre il riferito onere reale, adottando integrazioni alla variante di P.R.G. già impugnata.

Con secondi motivi aggiunti al ricorso, parte ricorrente ha contestato anche la delibera comunale n. 25 del 17.12.2007 di adozione della variante di P.R.G. così come modificata dalla delibera impugnata con i primi motivi aggiunti.

In questi secondi motivi aggiunti, parte ricorrente e ripropone le censure del ricorso e afferma che il provvedimento impugnato è illegittimo anche per eccesso di potere per intrinseca contraddittorietà e perplessità della delibera 25-07 e per contraddittorietà tra questa delibera e agli altri atti inerenti alla medesima sequenza procedimentale. Inoltre contesta la violazione di legge con riferimento all’art. 7 della l. 241 del 1990 e 253 del d. lgs. 152-06, il difetto d’istruttoria e di motivazione, la violazione dei principi di irretroattività e di tipicità degli atti amministrativi.

Secondo parte ricorrente il primo procedimento seguito dal Comune nel 2005 non si è mai perfezionato, nel 2007 se n’è avviato un altro, ma per assenza del parere della Provincia di Vercelli anche questo non si è perfezionato. Con il provvedimento impugnato, il Comune ha revocato l’atto del 2007 ripristinando quello del 2005 il quale, come detto, non aveva avuto, però perfezionamento. Inoltre si contesta che, con la procedura di variante di P.R.G. si possa apporre l’onere reale di cui all’art. 253 citato. In ogni caso, tale apposizione è avvenuta senza contraddittorio con gli interessati.

Si costituivano il Comune intimato e la controinteressata chiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza del 6 novembre 2008, il ricorso veniva posto in decisione.

DIRITTO

In primo luogo deve dichiarasi l’inammissibilità del ricorso nei confronti dell’evocato controinteressato: infatti la qualità di controinteressato non va riconosciuta a chiunque abbia un generico interesse a mantenere efficace il provvedimento impugnato, ma solo a colui che da, quest’ultimo, riceve un vantaggio diretto e immediato (T.A.R. Piemonte Torino, Sez. I, 20 luglio 2006, n. 3034): pertanto, non sono qualificabili come controinteressati i soggetti la cui posizione è incisa dal provvedimento impugnato solo in modo indiretto e riflesso.

Nel ricorso in oggetto, nessuna deduzione viene svolta per qualificare la posizione processuale attribuita alla società evocata quale controinteressata; inoltre, poiché sono stati impugnati atti di pianificazione territoriale, ci si colloca nel novero di strumenti rispetto ai quali si esclude pacificamente la possibilità di configurare controinteressati, atteso che l’interesse qualificato deve essere espressamente considerato nel provvedimento ed oggettivamente percepibile come un vantaggio, indipendentemente cioè dall’interesse perseguito dal ricorrente; tali requisiti non ricorrono nel caso degli strumenti urbanistici, la cui funzione è quella di predispone un ordinato assetto dei territorio (Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 maggio 2006, n. 3198).

Per quanto riguarda, invece, la legittimità degli atti impugnati, il Collegio osserva che già nel 1987 il Comune di Arborio aveva emesso due ordinanze (docc. 12 e 13 PA) con cui aveva ordinato alla ricorrente di provvedere alla bonifica dell’area in questione e che contro tali ordinanze la SILA non ha proposto alcuna impugnazione, rispondendo al Comune con lettera del 27.4.1987(doc. 16 PA) che le operazioni di bonifica sarebbero state eseguite nel più breve tempo possibile: in questo modo è stato riconosciuto l’obbligo di bonifica, ammettendo la fondatezza del grave problema di inquinamento dell’area, pur ad essa non imputabile.

Successivamente, tale area fu concessa in affitto da SILA ad ITALRIFIUTI s.p.a., la quale, a sua volta, stipulò un contratto di sublocazione con la IRA s.r.l., proprietaria dell’intero pacchetto azionario di SILA, anch’ essa, a propria volta, disposta, ad effettuare la bonifica del sito (lettera del 1987 prot. del Comune di Arborio n. 610, doc. 14 PA).

Inoltre, il Collegio rileva che il Piano regionale di bonifica delle aree inquinate, con riferimento al sito in questione — indicato come “n. 18 ARBORIO (Fornace)” asserisce che “è stata effettuata la messa in sicurezza ed è in corso la bonifica del sito, ad opera della Waste Management (affittuario). Attualmente le operazioni sono in fase di stallo a causa di contrasti tra la proprietà e l’affittuario” (cfr. Tabella 11, pag. 135 del Supplemento al n. 15 del 12 aprile 2000 del BUR).

Infine, nel gennaio 2008, poiché risultavano abusivamente stoccati nell’area ingenti quantitativi di rifiuti, alcuni dei quali contenenti amianto, il Comune adottò nei confronti della ricorrente un provvedimento di diffida (prot. n 1999 del 21.7.2008, doc. 25 PA) alla rimozione degli stessi, cui SILA si è dichiarata disposta ad ottemperare (lettera 16.9.2008, doc. 26 PA).

Nel merito, lamenta la ricorrente, in primo luogo che gli atti impugnati avrebbero apposto sull’area un vincolo di immodificabilità o inedificabilità dei terreni e degli edifici sul presupposto, asseritamente errato, della sussistenza sugli stesso di un onere reale ex art. 17, comma 10, d. lgs. 22/1997.

Il vincolo imposto, ai sensi dell'art. 253 del D.Lgs n. 152/2006 (già art. 17 del D.Lgs n. 22/1997), sui terreni della ricorrente presuppone l'attualità della situazione di inquinamento dei suoli, il che è attestato, nella specie, dalla constatazione che, come detto, già nel 1987 il Comune di Arborio aveva emesso due ordinanze (docc. 12 e 13 PA) con cui aveva ordinato alla ricorrente di provvedere alla bonifica dell’area in questione e che contro tali ordinanze la SILA non ha proposto alcuna impugnazione, rispondendo al Comune con lettera del 27.4.1987(doc. 16 PA) che le operazioni di bonifica sarebbero state eseguite nel più breve tempo possibile: in questo modo è stato riconosciuto l’obbligo di bonifica, ammettendo la fondatezza del grave problema di inquinamento dell’area, pur ad essa non imputabile; la IRA s.r.l., proprietaria dell’intero pacchetto azionario di SILA, anch’ essa, a propria volta, si dichiarò disposta, ad effettuare la bonifica del sito (lettera del 1987 prot. del Comune di Arborio n. 610, doc. 14 PA). Infine, come detto, il Piano regionale di bonifica delle aree inquinate, con riferimento al sito in questione — indicato come “n. 18 ARBORIO (Fornace)” asserisce che “è stata effettuata la messa in sicurezza ed è in corso la bonifica del sito, ad opera della Waste Management (affittuario). Attualmente le operazioni sono in fase di stallo a causa di contrasti tra la proprietà e l’affittuario” (cfr. Tabella 11, pag. 135 del Supplemento al n. 15 del 12 aprile 2000 del BUR); peraltro, nel gennaio 2008, poiché risultavano abusivamente stoccati nell’area ingenti quantitativi di rifiuti, alcuni dei quali contenenti amianto, il Comune adottò nei confronti della ricorrente un provvedimento di diffida (prot. n 1999 del 21.7.2008, doc. 25 PA) alla rimozione degli stessi, cui SILA si è dichiarata disposta ad ottemperare (lettera 16.9.2008, doc. 26 PA).

Dall’insieme di tali atti è, dunque, dimostrata l'attualità della situazione di inquinamento

In secondo luogo, come ha chiarito la giurisprudenza amministrativa, l'art. 17, d. lgs. n. 22 del 1997, la cui impostazione sul punto è stata ora confermata e specificata dagli artt. 240 e ss., d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale (c.d. Codice dell'ambiente), impone l'esecuzione di interventi di recupero ambientale anche di natura emergenziale al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario ovvero con il gestore dell'area interessata; a carico di quest'ultimo (proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione), invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite anche da privilegio speciale immobiliare (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 30 maggio 2008, n. 1541).

Pertanto, il terreno sottoposto a fenomeni di inquinamento è senz’altro soggetto ad espropriazione, che il proprietario, ancorché asseritamente non responsabile, ha l’onere di evitare ponendo in essere gli interventi di bonifica alla stregua del soggetto responsabile.

D'altronde il decreto legislativo n. 152 del 2006, nel ribadire all'articolo 192 il divieto di abbandono e di deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo, riprendendo quasi integralmente le disposizioni del decreto Ronchi, ha stabilito che chiunque viola i divieti in parola è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, aggiungendo, tuttavia, che tale responsabilità deve risultare "in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo".

Con l’onere reale contestato si realizza, così, una vera e propria garanzia per assicurare l’effettivo recupero delle somme, ammettendo l’espropriazione dell’unico bene di cui, con; certezza, l’inadempiente risulta proprietario: l’area del sito da sottoporre a bonifica.

Pertanto, permettere che sul bene vengano eseguiti interventi edilizi che non risultano finalizzati alla bonifica, significa svuotare di utilità l’istituto stesso.

Ritiene, in particolare il Collegio che il punto centrale della controversia riguardi la corretta identificazione della nozione, sopra ricordata di onere reale,

Secondo la tesi del ricorrente la proprietà del sito inquinato è gravata da un vincolo (onere reale), nel senso che il suo valore costituisce, per legge, la garanzia per il pagamento delle spese di bonifica; vincolo che segue la circolazione del bene (inquinato), anche se il proprietario o i successivi acquirenti non hanno alcuna responsabilità nell'inquinamento del sito medesimo. Non è raro che il proprietario si addossi le spese di bonifica per liberare la sua proprietà dall'onere reale , piuttosto che dover sottostare alla garanzia verso la Pubblica amministrazione per le spese generalmente maggiori sostenute da quest'ultima. Resta salva la sua azione di regresso verso il responsabile.

Si può dunque provare a così sintetizzare la posizione del ricorrente: se ed in quanto il comune abbia eseguito d'ufficio le opere di bonifica su un fondo, il suo proprietario (anche se non è il responsabile dell'inquinamento) ha l'onere di concorrere con le spese necessarie per l'esecuzione degli interventi. Si tratta di concorso in quanto l'obbligo del proprietario rimane comunque circoscritto al valore del fondo, con la conseguenza che le spese eventualmente sostenute dal comune oltre tale valore resteranno comunque a carico dell'Ente.

L'art. 17, comma 10, reca infatti "gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale costituiscono onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3. L' onere reale deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi e per gli effetti dell'art. 18, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47", il comma 11 reca inoltre: "Le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3 sono assistite da privilegio speciale immobiliare nelle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile. Le predette spese sono altresì assistite da privilegio generale mobiliare".

A sua volta l'art. 8 del D.M. 471/1999 prevede che l'ordinanza inviata al responsabile debba essere notificata anche al proprietario , che "viene solo informato, ai fini dell' onere reale e del privilegio che grava sul bene" (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 13 febbraio 2001 n. 987).

Identica disposizione è contenuta nel già ricordato “Codice dell’ambiente”.

Rileva, tuttavia, il Collegio che l'onere reale è un istituto di diritto civile molto simile alla servitù caratterizzato da ambulatorietà, ciò significa che esso si trasferisce da un soggetto ad un altro con il passaggio di proprietà dell'immobile.

Non è, quindi, come istituto civilistico, un mero strumento di garanzia, come il privilegio, che pure è previsto, ma se ne distingue profondamente.

In altre parole, se il proprietario che si vede notificare l'ordinanza di bonifica ed è libero di non attivarsi, tuttavia corre il rischio o di non poter utilizzare il bene o di perderlo qualora dovessero essere portate a compimento le azioni esecutive da parte della P.A. (cfr. T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. I, 13 febbraio 2001, n. 987).

Parte della dottrina ha ritenuto iniquo un sistema che permetta di rivalersi sul bene del proprietario incolpevole, con ciò ritenendo che le garanzie debbano ritenersi applicabili solo in quelle ipotesi in cui il proprietario sia anche responsabile o corresponsabile della contaminazione dell'area. Tuttavia di questa opinione allo stato non vi è eco nella giurisprudenza.

Anzi, il Consiglio di Stato, in sede cautelare, ha avuto modo di ribadire che l'art. 17, comma 11, del D.Lgs. 22/1997 stabilisce che gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale costituiscono onere reale sulle aree inquinate e che l'imposizione del privilegio immobiliare non è subordinata all'accertamento della responsabilità del proprietario (Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza 3 aprile 2001, n. 2114).

La stessa giurisprudenza amministrativa che riconosce l'assenza di un obbligo ad intervenire da parte del proprietario incolpevole, rileva però anche come il sistema di garanzie previsto dall'art. 17 faccia sì che il proprietario incolpevole, qualora il responsabile non si attivi o non sia identificabile, finisca "comunque per essere il soggetto definitivamente gravato" (T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 27 luglio 2001, n. 488).

A ciò si aggiunga la tesi di quella giurisprudenza che esclude, nelle ipotesi in cui il responsabile della contaminazione sia individuato ma decida di non adempiere alla bonifica , l'obbligo da parte dell'ente pubblico di agire preventivamente in sede civile nei confronti del responsabile, al fine di ottenere la restituzione delle spese sostenute. Secondo questa opinione l'ente pubblico può direttamente rivalersi sul bene del proprietario incolpevole, utilizzando il sistema di garanzie previsto dall'art. 17. Ciò significa che sul proprietario grava l'onere di attivarsi nella bonifica se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area, sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 16 luglio 2001, n. 4934).

Il quadro è dunque questo: da una parte, il riconoscimento della non coercibilità dell'obbligo a bonificare in capo al responsabile della contaminazione (salvo le conseguenze penali); dall'altra un' onere del proprietario a bonificare ogni qualvolta il responsabile non adempia e non sia individuabile, salvo decidere di perdere il bene. L'ente pubblico è tenuto a emettere l'ordinanza nei confronti del responsabile, ma non anche ad agire nei confronti di questi in sede civile. Tale azione potrà invece esercitarla il proprietario che abbia proceduto alla bonifica o abbia perso la proprietà del bene (ancora T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 13 febbraio 2001, n. 987 e T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 16 luglio 2001, n. 4934).

Per il proprietario estraneo all'inquinamento, l'esecuzione degli interventi di bonifica prescritti dall'amministrazione è un vero e proprio onere, finalizzato a rimuovere il pregiudizio costituito dall'onere reale e dal connesso privilegio immobiliare gravante sul bene: l’evizione del bene che il proprietario può di fatto subire a causa dell'inerzia dell'inquinatore non costituisce una sanzione per non aver bonificato il sito, ma una conseguenza dell'attività di ripristino ambientale realizzata dall'Ente pubblico nell'interesse della collettività, tramite un meccanismo che presenta similitudini più con l'esproprio che con il risarcimento del danno ambientale.

Detto ciò, deve ancora rilevarsi come quanto sopra possa essere affermato con sicurezza nei casi in cui un nuovo soggetto subentri nel possesso di un sito in cui sia presente una situazione di inquinamento in qualche modo "statica" (ad esempio, una discarica di rifiuti inerti), o in cui l'inquinamento rappresenti comunque un fenomeno "storicizzato", che sfugge ormai al potere attuale di custodia ed intervento che il proprietario deve esercitare sulla res (nel caso di specie, il sito inquinato) di cui abbia la disponibilità.

Conclusioni diverse devono invece essere prese in considerazione per i casi in cui via sia una successione di soggetti distinti su una fonte attiva di inquinamento, o su una fonte di pericolo attuale e concreto di inquinamento, come nella specie, che il titolare dell'attività di impresa abbia l'obbligo di controllare in base alla normativa vigente.

In questi casi, specie nell'esercizio dell'attività di impresa, i vari soggetti succedutisi, i quali abbiano effettivamente il potere di intervenire sulla fonte di rischio senza che sia necessario il ricorso a strumenti eccezionali, danno luogo ad una pluralità di garanti, nessuno dei quali può liberarsi dal proprio obbligo di intervento invocando l'analoga posizione di garanzia di altri soggetti, inclusi i propri predecessori nella gestione del sito.

Secondo gli insegnamenti della Cassazione, infatti, se più sono i titolari della posizione di garanzia od obbligo di impedire l'evento, ciascuno è, per intero, destinatario di quell'obbligo, con la conseguenza che, se è possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, è, però, doveroso per l'altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sia effettivamente e adeguatamente intervenuto.

Si veda a riguardo la nota e fondamentale sentenza della Cassazione penale, sez. IV, 6 dicembre 1990, n. 4793, secondo cui il principio di affidamento, secondo il quale ogni consociato può confidare che ciascuno si comporti adottando le regole precauzionali normalmente riferibili al modello di agente proprio della attività che di volta in volta viene in questione e in virtù del quale ognuno deve evitare unicamente i pericoli scaturenti dalla propria condotta, non può essere invocato quando colui che si affida sia in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciò nonostante, confidi che altri che gli succede nella stessa posizione di garanzia elimini quella violazione o ponga rimedio a quella omissione. Se più sono i titolari della posizione di garanzia, ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo giuridico di impedire l'evento, con la conseguenza che, se è possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, è però doveroso per l'altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sia effettivamente ed adeguatamente intervenuto.

L'art. 17, d.lg. n. 22 del 1997, la cui impostazione sul punto è stata ora confermata e specificata dagli artt. 240 e ss., d.lg. 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale (c.d. Codice dell'ambiente), impone l'esecuzione di interventi di recupero ambientale anche di natura emergenziale al responsabile dell'inquinamento che può non coincidere con il proprietario ovvero con il gestore dell'area interessata; a carico di quest'ultimo (proprietario dell'area inquinata non responsabile della contaminazione), invero, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento ma l’onere (reale) di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale assistite, invece, da privilegio speciale immobiliare (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 30 maggio 2008 , n. 1541 e Consiglio Stato , sez. VI, 5 settembre 2005 , n. 4525).

Pertanto, il proprietario, qualora non coincida con il responsabile dell'inquinamento e questi non sia identificabile - finisce comunque per essere il soggetto gravato dal punto di vista economico, poiché l'Ente pubblico che ha provveduto all'esecuzione dell'intervento può recuperare le spese sostenute nei limiti del valore dell'area bonificata, anche in suo pregiudizio: ne deriva che il proprietario incolpevole ha l'onere di provvedere alla bonifica e alla messa in sicurezza se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area di onere reale e di privilegio speciale immobiliare, salva l'azione di regresso nei confronti del responsabile dell'inquinamento (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 16 marzo 2006, n. 291).

Il proprietario, ove non sia responsabile dell'inquinamento, ha non tanto l'obbligo, quanto piuttosto l'onere di provvedere agli interventi di bonifica, se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area come onere reale e privilegio speciale immobiliare (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 dicembre 2005, n. 20141).

Alla stregua dei principi ricordati, risulta pianamente confermata la potestà del Comune di intervenire, con l’atto impugnato, funzionale al recupero ambientale mancato da parte del proprietario su cui gravava il relativo onere, in quanto avesse voluto evitare le conseguenze della mancata bonifica.

Risulta, pertanto, coerente con le predette finalità l’aggiornamento inserito nell’art. 55 delle NTA dapprima, con la DCC del 2006 e poi con la DCC 25/2007 (doc. 7 PA), in forza del quale ogni operazione di trasformazione edilizia ed urbanistica delle parti di territorio qualificabili come siti contaminati o potenzialmente contaminati, è preordinata alla esecuzione, da parte dei soggetti pubblici o privati di cui all’ari. 250 del d. lgs. 52/2006, degli interventi di messa in sicurezza permanente, bonifica e ripristino ambientale.

Pertanto, ragionevolmente, non può essere consentita su un sito inquinato qualsiasi attività edilizia, poiché è necessario garantire in via prioritaria l’esecuzione dell’intervento di bonifica.

L’Amministrazione, con la contestata modifica del proprio strumento urbanistico si è riservata, del tutto razionalmente, la possibilità di intervenire per garantite che la bonifica non venga impedita da trasformazioni edilizie con essa incompatibili, atteso, inoltre, che nel sito non è in esercizio alcuna attività produttiva, essendo invece dismesso (come del resto riconosce la stessa ricorrente (pag. 21 del secondo atto di motivi aggiunti).

Sotto il profilo procedimentale, inoltre, si osserva che la DCC 20/2005, pienamente efficace per la parte che conferma la sussistenza dell’onere reale, è stata trasmessa dal Comune alla Provincia per il parere di competenza il 13.6.2007 con nota prot. 966 e che, sotto il profilo dei contenuti, l’onere reale sussiste comunque ex lege, essendo indifferente l’indicazione dello stesso nello strumento urbanistico.

Per ciò che, invece, riguarda la dismissione di una parte della capacità edificatoria riconosciuta in precedenza all’area di proprietà di SILA, dismissione che, sempre secondo la ricorrente, non sarebbe stata preceduta da adeguata istruttoria, né corredata da idonea motivazione, il Collegio rileva che è indiscutibile che il sito, comprensivo delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti (cfr. art. 240, comma 1, lett. a) d. lgs. 152/2006) versi da anni in un grave stato di degrado, tanto che il Piano regionale di bonifica delle aree inquinate ha qualificato l’area in questione come «discarica abusiva» e che la proprietaria sia rimasta inerte, non attivandosi né al fine di realizzare nuovi edifici, né di compiere i necessari interventi di manutenzione o ristrutturazione su quelli esistenti, atteso che l’area è dismessa (come detto, pag. 21 del secondo atto di motivi aggiunti).

Questi sono i ragionamenti, del tutto plausibili, che hanno indotto il Comune a valutare l’area in questione come di non più prevista edificazione, aggiornando così anche le quantità edificatorie per le attività industriali a seguito delle variazioni introdotte sia dalle varianti parziali precedentemente approvate, sia dalla variante n. 7, oggetto della presente controversia: si tratta di scelte discrezionali, che, in quanto tali, non necessitano di una motivazioni dettagliata di quella contenuta negli atti impugnati.

Peraltro, è innegabile che la sussistenza di un puntuale onere motivazionale con riferimento alle scelte urbanistiche compiute dal Comune, anche in ragione al combinato disposto degli articoli 3 e 13 della legge 241/1990, anche quando esso venga esercitato ai fini di tutela ambientale, non sussiste non essendo individuabile in capo alla ricorrente SILA alcuna situazione di aspettativa qualificata.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, il ricorso deve essere respinto, in quanto infondato.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - I sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti in epigrafe indicati, li respinge.

Compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 06/11/2008 con l'intervento dei Magistrati:

Franco Bianchi, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Primo Referendario, Estensore

Alfonso Graziano, Referendario



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/11/2008

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO