Cass. Sez. III n. 22866 del 13 giugno 2007 (Cc 19 apr 2007)
Pres. De Maio Est. Petti Ric. Laudani.
Urbanistica. Immobile abusivo - Costruzione ultimata - Opere interne che comportino mutamento della destinazione d'uso - Sequestro preventivo - Applicabilità - Ragioni.
In tema di reati edilizi, è legittimo il sequestro preventivo di un immobile nel quale risultano realizzate opere interne che ne abbiano comportato il mutamento della destinazione d'uso, realizzandosi in questo caso un'ipotesi di aggravamento del cosiddetto carico urbanistico.
Pres. De Maio Est. Petti Ric. Laudani.
Urbanistica. Immobile abusivo - Costruzione ultimata - Opere interne che comportino mutamento della destinazione d'uso - Sequestro preventivo - Applicabilità - Ragioni.
In tema di reati edilizi, è legittimo il sequestro preventivo di un immobile nel quale risultano realizzate opere interne che ne abbiano comportato il mutamento della destinazione d'uso, realizzandosi in questo caso un'ipotesi di aggravamento del cosiddetto carico urbanistico.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 19/04/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 370
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 4224/2007
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di LAUDANI Mario, nato a Paternò il 19 giugno del 1966 e LAUDANI Giuseppe, nato a Paternò il 10 dicembre del 1968;
avverso l'ordinanza del tribunale di Catania dell'11 dicembre del 2006;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Sostituto Procuratore Generale nella persona del Dott. Vito D'Ambrosio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
letti il ricorso e l'ordinanza denunciata.
Osserva quanto segue:
IN FATTO
Con ordinanza dell'11 dicembre del 2006, il tribunale di Catania confermava il provvedimento di sequestro preventivo di un fabbricato sito in contrada Cesarea disposto dal giudice per le indagini preliminari del luogo a carico di Laudani Mario e Laudani Giuseppe, quali indagati per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), per avere costruito il manufatto anzidetto in totale difformità dal permesso di costruire.
A fondamento della decisione il tribunale, dopo avere premesso che al secondo piano, in luogo dei previsti locali di sgombero, erano state realizzate vere e proprie unità abitative, e che al primo piano era stata costruita una scala interna, osservava che sussistevano le esigenze cautelari ancorché il fabbricato fosse stato ultimato, in quanto occorreva evitare l'aggravamento del carico urbanistico e l'uso dell'immobile.
Ricorre per cassazione il difensore denunciando:
la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 2 con riferimento agli artt. 321 e 324 c.p.p. nonché carenza e contraddittorietà della motivazione: il ricorrente, dopo avere premesso che trattatasi di opere interne, osserva che il riferimento all'aggravamento del carico urbanistico è improprio perché nella zona non esistono rete fognaria o idrica e quindi non è ipotizzatole alcun aggravamento del carico urbanistico;
la violazione dell'art. 321 e 324 c.p.p. per omessa motivazione in ordine alla necessità di mantenere il vincolo cautelare anche con riferimento al primo piano che è conforme al permesso di costruire;
la violazione dell'art. 324 c.p.p. per l'inosservanza del termine perentorio di dieci giorni per il deposito della motivazione con conseguente perdita di efficacia del provvedimento cautelare. IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti di seguito precisati.
Preliminare è l'esame del terzo motivo con cui si deduce la perdita d'efficacia del provvedimento di sequestro per l'inosservanza del termine di giorni dieci per il deposito della motivazione. Il motivo è infondato perché il termine perentorio di gg. 10 per il deposito della decisione decorre dal momento in cui il giudice ad quem ha ricevuto il fascicolo (Cass. Sez. Un. 18 giugno 2003 Dell'Olmo) anche se l'atto impugnato viene depositato dal ricorrente. Nella fattispecie il fascicolo è pervenuto al tribunale il 30 novembre del 2006 e l'atto impugnato è stato depositato in cancelleria l'11 dicembre del 2006 ossia nei termini previsti perché il 10 dicembre era giorno festivo.
Ciò precisato, per delimitare il campo d'indagine devoluto a questa corte, è opportuno premettere che in questa materia, a norma dell'art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione può essere proposto solo per violazione di legge. Secondo l'orientamento prevalente di questa corte, ribadito dalle Sezioni unite con la sentenza n. 2 del 2004, Ferrazzi, nel concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art. 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo d'annullamento nell'art. 606 c.p.p., lett. e) ne' tanto meno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento.
Nella fattispecie non v'è dubbio sulla configurabilità del fumus delicti e sulle esigenze cautelari con riferimento al secondo piano essendo state riscontrate, rispetto al permesso di costruire, difformità totali consistite nella diversa destinazione d'uso dei locali effettuata mediante opere di ristrutturazione: in particolare, in luogo dei previsti locali di sgombero, si sono realizzate vere e proprie unità abitative. Quello in questione rappresenta un esempio scolastico di difformità totale perché, chiesto il permesso per costruire per locali di sgombero, si sono invece realizzate opere completamente diverse. In proposito va sottolineato che il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 1 considera opere in totale difformità dal permesso di costruire quelle in cui il mutamento della destinazione d'uso prevista in progetto venga realizzato durante l'attività costruttiva del fabbricato attraverso l'esecuzione di lavori che globalmente conferiscono all'organismo edilizio diverse caratteristiche d'utilizzazione. Per tali opere, come sottolineato dalla dottrina, occorre il rilascio di un nuovo permesso di costruire, la cui mancanza configura il reato di cui all'art. 44, lettera b) del testo unico citato.
Il riferimento alle opere interne ed alle relative variazioni in corso d'opera è improprio almeno con riferimento al secondo piano. Invero le opere interne possono essere eseguite previa mera dichiarazione d'inizio attività a condizione che non comportino modifiche della sagoma o dei volumi o comunque modificazione della destinazione d'uso tra categorie autonome e, se realizzate nell'ambito dei centri storici, anche nel caso in cui comportino modificazioni della destinazione d'uso nell'ambito della medesima categoria. Invero sono assentibili con mera dichiarazione di inizio attività tutti gli interventi non riconducibili a quelli indicati nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 6 e 10 (cfr. art. 22). Il legislatore, avendo adottato un criterio residuale per individuare gli interventi edilizi realizzabili mediante denuncia d'inizio attività, ha evitato di elencarli. Per individuarli si può però fare riferimento all'elenco, ancorché non tassativo, contenuto nel D.L. 5 ottobre del 1993, n. 398, art. 4 convertito nella L. n. 493 del 1993 nel testo risultante dalle modifiche apportate con la L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60 e successive modificazioni. Tale elenco, per quanto rileva in questa fattispecie, comprendeva le opere interne di singole unità immobiliari a condizione che non comportassero modifiche della sagoma e dei prospetti e - non recassero pregiudizio alla statica dell'immobile. Le opere interne quindi, a seconda delle loro caratteristiche, possono o no richiedere il permesso di costruire. Richiedono il permesso di costruire gli interventi riconducibili al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 10, lettera c) ed in particolare, tra gli altri, quelli che modificano la destinazione d'uso dell'immobile.
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, comma 2, come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, richiamato nel ricorso, non è applicabile alla fattispecie almeno con riferimento al secondo piano. Detta norma dispone infatti che sono sottoposte a denuncia d'inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso o la categoria edilizia; che non alterino la sagoma dell'edificio e non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire. In tali situazioni la denuncia d'inizio attività può essere presentata anche prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori. Nella fattispecie non è però applicabile tale norma per la modificazione della destinazione d'uso, la quale individua la funzione che l'immobile è destinato a svolgere. Trattasi di un elemento di notevole importanza perché incide direttamente sulla pianificazione territoriale e sul carico urbanistico. In dottrina si è perspicuamente osservato che una parte del degrado ambientale è riconducibile proprio ai diffusi mutamenti di destinazione d'uso degli immobili preesistenti con problemi connessi alle diverse esigenze di trasporto, smaltimento dei rifiuti, viabilità ecc..
Anche per quanto concerne le esigenze cautelari, sempre con riferimento al secondo piano dell'immobile, il provvedimento è congruamente motivato. Invero, in materia edilizia, anche in caso di immobile abusivamente costruito che risulti ultimato, è ipotizzatale la sussistenza delle esigenze cautelari richieste dalla legge per disporre il sequestro preventivo, atteso che le conseguenze che tale misura tende ad evitare sono ulteriori rispetto alla fattispecie tipica già realizzata: infatti l'esistenza di una costruzione abusiva può aggravare il cd. carico urbanistico e quindi protrarre le conseguenze del reato (cfr. Cass. 11146 del 2002; 19 gennaio del 2003, Barlotti; 22 gennaio 2003, Sferratore). Tale situazione si verifica o può verificarsi frequentemente come sopra precisato proprio in occasione della modificazione della destinazione d'uso di unità immobiliari.
Non rileva la circostanza che nella zona non vi fossero impianti idrici e fognari giacché il carico urbanistico può aumentare proprio allorché aumentino le unità abitative in zona scarsamente abitata o non residenziale perché il comune è costretto ad ampliare gli impianti idrici, fognari, viari, ecc. esistenti per adeguarli alla nuova situazione urbanistica.
Fondato è invece il ricorso con riferimento alle difformità relative al primo piano dove era stata costruita una scala interna non prevista dal progetto. Tale difformità però, non modificando la destinazione d'uso dei locali posti al primo piano e non incidendo sulla sagoma o sulla volumetria dell'edificio, in mancanza di uno specifico divieto di costruire scale interne contenuto nel permesso di costruire, poteva essere sanata mediante denuncia d'inizio attività presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori a norma del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, comma 2. Nella fattispecie il ricorrente aveva sottoposto all'esame del tribunale la relativa questione, ma il collegio ha completamente omesso di esaminarla, nonostante che le difformità riscontrate al primo piano apparissero notevolmente diverse da quelle constatate al secondo piano. Pertanto l'ordinanza impugnata va annullata sul punto con rinvio al tribunale di Catania per un nuovo esame. Il tribunale del rinvio dovrà in particolare accertare se le difformità riscontrate al primo piano siano o no inquadratali tra quelle meramente interne eventualmente sanabili con la denuncia d'inizio attività presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori. Nell'ipotesi affermativa dovrà escludere dal sequestro il primo piano dell'immobile.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'articolo 620 c.p.p. annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Catania limitatamente alla configurabilità del reato con riferimento alle opere eseguite al primo piano. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 19 aprile 2007.
Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2007
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 19/04/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 370
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 4224/2007
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di LAUDANI Mario, nato a Paternò il 19 giugno del 1966 e LAUDANI Giuseppe, nato a Paternò il 10 dicembre del 1968;
avverso l'ordinanza del tribunale di Catania dell'11 dicembre del 2006;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Sostituto Procuratore Generale nella persona del Dott. Vito D'Ambrosio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
letti il ricorso e l'ordinanza denunciata.
Osserva quanto segue:
IN FATTO
Con ordinanza dell'11 dicembre del 2006, il tribunale di Catania confermava il provvedimento di sequestro preventivo di un fabbricato sito in contrada Cesarea disposto dal giudice per le indagini preliminari del luogo a carico di Laudani Mario e Laudani Giuseppe, quali indagati per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), per avere costruito il manufatto anzidetto in totale difformità dal permesso di costruire.
A fondamento della decisione il tribunale, dopo avere premesso che al secondo piano, in luogo dei previsti locali di sgombero, erano state realizzate vere e proprie unità abitative, e che al primo piano era stata costruita una scala interna, osservava che sussistevano le esigenze cautelari ancorché il fabbricato fosse stato ultimato, in quanto occorreva evitare l'aggravamento del carico urbanistico e l'uso dell'immobile.
Ricorre per cassazione il difensore denunciando:
la violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 2 con riferimento agli artt. 321 e 324 c.p.p. nonché carenza e contraddittorietà della motivazione: il ricorrente, dopo avere premesso che trattatasi di opere interne, osserva che il riferimento all'aggravamento del carico urbanistico è improprio perché nella zona non esistono rete fognaria o idrica e quindi non è ipotizzatole alcun aggravamento del carico urbanistico;
la violazione dell'art. 321 e 324 c.p.p. per omessa motivazione in ordine alla necessità di mantenere il vincolo cautelare anche con riferimento al primo piano che è conforme al permesso di costruire;
la violazione dell'art. 324 c.p.p. per l'inosservanza del termine perentorio di dieci giorni per il deposito della motivazione con conseguente perdita di efficacia del provvedimento cautelare. IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti di seguito precisati.
Preliminare è l'esame del terzo motivo con cui si deduce la perdita d'efficacia del provvedimento di sequestro per l'inosservanza del termine di giorni dieci per il deposito della motivazione. Il motivo è infondato perché il termine perentorio di gg. 10 per il deposito della decisione decorre dal momento in cui il giudice ad quem ha ricevuto il fascicolo (Cass. Sez. Un. 18 giugno 2003 Dell'Olmo) anche se l'atto impugnato viene depositato dal ricorrente. Nella fattispecie il fascicolo è pervenuto al tribunale il 30 novembre del 2006 e l'atto impugnato è stato depositato in cancelleria l'11 dicembre del 2006 ossia nei termini previsti perché il 10 dicembre era giorno festivo.
Ciò precisato, per delimitare il campo d'indagine devoluto a questa corte, è opportuno premettere che in questa materia, a norma dell'art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione può essere proposto solo per violazione di legge. Secondo l'orientamento prevalente di questa corte, ribadito dalle Sezioni unite con la sentenza n. 2 del 2004, Ferrazzi, nel concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art. 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo d'annullamento nell'art. 606 c.p.p., lett. e) ne' tanto meno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento.
Nella fattispecie non v'è dubbio sulla configurabilità del fumus delicti e sulle esigenze cautelari con riferimento al secondo piano essendo state riscontrate, rispetto al permesso di costruire, difformità totali consistite nella diversa destinazione d'uso dei locali effettuata mediante opere di ristrutturazione: in particolare, in luogo dei previsti locali di sgombero, si sono realizzate vere e proprie unità abitative. Quello in questione rappresenta un esempio scolastico di difformità totale perché, chiesto il permesso per costruire per locali di sgombero, si sono invece realizzate opere completamente diverse. In proposito va sottolineato che il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 1 considera opere in totale difformità dal permesso di costruire quelle in cui il mutamento della destinazione d'uso prevista in progetto venga realizzato durante l'attività costruttiva del fabbricato attraverso l'esecuzione di lavori che globalmente conferiscono all'organismo edilizio diverse caratteristiche d'utilizzazione. Per tali opere, come sottolineato dalla dottrina, occorre il rilascio di un nuovo permesso di costruire, la cui mancanza configura il reato di cui all'art. 44, lettera b) del testo unico citato.
Il riferimento alle opere interne ed alle relative variazioni in corso d'opera è improprio almeno con riferimento al secondo piano. Invero le opere interne possono essere eseguite previa mera dichiarazione d'inizio attività a condizione che non comportino modifiche della sagoma o dei volumi o comunque modificazione della destinazione d'uso tra categorie autonome e, se realizzate nell'ambito dei centri storici, anche nel caso in cui comportino modificazioni della destinazione d'uso nell'ambito della medesima categoria. Invero sono assentibili con mera dichiarazione di inizio attività tutti gli interventi non riconducibili a quelli indicati nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 6 e 10 (cfr. art. 22). Il legislatore, avendo adottato un criterio residuale per individuare gli interventi edilizi realizzabili mediante denuncia d'inizio attività, ha evitato di elencarli. Per individuarli si può però fare riferimento all'elenco, ancorché non tassativo, contenuto nel D.L. 5 ottobre del 1993, n. 398, art. 4 convertito nella L. n. 493 del 1993 nel testo risultante dalle modifiche apportate con la L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60 e successive modificazioni. Tale elenco, per quanto rileva in questa fattispecie, comprendeva le opere interne di singole unità immobiliari a condizione che non comportassero modifiche della sagoma e dei prospetti e - non recassero pregiudizio alla statica dell'immobile. Le opere interne quindi, a seconda delle loro caratteristiche, possono o no richiedere il permesso di costruire. Richiedono il permesso di costruire gli interventi riconducibili al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 10, lettera c) ed in particolare, tra gli altri, quelli che modificano la destinazione d'uso dell'immobile.
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, comma 2, come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, richiamato nel ricorso, non è applicabile alla fattispecie almeno con riferimento al secondo piano. Detta norma dispone infatti che sono sottoposte a denuncia d'inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso o la categoria edilizia; che non alterino la sagoma dell'edificio e non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire. In tali situazioni la denuncia d'inizio attività può essere presentata anche prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori. Nella fattispecie non è però applicabile tale norma per la modificazione della destinazione d'uso, la quale individua la funzione che l'immobile è destinato a svolgere. Trattasi di un elemento di notevole importanza perché incide direttamente sulla pianificazione territoriale e sul carico urbanistico. In dottrina si è perspicuamente osservato che una parte del degrado ambientale è riconducibile proprio ai diffusi mutamenti di destinazione d'uso degli immobili preesistenti con problemi connessi alle diverse esigenze di trasporto, smaltimento dei rifiuti, viabilità ecc..
Anche per quanto concerne le esigenze cautelari, sempre con riferimento al secondo piano dell'immobile, il provvedimento è congruamente motivato. Invero, in materia edilizia, anche in caso di immobile abusivamente costruito che risulti ultimato, è ipotizzatale la sussistenza delle esigenze cautelari richieste dalla legge per disporre il sequestro preventivo, atteso che le conseguenze che tale misura tende ad evitare sono ulteriori rispetto alla fattispecie tipica già realizzata: infatti l'esistenza di una costruzione abusiva può aggravare il cd. carico urbanistico e quindi protrarre le conseguenze del reato (cfr. Cass. 11146 del 2002; 19 gennaio del 2003, Barlotti; 22 gennaio 2003, Sferratore). Tale situazione si verifica o può verificarsi frequentemente come sopra precisato proprio in occasione della modificazione della destinazione d'uso di unità immobiliari.
Non rileva la circostanza che nella zona non vi fossero impianti idrici e fognari giacché il carico urbanistico può aumentare proprio allorché aumentino le unità abitative in zona scarsamente abitata o non residenziale perché il comune è costretto ad ampliare gli impianti idrici, fognari, viari, ecc. esistenti per adeguarli alla nuova situazione urbanistica.
Fondato è invece il ricorso con riferimento alle difformità relative al primo piano dove era stata costruita una scala interna non prevista dal progetto. Tale difformità però, non modificando la destinazione d'uso dei locali posti al primo piano e non incidendo sulla sagoma o sulla volumetria dell'edificio, in mancanza di uno specifico divieto di costruire scale interne contenuto nel permesso di costruire, poteva essere sanata mediante denuncia d'inizio attività presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori a norma del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, comma 2. Nella fattispecie il ricorrente aveva sottoposto all'esame del tribunale la relativa questione, ma il collegio ha completamente omesso di esaminarla, nonostante che le difformità riscontrate al primo piano apparissero notevolmente diverse da quelle constatate al secondo piano. Pertanto l'ordinanza impugnata va annullata sul punto con rinvio al tribunale di Catania per un nuovo esame. Il tribunale del rinvio dovrà in particolare accertare se le difformità riscontrate al primo piano siano o no inquadratali tra quelle meramente interne eventualmente sanabili con la denuncia d'inizio attività presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori. Nell'ipotesi affermativa dovrà escludere dal sequestro il primo piano dell'immobile.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'articolo 620 c.p.p. annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Catania limitatamente alla configurabilità del reato con riferimento alle opere eseguite al primo piano. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 19 aprile 2007.
Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2007