Pres. Onorato Est. Ianniello Ric. D’Alba
Urbanistica. Violazione sigilli e risarcimento del danno al Comune
La violazione dei sigilli può ledere oltre che l'interesse della Pubblica autorità ad assicurare l'indisponibilità del bene per ragioni di giustizia o altro, anche un parallelo o concorrente interesse di un soggetto privato alla conservazione della identità del bene in attesa del suo conseguimento o a garanzia di un credito o per evitare un aggravio di danno conseguente alla sua modificazione. Questa duplice possibile potenzialità lesiva spiega le ragioni per cui correttamente il giudice può disporre la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni all’Amministrazione Comunale (nella fattispecie si è ritenuto che la violazione dei sigilli per immutare lo stato dei luoghi oggetto di sequestro, con la prosecuzione dei lavori relativi, aveva condotto ad ulteriori conseguenze il danno subito dal Comune).
SENTENZA
N. 01328 /2007
REG. GENERALE N.034949/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Sigg.:
Dott. ONORATO PIERLUIGI PRESIDENTE
1.Dott.TERESI ALFREDO CONSIGLIERE REGISTRO GENERALE
2.Dott.FIALE ALDO
3.Dott.IANNIELLO ANTONIO
4.Dott.SENSINI MARIA SILVIA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA / ORDINANZA
sul ricorso proposto da :
1) D'ALBA BARBARA N. IL 04/05/1968
avverso SENTENZA del 20/04/2006 CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere IANNIELLO
ANTONIO
Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Passacantando
Guglielmo che ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito, per la parte civile, l'Avv. ////
Udit i difensor Avv.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 20 aprile 2006, la Corte d'appello di Napoli ha
confermato integralmente la sentenza in data 15 maggio 2003, con la
quale il locale Tribunale aveva condannato Barbara D'Alba, previo
riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata
aggravante, alla pena di mesi sei di reclusione ed € 300,00 di
multa, ritenendola colpevole del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 349
cpv. cod. pen. per avere, in Napoli, come accertato il 23 gennaio 1999,
in qualità di proprietaria, committente e custode di un
immobile abusivo, ripetutamente violato i sigilli ad esso apposti su
disposizione dell'Autorità giudiziaria.
Il Tribunale aveva inoltre dichiarato non doversi procedere nei
confronti dell'imputata per l'abuso edilizio ed i reati connessi,
perché estinti per intervenuta prescrizione. Aveva infine
condannato la donna al risarcimento dei danni alla costituita parte
civile Comune di Napoli, da liquidare in separata sede.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per
cassazione il difensore dell'imputata, deducendo:
1 - il vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze
istruttorie ai fini del giudizio di equivalenza delle generiche, che
alla luce della modestia dell'abuso, avrebbero dovuto essere ritenute
prevalenti. Comunque, nella valutazione, i giudici avevano
illegittimamente tenuto conto anche della gravità dell'abuso
edilizio, viceversa dichiarato prescritto già in primo
grado, mentre avrebbero dovuto aver riguardo unicamente al fatto di
violazione dei sigilli.
2 - il vizio di motivazione in ordine alla censura relativa alla
condanna al risarcimento del danno al Comune quale parte civile: in
mancanza di condanna e sulla base della semplice estinzione per
prescrizione dei reati edilizi, la Corte d'appello non avrebbe infatti
potuto, secondo la ricorrente, condannarla a risarcire al Comune danni
che non potevano che derivare a questO da violazioni edilizie.
L'imputata conclude pertanto chiedendo l'annullamento della sentenza
impugnata.
Il ricorso è infondato.
Col primo mezzo, la ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della
prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata aggravante di
cui al 2° comma dell'art. 349 c.p., sostenendo la modestia
dell'abuso edilizio operato e cui era finalizzata la violazione dei
sigilli e deducendo che comunque la valutazione di gravità
del fatto avrebbe dovuto concernere esclusivamente il reato accertato
in sentenza e non quello dichiarato estinto per prescrizione.
Il motivo è in parte generico ed in parte infondato.
E' generico quando qualifica modesto soppalco l'opera che i giudici di
merito hanno definito, sulla base delle risultanze istruttorie, la "completa
ristrutturazione di un appartamento sito all'ultimo piano di un
edificio e sua trasformazione in una unità abitativa su due
piani".
Il motivo è poi infondato laddove pretende di limitare al
reato oggetto di accertamento positivo le valutazioni del giudice in
sede di determinazione della pena, anche attraverso il giudizio di
prevalenza o equivalenza delle circostanze del reato.
Incidono infatti in tale valutazione, ai sensi dell'art. 133 c.p., non
solo considerazioni inerenti la gravità del reato accertato,
comunque operate nel caso in esame dai giudici, ma anche, per quel che
qui interessa, la condotta contemporanea e successiva dell'imputato,
nel caso di specie rappresentata dalla continuazione dell'opera
nonostante l'apposizione dei sigilli, da ritenere pertanto
correttamente presa in esame dai giudici di merito.
Va infine rilevato come proprio questa possibilità di
modificazione - anche mediante la prosecuzione di lavori su di essa -
dell'opera della quale l'apposizione dei sigilli è
finalizzata ad assicurare "la conservazione e la identità",
conduce a ritenere che il reato di cui all'art. 349 c.p. possa essere
un reato plurioffensivo.
Appare infatti ipotizzabile che la violazione dei sigilli possa ledere
oltre che l'interesse della Pubblica autorità ad assicurare
l'indisponibilità del bene per ragioni di giustizia o altro,
anche un parallelo o concorrente interesse di un soggetto privato alla
conservazione della identità del bene in attesa del suo
conseguimento o a garanzia di un credito o per evitare un aggravio di
danno conseguente alla sua modificazione.
Questa duplice possibile potenzialità lesiva spiega le
ragioni per cui correttamente i giudici di merito abbiano disposto la
condanna dell'imputata al risarcimento dei danni al Comune di Napoli,
in quanto nel caso esaminato la violazione dei sigilli per immutare lo
stato dei luoghi oggetto di sequestro, con la prosecuzione dei lavori
relativi, aveva condotto ad ulteriori conseguenze il danno subito dal
Comune.
Anche il secondo motivo di ricorso va pertanto ritenuto infondato.
Sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con la
conseguente condanna della ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p.,
al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali.