Cass. Sez. III n. 24997 del 8 luglio 2025 (CC 23 giu 2025)
Pres. Ramacci Est. Bucca Ric. PM in proc. Agorini
Urbanistica.Demolizione e delibera comunale che dichiari la sussistenza di prevalenti interessi pubblici all'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio del comune
Non basta che gli atti amministrativi intervenuti individuino una finalità pubblica in termini generali quale il soddisfacimento delle esigenze abitative dei soggetti meno abbienti o richiamino le finalità di cui alla legge Reg. Campania n. 5 del 2013, la cui concreta attuazione è demandata a successivi atti, per poterne affermare la legittimità e, quindi, la non eseguibilità della demolizione, ma occorre che quello specifico immobile sia destinato al soddisfacimento di una precisa esigenza abitativa, così che possa configurarsi quel “concreto” e “attuale” interesse pubblico al mantenimento dell’opera che giustifica la revoca dell’ordine di demolizione
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 17/3/2025 il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’istanza di Cirillo Giuseppe, nella qualità di Sindaco di Cardito, revocò l’ordine di demolizione delle opere di cui alla sentenza n. 89/1997, adottata dalla Pretura di Napoli, Sezione distaccata di Afragola, il 30/1/1997, divenuta irr. il 17/3/1997, che aveva condannato Agorini Alessandro e Agorini Antonio alla pena di 1 anno di reclusione e 1.000.000 di lire di multa per la violazione degli artt.: 20 lett. b) L. 47/135; 2,13,3,14 L. 1086/1971; 1,2,20 L. 64/74; 349 cod.pen., disponendo altresì la demolizione del manufatto abusivo.
2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli che, con unico motivo, denuncia il deficit di motivazione e la violazione della legge penale o di altre norme giuridiche.
Secondo il ricorrente, il Tribunale si era limitato a valutare la regolarità formale della delibera comunale che aveva dichiarato la prevalenza dell'interesse pubblico alla conservazione del manufatto perché da destinarsi a concessione in locazione (housing sociale) o alla dismissione in conformità con quanto previsto dalla legge Regione Campania n. 5 del 2013, art. 1 comma 65, senza procedere a “una puntuale disamina” in ordine:
all’ idoneità statica del fabbricato abusivo, che risultava edificato in pochi giorni e in violazione delle norme urbanistiche, per verificarne la conformità con quanto previsto dal DM del 15/5/1985 e dall’art. 35 comma 4 l. 47/85, risultando insufficiente la “mera osservazione del G.E. che il manufatto sia stato sottoposto al vaglio positivo sotto il profilo dell’inidoneità statica/sismica (con perizia che non ha previsto, ritenendoli superflui, esami tecnici approfonditi affidandosi unicamente ad una stima visiva ed a documentazione fornita dalla parte relativamente alle caratteristiche dei materiali)”;
alla sussistenza degli interessi pubblici prevalenti, attuali e concreti, alla conservazione dell’immobile. Si segnala al riguardo che:
l’immobile era stato lasciato nella disponibilità degli autori del reato, senza che intervenisse una procedura di assegnazione, così entrando in conflitto con quanto esposto nella sentenza della Corte di cassazione n. 14660 del 4/2/2021, che aveva sottolineato l’esigenza di evitare che, attraverso la procedura adottata dall’ente territoriale, gli autori dell’abuso potessero conseguire l’inammissibile vantaggio… a consolidare (peraltro gratuitamente) il vantaggio conseguito mediante il reato”, e con la ratio sottesa alla modifica dell’art. 31 comma 5 del d.P.R. 380/2001 ad opera della legge 105/2024, che ha precluso al responsabile dell’abuso di poter partecipare alla procedura di alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio pubblico;
Si aggiunge che il Tribunale non aveva verificato l’effettiva destinazione ad housing sociale dell’immobile omettendo di considerare che i germani Alessandro e Antonio Agorini erano cointestatari di unità immobiliari nel Comune di Cardito.
3. Il procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso rilevando che l’ordinanza aveva dato atto che gli atti amministrativi erano conformi all’art. 1 comma 65 l.r. 5/2013 e che era stato sottoposto a vaglio positivo il profilo dell’idoneità sismica del fabbricato mentre le censure del ricorrente erano basate su elementi ipotetici e congetturali.
3.1 Con memoria datata 3/6/2025 il Comune di Cardito ha chiesto dichiararsi inammissibile o comunque infondato il ricorso rilevando che:
il ricorrente si era limitato a riproporre gli argomenti esposti nei pareri espressi nel corso del procedimento, senza confrontarsi con le motivazioni del provvedimento impugnato;
la destinazione di un immobile a edilizia residenziale pubblica era riconducibile ad un’attività pubblicistica, siccome riconosciuta in sentenza del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione;
la delibera consiliare n. 29/2018 aveva espresso chiaramente la volontà dell’ente di dichiarare il prevalente interesse pubblico all’acquisizione conservativa del bene al patrimonio del Comune al fine di favorire l’edilizia residenziale sociale e non già i soggetti condannati;
era stato dimostrato che l’immobile era stato sgomberato da cose e persone;
l’art. 31 comma 5 d.P.R. 380/01 non faceva riferimento all’aspetto sismico e comunque il Tribunale aveva dato atto che era stato prodotto il certificato del collaudo antisismico.
3.2 Con memoria datata 22/5/2025 l’avv.to Barbieri, difensore di ufficio di Alessandro e Antonio Agorini, ha chiesto la conferma del provvedimento impugnato sottolineando la legittimità degli atti amministrativi intervenuti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il Tribunale di Napoli ha accolto la richiesta del Sindaco del Comune di Cardito di revoca dell'ordine di demolizione osservando che le delibere consiliari del 21/9/2015 e del 28/3/2019, che avevano dichiarato “il prevalente interesse pubblico all’acquisizione conservativa [dell’immobile] finalizzata al soddisfacimento di esigenze di edilizia residenziale sociale” erano conformi “alla previsione dell’art. 1, comma 65, L.Reg. 5/2013, che consente la destinazione degli immobili acquisiti al patrimonio dei comuni ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, di edilizia residenziale sociale, in base alla legge 22/10/1971 n. 865 nonché dei programmi di valorizzazione immobiliare anche con l'assegnazione in locazione di immobili destinati ad un uso diverso da quello abitativo, o a programmi di dismissione immobiliare.
Il provvedimento, ancora, sottolinea che il fabbricato è stato sottoposto “a vaglio positivo” dal punto di vista dell’idoneità statica/sismica ed era pacifica l’insussistenza di vincoli (ambientali, paesaggistici e idrogeologici) sull’area.
2. Va subito precisato che nulla osta, contrariamente a quanto eccepito nella memoria del Sindaco del Comune di Cardito, alla parte originariamente non impugnante di riproporre con il ricorso per cassazione le deduzioni contenute in pareri o scritti difensivi inutilmente sottoposti al giudice per contrastare la domanda avversaria.
3. Quanto al merito, è affermazione costante nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di reati edilizi, costituisce ipotesi eccezionale ostativa alla esecuzione dell'ordine giurisdizionale di demolizione l'adozione dì una delibera comunale che dichiari la sussistenza di prevalenti interessi pubblici all'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio del comune, sempre che il giudice dell'esecuzione, esercitando il proprio potere-dovere di sindacato sull'atto amministrativo, riconosca l'esistenza di specifiche esigenze che giustificano tale scelta (Sez. 3, n. 9864 del 17/02/2016, Corleone ed altro, Rv. 266770). In maniera non difforme da quanto affermato in relazione alla concessione in sanatoria e al condono, in relazioni ai quali si è affermato che il giudice dell'esecuzione ha il dovere di controllare la legittimità del provvedimento amministrativo, disapplicandolo ove lo stesso sia stato emesso in assenza delle condizioni formali e sostanziali di legge previste per la sua esistenza (Sez. 3, n. 25485 del 17/03/2009, Consolo, m. 243905), è stato più volte precisato che il giudice dell’esecuzione deve esercitare un controllo sulla delibera consiliare con la quale è stata dichiarata la prevalenza dell'interesse pubblico alla conservazione dell'immobile che può ritenersi legittimamente emanata quando sussistano le seguenti condizioni: 1) assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell'ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali: in quest'ultimo caso l'assenza di contrasto deve essere accertata dall'amministrazione preposta alla tutela del vincolo; 2) adozione di una formale deliberazione del consiglio con cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti; 3) la dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico, ecc. (Sez. 3, n. 11419, 11 marzo 2013; Sez. 3, n. 41339 del 10 ottobre 2008, Castaldo e altra, non massimata).
Tali principi si trovano ribaditi in procedimenti relativi a vicende identiche a quella in esame, relative a immobili abusivi, realizzati nel territorio del Comune di Cardito, in ordine ai quali l’ente territoriale aveva dichiarato il prevalente interesse pubblico alla conservazione dell’opera perché da “destinarsi a concessione in locazione o dismissione nel rispetto del giusto procedimento in conformità a quanto prevede l’art. 1 comma 65, legge Reg. Campania n. 5 del 2013” ( Sez. 3, n. 2582 del 24/5/2028 (dep. 2019), Russo; Sez. 3, n. 15313 del 5/3/2020, Lastra).
In entrambi i casi le decisioni del giudice dell’esecuzione che avevano revocato l’ordine di demolizione sono state annullate essendo stato rilevato che la delibera comunale che aveva disposto la conservazione del manufatto non poteva essere fondata “su un generico riferimento alla destinazione …a concessione in locazione in conformità a quanto previsto” dalla citata legge regionale.
Non basta, in altri termini, che gli atti amministrativi intervenuti individuino una finalità pubblica in termini generali quale il soddisfacimento delle esigenze abitative dei soggetti meno abbienti o richiamino le finalità di cui alla legge Reg. Campania n. 5 del 2013, la cui concreta attuazione è demandata a successivi atti, per poterne affermare la legittimità e, quindi, la non eseguibilità della demolizione, ma occorre che quello specifico immobile sia destinato al soddisfacimento di una precisa esigenza abitativa, così che possa configurarsi quel “concreto” e “attuale” interesse pubblico al mantenimento dell’opera che giustifica la revoca dell’ordine di demolizione ( Sez. 3, n. 23360 del 14/5/2021, Cirillo).
4. Tale conclusione trova conforto nella sentenza n. 140 del 2018 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 2, comma 2, della legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di governo del territorio). Ha affermato, il Giudice delle Leggi, che il "disallineamento della disciplina regionale rispetto al principio fondamentale della legislazione statale - quello che individua nella demolizione l'esito "normale" della edificazione di immobili abusivi acquisiti al patrimonio dei comuni - finisce con intaccare e al tempo stesso sminuire l'efficacia anche deterrente del regime sanzionatorio dettato dallo Stato all'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, incentrato, come si è visto, sulla demolizione dell'opera abusiva, la cui funzione essenzialmente ripristinatoria non ne esclude l'incidenza negativa nella sfera del responsabile”. A ciò consegue che “l'art. 2, considerato nel suo insieme per le strette implicazioni delle disposizioni in esso contenute, viola il principio fondamentale espresso dai commi da 3 a 6 dell'art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001. Tale principio implica che l'opera abusiva acquisita al patrimonio comunale debba, di regola, essere demolita e che possa essere conservata, in via eccezionale, soltanto se, con autonoma deliberazione del consiglio comunale relativa alla singola opera, si ritenga, sulla base di tutte le circostanze del caso, l'esistenza di uno specifico interesse pubblico alla conservazione della stessa e la prevalenza di questo sull'interesse pubblico al ripristino della conformità del territorio alla normativa urbanistico-edilizia, nonché l'assenza di un contrasto della conservazione dell'opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico. Si noti che la facoltà riconosciuta ai Comuni, di non demolire le opere abusive di cui qui si discute deve implicare un'analisi puntuale delle caratteristiche di ognuna di esse, rispettosa dei canoni individuati dalla legge statale, che sola può garantire uniformità sull'intero territorio nazionale". La Corte sottolinea ancora che “l disallineamento della disciplina regionale rispetto al principio fondamentale della legislazione statale – quello che individua nella demolizione l’esito “normale” della edificazione di immobili abusivi acquisiti al patrimonio dei comuni – finisce con intaccare e al tempo stesso sminuire l’efficacia anche deterrente del regime sanzionatorio dettato dallo Stato all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, incentrato, come si è visto, sulla demolizione dell’opera abusiva, la cui funzione essenzialmente ripristinatoria non ne esclude l’incidenza negativa nella sfera del responsabile. L’effettività delle sanzioni risulterebbe ancora più sminuita nel caso di specie, in cui l’interesse pubblico alla conservazione dell’immobile abusivo potrebbe consistere nella locazione o nell’alienazione dello stesso all’occupante per necessità responsabile dell’abuso.”
5. I principi sino adesso enunciati non trovano applicazione nel provvedimento impugnato, essendosi limitato il Tribunale di Napoli a rilevare che gli atti amministrativi intervenuti sono conformi “alla previsione dell’art. 1 comma 65 l. Reg. Campania 5/2013”. A tale giudizio il Tribunale perviene dopo aver dato atto che: l’immobile era stato destinato dal Comune “a finalità di edilizia residenziale sociale” mediante una delibera ( delibera consigliare del 28/3/2019) che però non corrisponde a quella richiamata nella memoria dell’avv.to Molinaro ( delibera n. 29 del 30/5/2018); la documentazione prodotta individuava “gli occupanti delle varie unità abitative” e le ingiunzioni di pagamento della prevista indennità loro notificate; la documentazione fotografica “annessa alla certificazione di idoneità statica” attestava l’avvenuto sgombero delle singole unità abitative”.
Quale sia l’interesse concreto e attuale che l’immobile è destinato a soddisfare non emerge, quindi, dal provvedimento impugnato, risultando, anzi, una condizione di illegalità che consente a non meglio identificati “occupanti”, da identificarsi forse negli stessi responsabili dell’abuso, di usufruire del bene.
Anche sotto il profilo del rispetto della normativa antisismica la motivazione del provvedimento impugnato risulta carente, richiamando un “certificato a firma dell’ing. Chianese” senza dare conto degli accertamenti che giustificavano il giudizio di idoneità statica dell’immobile formulato dal professionista. Va aggiunto, ancora, che è vero, come deduce la difesa dell’ente territoriale, che l’art. 31 comma 5 del d.P.R. n. 380/01 non fa riferimento all’aspetto sismico, ma è di tutta evidenza che in tanto l‘immobile può essere destinato al soddisfacimento di una precisa esigenza abitativa in quanto ne sia stata verificata la conformità alla disciplina antisismica.
Si è, quindi, in presenza di provvedimenti amministrativi e di una situazione di fatto sovrapponibili a quelli che hanno determinato l’annullamento delle ordinanze del Tribunale di Napoli ad opere delle sentenze n. 2582/19 e 15313/20 innanzi richiamate.
6. Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Napoli, in diversa persona fisica, per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli
Così deciso il 23/6/2025.