Cass. Sez. III n. 34629 del 24 settembre 2010 (Cc. 17 giu. 2010)
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. Boccanfuso ed altro
Urbanistica. Esecuzione demolizione
Nel procedimento di esecuzione eventuali doglianze in ordine al costo della demolizione potrebbero essere fatte valere con l’opposizione al decreto con cui il PM liquida e pone a carico del condannato le relative spese (spese che - è opportuno ricordarlo - ben potrebbero essere dimensionate attraverso l’ottemperanza spontanea all’ordine demolitorio). Il P.M può chiedere la collaborazione degli uffici regionali (come del Genio Militare) nella cura del compiti affidatigli dall’art. 655, 1° comma, c.p.p.
UDIENZA del 17.6.2010
SENTENZA N. 923
REG. GENERALE N. 29347/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli III.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GUIDO DE MAIO - Presidente
Dott. CLAUDIA SQUASSONI - Consigliere
Dott. MARIO GENTILE - Consigliere
Dott. ALDO FIALE - Rel. Consigliere
Dott. GIULIO SARNO - Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) BOCCANFUSO CONCETTA N. IL xx/xx/xxxx
2) BERNARDINI ENRICO N. IL ad/xx/xxxx
- avverso l'ordinanza n. 19/2006 TRIB.SEZ.DIST. di ISCHIA, dei 27/05/2009
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
- lette le conclusioni del PG il quale ha chiesto la declaratiora di inammissibilità del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Boccanfuso Concetta e Bernardini Enrico sono stati condannati - per reati edilizi e paesaggistici - con sentenza 8.11.2006 del Tribunale di Napoli - Sezione distaccata di Ischia, avente autorità di cosa giudicata dal 29.11.2006.
Con la stessa sentenza è stata ordinata la demolizione dell'immobile abusivo, ai sensi de l'art. 31, comma 9, del T.U. n. 380/2001 (già art. 7, ultimo comma, della legge n. 47/1985).
Nella fase esecutiva il P.M. competente ha ingiunto ai condannati la demolizione, ma costoro non vi hanno ottemperato ed hanno instaurato un primo incidente di esecuzione, definito con ordinanza di rigetto del 2.10.2008.
Avendo avuto inizio le operazioni di demolizione, i due difensori hanno proposto nuovo incidente di esecuzione ed hanno chiesto la sospensione del procedimento demolitorio, ribadendo talune delle argomentazioni che avevano già costituto oggetto della precedente pronuncia di rigetto (pendenza di un'istanza di condono edilizio assistita da parere di congruità sulla somma versata a titolo di oblazione; disparità di trattamento rispetto ad altre analoghe situazioni diversamente valutate da altro giudicante), nonché eccependo la violazione del diritto di difesa degli esecutati, non fatti oggetto di apposito avviso dell'inizio delle operazioni di demolizione al fine di consentire loro l'eventuale autodemolizione delle opere.
Sono state altresì rappresentate esigenze familiari concernenti le condizioni di salute degli esecutati e del figlio, oltre a problemi economici che giustificherebbero in qualche modo l'abuso posto in essere, costituito dall'ampliamento di un edificio preesistente.
Uno dei difensori ha poi eccepito la violazione, nell'affidamento dell'intervento di demolizione alla Regione Campania, degli arti. 61 e 62 del D.P.R. 30.5.2002, n. 115 (T. U. delle spese di giustizia), trattandosi di modalità non prevista espressamente da tali norme, nonché della convenzione interministeriale adottata il 15.12.2005 proprio in base al disposto del predetto art. 62, lamentando sostanzialmente il mancato affidamento delle opere demolitorie all'Amministrazione della difesa o ad idonee imprese private con le modalità ivi indicate.
Ha prospettato altresì, al riguardo, un contrasto con l'art. 655 c.p.p., che demanda esclusivamente al F.M. l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali.
Il Tribunale di Napoli - Sezione distaccata di Ischia, quale giudice dell'esecuzione, all'esito del procedimento in camera di consiglio di cui all'art. 666, commi 3° e 4°, c.p.p. - con ordinanza del 27.5.2009 - ha rigettato l'istanza di sospensione sui rilievi che:
- dovevano considerarsi inammissibili tutte le questioni concernenti l'obbligo di demolizione, per essere ogni problematica relativa al titolo esecutivo assorbita dalla precedente ordinanza di rigetto del 2.10.2008, trattandosi di questione identiche a quelle già disattese con tale ordinanza;
- alla stregua delle risultanze di perizia appositamente effettuata, le attività esecutive in atto, riferite all'ampliamento abusivo, non ponevano in pericolo statico e/o strutturale l'edificio preesistente;
- le procedure esecutive, comunque disposte dall'ufficio di Procura quale organo dell'esecuzione, devono considerarsi assolutamente legittime, per la mancanza di obbligatorietà (ed anche di priorità) dell'esecuzione da effettuarsi con l'intervento del Genio Militare, nonché tenuto conto delle esigenze di efficienza e di efficacia dell'azione esecutiva.
Avverso tale ordinanza gli interessati hanno proposto ricorso per cassazione, ribadendo le eccezioni (già proposte al giudice dell'esecuzione) di illegittimità dell'affidamento dell'intervento demolitorio all'Amministrazione regionale, per pretesa violazione degli artt. 61 e 62 del D.F.R. n. 115/2002.
Secondo la prospettazione difensiva, una volta valutata dal P.M. l'eccessiva onerosità del ricorso all'intervento demolitorio del Genio Militare, l'unica alternativa legittima consentita sarebbe l'affidamento (anche a trattativa privata, ricorrendone i presupposti) ad imprese private tecnicamente e finanziariamente idonee.
L'affidamento della demolizione alla P.A. - salvo che la legge non disponga diversamente, come nel caso di violazione di disposizioni tecniche della normativa antisismica, ove l'art. 24 della legge n. 64/1974 (la disposizione è oggi trasfusa nell'art. 99 del T.U. n. 380/2001: nd.r.] demanda all'ufficio tecnico regionale l'esecuzione dell'ordine impartito dal giudice penale - violerebbe, altresì, l'art. 655 c.p.p., che riserva al pubblico ministero l'esecuzione dei provvedimenti del giudice e la determinazione delle concrete modalità esecutive.
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Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse dei ricorrenti, oltre che perché manifestamente infondato.
Ai sensi dell'art. 568, comma 4, c.p.p., per proporre impugnazione è necessario avervi interesse e tale interesse, secondo la giurisprudenza costante, deve essere concreto e attuale.
La prova dell'esistenza di un interesse siffatto, inoltre, deve essere data dal ricorrente, trattandosi di un requisito di ammissibilità del gravame.
Nella fattispecie in esame, invece, i ricorrenti non hanno svolto alcun argomento per dimostrare l'esistenza di un interesse concreto e attuale.
Non viene messa in discussione, in particolare, la valutazione della economicità della procedura in concreto seguita, mentre eventuali doglianze in ordine al costo della demolizione potrebbero essere fatte valere con l'opposizione al decreto con cui il P.M. liquida e pone a carico del condannato le relative spese (spese che - è opportuno ricordarlo - ben avrebbero potuto essere dimensionate dagli stessi ricorrenti attraverso l'ottemperanza spontanea all'ordine demolitorio).
Il ricorso é anche manifestamente infondato, perché il P.M. non ha delegato l'esecuzione alla Regione (come non l'avrebbe delegata al Genio Militare), ma ha soltanto chiesto ed ottenuto la collaborazione degli uffici regionali nella cura dei compiti affidatigli dall'art. 655, 1° comma, c.p.p.
Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale, deve rilevarsi che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", sicché, a norma dell'art. 616 c.p.p., a detta declaratoria segue l'onere del pagamento delle spese processuali, nonché, per ciascun ricorrente, quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata nella misura di euro 1.500,00 in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione,
visti gli arti. 607, 611 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché ciascuno di essi al versamento della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 17.6.2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 24 sett. 2010