Cass. Sez. III n. 7400 del 16 febbraio 2017 (Cc 20 dic 2016)
Presidente: Cavallo Estensore: Gai Imputato: Loiacono
Urbanistica.Legge Reg. Sicilia n. 15 del 2004
In materia di reati edilizi, il richiamo operato dall'art. 24 della legge Reg. Sicilia 5 novembre 2004, n. 15, all'art. 32 D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito con la legge 24 novembre 2003 n. 326 riguarda non solo le forme della richiesta di concessione in sanatoria ma anche i limiti entro i quali questa può essere rilasciata, tra cui quelli previsti dal comma 27, lett. d dell'art. 32, cit., per gli interventi di nuova costruzione in aree sottoposte a vincolo idrogeologico e paesaggistico.
RITENUTO IN FATTO
1. - Con ordinanza del 23 maggio 2016, il Tribunale di Trapani, in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava la richiesta di revoca dell'ordine di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi di cui alla sentenza della Pretura di Trapani, sez. dist. di Alcamo, in data 02/07/1999, irrevocabile il 11 maggio 2001.
2. - Avverso il provvedimento hanno proposto ricorsi L.G. e Lo.Gi., a mezzo del difensore, ed hanno chiesto l'annullamento dell'ordinanza deducendo i seguenti motivi enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione di legge di cui all'art. 655 c.p.p. commi 1 e 2 in relazione all'incompetenza territoriale del Tribunale di Trapani essendo competente la Corte d'appello di Palermo, quale Giudice dell'ultima decisione con la conseguenza che il pubblico ministero di Trapani non era competente ad emettere l'ordine di demolizione. Essendo la competenza del giudice dell'esecuzione funzionale, il difetto della medesima deve essere rilevato d'ufficio e l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio con trasmissione atti alla Corte d'appello di Palermo.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione di legge in relazione alla L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, art. 3 Cost., L.R. n. 37 del 1985, art. 23, comma 11 e L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 27. Premettono i ricorrenti che il Giudice dell'esecuzione dopo aver ritenuto che la concessione edilizia in sanatoria rilasciata ai medesimi (n. (OMISSIS) del 2015) si poneva in rapporto di incompatibilità con l'ordine di demolizione e rimessione in pristino del manufatto abusivo, di cui alla sentenza di condanna della Pretura di Trapani, ha rigettato l'istanza di revoca dell'ordine di ingiunzione a demolire emesso dalla Procura della Repubblica di Trapani, disapplicando la concessione edilizia in sanatoria ritenuta illegittima sull'erroneo presupposto del contrasto con la L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 27 applicabile nel territorio della Sicilia. Argomentano i ricorrenti che, nel caso in esame, non vi sarebbero stati i presupposti per la disapplicazione dell'atto amministrativo, concessione edilizia in sanatoria, e ciò sul rilievo che, secondo quanto espresso dal Consiglio della Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana con il parere n. 291/10 del 31/01/2012 (Adunanza plenaria in sede consultiva) e della circolare dell'Assessorato Regionale Territorio e Ambiente n. 4/2015 in data 10/06/2015, la disposizione normativa della L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 27, lett. d), secondo cui la sanatoria non può essere concessa nè sulle aree soggette a vincolo di inedificabilità assoluta nè su quelle soggette a vincoli di inedificabilità relativa, non troverebbe applicazione nel territorio siciliano, nell'ambito del quale troverebbe applicazione la L.R. n. 37 del 1985, art. 23, secondo la quale la concessione edilizia in sanatoria, nelle aree soggette a vincolo di inedificabilità relativa, può essere rilasciata subordinatamente al nullaosta rilasciato dagli enti di tutela del vincolo posto antecedentemente alla realizzazione dell'opera. Alla luce di quanto esposto non sussistevano i presupposti per la disapplicazione dell'atto amministrativo.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione di legge in relazione alla L.R. n. 37 del 1985, art. 23, comma 11 e L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 27. Argomentano i ricorrenti che l'ordinanza avrebbe erroneamente escluso l'applicabilità del condono edilizio ritenendo applicabile al territorio della Regione Sicilia la disciplina di cui alla L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 27, disciplina che deve essere esclusa in virtù della potestà legislativa esclusiva nella materia che l'art. 117 Cost. attribuisce alla Regione Sicilia, trovando applicazione, secondo il ragionamento del CGA nel menzionato parere, la disciplina di cui alla L.R. n. 37 del 1985, art. 23, comma 11 che consente la sanatoria in presenza di vincoli di inedificabilità relativi. Tale conclusione viene sostenuta muovendo dal disposto di cui all'art. 14 dello Statuto della Regione Sicilia che attribuisce la competenza legislativa esclusiva della stessa Regione in materia urbanistica (lett. f), nonchè nelle ulteriori materie concernenti la "tutela del paesaggio, conservazione delle antichità e delle opere artistiche" (lett. n), ambiti nei quali le leggi dello Stato trovano applicazione se e in quanto espressamente richiamate da una legge regionale. Così come era avvenuto con la L.R. siciliana n. 37 del 1985 che aveva recepito in Sicilia la L. n. 47 del 1985 e che aveva disposto che "La L. 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modifiche ed integrazioni, ad eccezione, degli artt. 3, 5, 23, 24, 25, 29 e 30, si applica nella Regione Siciliana con le sostituzioni ed integrazioni di cui alla presente legge...". Quanto, invece, al c.d. "terzo condono" (vale a dire quello di cui alla L. n. 326 del 2003, art. 32), questo sarebbe stato recepito nei limiti e nei termini di cui alla L. n. 15 del 2004, art. 24, comma 1 che testualmente recita "Dalla data di entrata in vigore della presente legge è consentita la presentazione dell'istanza per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria ai sensi del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, convertito con la L. 24 novembre 2003, n. 326 e successive modifiche ed integrazioni. Sono fatte salve le istanze di sanatoria già presentate e le anticipazioni versate ai sensi della presente legge, alle quali si applicano le disposizioni del presente articolo", che, secondo il parere della CGA, non troverebbe applicazione, rimanendo applicabile la disciplina della L. del 1985 non essendo stato recepito il contenuto integrale della L. n. 326 del 2003, art. 32, ma unicamente le forme per la presentazione dello stesso. Conclusivamente, secondo i ricorrenti, in Sicilia il divieto di cui all'art. 32, lett. d) della legge statale, che pone limiti alla sanatoria per i casi di esistenza di vincoli di inedificabilità, dovrebbe considerarsi riferito unicamente ai vincoli di inedificabilità assoluti e non a quelli relativi per i quali ben può essere rilasciata la concessione edilizia in sanatoria ove si realizzino tutte la altre condizioni previste dagli artt. 32 e 33 lege cit..
Ciò posto, la concessione edilizia in sanatoria rilasciata ai ricorrenti sarebbe stata legittimamente rilasciata e il Giudice sarebbe incorso in una violazione di legge escludendo l'operatività della L.R. siciliana n. 15 del 2004, art. 24 tutt'ora in vigore nel territorio siciliano.
2.4. Con il quarto motivo denunziano la violazione di legge penale in relazione all'art. 173 c.p. e art. 117 Cost., art. 7 Cedu. Tenuto conto della natura sanzionatoria dell'ordine di demolizione questo sarebbe prescritto per decorso del tempo, in subordine chiede sollevarsi questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 comma 9 per contrasto con gli artt. 3, 25 e 27 Cost., art. 117 Cost., comma 1.
2.5. Con il quinto motivo denunziano la violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146 e art. 181, comma 1-quater e L.R. n. 37 del 2005, art. 23, comma 11. Il Tribunale pur dando atto che l'autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla competente autorità successivamente alla sentenza di condanna è atto idoneo a determinare la revoca dell'ordina di demolizione, ha ritenuto che il nullaosta paesaggistico ottenuto dai ricorrenti sia stato illegittimamente rilasciato, sicchè al medesimo non poteva riconoscersi alcun effetto sanante.
3. - Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. - Il ricorso è infondato.
2. - Infondato è il primo motivo di ricorso con cui si eccepisce l'incompetenza del Tribunale di Trapani.
Deve premettersi che la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza della Pretura di Trapani, sez. dist. di Alcamo, ha concesso agli imputati il beneficio della non menzione della condanna ex art. 175 c.p., confermando nel resto la sentenza.
Ciò posto, è principio consolidato nella giurisprudenza che la competenza del giudice dell'esecuzione ha carattere funzionale, quindi assoluto e inderogabile (Sez. 1, n. 31946 del 4 luglio 2008; Sez. 1 n. 8849 del 15 febbraio 2006; Sez. 5, n. 36801 del 7 luglio 2002; Sez. 1, n. 1224 del 27 febbraio 1998) e che, quando è proposto appello, "se il provvedimento è stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, è competente il giudice di primo grado, altrimenti è competente il giudice d'appello" (art. 665 c.p.p., comma 2).
Quest'ultima disposizione, nel dettare le regole per la determinazione della competenza del giudice dell'esecuzione, stabilisce che quando la modificazione della pena irrogata in primo grado sia stata la conseguenza di una rielaborazione sostanziale (riconoscimento di circostanze attenuanti, esclusione di circostanze aggravanti, modificazioni del giudizio di comparazione, applicazione della continuazione tra più reati), da parte del giudice d'appello la competenza funzionale a provvedere in ordine all'incidente di esecuzione appartiene a quest'ultimo, mentre la competenza funzionale spetta al giudice di primo grado, quando la Corte d'appello abbia riformato aspetti non sostanziali, come nel caso in esame, concedendo unicamente il beneficio della non menzione ex art. 175 c.p.. Dunque l'organo competente ad emesse l'ingiunzione alla demolizione deve essere individuato nella Procura della Repubblica del Tribunale di Trapani, pubblico ministero presso il giudice dell'esecuzione competente, individuato nel Tribunale di Trapani.
3. - Il secondo e il terzo motivo di ricorso, che per evidente connessione logica vengono trattati congiuntamente, sono infondati secondo quanto di seguito esposto.
3.1. - Deve premettersi, in fatto, che in data 12 luglio 2012 il Tribunale di Trapani aveva sospeso l'ordine di demolizione in oggetto; che successivamente in data 06/11/2015 il medesimo Giudice aveva revocato l'ordine di sospensione osservando che, in data 10 ottobre 2013, era stato emesso provvedimento di diniego della concessione edilizia in sanatoria per condono, richiesta in data 10 febbraio 2004, per aver abusivamente ampliato e sopraelevato un fabbricato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e idrogeologico, abuso non sanabile ai sensi della L. n. 326 del 2003, art. 32; che tale provvedimento di diniego era stato successivamente superato dal rilascio della concessione edilizia in sanatoria, rilasciata dal Comune di Castellamare del Golfo n. 79 del 2015, provvedimento in forza del quale i ricorrenti hanno avanzato l'istanza di revoca dell'ordine di demolizione respinta con il provvedimento impugnato.
3.2. - Ciò premesso, il provvedimento impugnato, dopo aver escluso che i lavori abusivi realizzati potessero essere ritenuti "abusi minori", che come tali sarebbero stati comunque sanabili anche in presenza di vincoli di inedificabilità relativi secondo il costante orientamento della Corte di cassazione, circostanza neppure contestata dai ricorrenti, con un'articolata e pregevole argomentazione, che muove dalla ricognizione normativa statale e regionale, attraverso la disamina dei rapporti tra legislazione statale e regionale, perviene ad una conclusione corretta sul piano del diritto e congruamente motivata.
3.3. - E' giuridicamente corretto il ragionamento giuridico del Tribunale di Trapani secondo cui, nel caso in esame, la disposizione normativa della L. n. 326 del 2003, art. 32, comma 27, lett. d), a mente della quale la sanatoria non può essere concessa nè sulle aree soggette a vincolo di inedificabilità assoluta, nè su quelle soggette a vincoli di inedificabilità relativa, trova applicazione nel territorio siciliano in forza della L.R. siciliana n. 15 del 2004, art. 24, sicchè la concessione edilizia in sanatoria rilasciata ai ricorrenti n. (OMISSIS), illegittima, non può avere alcun rilievo sull'ordine di demolizione impartito, non ponendosi in contrasto con il medesimo.
Il provvedimento, pertanto, merita piena conferma.
3.3.1. Orbene, come è noto l'art. 117 Cost., nel regolare il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, annovera, tra le materia di competenza esclusiva dello Stato, la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali (comma 2, lett. s). Tuttavia l'art. 116 Cost., comma 1, attribuisce alle cinque Regioni a Statuto speciale (e alle autonome province di Trento e Bolzano) forme particolari di autonomia "secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale". Per quanto qui di rilievo, in forza dello Statuto speciale della Regione Sicilia - approvato con R.D.L. 15 maggio 1946, n. 455 (Pubblicato nella G.U. del Regno d'Italia n. 133-3- del 10 giugno 1946, convertito in legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948, è di competenza esclusiva della Regione la tutela del paesaggio, all'interno del quale deve annoverarsi la materia dell'edilizia e dell'urbanistica. Tale competenza esclusiva, tuttavia, non può porsi in contrasto con le norme costituzionali, tra i quali l'art. 9 Cost., il quale eleva la tutela del paesaggio tra i beni che godono di tutela di rango costituzionale.
Da ciò consegue che gli interventi legislativi di condono edilizio varati con legge statale che consentono la sanatoria degli abusi edilizi, non trovano diretta applicazione in Sicilia, laddove deve intervenire, nell'esercizio della potestà legislativa alla medesima riservata in via esclusiva, una legge regionale che disciplini la materia, nel rispetto dei principi costituzionali.
Tale legge regionale potrà disciplinare la materia recependo in tutto o parte la disciplina statale, ovvero escludendo o modificando la medesima.
3.3.2. A tal riguardo, con riferimento al condono edilizio di cui alla legge statale n. 47 del 1985, la Regione Sicilia aveva esercitato la propria potestà legislativa esclusiva in materia con la L.R. n. 37 del 1985, art. 23.
Tale articolo recepiva integralmente, in Sicilia, il contenuto degli artt. 32 e 33 della legge nazionale. Il contenuto della normativa nazionale, pertanto, trovava applicazione in Sicilia per effetto di una norma regionale formalmente adottata nel rispetto del riparto di competenze statutariamente stabilito.
Ciò non di meno, l'art. 23 della cit. L.R. consentiva, in deroga a quanto previsto nelle altre parti del territorio nazionale dalla L. n. 47 del 1985, artt. 32 e 33, la sanabilità delle opere realizzate in zona vincolata subordinatamente al rilascio del nulla osta dell'autorità competente per il vincolo (Sez. 3, n. 251341 del 27/10/2011, D'Ippolito, Rv 251341).
3.3.4. Orbene, la tecnica legislativa adottata in Sicilia con riferimento al c.d. "terzo condono", ovvero quello di cui alla legge statale n. 326 del 2003, è stata diversa.
In quell'occasione, infatti, il legislatore nazionale aveva varato un condono edilizio finalizzato a sanare il pregresso abusivismo edilizio, con l'idea di estendere a tutto il territorio nazionale una disciplina cui le singole regioni erano chiamate ad adeguarsi, che prevedeva, tra le novità più rilevanti, la sanatoria dei c.d. interventi minori su immobili soggetti a vincolo di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 32. Per contro, disponeva alla citata L. n. 236 del 2003, art. 32, comma 27, lett. d) che "non sono comunque suscettibili di sanatoria" "le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli che siano stati imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonchè dei parchi e aree protette nazionali, regionali.... qualora istituiti prima dell'esecuzione delle opere, in assenza o difformità del titolo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici". La citata disposizione statale introduceva una rilevante novità, rispetto ai condoni precedenti, in quanto stabiliva che le opere ricadenti in zone sottoposte a vincolo a tutela di interessi idrogeologici, ambientali e paesistici possono ottenere la sanatoria solo nei casi di interventi edilizi di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'Allegato 1, restando escluse dal condono tutte le ipotesi di "nuova costruzione" realizzata in assenza o in totale difformità dal titolo edilizio in zona assoggettata ad un suddetto vincolo.
La L.R. siciliana n. 15 del 2004, nell'ambito di una manovra finalizzata all'adozione di misure urgenti per il "riassestamento del bilancio della regione" ha, all'art. 24 cit., testualmente disposto che "Dalla data di entrata in vigore della presente legge è consentita la presentazione dell'istanza per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria ai sensi del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, convertito con la L. 24 novembre 2003, n. 326 e successive modifiche ed integrazioni. Sono fatte salve le istanze di sanatoria già presentate e le anticipazioni versate ai sensi della presente legge alle quali si applicano le disposizioni del presente articolo".
Il condono edilizio di cui alla legge statale n. 263 del 2003 è stato, dunque, recepito, in Sicilia, nei limiti e nei termini di cui alla L.R. siciliana n. 15 del 2004, art. 24, comma 1.
3.3.5. Il nodo centrale che deve essere affrontato riguarda il significato da attribuire alla predetta disposizione con cui è stata esercitata la potestà legislativa esclusiva in materia dalla Regione Sicilia. In particolare, occorre comprendere cosa significhi il disposto secondo cui è consentita la presentazione dell'istanza di concessione edilizia in sanatoria "ai sensi del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, convertito con la L. 24 novembre 2003, n. 326 e successive modifiche ed integrazioni". In particolare, occorre chiedersi se esso consente la proposizione dell'istanza di concessione in sanatoria nelle forme e nei limiti del richiamato art. 32 della legge nazionale, ovvero abbia un significato più ristretto, come ritenuto dal citato parere del Consiglio della Giustizia Amministrativa, secondo cui il recepimento sarebbe limitato unicamente alle forme per la presentazione dello stesso, con la conseguenza che in Sicilia il divieto di cui all'art. 32, lett. d) della legge statale, che pone limiti alla sanatoria per i casi di esistenza di vincoli di inedificabilità, dovrebbe considerarsi riferito unicamente ai vincoli di inedificabilità assoluti e non a quelli relativi, per i quali ben può essere rilasciata la concessione edilizia in sanatoria, ove si realizzino tutte la altre condizioni previste dagli artt. 32 e 33 lege cit..
3.3.6. Ritiene il Collegio, in condivisione con il provvedimento impugnato e in continuità con la giurisprudenza di questa sezione (Sez. 3, n. 45977 del 27/10/2011, D'Ippolito, Rv 251341; Sez. 3, n. 45527 del 08/04/2016, Commendatore, non mass.) che la disposizione di cui alla L.R. n. 15 del 2004, art. 24, abbia, nell'esercizio della potestà legislativa esclusiva, stabilito che la concessione edilizia in sanatoria può essere richiesta e rilasciata nelle forme e nei limiti di cui al richiamato art. 32 della legge nazionale, essendo tale l'interpretazione letterale del disposto normativo.
In altri termini il legislatore regionale, a differenza di quanto accaduto con la L.R. n. 37 del 1975, ha recepito nell'ambito territoriale della Regione Sicilia, la L. n. 326 del 2003, art. 32 direttamente e integralmente e cioè sia con riguardo alle forme che ai limiti ivi previsti, tra cui, anche, la previsione di cui al comma 27, lett. d), per la quale la concessione edilizia in sanatoria non può essere rilasciata per interventi di nuova costruzione in aree sottoposte ai vincoli ivi citati.
Errano i ricorrenti laddove, richiamando il parere del Consiglio della Giustizia Amministrativa, pretendono di scindere le forme dai limiti, dal momento che nella legge regionale forme e limiti sono disciplinati dallo stesso articolo di legge, art. 24 cit. che richiama la L. n. 326 del 2003, art. 32 senza distinzione. In conclusione il tenore letterale della norma regionale che regola l'applicazione della disciplina del condono sul territorio siciliano, non consente una diversa e alternativa interpretazione.
3.3.7. Ne consegue che, correttamente, il Tribunale di Trapani ha ritenuto illegittima la concessione edilizia in sanatoria rilasciata ai ricorrenti che in zona sottoposta a vincolo idrogeologico e paesaggistico avevano realizzato una nuova costruzione, e ciò alla luce dell'interpretazione della norma regionale e, di conseguenza, ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per la revoca dell'ordina di demolizione.
4. - Infondato è il quarto motivo di ricorso. Quanto al tema della prescrizione dell'ordine di demolizione ex art. 173 c.p. in conseguenza della ritenuta qualificazione del medesimo come pena, rileva il Collegio, che questa Corte ha affrontato il tema della natura dell'ordine di demolizione ed ha, all'esito di un percorso argomentativo fondato sull'interpretazione della norma e del contesto legislativo, escluso la natura penale dello stesso (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv 265540).
Ponendo al centro del ragionamento l'esame dell'articolata procedura relativa alla demolizione degli immobili abusivi, come delineata dalla vigente disciplina urbanistica, nell'ambito della quale l'ordine di demolizione dell'immobile abusivo impartito dal giudice penale ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, si colloca, a chiusura di una complessa procedura amministrativa finalizzata al ripristino dell'originario assetto del territorio alterato dall'intervento edilizio abusivo, e muovendo proprio dalla finalità ripristinatoria che ne esclude quella punitiva, giunge a riaffermare la natura di sanzione amministrativa dell'ordine di demolizione, misura che assolve ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, e configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio ed ha carattere reale. Da cui la conclusione che l'ordine medesimo non ha natura di sanzione penale, nel senso individuato dalla normativa CEDU, ostandovi non la qualifica giuridica data dalla giurisprudenza ma l'assenza di finalità punitiva. Per tali sue caratteristiche la demolizione non può ritenersi una "pena" nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall'art. 173 c.p. (Sez. 3, n. 35052 del 10/03/2016, De Luca).
4.1. Nel dare continuità all'affermazione della natura di sanzione amministrativa ripristinatoria dell'ordine di demolizione, questa Corte osserva, ancora, che di dubbia configurabilità è anche l'indice della pertinenzialità rispetto ad un fatto-reato. Ed invero il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 27 disciplina la c.d. demolizione d'ufficio, disposta dall'organo amministrativo a prescindere da qualsivoglia attività finalizzata all'individuazione di responsabili e dunque può essere disposta sul solo presupposto della presenza sul territorio di un immobile abusivo, mentre l'art. 31, comma 9 prevede che la demolizione venga ordinata dal giudice con la sentenza di condanna, "se ancora non sia stata altrimenti eseguita". Dunque se la demolizione d'ufficio e l'ingiunzione alla demolizione sono disposte dall'autorità amministrativa, della cui natura di sanzione amministrativa avente finalità ripristinatoria nessuno dubita, non può ragionevolmente affermarsi che la demolizione disposta dal giudice, identica nell'oggetto e nel contenuto, muti la sua natura. Ed allora si deve concludere che l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, adottabile parallelamente dall'autorità amministrativa o dal giudice penale, avente una finalità esclusivamente ripristinatoria dell'originario assetto del territorio, ha la natura di sanzione amministrativa anche nell'ipotesi in cui venga applicata dal giudice penale.
4.2. Pertanto, deve ribadirsi che l'ordine di demolizione dell'immobile abusivo impartito dal giudice penale ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso in esame, non ha affatto natura di sanzione penale nel senso individuato dalla normativa CEDU, ostandovi non la qualifica giuridica data dalla giurisprudenza ma il fatto che la demolizione imposta dal giudice non ha finalità punitive (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Delorier, Rv 265540).
4.3. Va infine, osservato, che la prescrizione di cui all'art. 173 c.p. si applica alle sole pene principali (Sez. 3, n. 39705 del 30/04/2003, Pasquale, Rv. 226573) ivi previste (multa e ammenda), e, dunque, non sarebbe comunque applicabile all'ordine di demolizione quand'anche ritenuto sanzione penale.
Ed invero l'istituto della prescrizione della pena configura un'eccezione al generale principio di esecuzione della pena e, per tale ragione, non può trovare applicazione oltre i casi in esso previsti e, dunque, non può operare per tipologie di "pena" diverse dalla multa e ammenda. Anche la dottrina penalistica più accorta ritiene che il ricorso al procedimento analogico sia precluso rispetto alle cause di non punibilità, alle cause di estinzione del reato e della pena, e alle cause di estinzione del reato e della pena in quanto fondate su specifiche ragioni politico-criminali o su situazioni specifiche. Dunque sarebbe comunque impedita l'applicazione analogica della prescrizione ai sensi dell'art. 173 c.p. all'ordine di demolizione quand'anche ritenuto sanzione penale (Sez. 3, n. 20759 del 16/03/2016, Arfuso, non massimata).
Alla luce di ciò, deriva che alcun profilo di incompatibilità con le norme costituzionali evocate dai ricorrenti pare prospettabile.
5. - Infine, infondato è anche il quinto motivo di ricorso con cui di deduce la violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146 e art. 181, comma 1-quater e L.R. n. 37 del 2005, art. 23, comma 11.
Correttamente il Tribunale ha dato atto che nel caso in esame il mero rilascio del nulla osta paesaggistico ottenuto dai ricorrenti non aveva alcun rilievo sanante. Al riguardo è sufficiente ricordare che in tema di protezione delle bellezze naturali, il rilascio postumo dell'autorizzazione paesaggistica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo non estingue il reato previsto dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181. L'autorizzazione paesaggistica in sanatoria estingue il reato di cui all'art. 181 cit. solo se espressamente rilasciata dall'esito della speciale procedura di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1-quater (Sez. 3, n. 12951 del 07/03/2008, Scalia, Rv. 239355; Sez. 3, n. 16574 del 06/03/2007, Drago, Rv. 236495; Sez. 3, n. 37318 del 03/07/2007, Causotto, Rv 237562) e non ammette equipollenti, non potendo così accordare alcun effetto sanante al nulla osta dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
6.- I ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2016.