Cass. Sez. III n. 3731 del 1 febbraio 2021 (CC 29 set 2020)
Pres. Rosi Est. Cerroni Ric. Visco
Urbanistica.Lottizzazione abusiva in zona parzialmente urbanizzata
Il reato di lottizzazione abusiva s’integra non soltanto in zone assolutamente inedificate, ma anche in quelle parzialmente urbanizzate nelle quali si evidenzia l’esigenza di raccordo con l’aggregato abitativo preesistente o di potenziamento delle opere di urbanizzazione pregresse, cosi che per escluderlo deve essersi verificata una situazione di pressoché completa e razionale edificazione della zona, tale da rendere del tutto superfluo un piano attuativo. Laddove, appunto, il rilascio di concessioni edilizie (destinate a creare nuovi insediamenti abitativi in una zona per la quale il PRG subordina l’attività edificatoria all’adozione di piani di lottizzazione convenzionati) in assenza dei prescritti strumenti attuativi, richiede, ai fini della legittimità dell’intervento, la prova rigorosa della preesistenza e sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria, tali da rendere del tutto superfluo lo strumento attuativo. Mentre la valutazione del grado di urbanizzazione dell’area costituisce una questione di fatto, che deve essere esaminata in sede di merito.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 2 marzo 2020 il Tribunale di Salerno, quale Giudice del riesame delle misure cautelari reali, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da Pierpaolo Visco - indagato per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 44, lett. c), 64, 65, 71, 72, 93 e 95 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; 181 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; 734 cod. pen. - nei confronti del decreto di sequestro preventivo del 3 febbraio 2020 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania, avente ad oggetto i beni compresi in una lottizzazione in tesi abusiva in località Selva di Agropoli nell’ambito del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, nonché l’ampliamento di fabbricato ad uso residenziale.
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su quattro motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., stante l’apparenza della motivazione resa dall’ordinanza impugnata, tanto in ragione della mancata spiegazione in ordine alla pretesa revisione critica delle richieste del Pubblico ministero che sarebbe stata operata dal Giudice delle indagini preliminari, quanto del conseguente immotivato rigetto dell’eccezione da parte del provvedimento impugnato, in ogni caso riferitosi alle sole contestate ipotesi di cui ai capi A e G dell’incolpazione provvisoria.
Per quanto poi riguardava gli altri reati di cui all’imputazione, alcunché era stato dedotto dal Giudice per le indagini preliminari, e la stessa eccezione era stata pretermessa nell’esame del Tribunale, attesa la ritenuta decisività del capo G relativamente alla contestata lottizzazione abusiva.
2.2. Col secondo motivo è stata dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 30 d.P.R. 380 cit., atteso che per l’area oggetto di intervento non sussisteva obbligo assoluto di preventiva adozione di piano di lottizzazione, ed in proposito l’ufficio tecnico competente aveva inteso correttamente rilasciare il permesso diretto ritenendo l’inesistenza delle condizioni di cui all’art. 8 della legge 765 del 1967; mentre al contrario il Tribunale – sulla scorta della consulenza tecnica disposta dal Pubblico ministero - aveva negato l’esistenza di discrezionalità della Pubblica amministrazione nel rilasciare permesso diretto alla costruzione in luogo di una lottizzazione convenzionata.
In ogni caso l’eventuale illegittimità dell’atto amministrativo non avrebbe consentito la configurabilità del reato, non ricorrendo ipotesi di illiceità ovvero di illegittimità manifesta dell’atto stesso.
2.3. Col terzo motivo, quanto alla dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 30 cit. in relazione all’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., non risultavano adeguatamente confutati i rilievi contenuti nelle scritture difensive circa le caratteristiche dell’area interessata dall’intervento edilizio anche in relazione alla restante area nelle immediate adiacenze, per cui veniva meno il fumus degli elementi oggettivi richiesti dalla norma incriminatrice.
2.4. Col quarto motivo infine è stata lamentata violazione dell’art. 321 cod. proc. pen., visto il difetto di motivazione anche in ordine alle specifiche deduzioni difensive. In particolare, quanto alla villetta E di proprietà del ricorrente ed in relazione a quanto ivi evidenziato, doveva ritenersi sufficiente una c.i.l.a. per provvedere alla realizzazione di una tramezzatura interna, data la natura di mera attività di manutenzione straordinaria, mentre l’omessa chiusura di una intercapedine trovava giustificazione nella mancata ultimazione dei lavori. Né il Tribunale aveva espressamente valutato la compatibilità del titolo abilitativo col nuovo Piano urbanistico comunale.
Era stata infine omessa ogni valutazione circa la legittimità sismica, così come era mancata ogni valutazione circa l’influenza della nuova autorizzazione in sanatoria relativamente al fabbricato del ricorrente, nonché in ordine all’irrilevanza penale delle opere interne, realizzate in aree vincolate senza alterazione dell’aspetto esteriore degli edifici.
Del pari non vi era stata posizione del Tribunale quanto alla sussistenza in concreto dell’ipotesi di cui all’art. 734 cod. pen., reato di danno, ovvero infine avuto riguardo alla pretesa violazione delle distanze, che non rilevava relativamente alla villetta del ricorrente.
3. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato.
4.1. In ordine al primo motivo di censura, vero è in primo luogo che, nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma 9 dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili - in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma 7 dello stesso codice - in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, Rv. 266789). Con la conseguenza che la prescrizione della necessaria autonoma valutazione degli elementi che costituiscono il necessario fondamento del provvedimento cautelare reale, nonché di quelli forniti dalla difesa, impone al giudice di esplicitare, anche eventualmente per relationem, le ragioni per le quali ritiene di poter attribuire, al compendio indiziario, un significato coerente alla integrazione dei presupposti normativi per l’adozione della misura; con la conseguenza che la mancanza di un apprezzamento indipendente, rispetto agli atti valutativi espressi dai diversi attori processuali, è equiparata alla omessa motivazione ed integra, pertanto, il vizio di violazione di legge (Sez. 3, n. 2257 del 18/10/2016, dep. 2017, Burani, Rv. 268800).
4.1.1. Ciò ricordato, ricorre pertanto un’autonoma valutazione da parte del giudice ex art. 292, comma 2, lett. c bis), cod. proc. pen. - anche in sede di gravame - quando venga richiamato in maniera più o meno estesa il provvedimento impugnato con la tecnica di redazione “per incorporazione”, con condivisione delle considerazioni già svolte da altri, poiché valutazione autonoma non vuol dire valutazione diversa o difforme, sempreché emerga dal provvedimento una conoscenza degli atti del procedimento e, se necessario, una rielaborazione critica degli elementi sottoposti a vaglio giurisdizionale, eventualmente con la graduazione o rigetto delle misure (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 274403).
4.1.2. In specie, sia pure in via assai sintetica e dopo avere ampiamente fatto proprio il contenuto della contestazione giudiziale, il Giudice della cautela ha comunque fornito una autonoma stringata valutazione dei presupposti della misura richiesta quanto al fumus, circa la necessaria preventiva adozione di piano di lottizzazione convenzionata, e quanto al periculum, in merito alla necessità di impedire il libero godimento dei cespiti immobiliari - la cui realizzazione era ancora in itinere - anche in funzione della successiva confisca.
In ogni caso, e per completezza, va così ricordato, che quanto alla motivazione per relationem in sé, essa è da considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell'impugnazione (Sez. 2, n. 55199 del 29/05/2018, Salcini, Rv. 274252).
Ciò posto, anche il provvedimento impugnato ha così dato conto del richiamo del Giudice della cautela agli atti di indagine, nonché della successiva condivisione della valutazione, laddove comunque vi era stata elaborazione personale – ancorché stringata – del dato processuale e quindi della decisione cautelare da assumere (cfr., altresì, Sez. 3, n. 51604 del 18/09/2018, Monfrecola, Rv. 274423).
4.2. Per quanto poi riguarda il secondo motivo di impugnazione, che può essere esaminato unitamente al terzo profilo di censura attesa la loro evidente connessione, il provvedimento impugnato ha, in sede interpretativa dello strumento edilizio generale, non illogicamente assunto – in ordine al fumus della contestata lottizzazione abusiva – la necessità di una convenzione lottizzatoria, in quanto richiesta dalle norme del piano di fabbricazione del Comune di Agropoli, altresì assumendo – alla luce degli esiti della consulenza disposta dal Pubblico ministero - che ciò si rendeva necessario in ragione dell’insufficienza delle opere di urbanizzazione colà presenti e dell’edificazione complessivamente venuta ad esistenza, in ordine sparso e di tipo spontaneo senza alcun raccordo con le infrastrutture non adeguate preesistenti.
4.2.1. Ciò posto, il reato di lottizzazione abusiva s’integra non soltanto in zone assolutamente inedificate, ma anche in quelle parzialmente urbanizzate nelle quali si evidenzia l’esigenza di raccordo con l’aggregato abitativo preesistente o di potenziamento delle opere di urbanizzazione pregresse, cosi che per escluderlo deve essersi verificata una situazione di pressoché completa e razionale edificazione della zona, tale da rendere del tutto superfluo un piano attuativo (così ad es. Sez. 3, n. 35880 del 25/06/2008, Mancinelli, Rv. 241031). Laddove, appunto, il rilascio di concessioni edilizie (destinate a creare nuovi insediamenti abitativi in una zona per la quale il PRG subordina l’attività edificatoria all’adozione di piani di lottizzazione convenzionati) in assenza dei prescritti strumenti attuativi, richiede, ai fini della legittimità dell’intervento, la prova rigorosa della preesistenza e sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria, tali da rendere del tutto superfluo lo strumento attuativo. Mentre la valutazione del grado di urbanizzazione dell’area costituisce una questione di fatto, che deve essere esaminata in sede di merito (cfr. complessivamente, in motivazione, Sez. 3, n. 23646 del 12/05/2011, Tarantino e altri, Rv. 250521).
Per quanto poi riguarda il rilascio comunque dei permessi di costruire e l’indagine in merito alla sussistenza dell’elemento soggettivo, è noto che in sede cautelare al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata; ne consegue che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché esso emerga ictu oculi (ex plurimis, Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, Iommi e altro, Rv. 266896). Ed in specie non vi è alcuna sicura evidenza in tal senso.
4.2.2. In definitiva, ferma l’esistenza di questione di fatto insindacabile in questa sede (come peraltro è stato correttamente prospettato dallo stesso ricorrente), integra invero il reato anche l’edificazione realizzata, in assenza di piano attuativo, in un fondo ubicato in zona già urbanizzata, qualora la situazione di fatto richieda un intervento idoneo a restituire efficienza all’abitato – come è stato desunto in specie - mediante il riordino o la definizione ex novo di un disegno urbanistico dell’area, essendo esclusa la necessità dello strumento attuativo nel solo caso in cui tale situazione sia con esso del tutto incompatibile a causa della pressoché completa edificazione della zona (Sez. 3, n. 47280 del 12/09/2019, Cancelli, Rv. 277363).
4.2.3. Il provvedimento impugnato appare avere fatto corretta applicazione dei richiamati principi, tenuto conto della concreta situazione siccome ricostruita e dell’interpretazione degli strumenti edilizi, laddove in definitiva viene richiesta in questa sede una nuova non consentita valutazione del materiale istruttorio, già esaminato dal Giudice del merito.
4.3. Ogni ulteriore questione rimane così assorbita, ravvisato invero nei termini che precedono il fumus della lottizzazione illecita.
5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, l’impugnazione non si presenta fondata, col conseguente rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 29/09/2020