Pres. Lupo Est. Fiale Ric. Bortune
Urbanistica. Nozione di pertinenza
La nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un’opera preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede. La relazione con la costruzione preesistente deve essere, in ogni caso, "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalità funzionale), cosicché non può ricondursi alla nozione in esame la realizzazione di due vani che non hanno una propria autonomia individuale e funzionale ma si uniscono ad un preesistente edificio ed entrano a far parte di esso, costituendone ampliamento
UDIENZA PUBBLICA DEL 12/04/2006
SENTENZA N.1145
REG. GENERALE N.3701/2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ernesto Lupo Presidente
Dott. Alfredo Teresi Componente
Dott. Aldo Fiale Componente
Dott. Luigi Marini Componente
Dott. Santi Gazzara Componente
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BORTUNE Antonio, nato a Corsano (LE) il 5.8.1926
avverso la sentenza 2.4.2003 della Corte di Appello di Lecce
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Francesco Salzano, il quale ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, essendo il reato estinto per sanatoria edilizia.
Udito il difensore, Avv.to Biagio De Francesco, il quale ha concluso conformemente alla richiesta del P.M.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 2.4.2003, confermava la sentenza 26.4.2002 del Tribunale di Lecce - Sezione distaccata di Tricase, che aveva affermato la responsabilità penale di Bortune Antonio in ordine al reato di cui:
- all'art. 20, lett, b), legge n. 47/1985 (per avere, in assenza della prescritta concessione edilizia, eseguito lavori di ampliamento di un fabbricato mediante la realizzazione di due locali aventi rispettivamente la superficie di mq. 9 e di mq. 7 - acc. in Corsano, il 15.9.1999)
e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di giorni 20 di arresto ed euro 4.000,00 di ammenda, concedendo i doppi benefici ed ordinando la demolizione delle opere abusivamente realizzate.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il fortune, il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito:
- la inconfigurabilità del reato, in quanto le opere realizzate integrerebbero "pertinenza" dell'edificio preesistente ovvero "volumi tecnici", sottratti in quanto tali al regime concessorio;
- la intervenuta prescrizione del reato.
Sono stati prodotti, in copia, i documenti relativi alla domanda di rilascio di concessione in sanatoria, ex art. 32 della legge 24.11.2003, n. 326, presentata dal ricorrente, il 29.1.2004, al Comune di Corsano.
Questa Corte Suprema, all'udienza del 5.10.2005, ha sospeso il procedimento ai sensi dell'art. 38 della legge n. 47/1985 ed ha richiesto informazioni all'Amministrazione comunale in ordine all'istanza di condono edilizio dianzi indicata.
Il difensore, all'odierna udienza pubblica, ha prodotto copia del permesso di costruire in sanatoria, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 326/2003, rilasciato il 5.4,2007 in seguito all'avvenuta integrale corresponsione delle somme effettivamente dovute a titolo di oblazione e di contributo di costruzione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Corte territoriale correttamente ha escluso che i due vani abusivamente realizzati dall'imputato costituiscano "pertinenze", sottratte al regime concessorio ed assoggettate a quello dell'autorizzazione gratuita e poi della denuncia di inizio dell'attività [ai sensi dell'art. 7, 2° comma - lett. a), della legge n. 94/1982 ed attualmente dell'art. 3, lett. e/6), del T.U. n. 380/2001].
La nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede.
La relazione con la costruzione preesistente deve essere, in ogni caso, "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalità funzionale), mentre non può ricondursi alla nozione in esame la realizzazione di due vani che non hanno una propria autonomia individuale e funzionale ma si uniscono ad un preesistente edificio ed entrano a far parte di esso, costituendone ampliamento (vedi Cass., Sez. !Il: 11.10.2005, ric. Daniele; 11.52005, ric. Gricia; 9.12.2004, ric. Bufano; 18.12.2000, ric, Privitera; 18.3.1999, ric. Vigliotti; 27.11.1997, rie. Spanò).
2. Né si verte in tema di "volumi tecnici", perché questi sono i volumi - non utilizzabili né adattabili ad uso abitativo - strettamente necessari a contenere ed a consentire l'eccesso di quelle parti degli impianti tecnici che non possono, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare allocazione all'interno della parte abitativa dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche.
Nel caso che ci riguarda, invece, sono stati realizzati due vani ad uso abitativo.
3. Il reato, accertato il 15.9.1999, non è prescritto.
Il termine massimo prescrizionale (di anni quattro e mesi sei, ex artt. 157 e 160, ult. comma, cod. pen.) coinciderebbe con il 15.3.2004.
Avendo, però, l'imputato presentato domanda di condono edilizio in relazione ad opere effettivamente condonabili, occorre computare altresì (vedi Cass., Sez. Unite 16.12.1999, n. 22, Sadini e altra):
- la sospensione di cui all'art. 44 legge n. 47/1985 (per la durata complessiva di mesi 10 e giorni 28: dal 2.10.2003 al 31.7.2004 e dall'11.11.2004 al 10.12.2004), che si verifica automaticamente per il solo fatto dell'esistenza di un processo che concerna attività edificatoria sanabile compiuta entro il 31 marzo 2003 ed ha la funzione di consentire agli interessati di presentare la domanda di condono edilizio [nella specie detta sospensione opera dal 2.10.2003 al 28.1.2004];
- la sospensione di cui all'art. 38 legge n. 47/1985 [nella specie decorrente dal 29.1.2004], obbligatoria ex lege nel caso (corrispondente a quello in esame) di presentazione di domanda di condono afferente all'immobile abusivo per cui è processo e di versamento della prima rata di oblazione autodeterminata.
Va computata, inoltre (secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza 11.1.2002, n. 1021, ric. Cremonese), una sospensione del corso della prescrizione per complessivi mesi sei e giorni sei, in seguito a rinvii disposti su richiesta dell'imputato e del difensore [dal 19.10.2001 al 25.4.2002], non per esigenze di acquisizione della prova né a causa del riconoscimento di termini a difesa.
4. La sentenza impugnata - comunque - deve essere annullata senza rinvio, perché il reato è estinto per la sanatoria prevista dal c.d. "condono edilizio" di cui all'art. 32 della legge n. 326/2003, risultando:
- la "ultimazione" dei lavori (secondo la nozione fornita dall'art. 31 della legge n. 47/1985) entro il termine del 31 marzo 2003;
- la condonabilità dell'intervento eseguito, in relazione alle caratteristiche peculiari ed alle dimensioni volumetriche dello stesso;
- la tempestività della presentazione, da parte dell'imputato, di domanda di sanatoria riferita alle opere abusive contestate nel capo di imputazione;
- la integrale corresponsione, nei termini di legge, dell'oblazione ritenuta congrua dalla Amministrazione comunale e del contributo di costruzione.
5. All'intervenuto rilascio del provvedimento di sanatoria segue, infine, la revoca dell'ordine di demolizione. Tale effetto si produce ex lege, tenuto conto che la stessa legge conferisce al giudice penale il potere-dovere di impartire un ordine accessivo alle sole sentenze di condanna, a tutela di un interesse correlato a quello di giustizia.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 620 c.p.p.,
annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per condono edilizio.
ROMA, 12.4.2007.
Deposito in Cancelleria 29/05/2007