Cass. Sez. III n. 2209 del 20 gennaio 2016 (Ud 3 giu 2015)
Presidente: Squassoni Estensore: Gentili Imputato: Russo e altro
Urbanistica.Omessa denuncia dei lavori in zone sismiche e natura di reato permanente
In tema di legislazione antisismica, i reati di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti e di inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione scritta dell'ufficio competente hanno natura di reati permanenti, la cui consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto ovvero sino alla data della sentenza di condanna in primo grado.
In tema di legislazione antisismica, i reati di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti e di inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione scritta dell'ufficio competente hanno natura di reati permanenti, la cui consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto ovvero sino alla data della sentenza di condanna in primo grado.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 11 giugno 2014 il Tribunale di Avellino ha assolto, perché il fatto non sussiste, Russo Pasquale e Daniele Assunta dal reato urbanistico ad essi ascritto, mentre li ha condannati alla pena di giustizia in relazione al residuo reato avente ad oggetto la violazione della normativa antisismica, avendo costoro eseguito lavori edili in zona sismica senza averne dato preventiva comunicazione agli organi competenti e senza avere preventivamente depositato i relativi elaborati progettuali.
Hanno interposto ricorso per cassazione i due prevenuti, deducendo la violazione di legge con riferimento agli artt. 93 e 95 del dlgs n. 380 del 2001, in quanto le opere realizzate, essendo costituite da opere interne, non necessitavano della preventiva attivazione della procedura prevista dalla legislazione antisismica; hanno, altresì, dedotto la violazione di legge in relazione alla disciplina della prescrizione, atteso che, essendo i reati loro contestati dei reati istantanei e non permanenti come erroneamente ritenuto dal Tribunale irpino, essi, commessi in epoca anteriore al 20 novembre 2008, al momento delle emissione della sentenza impugnata già si erano prescritti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento al primo motivo di impugnazione - con il quale si contesta la applicabilità della disciplina penale antisismica alla fattispecie in questione, posto che, essendo le opere eseguite dai ricorrenti opere interne, esse non comportavano alcun pericolo per la pubblica incolumità - rileva la Corte che la normativa in materia di sicurezza rispetto agli eventi sismici comporta la esistenza dell'obbligo di depositare presso i competenti uffici del Genio civili gli elaborati progettuali relativi a tutte le opere edili che possano costituire, in caso di loro rovina, un pericolo per la pubblica incolumità; va, peraltro, chiarito che il concetto di pericolo per la pubblica utilità non deve intendersi riservato solo ad ipotesi in cui sia coinvolta la sicurezza di una pluralità indistinta di soggetti, dovendosi, viceversa, ritenere che la disciplina in materia antisismica prevista dal Testo Unico dell'edilizia trovi applicazione anche nel caso in cui la costruzione si trovi all'interno di una proprietà privata, posto che essa è volta a tutelare dagli effetti degli eventi sismici anche il possibile danno alla integrità fisica del singolo individuo e, quindi, dello stesso proprietario del manufatto (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 8 aprile 2008, n. 14432).
Nel caso in questione, con valutazione certamente condivisibile, il Tribunale di Avellino ha ritenuto che le opere realizzate dai due ricorrenti, data la loro entità non trascurabile, si parla infatti di un muro perimetrale in mattoni forati ed intonaco costruito all'interno di un prefabbricato adibito ad autorimessa, fossero tali da costituire un potenziale pericolo, in caso di avversi eventi sismici, quanto meno per gli individui occupanti lo spazio delimitato dal muro di recente edificazione.
Nè ha un qualche rilievo la circostanza che i manufatti de quibus non abbiano comportato la realizzazione di opere imponenti con l'utilizzo di strutture in cemento armato; infatti, come questa Corte ha avuto occasione di precisare anche di recente, integra la contravvenzione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 95, qualsiasi intervento edilizio, con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria - fattispecie quest'ultima certamente esulante rispetto a quella ora in questione, attesa la indiscutibile natura innovativa delle opere di cui si parla - effettuato in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, che non sia preceduto dalla previa denuncia al competente ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico abilitato (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 20 novembre 2014, n. 48005; idem Sezione 3 penale 24 settembre 2010, n. 34604).
La seconda censura mossa dai ricorrenti alla sentenza impugnata è, a sua volta, manifestamente infondata.
Infatti, pur con qualche trascorsa oscillazione (di cui è testimonianza Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 13 giugno 2011, n. 23656), la giurisprudenza di questa Corte può dirsi consolidata sull'affermazione che i reati di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti e di inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione scritta dell'ufficio competente hanno natura di reati permanenti, la cui consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 14 marzo 2014, n. 12235; idem Sezione 3 penale, 11 luglio 2013, n. 29737).
Evidente è la ricaduta di tale qualificazione giuridica in relazione alla eccepita prescrizione del reato, posto che, in relazione ai reati permanenti per i quali la condotta non risulti cessata anteriormente, il termine prescrizionale decorre dalla data delle sentenza di condanna in primo grado.
Poichè nel nostro caso, trattandosi di reato omissivo, la cessazione della permanenza si sarebbe realizzata solo laddove gli odierni ricorrenti avessero provveduto, sia pure tardivamente, a depositare presso gli ufficio del Genio civile la documentazione omessa, adempimento che non risulta essere mai stato eseguito, deve concludersi nel senso che la argomentazione secondo la quale il reato contestato ai ricorrenti già si sarebbe prescritto anteriormente alla adozione della sentenza impugnata è del tutto destituita di fondamento, posto che, anzi, il relativo termine prescrizionale ha iniziato di fatto a decorrere solamente a partire dal momento della pubblicazione della predetta sentenza, dovendosi, infatti, lo stesso ritenere sospeso anche durante la pendenza del termine indicato per la redazione della motivazione della sentenza di condanna (Corte di cassazione, Sezione 2 penale, 12 gennaio 2015, n. 677).
Alla comune dichiarazione di inammissibilità delle impugnazioni segue, secondo la previsione dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei due ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 ciascuno, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2015.