Cass. Sez. III n. 37705 del 16 novembre 2006 (cc. 22 sett. 2006)
Pres. Papa Est. Miranda Ric. P.M. in proc. Richiello
Urbanistica. Realizzazione soppalco
L'esecuzione di soppalchi nella ristrutturazione interna di un edificio, pure se non realizzi un mutamento di destinazione d'uso, costituisce opera che richiede il permesso a costruire o, in alternativa, la denuncia d'inizio di attività, poiché comporta modifica delle superfici interne, la quale,a noma dell'art. 10, comma 1, lett. C) t.u. dell'edilizia (d.P.R. 380-2001) è necessaria e sufficiente a far sorgere tale obbligo, indipendentemente, quindi da una contemporanea modifica della sagoma o del volume. Tale disciplina è applicabile pure in presenza della disposizione dell'art. 2 della L.R. Campania, che dichiara sufficiente la semplice denuncia d'inizio attività in ipotesi di 'opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile’ risultando la corrispondente disposizione della legislazione statale richiamata (art. 2, comma 60, della legge 662-1996) abrogata dall'art. 36, c omma 2, lett. h) dello stesso t.u.".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 22/09/2006
Dott. MIRANDA Vincenzo - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 864
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 14101/2006
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI;
nei confronti di:
RICHIELLO ROSARIO, nato a Napoli il 26 febbraio 1963 ed ivi residente, alla via Acate 27;
avverso la sentenza del G.I.P. del Tribunale di Napoli in data 19 dicembre 2005, che ha dichiarato non doversi procedere in ordine alla imputazione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Udita la relazione del Cons. Dott. Miranda;
lette le richieste del Procuratore Generale, in persona del Dott. Vittorio Meloni, che ha concluso per il rigetto del ricorso. PREMESSO IN FATTO
Che:
Rosario Richiello è stato indagato: "a) del reato p. e p. dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lettera b), art. 81 c.p., per aver, in qualità di proprietario committente, iniziato continuato ed eseguito, in assenza del permesso di costruire e comunque senza aver presentato D.I.A. ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, lett. a), in unità immobiliare in via Acate n. 80 censita al NCEU al f. 39, p.lla 280 sub. 8, le seguenti opere di ristrutturazione edilizia con aumento di superfici utili: realizzazione di due soppalchi con struttura portante in ferro e tavelloni con getto cementizio delimitati da ringhiera in ferro e con scala in ferro di accesso, il primo di m. 8,00 per una larghezza variabile da m. 1,00 a m. 1,50 impostato a m. 2,30 dal calpestio e a m. 1,90 dal solaio, il secondo di m. 4,00 x 2,00 impostato a m. 2,00 dal calpestio e dal solaio; b) delle contravv. di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65, 71 e 72, art. 81 c.p., perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, realizzava le strutture portanti in ferro parificate a quelle in cemento armato, indicate al capo che precede, non in base a progetto esecutivo, senza previa denunzia dei lavori al Genio Civile e senza la direzione dei lavori da parte di un tecnico competente; c) della contravv. di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95 e L.R. 7 gennaio 1983, n. 9, art. 2, per aver eseguito i lavori relativi alle opere di cui al capo a) in zona sismica omettendo di depositare prima dell'inizio dei lavori gli atti progettuali presso l'Ufficio del Genio Civile competente e senza la preventiva autorizzazione del predetto Ufficio. Reati accertati in Napoli fino al 5.8.05".
Il P.M. ha chiesto emettersi decreto penale, ed il G.I.P., con la sentenza ora impugnata, resa ai sensi dell'art. 129 c.p.p., ha dichiarato non doversi procedere limitatamente al capo a), perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. In essa si afferma che "la realizzazione di soppalchi all'interno di un manufatto non richiede la cd. Superdia (ossia la DIA in alternativa al permesso a costruire), in quanto l'aumento di superficie utile - che non può essere sottaciuto - non si accompagna - nel caso di specie - alla modifica della sagoma o della volumetria del manufatto"; si ritiene la conclusione decisiva, "a prescindere dalla sussistenza di una legge regionale con implicito riferimento alla L.R. Campania 28 novembre 2001, n. 19, art. 2 che autorizza la realizzazione di soppalchi interni dell'edificio solo previa DIA e senza necessità di permesso a costruire"; si richiama a sostegno la recente Cass. 3^, 40829/2005.
Per la cassazione ricorre lo stesso P.M., censurando la sentenza sui seguenti rilievi: a) l'interpretazione proposta del D.P.R. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c), (t.u. dell'edilizia) contrasterebbe col dato testuale, poiché le singole fattispecie, per le quali la disposizione richiede il permesso a costruire, sono separate da virgole, in funzione evidentemente disgiuntiva, come è reso palese dall'ultima congiunzione "o"; b) essa contrasterebbe pure col dato sistematico, non potendosi spiegare altrimenti il rapporto con la precedente disposizione della lett. e.1) del precedente art. 3, che già include fra gli interventi di nuova costruzione "l'ampliamento di manufatti esistenti all'esterno della sagoma esistente"; e) onde non andrebbe condiviso l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato in sentenza.
Il P.G., nelle conclusioni scritte, presta invece adesione a tale orientamento, chiedendo respingersi il ricorso del P.M.. RITENUTO IN DIRITTO
Che:
Il ricorso merita d'essere accolto.
La questione relativa alla costruzione di soppalchi, nell'eseguire opere interne in preesistenti costruzioni, veniva risolta nel senso che non occorressero ne' concessione ne' autorizzazione, nel vigore della L. n. 47 del 1985, art. 26 e della L. n. 493 del 1993, art. 4, come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60 (v. Cass., 3^, 4746/1998; id., 6189/2000); si riteneva, quindi, sufficiente la DIA, la cui mancanza era punita con una sanzione pecuniaria. Intervenuta la nuova normativa, col D.P.R. n. 380 del 2001, Cass., 3^, 40829/2005 ha confermato tale indirizzo - con riguardo a fattispecie analoga a quella in esame, regolata dalla medesima legislazione regionale -, sulle seguenti considerazioni: "La realizzazione di opere interne anche in base al testo unico deve ritenersi consentita, come avveniva nella legislazione previgente, previa mera denunzia di inizio dell'attività a condizione che non integri veri e propri interventi di ristrutturazione comportanti modifiche della sagoma o della destinazione d'uso (cfr. Cass. 3577 del 2001) e ciò perché in base all'attuale disciplina sono assentibili con la denuncia d'inizio dei lavori, cosiddetta semplice ossia quella prevista dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, commi 1 e 2 (...), tutti quegli interventi per i quali non è richiesto il permesso a costruire e per quello in questione tale permesso, alle condizioni sopra indicate, non è richiesto giacché, anche se è aumentata la superficie in concreto utilizzabile, non sono stati modificati volume e sagoma. La L.R. Campania citata nella decisione impugnata per quanto concerne la questione in esame ossia la realizzabilità delle opere interne, in base a semplice denuncia d'inizio attività, alle condizioni dianzi evidenziate, è conforme alla disciplina statale".
L'orientamento (relativo a fatti accertati il 24 marzo 2003), cui la sentenza impugnata si è attenuta, non può, con riguardo alla fattispecie in esame (fatti protrattisi fino al 5 agosto 2005), essere condiviso.
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 10, comma 3, lett. c), (T.U. dell'edilizia) definisce infatti interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, subordinati a permesso a costruire, "gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso". Le opere interne, dunque, non sono più autonomamente regolate, e, nell'assetto dello stesso T.U. possono essere eseguite previa mera DIA, a condizione che: a) non integrino veri e propri interventi di ristrutturazione edilizia comportanti aumento di unità immobiliari, ovvero modifiche dei volumi, dei prospetti o delle superfici; b) non integrino veri e propri interventi di ristrutturazione edilizia con mutamento di destinazione d'uso; c) non comportino comunque mutamenti di destinazione d'uso di immobili compresi nelle zone omogenee A). E, nell'ipotesi considerata, il carattere minore dell'intervento appare da escludere, essendosi realizzato - come nessuno dubita - un aumento delle superfici, necessario e sufficiente ad imporre il permesso a costruire (o, in alternativa, la cd. superdia).
L'idea che la nuova normativa ancora richieda - perché debba considerarsi insufficiente la semplice DIA - una contemporanea modifica di volume e sagoma costituisce, in realtà, un riflesso dell'impostazione precedente, e, segnatamente, della disciplina contenuta nella L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60, là dove, al comma 7, lett. e) del sostituito dalla L. n. 493 del 1993, art. 4, si richiede la sola denuncia di inizio attività per le "opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile", apparendo peraltro chiaro, in termini definitori, che una qualche modifica in tal senso avrebbe escluso il carattere interno dell'intervento.
La nuova disciplina comporta invece che, in caso di interventi di ristrutturazione, l'organismo edilizio risulti in parte diverso per effetto della diversità di disposizione interna degli spazi, e che, ai fini della necessità del permesso a costruire (od, in alternativa, della denuncia di inizio dell'attività) debba aversi riguardo - a parte le ipotesi di mutamento di destinazione d'uso - alle "modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici". Ciascuna modifica, dunque, autonomamente realizza la fattispecie, senza possibilità di sovrapposizione, come si deduce dalla disgiuntiva finale (v., negli stessi sensi, Cass., 3^, ud. 20 settembre 2006, Montilli).
Nè la conclusione può essere influenzata dalla normativa regionale, solo evocata nel provvedimento impugnato. La L.R. Campania n. 19 del 2001, art. 2, comma 1, lett. a), invero, autorizza, in base a semplice denuncia d'inizio attività, "gli interventi edilizi, di cui al D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, n. 493, come sostituito dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 60, lettere a), b), c), d) e) f)", così richiamando proprio la previgente disciplina. Al riguardo, deve osservarsi che l'abolizione della categoria delle opere interne, nel T.U. dell'edilizia, appare significativamente ribadita dalla abrogazione espressa di cui all'art. 136, comma 2, lett. f), riguardante, in generale, la L. n. 47 del 1985, art. 26, lett. h), relativa al medesimo complesso normativo riprodotto dalla legge regionale. Il carattere formale del rinvio, desumibile dalla stessa formulazione letterale della disposizione unitariamente considerata, comporta, con riguardo alla ipotesi prevista nella lett. e) più sopra interamente riprodotta, che quella abrogazione non possa non essersi riflettuta sulla corrispondente previsione della legislazione regionale: sicché il regime delle opere interne resta correlato a quello dell'intervento edilizio complessivo che, attraverso l'esecuzione delle stesse, viene posto in essere (nella specie, di ristrutturazione edilizia).
Da ciò discende il principio di diritto secondo cui "l'esecuzione di soppalchi nella ristrutturazione interna di un edificio, pure se non realizzi un mutamento di destinazione d'uso, costituisce opera che richiede il permesso a costruire o, in alternativa, la denuncia d'inizio di attività, poiché comporta modifica delle superfici interne, la quale, a norma dell'art. 10, comma 1, lett. c) T.U. dell'edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001) è necessaria e sufficiente a far sorgere tale obbligo, indipendentemente, quindi, da una contemporanea modifica della sagoma o del volume. Tale disciplina è applicabile pure in presenza della disposizione dell'art. 2 L.R. Campania, che dichiara sufficiente la semplice denuncia d'inizio attività in ipotesi di opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell'immobilè, risultando la corrispondente disposizione della legislazione statale richiamata (L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60) abrogata dall'art. 36, comma 2, lett. h) dello stesso T.U.".
La sentenza impugnata va dunque annullata, con rinvio al Tribunale di Napoli, il cui G.I.P. si atterrà all'enunciato principio. P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza pugnata con rinvio al Tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma, il 22 settembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2006