Cass. Sez. III n. 35972 del 7 ottobre 2010 (CC.22 set.2010)
Pres. De Maio Est.Franco Ric. Lembo.
Urbanistica.Impossibilità tecnica di esecuzione demolizione
L'impossibilità tecnica di demolire un manufatto abusivo, nel caso in cui la sospensione condizionale della pena sia subordinata alla sua demolizione, non rileva come causa di revoca del beneficio solo se non dipenda da causa imputabile al condannato. (In motivazione la Corte, in una fattispecie nella quale il condannato aveva giustificato la mancata demolizione del manufatto posto al piano terra in quanto tecnicamente impedita dalla presenza di un piano superiore non abusivo, ha precisato che la dedotta impossibilità fosse imputabile al condannato per aver realizzato, o comunque tollerato, l'esecuzione di una sopraelevazione in violazione della normativa urbanistica e del vincolo cautelare).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 22/09/2010
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 1150
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 21792/2010
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
\Lembo Rosina\, nata a *Messina il 16.11.1938*;
avverso l'ordinanza emessa il 21.4.2010 dalla corte d'appello di Messina;
udita nella udienza in camera di consiglio del 22 settembre 2010 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. PASSACANTANDO Guglielmo che ha concluso per l'annullamento con rinvio della ordinanza impugnata. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con l'ordinanza in epigrafe la corte d'appello di Messina, su richiesta del Procuratore generale, rilevato che con sentenza irrevocabile \Lembo Rosina\ era stata condannata con la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto abusivo entro tre mesi dal passaggio in giudicato, e ritenuto che il termine era scaduto senza che la demolizione fosse avvenuta, revocò il beneficio della sospensione condizionale della pena, dichiarando peraltro estinta per condono la pena detentiva, l'intera pena pecuniaria della multa e nei limiti di Euro 9.100,00 quella dell'ammenda.
La \Lembo\ propone ricorso per cassazione deducendo manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione nonché violazione del principio di personalità della responsabilità. Lamenta che la motivazione è improntata al principio di responsabilità oggettiva, facendo discendere conseguenze negative da fatti non imputabili alla ricorrente. Questa infatti aveva dimostrato con una relazione tecnica che non poteva procedere alla demolizione del manufatto abusivo perché sopra di esso insisteva altro edificio non abusivo. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è manifestamente infondato.
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, "In tema di costruzioni edilizie abusive, grava sul soggetto condannato la prova della impossibilità di adempimento, per cause allo stesso non imputabili, della demolizione del manufatto abusivo ordinata con la sentenza di condanna ed alla quale sia subordinata la sospensione condizionale della pena, atteso che compete al giudice dell'esecuzione la sola valutazione sull'adempimento e sulla esistenza o meno di cause che lo abbiano reso impossibile al momento della scadenza dell'adempimento stesso" Sez. 3 27.4.2004, n. 32706, Giardina, m. 229388).
Dunque, la impossibilità tecnica di demolire il manufatto senza contemporaneamente demolire piani superiori, in tanto può avere rilievo al fine di revocare la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione, in quanto ovviamente tale impossibilità non dipenda da una causa imputabile allo stesso condannato, giacché in questo caso è ugualmente ravvisabile l'inadempimento dell'onere cui era sottoposta la sospensione condizionale.
Nella specie, il giudice del merito, con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruente motivato, e quindi non censurabile in questa sede, ha appunto accertato che la dedotta impossibilità di demolire dipenderebbe comunque da una causa imputabile alla condannata, perché era stata la medesima a realizzare sull'iniziale manufatto, o comunque a tollerare, che sul primo piano fuori terra fossero realizzate altre sopraelevazioni, in violazione non solo della normativa urbanistica ma anche del vincolo di sequestro. La corte d'appello ha legittimamente osservato anche che la condotta della condannata è ancor più censurabile per la sua pervicacia ed integra la colpevole inottemperanza alla condizione cui la sentenza condizionava la sospensione condizionale della pena. Può infine anche osservarsi che i motivi di ricorso non sono nemmeno idonei a contrastare la decisione impugnata perché non investono la ragione sulla quale questa si fonda, e cioè la riconducibilità della impossibilità tecnica di demolire ad un comportamento quanto meno colpevole della stessa condannata.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
In applicazione dell'art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 22 settembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2010