Consiglio di Stato Sez.IV sent. 5849 del 6 ottobre 2003
Con motivazione
MASSIMA
La
disposizione contenuta nell’art. 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47,
disciplina due differenti ipotesi di lottizzazione abusiva, la prima, c.d.
materiale, relativa all’inizio della realizzazione di opere che comportano la
trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, sia in violazione delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici, approvati o adottati, ovvero
di quelle
stabilite direttamente in leggi statali o regionali, sia in assenza della
prescritta autorizzazione; la seconda, c.d. formale, che si verifica
allorquando, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria
di carattere materiale, se ne sono già realizzati i presupposti con il
frazionamento e la vendita, o altri atti equiparati, del terreno in lotti (che
per le specifiche caratteristiche, quali la dimensione dei lotti stessi, la
natura del terreno, la destinazione urbanistica, l’ubicazione e la
previsione di opere urbanistiche, e per altri elementi riferiti agli
acquirenti, evidenzino in modo non equivoco la destinazione ad uso
edificatorio), creando così una variazione in senso accrescitivo sia del
numero dei lotti che in quello dei soggetti titolari del diritto sul bene.
Il bene giuridico protetto dalla predetta norma è non solo quello dell’ordinata pianificazione urbanistica e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo all’effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione (cioè dal comune), cui spetta di vigilare sul rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente assentito.
R
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A
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
D
E C I S I O N E
sul ricorso in appello iscritto al N.R.G. 500 – N. sez. 160 dell'anno 1991
proposto da TICCHIARELLI DOMENICO ed altri, rappresentati e difesi
dall’avvocato Giuseppe Lavitola, con il quale sono elettivamente domiciliati
in Roma, via Costabella n. 23, nonché dall’avv. Michele Petrella ai soli fini
della riassunzione del giudizio;
c o n t r o
COMUNE DI ROMA, in persona del
sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Carnovale, con
il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove n. 21
(presso la sede dell’avvocatura municipale);
e nei confronti di
SOC. SANTAMONICA LAB., in persona
del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;
nonché di
DE SIMONE SIMONETTA e AGNOLI FAUSTO, non
costituiti in giudizio;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. II, n.
1568 del 7 novembre 1989;
Visto il ricorso in appello con i relativi
allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del
Comune di Roma;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza dell’8 aprile
2003 il Consigliere Carlo Saltelli;
Udito l’avvocato Claudio Manzia, su delega
dell’avv. Giuseppe Lavitola, per gli appellanti, e l’avvocato B. Ceccarani
per il Comune di Roma;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto
quanto segue:
F A T T O
Con ordinanza prot. 4436 dell’8 settembre 1996 (Rip. XV – Urbanistica
ed edilizia privata) il Sindaco del Comune di Roma, constatata la lottizzazione
abusiva a scopo edificatorio del terreno sito in Roma, via della valle dei
fontanili, esteso per mq. 42.673 circa (in N.C.T. foglio 197, allegato 409,
p.lle 52, 55, 53, 105, 1355, 356 e 358), concretizzatasi nella sua
trasformazione urbanistico – edilizia mediante realizzazione di una strada in
terra battuta della lunghezza di circa 180 metri e della larghezza di circa 3
metri, nonché nel frazionamento e nella vendita (o atti equivalenti) dello
stesso terreno in 19 lotti di grandezza variabile da circa 1.000 metri quadrati
a circa 2.745 metri quadrati, intimava alla soc. Santamonica Lab. S.r.l., in
liquidazione, quale lottizzatore, nonché ai signori Sinibaldo Battisti,
Giovanna Ciarmatore, Aldo Casarelli, Simonetta De Simone, Domenico Ticchiarelli,
Franca Sabatucci, Filomena Ticchiarelli, Alberto Armonioso, Luciano Caprio, Rosa
Mattias, Silvio Costantini, Italia Candeloro, Giancarlo Cecchini, Nadia Nannucci,
Angelo Chima, Luigia Sannino, Nadia Castelli, Fausto Agnoli, Massimo Lovaglio,
Stefania Maceroni, Luigi Palumbo, Aurora Lovaglio, Armando Fontana, Marilena
Colombo, Giuliano Casarelli, Calogerina Messina, Natale Lovaglio, Maria Fazzano,
Pietro Colangelo, Michele Luongo, Maria Carbone e Alfredo Paola, quali lottisti,
di sospendere immediatamente la lottizzazione stessa e di interrompere
la realizzazione delle predette opere e delle altre eventualmente in
corso, vietandone di disporne per atto tra vivi e disponendo altresì, trascorsi
novanta giorni dalla sua notifica, l’acquisizione gratuita al patrimonio disponibile del Comune del terreno in
questione, con demolizione d’ufficio delle opere abusive.
Avverso tale ordinanza insorgevano tutti i
predetti interessati, ivi compresa la società Santamonica Lab. S.r.l., in
liquidazione, chiedendone l’annullamento al Tribunale amministrativo regionale
del Lazio, sulla scorta di due articolati motivi di censura.
Con il primo, deducendo la violazione e falsa
applicazione dell’articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e delle
altre norme e principi in materia, nonché eccesso di potere per errore e
difetto dei presupposti, difetto di motivazione e travisamento, nonché
violazione dell’articolo 1051 del codice civile, essi contestavano decisamente
che nel caso di specie si fosse verificata la asserita lottizzazione abusiva,
precisando, in particolare, che la società Lab. S.r.l., di cui tutti i
ricorrenti persone fisiche erano ex soci, era stata
costituita per l’acquisto del terreno indicato nell’impugnata
ordinanza sindacale, ma che, alla scadenza del termine fissato nel relativo
compromesso di vendita, essendo mancati i fondi occorrenti per il suo definitivo
acquisto, solo per non perdere la rilevante caparra già versata, i singoli soci
si sarebbe resi acquirenti del terreno stesso, ognuno per la parte che gli
sarebbe spettata proprio quale socio.
Doveva quindi escludersi qualsiasi intento di
lottizzazione abusiva, tant’è che essi avevano costituito un apposito
consorzio, denominato “Valle dei fontanili”, dando incarico ad un
professionista di predisporre un apposito piano esecutivo di zona da sottoporre
successivamente all’approvazione del Comune di Roma; ciò senza contare che,
in concreto, non solo non si era proceduto alla realizzazione di alcun
intervento edilizio, per quanto l’intero comprensorio, eccezion fatta per una
limitatissima porzione destinata urbanisticamente a zona N ed assegnata in
proprietà ai soci per un mero errore del tecnico che aveva provveduto alla
relativa operazione, era tutta destinata a zona F2, circostanza questa che
escludeva in ogni caso la violazione delle vigenti previsioni urbanistiche.
Quanto poi alla presunta realizzazione della
strada, i ricorrenti sostenevano trattarsi di un mero accesso campestre, privo
di qualsiasi elemento idoneo a ricondurlo nel genere di un’opera di
urbanizzazione a servizio dei singoli lotti (quali l’asfaltatura,
l’illuminazione, il drenaggio delle acque, etc.), resosi peraltro necessario
per la condizione di oggettiva interclusione dell’intero fondo a causa di una
lite con il proprietario confinante, che aveva negato il passaggio
precedentemente riconosciuto.
L’adito Tribunale, nella resistenza
dell’intimato Comune di Roma, con la sentenza segnata in epigrafe respingeva
il ricorso, ritenendo infondate le censure sollevate.
Con atto di appello notificato il 21 dicembre 1990
i signori Domenico Ticchiarelli, Franca Sabatucci, Alfredo Paola, Filomena
Ticchiarelli, Pietro Colangelo, Angelo Chima, Luigia Sannino, Luciano Caprio,
Rosa Mattias, Giancarlo Cecchini, Nadia Nannucci, Silvio Costantini, Italia
Candeloro, Natale Lovaglio, Luigi Palombo, Alberto Armonioso, Aurora Lovaglio,
Maria Fazzano, Stefania Maceroni, Massimo Lovaglio, Sinibaldo Battisti, Giovanna
Ciarmatore, Armando Fontana, Marilena Colombo, Aldo Casarelli, Nadia Castelli,
Giuliano Casarelli, Calogerina Messina, Michele Luongo e Maria Carbone
chiedevano la riforma della prefata sentenza, denunciandone l’erroneità sulla
scorta di due articolati motivi, rubricati rispettivamente, il primo,
“Travisamento ed erronea valutazione dei fatti – Violazione e falsa
applicazione dell’art, 18 della legge 28.2.1985 n. 47”, ed il secondo,
“Violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 18 legge
28.2.1985, n.47”, attraverso i quali venivano sostanzialmente riproposte le
censure svolte in primo grado.
Il Comune di Roma si costituiva in giudizio
chiedendo il rigetto dell’appello.
All’udienza del 2 maggio 2000 la causa veniva
cancellata dal ruolo.
Con atto notificato il 17 aprile 2002 i signori
Aldo Casarelli, Simonetta De Simone, Massimo Lo vaglio, Stefania Maceroni,
Natale Lovaglio, Maria Fazzano, Luigi Palombo, Aurora Lovaglio, Filomena
Ticchiarelli, Walter Guardabassi quale erede di Tarcisio Guardabassi, Tiziana
Costantini, quale avente causa dai genitori Silvio Costantini e Italia
Candeloro, Domenico Ticchiarelli, Franca Sabatucci, Fausto Agnoli, Guancarlo
Cecchini, Nadia Nannucci, Angelo Chima, Luigia Sannino, Pietro Colangelo,
Giuliano Casarelli, Luciano Caprio, Rosa Mattias, Calogerina Messina,
Marilena Palombo, quale erede del defunto marito Armando Fontana, Alfredo Paola,
Giovanna Ciurmatore, Sinibaldo Battisti e Alberto Armonioso, con l’avvocato
Michele Putrella, riassumevano il giudizio al fine di ottenere la pronuncia di
dichiarazione della cessazione della materia del contendere e la cancellazione
dei provvedimenti comunali di acquisizione intervenuti nelle more.
La Segreteria della Sezione con nota del 30 maggio
2002 informava l’originario difensore degli appellanti che, essendo decorso il
termine di dieci anni dal deposito dell’appello, ai sensi dell’ultimo comma
dell’articolo 26, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come sostituito
dall’articolo 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205, era necessario proporre
una nuova istanza di fissazione nel termine di sei mesi dal ricevimento
dell’avviso, pena la perenzione dell’appello stesso.
In relazione a tale comunicazione i signori
Domenico Ticchiarelli, Franca Sabatucci, Alfredo Paola, Filomena Ticchiarelli,
Pietro Colangelo, Angelo Chima, Luigia Sannino, Luciano Caprio, Rosa Mattias,
Giancarlo Cecchini, Nadia Nannucci, in proprio e quale erede di Cecchini
Giancarlo, Tiziana Costantini, quale erede di Silvio Costantini, Italia
Candeloro, Natale Lovaglio, Luigi Palombo, Alberto Armonioso, Aurora Lovaglio,
Maria Fazzano, Stefania Maceroni, Massimo Lovaglio, Sinibaldo Battisti, Giovanna
Ciarmatore, Walter e Sivia Guarbassi e Maria Pia Lucchini, quali eredi di
Tarcisio Guardabassi, Armando Fontana, Marilena Colombo, Aldo Casarelli, Nadia
Castelli, Giuliano Casarelli, Calogerina Messina, Michele Luongo e Maria
Carbone, a mezzo dell’avvocato Lavatola, chiedevano effettivamente la
fissazione dell’udienza di discussione del ricorso.
Con istanza in data 28 marzo 2003 l’avv.
Giuseppe Lavatola, difensore degli appellanti, ha chiesto il rinvio della
trattazione dell’affare, fissata per l’udienza dell’8 aprile 2003,
adducendo che era stato adottato un nuovo piano regolatore generale del Comune
di Roma, in virtù del quale l’area in argomento era stata inserita in un più
vasto comprensorio di edificazione e recupero urbanistico, ragione per cui
poteva ritenersi che il Comune di Roma non avesse più interesse e/o intenzione
di proseguire l’iter relativo all’acquisizione al proprio patrimonio dei
beni oggetto della presunta lottizzazione abusiva.
D I R I T T O
I.
E’ controversa la legittimità ordinanza prot. 4436 dell’8 settembre
1996 (Rip. XV – Urbanistica ed edilizia privata), con la quale il Sindaco del
Comune di Roma, constatata la lottizzazione abusiva a scopo edificatorio del
terreno sito in Roma, via della valle dei fontanili, esteso per mq. 42.673 circa
(in N.C.T. foglio 197, allegato 409, p.lle 52, 55, 53, 105, 1355, 356 e 358),
concretizzatasi nella sua trasformazione urbanistico – edilizia mediante
realizzazione di una strada in terra battuta della lunghezza di circa 180 metri
e della larghezza di circa 3 metri, nonché nel frazionamento e nella vendita (o
in atti equivalenti) dello stesso terreno in 19 lotti di grandezza variabile da
circa 1.000 metri quadrati a circa 2.745 metri quadrati, ha intimato alla soc.
Santamonica Lab. S.r.l., in liquidazione, quale lottizzatore, nonché ai signori
Sinibaldo Battisti, Giovanna Ciarmatore, Aldo Casarelli, Simonetta De Simone,
Domenico Ticchiarelli, Franca Sabatucci, Filomena Ticchiarelli, Alberto
Armonioso, Luciano Caprio, Rosa Mattias, Silvio Costantini, Italia Candeloro,
Giancarlo Cecchini, Nadia Nannucci, Angelo Chima, Luigia Sannino, Nadia
Castelli, Fausto Agnoli, Massimo Lovaglio, Stefania Maceroni, Luigi Palumbo,
Aurora Lovaglio, Armando Fontana, Marilena Colombo, Giuliano Casarelli,
Calogerina Messina, Natale Lovaglio, Maria Fazzano, Pietro Colangelo, Michele
Luongo, Maria Carbone e Alfredo Paola, quali lottisti, di sospendere
immediatamente la lottizzazione stessa e di interrompere
la realizzazione delle predette opere e delle altre eventualmente in
corso, vietandone di disporne per atto tra vivi e disponendo altresì, trascorsi
novanta giorni dalla sua notifica, l’acquisizione gratuita al patrimonio disponibile del Comune del terreno in
questione, con demolizione d’ufficio delle opere abusive.
I signori Domenico Ticchiarelli, Franca Sabatucci,
Alfredo Paola, Filomena Ticchiarelli, Pietro Colangelo, Angelo Chima, Luigia
Sannino, Luciano Caprio, Rosa Mattias, Giancarlo Cecchini, Nadia Nannucci,
Silvio Costantini, Italia Candeloro, Natale Lo vaglio, Luigi Palombo, Alberto
Armonioso, Aurora Lovaglio, Maria Fazzano, Stefania Maceroni, Massimo Lovaglio,
Sinibaldo Battisti, Giovanna Ciarmatore, Armando Fontana, Marilena Colombo, Aldo
Casarelli, Nadia Castelli, Giuliano Casarelli, Calogerina Messina, Michele
Luongo e Maria Carbone hanno chiesto la riforma della sentenza del Tribunale
amministrativo regionale del Lazio, sez. II, n. 1568 del 7 novembre 1989, che ha
riconosciuto la legittimità di detta ordinanza, riproponendo, attraverso
due articolati motivi di gravame, le stesse censure svolte in primo grado, a
loro avviso, ingiustamente respinte, con motivazione erronea, frutto di un
superficiale e approssimativo esame del materiale probatorio.
Resiste al gravame il Comune di Roma.
II. Deve preliminarmente darsi atto che per
l’appello in esame, cancellato dal ruolo all’udienza del 2 maggio 2000
(ragione per cui risulta depositato atto di riassunzione, a mezzo di un
difensore, l’avv. Michele Petrella, diverso da quello originario, anche per
soggetti parzialmente diversi dagli appellanti originari (in particolare, quanto
ai signori De Simone Simonetta e Guardabassi Tarcisio), è stata ritualmente
presentata nuova istanza di fissazione d’udienza ai sensi dell’ultimo comma
dell’articolo 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come sostituito
dall’articolo 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205, con il patrocinio
dell’originario difensore, avv. Giuseppe Lavitola.
Deve quindi ritenersi che l’appello in questione
è sicuramente pendente, limitatamente – ovviamente – ai soli soggetti
appellanti originari, così come indicati nell’epigrafe del ricorso in
appello.
III. Deve essere esaminata la richiesta di rinvio
della trattazione della causa, formulata dal difensore degli appellanti, con
istanza in data 28 marzo 2003, sul presupposto dell’intervenuta adozione di un
nuovo piano regolatore che, avendo inserito il terreno in argomento in un più
vasto comprensorio di edificazione e recupero urbanistico, farebbe ritenere che
il Comune di Roma non abbia più interesse e/o intenzione di proseguire l’iter
relativo all’acquisizione al proprio patrimonio dei beni oggetto della
presunta lottizzazione abusiva.
Essa deve essere respinta, in quanto genericamente
fondata su mere ragioni di opportunità, prive di rilevanza giuridica e come
tali inidonee a ledere i fondamentali principi del diritto di difesa, che
trovano la loro garanzia costituzionale negli articoli 24 e 113 della
Costituzione.
Infatti, ad avviso della Sezione, pur non potendo
revocarsi in dubbio che anche il processo amministrativo è regolato dal
principio dispositivo, deve pur sempre considerarsi che in esso non vengono in
rilievo esclusivamente interessi privati, ma devono trovare composizione e
soddisfazione anche gli interessi pubblici che vi sono coinvolti, con la
conseguenza che una richiesta di rinvio della trattazione del processo deve
trovare il suo fondamento giuridico in gravi e circostanziate ragioni, idonee ad
incidere – se non tenute in considerazione – sulle fondamentali esigenze di
tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantite.
Nel caso di specie, non solo tali gravi ragioni
non sussistono, non potendo in alcun modo essere ricollegate ad eventuali
ragioni di economia processuale (in relazione ad una presunta inutilità della
decisione), per quanto, anche a voler prescindere dalla complessità del
procedimento di approvazione del nuovo piano regolatore generale (allo stato
solo adottato) e del tempo a tanto necessario, non sussiste alcun rapporto di
presupposizione/conseguenzialità, logico – giuridica e/o funzionale, tra
l’adozione del predetto nuovo piano regolatore e la lottizzazione abusiva
contestata agli appellanti nella vigenza del precedente strumento urbanistico,
con la conseguenza che la nuova disciplina urbanistica assegnata al terreno non
può incidere sull’avvenuta lottizzazione abusiva, eventualmente sanandola.
IV.
Passando all’esame dei singoli motivi di gravame, la Sezione è dell’avviso
che essi possono essere trattati congiuntamente, essendo entrambi incentrati
sull’asserita violazione e falsa interpretazione dell’articolo 18 della
legge 28 febbraio 1985, n. 47: gli appellanti, invero, sostengono che i primi
giudici avrebbero erroneamente ritenuto legittima l’impugnata ordinanza
sindacale, laddove invece non si sarebbero neppure verificati i presupposti di
fatto e di diritto, sia della lottizzazione abusiva, sia di quella c.d.
negoziale.
IV.1. Si osserva al riguardo che l’articolo 18
della legge 28 febbraio 1985, n. 47, stabilisce
che “si ha lottizzazione abusiva di
terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino
trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, e comunque
stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione,
nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento
e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro
caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla
sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o
la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi
riferiti agli acquirenti denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo
edificatorio”.
Come emerge dal suo tenore letterale, esso
disciplina due differenti ipotesi di lottizzazione abusiva, la prima, c.d.
materiale, relativa all’inizio della realizzazione di opere che comportano la
trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, sia in violazione delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici, approvati o adottati, ovvero di quelle
stabilite direttamente in leggi statali o regionali, sia in assenza della
prescritta autorizzazione; la seconda, c.d. formale, che si verifica
allorquando, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria di
carattere materiale, se ne sono già realizzati i presupposti con il
frazionamento e la vendita, o altri atti equiparati, del terreno in lotti (che
per le specifiche caratteristiche, quali la dimensione dei lotti stessi, la
natura del terreno, la destinazione urbanistica, l’ubicazione e la
previsione di opere urbanistiche, e per altri elementi riferiti agli
acquirenti, evidenzino in modo non equivoco la destinazione ad uso
edificatorio), creando così una variazione in senso accrescitivo sia del numero
dei lotti che in quello dei soggetti titolari del diritto sul bene (C.d.S., sez.
V, 24 ottobre 1996, n. 1283).
Il bene giuridico protetto dalla predetta norma,
quindi, è non solo quello dell’ordinata pianificazione urbanistica
e del corretto uso del territorio, ma anche (e soprattutto) quello relativo
all’effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della
stessa funzione di pianificazione (cioè dal comune), cui spetta di vigilare sul
rispetto delle vigenti prescrizioni urbanistiche, con conseguente legittima
repressione di qualsiasi intervento di tipo lottizzatorio, non previamente
assentito: è stato, al riguardo, rilevato che per aversi lottizzazione abusiva
è sufficiente il solo fatto che le opere o il frazionamento fondiario siano
stati realizzati in assenza di uno strumento urbanistico attuativo o di un piano
di lottizzazione convenzionato (C.d.S., sez. V, 26 marzo 1996, n. 301) e che è
ravvisabile l’ipotesi di lottizzazione abusiva, prevista dal ricordato
articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, solo quando sussistono elementi
precisi ed univoci da cui possa ricavarsi agevolmente l’intento di asservire
all’edificazione, per la prima volta, un’area non urbanizzata (C.d.S., sez.
V, 13 settembre 1991, n. 1157).
IV.2. Alla stregua di tali delineati principi, ad
avviso della Sezione, la sentenza non merita le critiche le sono state rivolte.
IV.2.1. Quanto
alla fattispecie della lottizzazione abusiva materiale, determinata dalla
realizzazione della strada, così come indicato nella ordinanza sindacale
impugnata, giova rilevare che, sebbene gli appellati hanno tentato addirittura
di negarne l’esistenza (facendo riferimento ad una apposita perizia giurata
prodotta già in primo grado e dalla quale tale realizzazione non risulterebbe),
la sua stessa realizzazione è stata ammessa nel ricorso di primo grado,
giustificandola con la necessità di fornire un varco di accesso all’area
stessa, altrimenti interclusa, e postulandone la natura di mero accesso
campestre.
Invero tali eccepite caratteristiche della strada
non sono state affatto provate (questo essendo il thema decidendum del relativo
motivo di ricorso), né di esse è stato fornito alcun elemento indiziario; per
contro, come correttamente rilevato anche dai primi giudici, anche in
considerazione delle specifiche circostanze di fatto che caratterizzano la
fattispecie portata all’esame della Sezione (vale a dire, la sicura intenzione
di acquistare l’area per edificare da parte della società Santamonica Lab.
S.r.l. e la successiva vendita frazionata dell’area ai singoli ex soci della
predetta società, la conformazione del terreno e la sua stessa natura, in parte
edificabile), si può ragionevolmente presumere, secondo l’id
quod plerumque, che effettivamente la strada in questione, sia pur
embrionalmente, rappresentasse proprio la via di accesso ai singoli lotti.
E’ del tutto irrilevante, al riguardo, che detto
tracciato non possedesse ancora i requisiti tipici dell’opera di
urbanizzazione, ovvero che potesse anche essere scambiato per un mero accesso
campestre, atteso che è più che ragionevole ritenere, proprio sulla base delle
circostanze di fatto, gravi, precisi e concordanti sopra evidenziate (non
smentite dagli interessati, e tanto meno inficiate dalle loro mere deduzioni
difensive), che esso rappresentava un primo elemento – sia pur abbozzato e non
ancora completamente definito – del complessivo intento di lottizzazione
abusiva, completato poi, nel suo disegno programmatico, dalla lottizzazione
negoziale.
IV.2.2. Quanto a quest’ultima, poi, non essendo
contestabile in alcun modo l’esistenza dei rogiti notarili con cui l’intera
area in questione è stata frazionata in 19 singoli lotti, di dimensioni tutte
diverse, tutte astrattamente idonee a consentire ai singoli proprietari la
realizzazione di un autonomo e completo edificio, gli appellanti sostengono che
non sarebbe dimostrabile l’intento di lottizzare abusivamente, smentito anzi
dalla pressoché coeva (alla vendita) istituzione di un apposito consorzio e del
mandato conferito ad un tecnico per ottenere dal Comune di Roma i necessari
permessi per costruire, e che, in ogni caso, l’ordinanza impugnata sarebbe
priva della necessaria motivazione circa la non equivocità della destinazione
dei lotti stessi a scopo edificatorio.
Anche tale assunto non sembra meritevole di
accoglimento.
E’ sufficiente al riguardo ricordare che
l’ipotesi della c.d. lottizzazione negoziale prescinde dalla prova di
qualsiasi intento di lottizzare abusivamente e rileva, invece, obiettivamente
per il solo fatto del frazionamento e della vendita in lotti di un’area, purchè
questi lotti per le loro dimensioni, per la natura del terreno, per il numero,
per la eventuale previsione di opere di urbanizzazione e in rapporto ad altri
elementi riferiti agli acquirenti evidenzino, in modo non equivoco la
destinazione a scopo edificatorio degli stessi.
La puntuale motivazione su tale ultimo elemento
della fattispecie si rende ovviamente necessaria allorquando possano esistere
dubbi o perplessità sui fatti che la devono evidenziare, ma la circostanza non
ricorre affatto nel caso di specie, essendo sufficiente motivata l’ordinanza
impugnata su tale punto con riferimento al numero dei lotti, alla loro
dimensione, alla effettiva natura del terreno e all’effettiva esistenza di una
strada, sia pur allo stato embrionale, volta a consentire l’accesso ai singoli
fondi.
In ogni caso, le doglianza prospettate dagli
appellanti sono infondate anche in relazione alla specificità delle modalità
concrete con cui, per loro stessa ammissione, sarebbe maturata la scelta di
acquistare direttamente in singoli lotti l’intera area promessa in vendita
alla società Santamonica Lab. S.r.l., di cui essi erano soci: invero, anche a
voler prescindere dalla dubbia verosimiglianza della circostanza che la predetta
società si fosse trovata sfornita di fondi, atteso che i suoi soci, cui
spettava evidentemente di provvedervi, avevano effettivamente disponibilità
finanziarie, come risulta dall’effettivo acquisto dei singoli lotti, non può
non evidenziarsi come la loro intenzione fosse effettivamente quella di
edificare e quindi di poter avere la disponibilità di una propria autonoma casa
d’abitazione (indipendentemente dal mezzo utilizzato, originariamente
attraverso l’attività della predetta società); d’altra parte, poiché
scopo della norma dell’articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come
sopra ricordato, è quello di assicurare l’effettivo rispetto delle
prescrizioni urbanistiche attraverso la puntuale vigilanza del territorio, è
del tutto irrilevante che l’area fosse edificabile (circostanza in ogni caso
in parte non vera ricadendo l’area stessa anche in zona N, oltre che F2),
essendo pacifico che non vi era stato alcun previo assenso da parte
dell’autorità competente alla lottizzazione, formalmente predisposta
(circostanza che rende altresì ininfluente il fatto che non fosse stata
effettivamente realizzata alcuna opera di edificazione).
V. In
conclusione, l’appello deve essere pertanto respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate
come in dispositivo.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente
pronunciando sull’appello proposto dai signori Domenico Ticchiarelli,
Franca Sabatucci, Alfredo Paola, Filomena Ticchiarelli, Pietro Colangelo, Angelo
Chima, Luigia Sannino, Luciano Caprio, Rosa Mattias, Giancarlo Cecchini, Nadia
Nannucci, Silvio Costantini, Italia Candeloro, Natale Lo vaglio, Luigi Palombo,
Alberto Armonioso, Aurora Lovaglio, Maria Fazzano, Stefania Maceroni, Massimo
Lovaglio, Sinibaldo Battisti, Giovanna Ciarmatore, Armando Fontana, Marilena
Colombo, Aldo Casarelli, Nadia Castelli, Giuliano Casarelli, Calogerina Messina,
Michele Luongo e Maria Carbone
avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio,
sez. II, n. 1568 del 7 novembre 1989, lo respinge.
Condanna gli appellanti al pagamento in favore del
Comune di Roma delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano in
complessivi euro 3.000,00 (tremila).
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 8 aprile 2003, dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in
camera di consiglio con l’intervento dei seguenti signori: