Consiglio di Stato Sez. VI  n. 5765 del 13 giugno 2023
Urbanistica.Demolizione

La sanzione ripristinatoria costituisce atto vincolato, per la cui adozione non è necessaria la valutazione specifica delle ragioni di interesse pubblico, né la comparazione di questi con gli interessi privati coinvolti, né tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non essendo in alcun modo ammissibile l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva. In definitiva, l’ordine di demolizione, avendo natura di atto vincolato, non necessita di relativa motivazione anche se contiene una motivazione adeguata nel momento in cui descrive gli interventi abusivamente effettuati. Né l'Amministrazione, in sede di irrogazione della sanzione demolitoria, può ritenersi onerata di valutare preventivamente la possibilità che l'abuso sia sanabile, anche perché la sanatoria richiede la domanda dell'interessato.

Pubblicato il 13/06/2023

N. 05765/2023REG.PROV.COLL.

N. 01100/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1100 del 2020, proposto da
Michele Rega, rappresentato e difeso dall'avvocato Emanuele D'Alterio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Giugliano in Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuliano Agliata, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 03349/2019, resa tra le parti, per l’annullamento dell'ordinanza di demolizione n.283/10


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Giugliano in Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2023 il Cons. Davide Ponte e nessuno è comparso per le parti costituite;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 3349 del 2019 del Tar Campania, recante rigetto dell’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dalla stessa parte al fine di ottenere l’annullamento dell'ordinanza di demolizione n.283/2010 emessa dal Comune di Giugliano in Campania. Le opere contestate riguardavano la “trasformazione del sottotetto in mansarda, totalmente ultimata e abitata, con realizzazione di un balcone terrazzo di circa 15 mq già pavimentato ma senza parapetto”.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava, contestando le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, i seguenti motivi di appello:

- error in iudicando ed eccesso di potere in relazione al difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico alla demolizione ed alla mancata valutazione della conformità urbanistica degli abusi sanzionati;

- error in iudicando e violazione dell’art. 34 d.P.R. 380 del 2001 per la previa verifica di fattibilità del ripristino;

- error in iudicando e violazione dell’art. 31 d.P.R. cit per mancata indicazione dell’area da acquisire.

La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza dell’8 giugno 2023 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è destituito di fondamento, in termini tali da rendere applicabile l’art. 74 cod proc amm, in quanto i diversi motivi si scontrano con i consolidati orientamenti di questo Consiglio.

2. In termini fattuali è pacifico, in quanto emergente dagli atti e confermato dalla narrativa in fatto dello stesso atto di appello, che i manufatti oggetto di demolizione siano quelli accertati dal Comune come abusivamente realizzati.

3. In relazione al primo motivo di appello, va ribadito il carattere reale delle sanzioni in materia edilizia, nel senso che il presupposto per l'adozione di un'ordinanza di ripristino è non già l'accertamento di responsabilità nella commissione dell'illecito, ma l'esistenza d'una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia. La sanzione ripristinatoria costituisce atto vincolato, per la cui adozione non è necessaria la valutazione specifica delle ragioni di interesse pubblico, né la comparazione di questi con gli interessi privati coinvolti, né tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non essendo in alcun modo ammissibile l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 17 luglio 2018, n. 4368 e 3 gennaio 2022, n. 10).

3.1 In definitiva, l’ordine di demolizione, avendo natura di atto vincolato, non necessita di relativa motivazione anche se contiene una motivazione adeguata nel momento in cui – come nel caso di specie - descrive gli interventi abusivamente effettuati. Né l'Amministrazione, in sede di irrogazione della sanzione demolitoria, può ritenersi onerata di valutare preventivamente la possibilità che l'abuso sia sanabile, anche perché la sanatoria richiede la domanda dell'interessato.

4. In relazione al secondo motivo di appello, va ribadito che le questioni dedotte riguardano la fase meramente esecutiva dell’ordine impugnato, che fuoriesce dall’ambito di cognizione della presente controversia. Al riguardo va ribadito che la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria debba essere valutata dall'Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione: fase esecutiva, nella quale le parti possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato, presupposto per l'applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, con la conseguenza che tale valutazione non rileva ai fini della legittimità dell'originario ordine di demolizione (Consiglio di Stato , sez. VI , 10/05/2021 , n. 3666).

5. In relazione al terzo motivo di appello, infine, va ribadito che neppure l’omessa o imprecisa indicazione di un'area che verrà acquisita di diritto al patrimonio pubblico costituisce motivo di illegittimità dell'ordinanza di demolizione: invero, l'indicazione dell'area è requisito necessario ai fini dell'acquisizione, che costituisce distinta misura sanzionatoria (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 03/12/2020, n. 7672).

6. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello va respinto.

Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di parte appellata, liquidate in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2023 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere, Estensore

Lorenzo Cordi', Consigliere