Consiglio di Stato Sez. VI n. 8 del 3 gennaio 2022
Urbanistica.Differenza tra pertinenza urbanistica e civilistica
Ai fini urbanistici ed edilizi il concetto di pertinenza ha un significato del tutto diverso rispetto alla nozione civilistica e si fonda sull’assenza di: a) autonoma destinazione del manufatto pertinenziale; b) incidenza sul carico urbanistico; c) modifica all’assetto del territorio
Pubblicato il 03/01/2022
N. 00008/2022REG.PROV.COLL.
N. 06522/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6522 del 2020, proposto da
Furlan Luigi & Figli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Monica Carlin, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Dario Capotorto in Roma, via Emilia, n. 88;
contro
Comune di Mezzocorona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. per la Provincia autonoma di Trento n. 162/2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Mezzocorona;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2021 il Cons. Giordano Lamberti e udita l’avvocato Carlin Monica;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Parte appellante riferisce che: - dal 1945 la famiglia Furlan si occupa di produzione e commercializzazione di legno e di combustibili solidi per il riscaldamento; - la perdurante difficoltà (che sarebbe ben nota all’amministrazione comunale) di reperire spazi necessari all’attività aziendale in prossimità della località Pineta, ha costretto l’impresa a utilizzare lo spazio pubblico antistante la sua proprietà come deposito del legname; - in data 11.12.2017 le è stata notificata l’ordinanza di rimessione in pristino dello stato dei luoghi con cui è stata ingiunta, per quanto di rilievo nel presente giudizio, “la rimozione delle seguenti opere abusive realizzate in pp.eed 836, 837 e 838 C.C. Mezzocorona e la rimessa in pristino dello stato dei luoghi: 1.CORPO “A”: tettoia realizzata con travi e pilasti in legno e copertura in lamiera di dimensioni pari a circa ml 10,00 x 23,10 x 2,85 (h min), 3,60 (h max); 2.CORPO “C”: setti in c.a. con sopralzo in legno che costituiscono delle vasche di dimensioni complessive pari a circa ml 22,35 x 12,00 x 4”.
2 - L’appellante ha presentato istanza di annullamento parziale in autotutela della predetta ordinanza, prospettando che i manufatti dovessero ritenersi rientranti negli interventi di attività di edilizia libera di cui all’art. 78 della L.P. 15/2015, peraltro ammissibili in zona “Bosco” in quanto aventi funzione produttiva rivolta proprio allo sviluppo della filiera foresta-legno.
L’amministrazione non ha accolto tale istanza.
3 – L’appellante ha quindi proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, deducendo l’erronea qualificazione dei manufatti quali volumi edilizi abusivi anziché come “costruzione accessoria” ai sensi dell’art. 3 c. 4 lett. b del Decreto del Presidente della Provincia di Trento 19 maggio 2017, n. 8-61/leg. e/o come “fabbricato rurale minore” ai sensi dell’Appendice, Prospetto n. 2 delle NTA del PRG del Comune di Mezzocorona e la mancata qualificazione degli interventi edilizi contestati come “attività edilizia libera” ai sensi dell’art. 78 della L.P.15/2015, analogamente a quanto previsto per gli interventi di cui alla lettera c) del comma 2 dello stesso articolo di legge; l’appellante ha inoltre dedotto la violazione del principio di legittimo affidamento, in ragione della presenza ultraventennale dei fabbricati di cui l’amministrazione appellata aveva ordinato e ingiunto la demolizione.
4 – A seguito dell’opposizione del Comune, il ricorso è stato trasposto innanzi al TRGA per la provincia di Trento che, con la sentenza n. 162/2019, lo ha respinto.
5 – La società ricorrente ha proposto appello avverso tale pronuncia per i motivi di seguito esaminati.
All’udienza del 9 dicembre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
5.1 – Proceduralmente, deve essere disattesa l’istanza di rinvio della trattazione della causa richiesta dall’appellante durante l’udienza, non sussistendone i presupposti (cfr. l’art. 73 del c.p.a., così come novellato dal d.l. 9 giugno 2021, n. 80, che ammette il rinvio solo in “casi eccezionali”).
Sempre in via preliminare, deve essere dichiarata l’inammissibilità della memoria del Comune depositata in data 16 novembre 2021, in quanto tardiva.
6 – Con il primo motivo, l’appellante deduce l’errata qualificazione dei fabbricati (corpo “A” e corpo “B”) operata nei provvedimenti impugnati, insistendo sulla natura pertinenziale e accessoria dei due manufatti rispetto ai fabbricati principali, la cui legittimità non è controversa.
A tal fine, prospetta che i manufatti - che non potrebbero considerarsi “volume edilizio” ai sensi dell’art. 3 c. 6 lett. o) del Regolamento Provinciale, in quanto aperti su quattro lati e con copertura rimovibile (corpo “A”) o addirittura assente (corpo “C”) - sarebbero del tutto assimilabili ai pergolati, tenuto conto delle seguenti caratteristiche funzionali: la pertinenzialità rispetto a un edificio e la presenza di elementi orizzontali in legno e metallo (e quindi facilmente rimovibili). Tali caratteristiche, secondo l’appellante, determinano l’illogicità e l’irragionevolezza della sentenza impugnata, nella parte in cui esclude che i fabbricati in oggetto siano qualificabili come interventi liberi ai sensi dell’art. 78 L. P. 15/2015.
6.1 – La censura non può trovare accoglimento.
Le opere di cui è stata ingiunta la demolizione consistono nel cd. corpo A (tettoia con travi e pilastri in legno delle dimensioni di circa 10,00 x 23,10 mt ed altezza di 2,85/3,60 ml, utilizzata come deposito di bancali di legna da ardere) e nel cd. corpo C (vasche in cemento armato delle dimensioni massime in pianta di circa 22,35 x 12,00 mt e altezza complessiva massima di circa 4,00 m., realizzate con setti in cemento nella parte inferiore e sopralzo con struttura in ferro e tavolato in legno per circa ulteriori 2,00 ml di altezza, utilizzate per contenere semilavorati in legno di piccola pezzatura e residui di lavorazione).
Tenuto conto delle caratteristiche delle opere in questione, la tesi di parte appellante non risulta in sintonia con i criteri individuati dalla giurisprudenza relativamente alla natura temporanea di un’opera, alle peculiarità della nozione di pertinenza in ambito urbanistico ed alle caratteristiche che deve avere il cd. pergolato.
Al riguardo, su un piano generale, è utile ricordare quanto segue:
- dal punto di vista prettamente edilizio, si è consolidato l’orientamento in base al quale si deve seguire “non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale”, per cui un’opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee – come nel caso di specie in cui i manufatti sono stabilmente funzionali alle esigenze dell’impresa - non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere sono state realizzate con materiali facilmente amovibili (tale ultima circostanza deve per altro escludersi nel caso in esame) (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016);
- ai fini urbanistici ed edilizi il concetto di pertinenza ha un significato del tutto diverso rispetto alla nozione civilistica e si fonda sulla assenza di: a) autonoma destinazione del manufatto pertinenziale; b) incidenza sul carico urbanistico; c) modifica all’assetto del territorio (cfr. Cons. di Stato, sez. IV, 23 luglio 2009, n. 4636; Cons. di Stato, sez. IV, 16 maggio 2013, n. 2678; Cons. di Stato, sez. V, 11 giugno 2013, n. 3221);
- si può configurare un pergolato quanto si è al cospetto di “un manufatto leggero, amovibile e non infisso al pavimento, non solo privo di qualsiasi elemento in muratura da qualsiasi lato, ma caratterizzato dalla assenza di una copertura anche parziale con materiali di qualsiasi natura, e avente nella parte superiore gli elementi indispensabili per sorreggere le piante che servano per ombreggiare: in altri termini, la pergola è configurabile esclusivamente quando vi sia una impalcatura di sostegno per piante rampicanti e viti” (Cons. Stato, Sez. VI, 2 luglio 2018, n. 4001).
6.2 - Alla luce delle considerazioni che precedono, l’amministrazione ha correttamente qualificato le opere come “costruzione” ai sensi delle definizioni generali, punto 2) lettera a), dell’Appendice - Prospetto n. 1 allegato alle NTA del P.R.G. del Comune di Mezzocorona, perché, oltretutto, ricadono in zona Bosco, dove, ai sensi dell’art. 21 delle NTA del P.R.G., non è ammessa la presenza di manufatti.
Ai sensi dell’art. 21 del prospetto n. 1 allegato alle NTA del P.R.G. di Mezzocorona e dell’art. 3, lett. s), della legge provinciale n. 15/2015 nella nozione di “costruzione” rientra “qualsiasi opera avente i caratteri della solidità, della stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica, indipendentemente dai materiali impiegati per la sua realizzazione, dalla sua destinazione e dal fatto che costituisca volume urbanistico. Costituiscono costruzione, oltre agli edifici e ai fabbricati, anche pertinenziali, i muri e gli altri manufatti rilevanti a fini urbanistici e paesaggistici”.
La tesi di parte appellante si scontra con il fatto che le opere in questione, per le loro dimensioni, caratteristiche e finalità alle quali sono deputate, rappresentano costruzioni urbanisticamente rilevanti, che non possono essere ricondotte alla nozione di opera accessoria di cui all’art. 3, comma 4, lett. b), del Regolamento urbanistico-edilizio provinciale. Invero, tale disposizione si riferisce ad una: “costruzione di limitate dimensioni, accessoria alla funzione principale dell’edificio o all’attività dell’area, quali depositi attrezzi, piccoli fienili e legnaie realizzati secondo le previsioni tipologiche e dimensionali stabilite dagli strumenti urbanistici comunali, serre solari e bussole d'ingresso aventi profondità massima di 2,00 metri, pensiline con sporgenza non superiore a 2,00 metri e tettoie, se previste dal PRG, di superficie, come risultante dalla proiezione delle falde sul piano orizzontale, inferiore a 15,00 metri quadrati” .
Da un altro punto di vista, avuto riguardo alle caratteristiche strutturali, alle ingenti dimensioni ed alla funzione servente all’attività produttiva delle opere in questione, che le differenzia nettamente da un pergolato, appare condivisibile quanto concluso dal Giudice di primo grado, che ne ha escluso l’inclusione tra gli interventi liberi di cui all’art. 78, comma 2, lett. c), della legge provinciale n. 15/2015 che riguarda “pergolati, quando costituiscono strutture di pertinenza di un edificio e sono composti da elementi verticali e sovrastanti elementi orizzontali in legno o in metallo”; e tra gli interventi di cui all’art. 78, comma 2, lett. r) che si riferisce alla “collocazione di contenitori e di distributori mobili per stoccaggio di carburanti e olii esausti da parte delle imprese agricole che non eccedono i 9 metri cubi”.
7 - Deve infine essere disatteso anche il secondo motivo di appello con il quale la società denuncia la violazione del principio del legittimo affidamento del privato.
Al riguardo, il Giudice di primo grado ha fatto corretta applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, Consiglio di Stato, Ad. plen., 17 ottobre 2017, n. 9; Sez. VI, 5 novembre 2018, n. 6233) in base al quale l’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede alcuna motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso, e tale principio non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso.
A nulla rileva nel presente giudizio – avente ad oggetto l’impugnazione dell’ordine di demolizione e non il diritto al risarcimento del danno - la precisazione dell’appellante relativa al fatto che l’affidamento dell’impresa si basava anche sul comportamento tenuto dall’amministrazione appellata in relazione alle diverse richieste di titoli edilizi e all’utilizzo dell’area di proprietà comunale, trattandosi di aspetti che non incido sulla sussistenza della violazione della disciplina edilizia che l’amministrazione ha il dovere di reprimere.
8 - In definitiva, l’appello deve essere respinto.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello e condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore del Comune, che si liquidano in €5.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2021 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Giordano Lamberti, Consigliere, Estensore
Francesco De Luca, Consigliere
Fabrizio D'Alessandri, Consigliere