Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1056, del 4 marzo 2015
Urbanistica.La valutazione sulla fattibilità della demolizione parziale va fatta al momento dell’irrogazione della sanzione
La valutazione sulla reale fattibilità, pratica e giuridica, della demolizione parziale (cioè delle sole opere che si assumono realizzate abusivamente) deve essere effettuata al momento dell’irrogazione della sanzione, non risultando condivisibile la tesi che ammette il differimento di tale accertamento alla fase della esecuzione d’ufficio dell’ordine demolitorio, ove rimasto ineseguito dal soggetto sanzionato. Un’interpretazione siffatta dell’art. 12 della legge n. 47/1985 (ora, art. 34 d.P.R. n. 380/2001) appare contrastante con elementari precetti di logica, prima ancora che di diritto, posto che la postergazione della fattibilità dell’intervento ripristinatorio porterebbe contraddittoriamente a ritenere che possa essere legittimo ingiungere al privato un’attività demolitoria che l’amministrazione stessa potrebbe a posteriori avvedersi non essere possibile eseguire d’ufficio in via sostitutiva. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese
N. 01056/2015REG.PROV.COLL.
N. 05216/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5216 del 2012, proposto da:
Mario Zavattaro, rappresentato e difeso dagli avvocati Dario Gramaglia, Riccardo Montanaro e Guido Francesco Romanelli, con domicilio eletto presso lo studio legale Romanelli in Roma, Via Cosseria, n. 5;
contro
Comune di Pocapaglia, non costituito in questo grado;
nei confronti di
Marina Sibilla, Aurelio Macrì, non costituiti in questo grado;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE II n. 1310/2011, resa tra le parti, concernente diniego di permesso di costruire e ripristino dello stato dei luoghi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2015, il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per l’appellante l’avvocato Romanelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il geometra Mario Zavattaro impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Piemonte 17 dicembre 2011 n. 1310 che ha in parte accolto ed in parte respinto il ricorso dallo stesso proposto, in qualità di direttore dei lavori di ristrutturazione edilizia di un immobile sito nel centro storico di Pocapaglia (CN), avverso il diniego di sanatoria edilizia nonché avverso l’ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi.
Il Tar, pur ammettendo che l’intervento edilizio avesse comportato un aumento di cubatura ( rispetto a quanto assentito) non ammesso nel centro storico, ha nondimeno rilevato che alla fattispecie non potesse trovare applicazione l’art. 5.3.1. delle nn.tt.aa. del PRG vigente nel Comune di Pocapaglia che esclude modifiche delle altezze dei piani di gronda solo in relazione alle costruzioni a cortina, alle quali non poteva essere assimilato il fabbricato oggetto di ristrutturazione in quanto non prospiciente per le parti oggetto di intervento su una pubblica via o piazza.
Inoltre, il giudice di primo grado ha rilevato che, attesa la modesta rilevanza degli aumenti volumetrici e di sagoma del fabbricato, avrebbe potuto essere omessa l’autorizzazione paesaggistica o comunque la stessa non avrebbe potuto essere legittimamente denegata attesa la non percepibilità esteriore del leggero aumento volumetrico.
Da ultimo il giudice di primo grado ha respinto il motivo di censura incentrato sull’applicazione della sanzione reale della riduzione in pristino della parte di fabbricato realizzata abusivamente, sul rilievo che al più solo in sede di inadempimento del privato all’ordine di demolizione il Comune avrebbe potuto verificare la fattibilità dell’intervento ripristinatorio e le conseguenze sulla parte dell’immobile realizzata legittimamente.
L’appellante si duole della erroneità della gravata sentenza e ne chiede la riforma, con conseguenziale accoglimento del ricorso di primo grado.
L’appellante rileva la contraddittorietà della pronuncia che, pur rilevando la modesta entità dell’aumento volumetrico, non percepibile dall’esterno, avrebbe nondimeno ritenuto immune da vizi il diniego di sanatoria sotto il profilo dell’aumento volumetrico comunque riscontrabile ed avrebbe altresì ritenuto legittimo l’ordine di riduzione in pristino dell’edificio senza la preliminare verifica di fattibilità di tale intervento ripristinatorio, avuto riguardo alla possibilità di far salva la parte realizzata legittimamente.
Conclude pertanto l’appellante per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado e per l’annullamento, in riforma della impugnata sentenza, degli atti in quella sede gravati
All’udienza pubblica del 3 febbraio 2015 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L’appello è fondato e merita di essere accolto.
3.- Anzitutto va accolto il rilievo dell’appellante secondo cui l’art. 5.1 delle NTA( allegate al PRG vigente nel Comune di Pocapaglia) non vieta in assoluto qualsiasi aumento volumetrico. D’altronde, se così fosse il Comune non avrebbe rilasciato il permesso di costruire n. 110 del 2004, che tale aumento suppone. Il divieto espresso di aumento di cubatura è contenuto nell’art. 5.3.1 delle NTA, ed è relativo agli edifici a cortina; ma è lo stesso giudice di primo grado – con accertamento sul punto non contestato – ad affermare, condivisibilmente, che la disposizione sugli edifici a cortina non si applica alla fattispecie di che trattasi, in quanto il fabbricato oggetto di ristrutturazione non prospetta, per le parti oggetto di intervento di ristrutturazione, su vie o piazze pubbliche.
4.- Ulteriore elemento di perplessità e di parziale contraddizione con le conclusioni cui giunge la sentenza in punto di non conformità dell’intervento alla disciplina urbanistico-territoriale, è da ravvisare – come correttamente rileva l’appellante – nell’affermazione dei primi giudici secondo cui l’aumento volumetrico sarebbe in ogni caso di modestissima rilevanza, non percepibile dall’esterno e quindi irrilevante sul piano paesaggistico.
Già da tali elementi emergono dubbi sulla legittimità dell’ordine di riduzione in pristino oggetto dell’impugnazione di primo grado, attesa la dubbia configurabilità, nella specie, di un abuso sanzionabile.
5.-Ma elementi di sicura illegittimità il provvedimento di riduzione in pristino esibisce laddove, pur a fronte della riscontrata non conformità soltanto parziale dell’intervento, assume necessario l’intervento ripristinatorio pur in carenza del presupposto ed ineludibile accertamento circa l’assenza di qualsiasi pericolo di danno per le parti dell’edificio conformi ai titoli già rilasciati e che dall’esecuzione di detto intervento ripristinatorio potrebbero effettivamente risentire pregiudizio. Sul punto, uniformandosi all’orientamento consolidato di questo Consiglio di Stato ( cfr., in particolare, sezione VI, n. 5368/13), il Collegio è del parere che la valutazione sulla reale fattibilità, pratica e giuridica, della demolizione parziale ( e cioè delle sole opere che si assumono realizzate abusivamente) debba essere effettuata al momento dell’irrogazione della sanzione, non risultando condivisibile la tesi – fatta propria dal Tar – che ammette il differimento di tale accertamento alla fase della esecuzione d’ufficio dell’ordine demolitorio, ove rimasto ineseguito dal soggetto sanzionato. Un’interpretazione siffatta dell’art. 12 della legge n. 47/1985( ora, art. 34 d.P.R. n. 380/2001) appare contrastante con elementari precetti di logica, prima ancora che di diritto, posto che la postergazione della fattibilità dell’intervento ripristinatorio porterebbe contraddittoriamente a ritenere che possa essere legittimo ingiungere al privato un’attività demolitoria che l’amministrazione stessa potrebbe a posteriori avvedersi non essere possibile eseguire d’ufficio in via sostitutiva.
6.- Per le considerazioni che precedono, l’appello va accolto e, in riforma dell’impugnata sentenza, va integralmente accolto il ricorso di primo grado, con consequenziale annullamento degli atti in quella sede impugnati.
7.- Quanto alle spese del doppio grado di giudizio, tenuto conto della particolarità della fattispecie scrutinata e del già parziale accoglimento del ricorso da parte del giudice di primo grado, giusti motivi ne consigliano la integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello ( RG n. 5216/12), come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, annulla gli atti in primo grado impugnati.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)