Consiglio di Stato Sez. VI n. 5403 del 19 luglio 2021
Urbanistica.Lottizzazione abusiva fra processo penale e processo amministrativo
In tema di lottizzazione abusiva il sindacato dell’Amministrazione non è completamente sovrapponibile a quello svolto dal Giudice penale relativamente alla fattispecie criminosa di cui all’art. 44, d.P.R. n. 380 del 2001, il quale, seppure in ipotesi avente ad oggetto i medesimi fatti storici, mira ad accertare la responsabilità penale dell’imputato, con le relative conseguenze sulla sua libertà personale e che, pertanto, sul piano processuale esige la dimostrazione della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio del reo
Pubblicato il 19/07/2021
N. 05403/2021REG.PROV.COLL.
N. 06256/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6256 del 2019, proposto da
Sebastiano Pizzimenti e Franca Colosimo, rappresentati e difesi dall'avvocato Gian Comita Ragnedda, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Olbia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Mazzeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Eustachio Manfredi, n. 5;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna n. 1065/2018.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Olbia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2021 il Cons. Giordano Lamberti e udito l’avvocato Mazzeo Luca in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - I coniugi Pizzimenti - Colosimo hanno acquistato, nell’anno 2008, un terreno agricolo in Comune di Olbia, loc. Raica, della superficie di oltre 23.000 mq da Simplicio Azara e Antonella Careddu (Foglio 38, Mappale 518, già Mappale 419, a sua volta originato dal Mappale 127).
2 – L’area all’interno della quale si colloca il fondo è classificata nel Programma di Fabbricazione con la seguente destinazione urbanistica: Zona E – Agricola, in cui “sono ammessi fabbricati ed impianti destinati alla produzione agricola o zootecnica del fondo, all’itticoltura, alla valorizzazione e alla trasformazione delle produzioni aziendali, nonché fabbricati residenziali per imprenditori e conduttori agricoli”.
3 – Parte appellante riferisce che a distanza di circa sei anni dall’acquisto, aveva eseguito alcune opere di miglioramento fondiario su una porzione dell’appezzamento (avendone ceduto tre anni prima una parte ad un familiare). Detti interventi di miglioramento fondiario venivano certificati da un agronomo e verificati dal Comune di Olbia, mediante sopralluogo.
Solo dopo aver impiantato le colture così certificate, gli appellanti hanno presentato un progetto edilizio, sempre nell’ambito del miglioramento fondiario del terreno, che prevedeva la realizzazione di una casa colonica. Il permesso di costruire richiesto dagli odierni appellanti è stato rilasciato nell’aprile del 2015.
4 - Con l’ordinanza n. 26 del 17.10.2016, il Comune di Olbia ha disposto la sospensione dei lavori di lottizzazione abusiva sull’area, inclusa la proprietà degli appellanti.
Parte appellante ha impugnato tale provvedimento avanti il T.A.R. per la Sardegna.
5 – Nelle more, il Comune di Olbia ha emesso l’ordinanza n. 4 del 3.02.2017, di rettifica dell’ordinanza n. 26 del 17.10.2016, con cui ha disposto: “- l’ordinanza n. 26 del 17.10.2016 è rettificata nei termini seguenti: 1) nella parte dispositiva, dopo la parola “ordina” e l’elencazione dei destinatari, l’immediata sospensione dei lavori di lottizzazione abusiva ai sensi e per gli effetti dell’art. 30 comma 7 del DPR 6 giugno 2001 n. 380, deve intendersi riferita ai terreni distinti in catasto nel Comune Censuario di Olbia N.C.T. al Foglio 38 particelle 518 - 519 - 420 - 421 - 428 - 429 - (451 solo la strada) - 450 - 473 - 472 - 424 - 459 - 422 - 476 - 477 - 478 - 475 - 589 - 590 - 453 - 454 - 457 - 427 - 458 - 456 ad Olbia loc. Raica; 2) Il termine di giorni novanta di cui al richiamato art. 30 comma 7 DPR 6 giugno 2001 n. 380 decorre dalla notificazione del presente provvedimento; 3) L’ordinanza n. 26 del 17.10.2016 è confermata in tutte le parti non rettificate dal presente provvedimento”.
Tale provvedimento è stato impugnato con motivi aggiunti.
6 – Il T.A.R. adito con la sentenza n. 1065/2018 ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti.
7 – L’originaria parte ricorrente ha impugnato tale sentenza per i motivi di seguito esaminati.
8 – Con il primo motivo, parte appellante deduce la violazione ed errata applicazione dell’art. 30 T.U.E.
In particolare, secondo parte appellante, gli elementi valorizzati dall’amministrazione non sarebbero sufficienti a comprovare l’intento illecito, in quanto la vendita delle due proprietà, di per sé sola, non può configurare in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio e, quindi, un’ipotesi di lottizzazione abusiva, anche in considerazione del fatto che non vi è riscontro di alcuna realizzazione di opere che comporti la trasformazione urbanistica o edilizia delle aree in violazione degli strumenti urbanistici.
A tal fine, gli appellanti rilevano che gli interventi di miglioramento fondiario eseguiti sul fondo risultano essere stati legittimati dal Comune di Olbia, il quale ne accertava la piena conformità ai parametri urbanistico-edilizi generali e alle previsioni di cui all’art. 13-bis, L.R. 23 ottobre 2009, n. 4 (c.d. piano casa), ovvero la presenza di un’effettiva connessione funzionale tra l’edificazione e la conduzione agricola e zootecnica del fondo.
Inoltre, la consistenza e le modalità del frazionamento sarebbe avvenuta conformemente alle prescrizioni dettate dal programma di fabbricazione comunale e regionale e secondo un’estensione non inferiore al c.d. lotto minimo.
8.1 – Sotto un differente profilo, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, gli appellanti sostengono che la presenza di una strada per l’accesso ai lotti frazionati - quest’ultima preesistente all’atto di acquisto effettuato dai coniugi nel 2008 - non può costituire, in assenza di ulteriori indici, elemento idoneo da cui dedurre l’esistenza di un presunto fenomeno lottizzatorio (a supporto della tesi richiamano l’ordinanza cautelare n. 3777/2017 di questa Sezione).
9 – La censura non deve trovare accoglimento.
L’art. 30 del D.P.R. n. 380/2001 prevede che: “Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.
Come noto, la norma appena ricordata disciplina due diverse ipotesi di lottizzazione abusiva. Ricorre la lottizzazione abusiva cd. “materiale” con la realizzazione di opere che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, sia in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, approvati o adottati, ovvero di quelle stabilite direttamente in leggi statali o regionali, sia in assenza della prescritta autorizzazione. Si ha invece lottizzazione abusiva “formale” o “cartolare” quando, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale, se ne sono già realizzati i presupposti con il frazionamento e la vendita - o altri atti equiparati - del terreno in lotti che, per le specifiche caratteristiche, quali la dimensione dei lotti stessi, la natura del terreno, la destinazione urbanistica, l’ubicazione e la previsione di opere urbanistiche, o per altri elementi, evidenzino in modo non equivoco la destinazione ad uso edificatorio.
L’interesse protetto dalla norma è quello di garantire un ordinato sviluppo urbanistico del tessuto urbano, in coerenza con le scelte pianificatorie dell’amministrazione.
Al riguardo, deve ricordarsi che le scelte espresse nel piano urbanistico generale di un Comune, di regola, non possano essere attuate mediante il diretto rilascio di permessi di costruire agli interessati, ma richiedano l’intermediazione di uno strumento ulteriore, rappresentato dai piani attuativi. Il piano attuativo, infatti, ha la funzione di “precisare zona per zona”, con i dettagli necessari, “le indicazioni di assetto e sviluppo urbanistico complessivo contenute nel piano regolatore”, e quindi di attuarle “gradatamente e razionalmente” e di garantire che ogni zona disponga di “assetto ed attrezzature rispondenti agli insediamenti”, ovvero delle opere di urbanizzazione, e tutto ciò, all’evidenza, trascende il possibile contenuto di un singolo permesso di costruire.
In tale contesto, la lottizzazione abusiva sottrae all’amministrazione il proprio potere di pianificazione attuativa e la mette di fronte al fatto compiuto di insediamenti in potenza privi dei servizi e delle infrastrutture necessari al vivere civile; ciò, com’è notorio, è fra le principali cause del degrado urbano e dei gravi problemi sociali che ne derivano (cfr. Cons. St., IV, 7 giugno 2012, n. 3381, e 19 giugno 2014, n. 3115, nonché Cass. pen., Sez. III, 3 dicembre 2013, n. 51710).
9.1 - La giurisprudenza ha delineato anche un ulteriore ipotesi: la cd. lottizzazione mista, caratterizzata dalla compresenza delle attività materiali e negoziali individuate dalla predetta norma (Corte Cass. 6080 del 26/10/2007: “integra il reato di lottizzazione abusiva anche la cosiddetta lottizzazione “mista”, consistente nell’attività negoziale di frazionamento di un terreno in lotti e nella successiva edificazione dello stesso”; cfr. anche Corte Cass. 20 maggio 2015, n. 24985).
Nel caso di specie, il giudice di primo grado ha rilevato – e sul punto l’appellante non ha svolto alcuna contestazione – che il provvedimento impugnato è fondato proprio sulla ravvisata sussistenza di una lottizzazione abusiva “mista”, “evincibile dal frazionamento di tre macro lotti a destinazione agricola in venticinque lotti, nella creazione di una strada abusiva di collegamento di tutti i nuovi lotti, nella vendita di questi ultimi e nell’inizio sugli stessi di attività edilizia, nella maggior parte dei casi senza titolo autorizzatorio”.
9.2 - Alla luce di tale precisazione, deve sin da ora rilevarsi che i motivi di appello - con i quali si contestano separatamente la sussistenza della lottizzazione materiale e di quella cartolare - tentano di segmentare quella che è una un’unica situazione e che, in quanto tale, deve essere valutata globalmente. Per tale ragione, non appare corretta la prospettazione appellante che si sofferma sui singoli momenti - quale: a) quello del frazionamento e vendita; e b) quello della parziale edificazione di taluni lotti - da ritenersi solo dei tasselli della più complessivo disegno lottizzatorio posto in essere in spregio alla destinazione impressa alla zona dal P.R.G. (cfr. CGARS Sez. giur. n. 93 del 8 febbraio 2021: “la lottizzazione abusiva è un fenomeno unitario che trascende la consistenza delle singole opere di cui si compone e talora ne prescinde, come nel caso del mutamento di destinazione d’uso di complessi edilizi regolarmente assentiti, e assume rilevanza giuridica per l’impatto che determina sul territorio interferendo con l’attività di pianificazione, conservazione dei valori paesistici e ambientali, dotazione e dimensionamento degli standard, di guisa che la diversa conformazione materiale che deriva dall’attività di lottizzazione, se non rimossa, da un lato impedisce la realizzazione del diverso progetto urbanistico stabilito dagli organi preposti al governo del territorio, dall’altro impone l’adeguamento delle infrastrutture esistenti o la realizzazione di nuove per far fronte al carico urbanistico derivante dalla lottizzazione”).
10 – Giova altresì osservare, anche per i conseguenti aspetti relativi alla prova dell’illecito, che il presente giudizio ha ad oggetto un provvedimento amministrativo e mira a verificarne la legittimità, sinteticamente compendiabile nella verifica della veridicità dei fatti materiali posti a fondamento della scelta amministrativa e nella logicità e congruenza della decisione rispetto ai detti presupposti, rapportati alla fattispecie legale che viene in considerazione.
Deve precisarsi che tale sindacato non risulta completamente sovrapponibile a quello svolto dal Giudice penale relativamente alla fattispecie criminosa di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, il quale, seppure in ipotesi avente ad oggetto i medesimi fatti storici, mira ad accertare la responsabilità penale dell’imputato, con le relative conseguenze sulla sua libertà personale e che, pertanto, sul piano processuale esige la dimostrazione della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio del reo (art. 533 c.p.p.).
Infatti, procedimento amministrativo e procedimento penale, anche se sono destinati ad incidere sullo stesso bene giuridico, procedono comunque su binari paralleli: il giudizio penale ha riguardo alla responsabilità dell’imputato (e, di conseguenza, alla confisca del bene), mentre il giudizio amministrativo attiene alla legittimità del provvedimento disposto dall’amministrazione, del quale l’acquisizione dell’area è semplicemente una conseguenza automatica (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 2018, n. 1878).
Esclusa la connotazione penalistica delle conseguenze derivanti dal provvedimento impugnato (né le parti hanno prospettato la natura sostanzialmente penale della sanzione amministrativa in discorso alla stregua dei criteri individuati dalla giurisprudenza della Corte EDU “Engel”), deve ribadirsi che il sindacato di questo Giudice attiene alla piena conoscenza del fatto e del percorso intellettivo e volitivo seguito dall’amministrazione, al fine di verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova invocati dall’amministrazione, la loro affidabilità e la loro coerenza, e se essi sono idonei a corroborare le conclusioni che la stessa amministrazione ne ha tratto, non secondo il canone di valutazione dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio”, proprio del giudizio penale avente direttamente ad oggetto le condotte e la responsabilità personale dell’imputato, ma di credibilità razionale della decisione amministrativa alla luce degli elementi posti dall’amministrazione a giustificazione della stessa, essendo poi onere del ricorrente, tramite il ricorso, quello di contestare la veridicità dei fatti, o di rappresentate circostanze atte ad incrinare la credibilità del processo intellettivo sottostante la decisione dell’amministrazione.
In proposito, la giurisprudenza ha chiarito che i principi costituzionali e sovranazionali di buona fede e di presunzione di non colpevolezza invocabili dai contravventori allo scopo di censurare un asserito deficit istruttorio e motivazionale consistente nell’omessa individuazione dell’elemento psicologico dell’illecito contestato possono al più essere spesi al fine dell’applicazione della sanzione penale accessoria della confisca urbanistica contemplata dall’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 (reputata comunque compatibile con l’art. 7 CEDU dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: Grande Chambre, 28 giugno 2018, n. 1828), nel mentre l’argomento medesimo non è utilmente invocabile al fine dell’irrogazione della sanzione ammnistrativa dell’acquisizione coattiva dell’immobile al patrimonio del Comune, contemplata dall’art. 30, comma 8, del D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto atto vincolato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 2018, n. 1878; Cons. Stato, sez. II, 17 maggio 2019, n. 3196; Cons. Stato, sez. II, 24 giugno 2019, n. 4320, CGARS Sez. giur. n. 93 del 8 febbraio 2021).
10.1 – Tanto precisato, la considerazione globale dei fatti che hanno caratterizzato l’area in questione e di seguito illustrati costituiscono, in ogni caso, elementi gravi precisi e concordanti dell’integrazione dell’illecito e della finalità abusiva perseguita dagli autori.
Al riguardo, è utile richiamare quanto emerso a seguito delle verifiche effettuate nell’ambito del procedimento che ha dato luogo ai provvedimenti impugnati. In particolare, nel rapporto n. 56070 del 13 giugno 2016, redatto dagli agenti comunali, emerge che:
a) nel periodo tra il 2008 e 2009, nella zona del territorio comunale denominata “Raica”, classificata quale Zona E - Agricola nello strumento urbanistico comunale, erano stati eseguiti dei lavori di realizzazione di una strada sterrata contemporaneamente al frazionamento di tre lotti di terreno censiti al Foglio 38 Mappale 127 (Ha. 06.68.29), Foglio 38 Mappale 137 (Ha 08.50.40), Foglio 38 Mappale 214 (Ha 04.04.56), fino a generare 25 lotti, fatti successivamente oggetto di altrettanti atti di compravendita;
b) la strada, realizzata senza alcun titolo edilizio e in modo tale da concedere l’accesso ad ogni singolo lotto oggetto dei frazionamenti, non risultava censita in Catasto, ma costituiva oggetto di servitù di passaggio in tutti gli atti di compravendita dei singoli lotti;
c) a far data dal 2008, Simplicio Azara (proprietario dei mappali originari) aveva dato corso ai frazionamenti e alle conseguenti vendite dei terreni e contestualmente realizzato la strada di accesso a ciascun nuovo lotto di terreno, costituita da due vie, un ramo principale (che, partendo dalle proprietà censite in Catasto al Foglio 38 rispettivamente mappali 518 – 589, attraversa tutto il compendio fino a congiungersi con la via Raica, dando l’accesso ai lotti censiti al Foglio 38 mappali 518 – 589 – 519 – 590 – 420 – 453 – 421 – 454 – 428 – 427 – 429 – 450 – 451) e una traversa senza uscita (ubicata tra i mappali 590 e 453 e costituente l’accesso ai lotti censiti al Foglio 38 mappali 590 – 453 – 478 – 456 – 477 – 459 – 476 – 422);
d) le superfici dei mappali frazionati variavano da un massimo di Ha 01.29.93 (mappale 518), ad un minimo di Ha 00.05.30 (mappale 478), tranne il solo mappale 422, di Ha. 03.00.00;
e) quattro dei 25 lotti risultano edificati: i) il mappale 518 di proprietà di Pizzimenti e Colosimo, in relazione al quale risultava rilasciata la C.E. n. 148/2015 in data 28/04/2015 relativa alla realizzazione di un miglioramento fondiario con annesso fabbricato residenziale; ii) il mappale 453 di proprietà di Vittorio Azara, sul quale risultava realizzata una casa di civile abitazione, finita ed abitata, composta da un soggiorno e cucina, due camere da letto, un bagno e un disimpegno, con veranda coperta annessa, completamente abusiva; iii) i mappali 478 e 590 (di proprietà di Bittu e Cossu) interessati dalla presenza di un fabbricato destinato a magazzino e locale tecnico con alloggiamento gruppo elettrogeno, serbatoi e autoclave, realizzato in assenza di permesso di costruire. In relazione a tale mappale si accertava, inoltre, la presentazione di istanza di concessione edilizia in data 18/01/2013 relativa alla “realizzazione di deposito attrezzi annesso a miglioramento fondiario ai sensi della L.R. 4/09 e s.m.i”, che il Comune di Olbia in data 02/02/2015 aveva negato;
f) l’amministrazione è dovuta intervenire con due provvedimento di diniego di altrettante istanze di concessione edilizia per la realizzazione di edifici ad uso residenziale, di un annullamento in autotutela di un titolo autorizzatorio erroneamente emanato, tutti motivati con riferimento al rilievo di un fenomeno lottizzatorio abusivo nella zona in argomento;
g) sui terreni oggetto di indagine è stata riscontrata la presenza di piccoli manufatti quali tettoie, roulottes, cisterne idriche, opere realizzate in legno, cancelli e recinzioni;
h) non è stata riscontrata la presenza di vere e proprie attività agricole o zootecniche connesse con la destinazione urbanistica della zona agricola;
i) il succedersi di richieste di concessione edilizia sui lotti in questione, presentate nel periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore della Legge Regionale 4/09, la quale aveva ripristinato l’edificabilità nelle zone E con lotto minimo di 1 ettaro.
11 - Le circostanze innanzi esposte comprovano il disegno complessivo di mutare la destinazione agricola dell’area, senza alcun riguardo agli strumenti urbanistici che la disciplinano.
A questo riguardo, deve osservarsi che la lottizzazione abusiva è una fattispecie a cd. condotta libera, rilevando quindi il risultato finale che, nel caso in esame, è l’abusiva trasformazione della destinazione agricola del terreno.
Nel caso in esame, il provvedimento impugnato trova una adeguato supporto istruttorio negli elementi fattuali posti a giustificazione dello stesso ed innanzi citati, dovendosi concludere che la decisione del Comune risulta conforme alla fattispecie normativa di cui costituisce applicazione concreta.
I rilievi dell’appellante non risultano idonei ad inficiare la coerenza logica del provvedimento, come di seguito precisato, posto che: da un lato, si soffermano su singoli aspetti, trascurando la globalità del set probatorio posto a fondamento del provvedimento; dall’altro, si rivelano in parte scorretti ed in contrasto con l’orientamento della giurisprudenza dominate.
11.2 – Quanto al fatto che dalle mappe non si potrebbe escludere che il fondo degli appellanti fosse collegato alla viabilità pubblica prima della realizzazione della strada abusiva e a prescindere da essa, l’amministrazione (dopo la citata ordinanza cautelare di questa Sezione) si è premurata di approfondire la questione, depositando documentazione che sconfessa la tesi degli appellanti, e precisamente:
a) il documento consistente nella sovrapposizione tra il catastale e l’ortofoto del 2007, da cui emerge che prima del 2008 non era presente alcuna via pubblica di accesso al Mappale n. 518 oggetto di causa che, conseguentemente, non risultava affatto collegato alla via pubblica prima della realizzazione della strada abusiva e a prescindere da essa;
b) il verbale del 15.10.2018, e la relativa documentazione fotografica, con cui si accerta che l’unico accesso alla proprietà dei ricorrenti esistente è quello tramite l’abusiva strada sterrata non censita al Catasto comunale (nel verbale si legge: “verifichiamo e confermiamo a bordo strada che l’accesso alla proprietà Pizzimenti – Colosimi avviene esclusivamente dalla contestata strada della Lottizzazione Abusiva e che nessun altro accesso alla stessa è presente al di fuori di questo”);
c) l’atto di compravendita da parte degli odierni appellanti del Mappale n. 518 (già n. 419), all’interno del quale la medesima strada sterrata, ivi individuata come unico accesso, costituisce oggetto di servitù di passaggio.
Alla luce di tali circostanze deve confermarsi la particolare significatività della realizzazione abusiva della strada a reticolo che collega i vari lotti, tra cui quello degli appellanti, quale sintomo di una prossima urbanizzazione dell’area, ed idoneo elemento probatorio dell’intento lottizzatorio perseguito attraverso il frazionamento dell’area.
11.3 - L’amministrazione ha anche correttamente messo in luce che la gran parte di tali lotti risulta sostanzialmente incolta, e laddove vi sono delle culture in atto queste non appaiono riconducibili ad un’impresa agricola. Per altro, laddove il fondo risultava effettivamente destinato all’agricoltura (mappale 451), l’amministrazione non l’ha incluso nella lottizzazione abusiva.
11.4 - E’ inoltre significativo che il frazionamento dell’area ha comportato la formazione di lotti di dimensioni inferiori rispetto al minimo (in base all’art. 13 bis della L.R. n. 4/2009 e all’art. 3 del D.P.G.R. 3 agosto 1994, n. 228: la superficie minima di intervento è fissata in un ettaro, salvo per quanto riguarda la destinazione per impianti serricoli, impianti orticoli in pieno campo e impianti vivaistici, per i quali è stabilita in ettari 0,50).
Tale dato, unitamente all’ulteriore circostanza che gli acquirenti, per quale che consta, non erano imprenditori agricoli, contribuisce a rendere ragionevole la valutazione effettuata dal Comune e convalidata dal giudice di primo grado circa la sussistenza della lottizzazione cartolare.
La giurisprudenza prevalente ritiene che gli elementi che indicano la presenza di una lottizzazione cartolare non debbano essere presenti tutti in concorso fra di loro, in quanto è sufficiente anche la presenza di uno solo di essi, purché rilevante ed idoneo a fare configurare, con margini di plausibile veridicità, la volontà di procedere a lottizzazione.
In casi analoghi, questo Consiglio (ma vedasi anche Corte Cass. n. 27739 del 8 luglio 2008) ha già evidenziato che procedendo alla vendita di lotti di ridotte dimensioni si contraddice esplicitamente la vocazione agricola del terreno, in cui tra l’altro erano già stati realizzati alcuni fabbricati abusivi, così dando vita a quegli indizi che fanno presumere la volontà di procedere a lottizzazione. Nella logica del mercato agricolo, infatti, possedere un terreno di notevoli dimensioni risulta maggiormente proficuo e dunque il frazionamento planimetrico del fondo fa emergere l’intento di voler procedere a lottizzazione abusiva (cfr. Consiglio di Stato Sez. IV del 11.7.2016 n. 3073; cfr. anche Corte Cass. n. 389 del 25/05/1990 che ha ritenuto idonei elementi attestanti la lottizzazione: “la predisposizione di un piano di frazionamento, nella superficie esigua di ogni singola frazione - poco compatibile con una utilizzazione agricola del terreno acquistato - nella appartenenza a famiglia contadina solo di due dei tredici acquirenti, nella prossimità del terreno frazionato rispetto all'abitato”; cfr. anche Corte Cass. 15205 del 15/11/2019 relativa alla realizzazione di edifici residenziali in zona agricola, mediante frazionamenti ed accorpamenti di fondi non contigui, asserviti per soddisfare il requisito della estensione minima del lotto, da parte di soggetti privi del requisito necessario di imprenditore agricolo).
11.5 - In riferimento alla specifica posizione degli appellanti, fatti salvi i principi già esposti innanzi (punto 10), la loro consapevole partecipazione al più ampio disegno lottizzatorio pare confermata dalla vendita ed ulteriore frazionamento del loro lotto originario in favore di un soggetto terzo.
12 - Non può assumere rilevanza, nel senso di escludere il coinvolgimento nella lottizzazione abusiva degli appellanti, il fatto che essi abbiano chiesto e ottenuto l’autorizzazione a eseguire opere di miglioramento fondiario e, finanche, di realizzazione di un edificio.
Sul piano teorico, la giurisprudenza ha chiarito che: “per valutare un’ipotesi di lottizzazione c.d. materiale appare necessaria una visione d’insieme dei lavori realizzati, ossia una verifica dell’attività edilizia nel suo complesso: sussiste pertanto lottizzazione abusiva c.d. materiale anche laddove per singole opere edilizie sia stato rilasciato un titolo abilitativo e tuttavia, valutata nella sua interezza, l’attività edificatoria abbia determinato una variazione della destinazione d’uso dei manufatti già realizzati, in contrasto con la strumentazione urbanistica vigente; ove manchi la specifica autorizzazione a lottizzare, la lottizzazione abusiva sussiste e deve essere sanzionata anche se, per le singole opere facenti parte di essa, sia stato rilasciato il permesso di costruire” (Cons. St., 19 giugno 2014, n. 3115).
Risulta pertanto irrilevante la circostanza che gli interventi edilizi degli appellanti siano stati assentiti dal Comune, dovendo considerarsi non già le singole porzioni di suolo in modo isolato e atomistico, ma lo stravolgimento della destinazione di zona nel suo complesso (cfr. Cons. St., n. 26 del 18 gennaio 2016).
12.1 - A questo riguardo, deve inoltre osservarsi che, in occasione del sopralluogo eseguito in data 10.3.2016, nella proprietà degli appellanti è stata accertata la presenza, oltre che del richiamato edificio residenziale, di “…un pozzo, una cisterna idrica in cemento prefabbricato, un tubolare in cemento precompresso del diametro di 600 mm per l’attraversamento di un piccolo corso d’acqua presente all’interno del lotto, queste ultime opere…realizzate in assenza di SCIA, inoltre sulla parte bassa, ad est del lotto è presente uno scavo di sbancamento di notevoli dimensioni quantificabili all’incirca in mq. 350 di superficie e circa mc 700 di volume di scavo, realizzato da tempo e in assenza di permesso di costruire”.
12.2 - Risulta altresì significativo il fatto che la asserita connessione funzionale tra edificazione e conduzione agricola del fondo risulta anch’essa smentita dal citato accertamento del 10.3.2016 , in cui gli agenti comunali hanno rilevato che in loco “…è presente un oliveto con 100 piante di olivo a fronte delle 200 dichiarate nella relazione agronomica allegata alla C.E. n. 148/2015, riconducendo il tutto ad una attività agricola di tipo “hobbistico”, considerato oltremodo che, l’andamento naturale del terreno, nel suo profilo topografico presenta delle forti pendenze e in gran parte risulta incolto e improduttivo con vegetazione autoctona composta da essenze arboree quali ginepri, olivastri, sughere, inoltre numerosi sono i trovati rocciosi granitici sparsi nel lotto”.
13 - Con il secondo motivo di appello si deduce la violazione dell’art. 7 della l. 241/90, denunciando la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.
Al riguardo, gli appellanti rappresentano che il procedimento di verifica degli elementi che caratterizzano la lottizzazione abusiva, richiede un articolato accertamento di circostanze di fatto al quale i soggetti interessati possono, con le loro osservazioni, critiche e deduzioni utilmente cooperare, facendo rilevare circostanze ed elementi tali da indurre la Pubblica Amministrazione stessa ad orientarsi diversamente. Nella specie, gli appellanti avrebbero potuto far valere, già nella fase formativa del provvedimento amministrativo la totale infondatezza di quanto assunto poi nel provvedimento impugnato.
13.1 – La censura è infondata.
In via generale, nel procedimento in esame parte della giurisprudenza esclude la necessità della comunicazione di avvio (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 3073/2016).
In ogni caso, deve rilevarsi che nell’ordinanza n. 26 del 17 ottobre 2016 si dà atto che la comunicazione di avvio del procedimento è stata inviata a entrambi gli appellanti: con nota n. 22003 del 26.2.2016 al Sig. Pizzimenti e con nota n. 22006 del 26.2.2016 alla Sig.ra Colosimo.
L’amministrazione ha precisato che la comunicazione al Sig. Pizzimenti, mediante spedizione a mezzo raccomandata A/R in data 8.03.2016, è stata ritirata proprio da parte della Sig.ra Colosimo, quale coniuge convivente che, infatti, ha personalmente sottoscritto la ricevuta in data 14.3.2016; mentre, la stessa Sig.ra Colosimo, alla quale pure era stata invita analoga comunicazione, non si è premurata di curarne il ritiro, come riportato sulla relativa busta di spedizione.
14 – Per le ragioni esposte l’appello non deve trovare accoglimento.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello e condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore del Comune che si liquidano in €3.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2021 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Giordano Lamberti, Consigliere, Estensore
Francesco De Luca, Consigliere