Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 960, del 26 febbraio 2015
Urbanistica.L’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione

L’urbanistica e il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo. Uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli - non in astratto, bensì in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi –, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, sia delle esigenze economico – sociali della comunità radicata sul territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione “de futuro” sulla propria stessa essenza, svolta - per autorappresentazione ed autodeterminazione - dalla comunità medesima, attraverso le decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora , attraverso la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00960/2015REG.PROV.COLL.

N. 02150/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2150 del 2006, proposto da: 
Morlunghi Imperia, Murer Alberto, Morlunghi Giulio, Murrer Daniela; rappresentati e difesi dall'avv. Marco Luigi Marchetti, con domicilio eletto presso Martino Umberto Chiocci in Roma, Via Rodi, 32; 

contro

Comune di Corciano, rappresentato e difeso dall'avv. Alarico Mariani Marini, con domicilio eletto presso Gobbi Studio Legale in Roma, Via Maria Cristina, 8; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA n. 00526/2005, resa tra le parti, concernente adozione di nuovo piano regolatore generale-destinazione urbanistica

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 febbraio 2015 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Marchetti e Picciurro, per delega dell'Avv. Mariani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con l’appello in esame, i signori Morlunghi Imperia, Morlunghi Giulio, Murer Daniela e Murer Alberto impugnano la sentenza 16 dicembre 2005 n. 526, con la quale il TAR per l’Umbria ha rigettato il loro ricorso, con il quale venivano impugnate le delibere del Consiglio Comunale di Corciano 28 ottobre 2003 nn. 183 e 184, di approvazione del piano regolatore.

Oggetto di doglianza era, in sostanza, la destinazione urbanistica impressa ad un suolo di proprietà dei ricorrenti, classificato E3 (zona boscata), così confermando una destinazione preesistente.

La sentenza – chiarito come le “le scelte di pianificazione urbanistica siano pienamente discrezionali” ed i conseguenti limiti del sindacato giurisdizionale amministrativo – afferma, in particolare:

- “il concetto di bosco in senso urbanistico non deve necessariamente coincidere con quello propriamente forestale, attesa la diversità degli interessi pubblici alla cui realizzazione le definizioni sono funzionali”, di modo che “la maggiore o minore densità delle piante di alto fusto o la presenza di specifiche essenze costituiscono, essenzialmente, indicatori del pregio naturalistico e paesaggistico del territorio, ma non un elemento essenziale della scelta urbanistica”;

- nel caso di specie, la “conferma di una classificazione già attribuita da più di dieci anni” è avvenuta “sulla base di valutazioni attuali e logiche”, posto che i terreni in questione sono per la maggior parte boscati;

- infine, “la inedificabilità dell’area è coerente con l’esistenza del vincolo paesaggistico ed idrogeologico documentato in atti”.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

violazione di legge; carenza di istruttoria e travisamento dei fatti; ciò in quanto:

a) vi è errore di fatto, in quanto l’area in oggetto è divisa dallo stesso CTU in zone omogenee e “manifesta i requisiti del bosco solo per una quinta parte”, a fronte di una richiesta di diversa classificazione come “agricola”. Non considerando tali dati di fatto, la sentenza ha “reputato che la classificazione dell’area poteva essere totalmente indipendente dalle caratteristiche fisiche, così da concepire una destinazione vincolistica gravemente lesiva delle prerogative e delle aspettative dei proprietari”. Al contrario, “la disciplina delle aree boscate è compatibile soltanto con la presenza materiale di un bosco”;

b) le finalità di tutela paesaggistica possono essere raggiunte anche con una destinazione agricola, che è “una destinazione generale e residuale”, laddove “una destinazione ad area boscata finisce, invece, per assumere un carattere paraespropriativo qualora non sussistano le condizioni fisiche del bosco”.

Si è costituito in giudizio il Comune di Corciano, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

 

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Il Collegio deve innanzi tutto ribadire, nella presente sede, principi già espressi dalla giurisprudenza in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate

Il potere di pianificazione urbanistica, a maggior ragione in considerazione della sua ampia portata in relazione agli interessi pubblici e privati coinvolti, così come ogni potere discrezionale, non è sottratto al sindacato giurisdizionale, dovendo la pubblica amministrazione dare conto, sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che essa, attraverso lo strumento di pianificazione, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti (Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710).

Tanto affermato sul piano generale, occorre ricordare che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte predette, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478), così come, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione (Cons. Stato, n. 2710/2012 cit.).

Come questa Sezione ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2011 n. 3497):

“le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale.

Inoltre, come questa Sezione ha già avuto modo di affermare, con considerazioni che vengono riconfermate nella presente sede (Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710):

“il potere di pianificazione urbanistica del territorio – la cui attribuzione e conformazione normativa è costituzionalmente conferita alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, ex art. 117, comma terzo, Cost. ed il cui esercizio è normalmente attribuito, pur nel contesto di ulteriori livelli ed ambiti di pianificazione, al Comune – non è limitato alla individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale, ed in particolare alla possibilità e limiti edificatori delle stesse.

Al contrario, tale potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico – sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati (. . . )

Tali finalità, per così dire “più complessive” dell’urbanistica, e degli strumenti che ne comportano attuazione, sono peraltro desumibili fin dalla legge 17 agosto 1942 n. 1150, laddove essa individua il contenuto della “disciplina urbanistica e dei suoi scopi” (art. 1), non solo nell’”assetto ed incremento edilizio” dell’abitato, ma anche nello “sviluppo urbanistico in genere nel territorio della Repubblica”.

In definitiva, l’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo.

Uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli - non in astratto, bensì in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi –, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, sia delle esigenze economico – sociali della comunità radicata sul territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione “de futuro” sulla propria stessa essenza, svolta - per autorappresentazione ed autodeterminazione - dalla comunità medesima, attraverso le decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora , attraverso la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio.

In definitiva, il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti.

Ne consegue che, diversamente opinando, e cioè nel senso di ritenere il potere di pianificazione urbanistica limitato alla sola prima ipotesi, si priverebbe la pubblica amministrazione di un essenziale strumento di realizzazione di valori costituzionali, quali sono almeno quelli espressi dagli articoli 9, comma secondo, 32, 42, 44, 47, comma secondo, Cost..”

 

3. Le considerazioni sin qui espresse sul piano generale, nel chiarire per un verso la natura ed il contenuto del potere di pianificazione urbanistica e, per altro verso, i limiti del sindacato giurisdizionale amministrativo, sorreggono la reiezione dei motivi di appello proposti.

Nel caso di specie, l’attività di pianificazione urbanistica svolta dal Comune di Corciano non presenta profili di violazione dei limiti propri dell’esercizio del relativo potere, così come innanzi individuati, né appare irragionevole. Ed infatti:

- per un verso, il Comune di Corciano, lungi dall’imprimere una diversa destinazione urbanistica al suolo in oggetto, ha riconfermato la destinazione già impressa;

- per altro verso, la destinazione a “bosco”, con i limiti alla edificazione che da ciò derivano, si fonda comunque su una constatazione dello stato dei luoghi che, se pur riferita solo in parte ad un bosco “in senso tecnico”, rappresenta comunque una realtà di fatto in parte caratterizzata da vegetazione suscettibile di trasformarsi in bosco (evidentemente, ove tenuta indenne da interventi edilizi), in parte comunque costituente area con vegetazione.

A fronte di ciò, il Collegio ritiene, in ciò condividendo quanto affermato dalla sentenza impugnata, che una destinazione urbanistica a “bosco” non presupponga necessariamente la sussistenza di un bosco, come naturalisticamente considerato, sia in quanto tale definizione sul piano urbanistico ben può essere diversa da quella “propriamente forestale”, sia in quanto una destinazione urbanistica di tal genere, e dunque volta alla tutela della realtà naturalistico - ambientale, oltre a tutelare l’esistente, ben può perseguire il fine di un incremento dell’area boschiva, ove ne sussistano le potenzialità.

Tali conclusioni non sono contraddette dalla circostanza che la classificazione prospettata dagli appellanti, lungi dall’essere di tipo edificatorio, consiste in una richiesta di dare ai suoli destinazione agricola.

Sul punto, il Collegio deve infatti osservare – nei limiti del sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo – che la destinazione di un’area a bosco, anziché in generale agricola - pur potendo in astratto perseguire entrambe le destinazioni anche una finalità di tutela dell’ambiente e del paesaggio - rientra nell’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione, censurabile, attraverso il vizio di eccesso di potere per irragionevolezza. Profilo che, per le ragioni già esposte, non si riscontra nel caso di specie.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Morlunghi Imperia ed altri, come in epigrafe indicati (n. 2150/2006 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Coimpensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/02/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)