Cons. Stato sez. IV n° 3398 del 6 giugno 2011
Urbanistica. Repressione abusi
In materia di repressione degli abusi edilizi, la Pubblica Amministrazione è titolare di poteri vincolati, il cui esercizio è fondato unicamente sul previo accertamento dell’abuso, senza che, quindi, possa essere richiesta una particolare motivazione (risolvendosi quest’ultima nel predetto accertamento dell’abusività dell’opera), e senza che possa assumere rilievo l’eventuale difetto di comunicazione di avvio del procedimento.
N. 03398/2011REG.PROV.COLL.
N. 01697/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1697 del 2011, proposto da:
Sergio Salzillo, Maddalena Pezzullo, rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Bellucci, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Comune di Casagiove;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VIII n. 15564/2010, resa tra le parti, concernente DEMOLIZIONE OPERE EDILIZIE.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2011 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Nessuno presente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in esame, i signori Sergio Salzillo e Maddalena Pezzullo impugnano la sentenza 22 giugno 2010 n. 15564, con la quale il TAR Campania, sez. VIII, ha rigettato il loro ricorso, proposto avverso l’atto del Comune di Casagiove, con il quale è stata ordinata la demolizione dei lavori, effettuati alla via Cave, e consistenti in “chiusura della rampa di scale” e “chiusura del relativo pianerottolo”.
Secondo la sentenza appellata:
- non è sussistente la attualità dell’intervento, sia per la natura del materiale utilizzato, sia perché dal materiale fotografico esibito non si “riscontra una risalente datazione”, sia in quanto l’essere la scala indicata in un rogito dell’anno 2000 “non ne elide il possibile carattere abusivo e, soprattutto, non esclude modifiche successive”; sia in quanto “l’accertamento della polizia municipale è scaturito da una segnalazione di un proprietario confinante, elemento questo che è almeno indiziario di una modifica attuale dello stato dei luoghi”. Infine, in sede di verifica sui luoghi, il personale tecnico del Comune ha espresso “una valutazione univoca di abusività delle opere denunciate”, così come l’Area urbanistico-edilizia del Comune ha accertato l’inesistenza di qualsivoglia titolo abilitativo;
- non rileva l’assenza del previo parere del responsabile del procedimento, stanti “le circostanze fattuali e giuridiche che hanno comportato la legittima adozione” dell’atto impugnato;
- per le stesse ragioni, non sussiste il lamentato vizio di difetto di motivazione.
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) eccesso di potere per violazione e falsa applicazione di legge (in particolare, artt. 7, 8, 10 e 10-bis l. n. 241/1990); errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; travisamento; errata valutazione della causa attributiva del potere; stante la preesistenza del manufatto (risalente al 1939), come si evince dal suo accatastamento, che dimostra anche “che già nel lontano 1939 la rampa scala e il relativo pianerottolo nascessero come ambienti chiusi e ben delimitati”. Al contrario, l’amministrazione ha adottato l’ordinanza di demolizione “senza il benchè minimo riscontro probatorio” e senza assicurare le garanzie di partecipazione procedimentale”;
b) eccesso di potere per violazione e falsa applicazione di legge (in particolare artt. 31, 36, 37 DPR n. 380/2001); omessa e insufficiente istruttoria e motivazione; violazione e falsa applicazione l. n. 308/2004; errata valutazione dei presupposti di diritto; travisamento; poiché – contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, che ha respinto il secondo motivo di ricorso “in modo illegittimo e irrituale” - il parere del responsabile del procedimento è obbligatorio, ancorchè non vincolante, e difetta nel caso di specie, unitamente a quello della Commissione edilizia;
c) eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione; contrasto con il pubblico interesse; mancata ed insufficiente istruttoria; difetto di motivazione; mancata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; difetto di istruttoria; ciò in quanto “la P.A. omette di valutare e il Tribunale di analizzare, che nessuna opera è stata realizzata in difformità rispetto allo stato originale e dello strumento urbanistico”; peraltro, si tratta di opere di minima entità, realizzate in passato per ragioni di necessità;
d) eccesso di potere per disparità di trattamento; sviamento di potere; carenza di istruttoria; violazione del principio di imparzialità ex art. 97 Cost.; poiché vi sono altri analoghi casi esistenti nello stesso Comune dalla P.A. tollerati”.
Il Comune di Casagiove non si è costituito in giudizio.
All’odierna udienza in Camera di Consiglio, il Collegio, pur in assenza dell’appellante ben avvisato, riscontrata la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 60 Cpa, ha riservato la causa in decisione per il merito.
DIRITTO
L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.
Occorre, innanzi tutto, osservare che, in materia di repressione degli abusi edilizi, la Pubblica Amministrazione è titolare di poteri vincolati, il cui esercizio è fondato unicamente sul previo accertamento dell’abuso, senza che, quindi, possa essere richiesta una particolare motivazione (risolvendosi quest’ultima nel predetto accertamento dell’abusività dell’opera), e senza che possa assumere rilievo l’eventuale difetto di comunicazione di avvio del procedimento.
E ciò sia in quanto ricorre l’ipotesi di cui all’art. 21-octies, comma 2, I periodo, l. n. 241/1990, sia in quanto – nei casi in cui sussiste verbale di sopralluogo ed accertamento del manufatto abusivo in contraddittorio con gli interessati – questo atto assolve di per sé agli obblighi di informazione in ordine al successivo, doveroso avvio del procedimento. Né sussiste la violazione dell’art. 10-bis l. n. 241/1990, essendo quest’ultimo applicabile ai procedimenti ad istanza di parte e non ai procedimenti sanzionatori.
Trattandosi di doverosa attività di repressione degli abusi edilizi, non assume alcun rilievo, inoltre, la circostanza relativa alla eventuale mancata repressione di abusi analoghi, posto che l’eventuale illegittimità compiuta dall’amministrazione non può essere invocata – quale profilo di eccesso di potere per disparità di trattamento – laddove l’amministrazione faccia invece legittimo esercizio del suo potere.
Quanto sin qui esposto sorregge la reiezione dei motivi di appello riportati sub lett. d) e, in parte, sub a) dell’esposizione in fatto. A maggior conforto, va osservato che gli appellanti dichiarano (pag. 2 appello) che “l’amministrazione ha comunicato l’avvio del procedimento sanzionatorio ai ricorrenti”.
Quanto alla lamentata mancanza del parere obbligatorio del responsabile del procedimento e della commissione edilizia (motivo sub b) dell’esposizione in fatto), occorre innanzi tutto osservare che gli articoli 31, 36 e 37 del DPR n. 380/2001 (la cui violazione è lamentata dagli appellanti), non prevedono la obbligatoria acquisizione di tali pareri, ai fini dell’emanazione dell’ordinanza di demolizione. In particolare, l’art. 32, comma 2, prevede che “il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali . . . ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione”.
D’altra parte, avendo il provvedimento con cui si ordina la demolizione natura vincolata, in presenza dei presupposti previsti dalla legge, non rilevano in ogni caso eventuali vizi attinenti al procedimento, qualora il provvedimento finale sia conforme a quello richiesto dalla legge per il caso di specie.
Altrettanto infondati sono i motivi riportati sub lett. a) e c) dell’esposizione in fatto, ambedue fondati sulla preesistenza dei manufatti ritenuti abusivi, e quindi oggetto del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio di I grado.
La sentenza appellata ha chiaramente evidenziato, con richiamo ad una pluralità di elementi (riportati ante, nella esposizione in fatto) e con iter logico esente da censure, come debba ritenersi che quanto realizzato, e specificamente indicato nel provvedimento impugnato, non è da ritenersi risalente nel tempo (o, più precisamente, al 1939, come sostenuto dagli appellanti).
Questi ultimi, d’altra parte, pur sostenendo la risalenza nel tempo dei manufatti in contestazione, non escludono modifiche successive (v. pag. 5 appello), né forniscono prova di tale preesistenza. In particolare, non può essere considerato dirimente quanto risultante dal catasto, posto che – come evidenziato dal I giudice – ciò non esclude affatto modifiche successive.
Quanto alla modesta entità degli abusi ed alla loro asserita non difformità dalle previsioni dello strumento urbanistico, occorre osservare come tale affermazione non risulta sorretta da alcun elemento volto a comprovarla.
Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato.
La mancata costituzione in appello del Comune di Casagiove dispensa il Collegio dal decidere in ordine alle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Salzillo Sergio e Pezzullo Maddalena, lo rigetta e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2011 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2011