Consiglio di Stato Sez. IV n. 2207 del 2 marzo 2023
Urbanistica.Titolo abilitativo ed esercizio autotutela
In generale l’amministrazione non ha alcun obbligo di pronunciarsi sulle istanze rivoltele da un privato il quale solleciti l’esercizio dell’autotutela su un provvedimento già emanato, e di conseguenza il provvedimento con cui l’amministrazione stessa si limiti a puntualizzarlo non è autonomamente impugnabile, trattandosi di atto meramente confermativo della norma di legge, che ove si potesse impugnare consentirebbe l’elusione del termine di decadenza per presentare ricorso. Questa regola non vale però in casi in cui l’amministrazione, pur non essendovi obbligata, abbia ritenuto effettivamente di riesaminare, con un’apposita istruttoria, il precedente provvedimento, e all’esito abbia ritenuto ugualmente di confermarlo
Pubblicato il 02/03/2023
N. 02207/2023REG.PROV.COLL.
N. 08424/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8424 del 2016, proposto dal signor Bruno Cadrobbi, rappresentato e difeso dagli avvocati Monica Carlin e Stefano Vinti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Vinti in Roma, via Emilia 88;
contro
il Comune di Baselga di Pinè, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Lorenzi e Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Stella Richter in Roma, viale Giuseppe Mazzini 11;
nei confronti
dei signori Michela Santuari e Massimo Pedrini, rappresentati e difesi dagli avvocati Gianpiero Luongo, Federica Scafarelli e Alessandro Urciuoli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Scafarelli in Roma, via Giuseppe Borsi 4;
per la riforma
della sentenza del T.r.g.a. di Trento, sez. unica, 23 maggio 2016 n. 242, che ha respinto il ricorso n. 394/2015 R.G. integrato da motivi aggiunti, proposto per l’annullamento:
(ricorso principale)
a) della concessione edilizia 5 febbraio 2015 n. 02/2015, rilasciata dal Comune di Baselga di Pinè a Massimo Pedrini e Michela Santuari per la ristrutturazione con ampliamento dell’edificio di proprietà di cui alla particella n.1234 in catasto comunale di Baselga di Pinè;
b) della segnalazione certificata di inizio attività - SCIA 12 marzo 2015 prot. n. 2485, avente ad oggetto adeguamenti strutturali e altre modifiche minimali;
c) della SCIA 4 maggio 2015 prot. n.4575, avente ad oggetto ulteriori adeguamenti strutturali e altre modifiche minimali,
(motivi aggiunti, depositati il giorno 13 novembre 2015)
d) del provvedimento 27 agosto 2015 prot. c a 694 8948/6.3, conosciuto in data imprecisata, con cui il vicesindaco del Comune di Baselga di Pinè ha archiviato il procedimento attivato per l’eventuale annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 02/2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Baselga di Pinè, e dei signori Michela Santuari e Massimo Pedrini;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2023 il consigliere Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti gli avvocati Monica Carlin, Paolo Stella Richter e Federica Scafarelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente appellante impugna gli atti indicati in epigrafe, con i quali il Comune di Baselga di Pinè, intimato appellato, ha reso possibile ai vicini, controinteressati appellati, un intervento edilizio descritto, nella concessione 5 febbraio 2015, come “ristrutturazione ed ampliamento edificio p[articella] ed[ificiale] 1234 in c[omune] c[ensuario] Baselga di Pinè” (doc. 6 in I grado Comune, concessione citata).
2. I fatti storici di causa, non controversi come tali, si riassumono così come segue.
2.1 Con provvedimento 10 luglio 1972 n.45 (doc. 4 Comune in I grado), certo Renzo Santuari, padre della contro interessata Michela Santuari, ottenne una licenza edilizia che gli consentiva di edificare una villetta per vacanze (doc. 19 Comune in I grado, delega a presentare la relativa domanda) sulla particella fondiaria 1576 di Baselga di Pinè.
2.2 Con istanza 28 marzo 1986 prot. n.2442 (cfr. doc. 5 in I grado Comune), certa Raffaella Cristelli, moglie di Renzo Santuari e madre di Michela Santuari, chiese al Comune stesso il rilascio di permesso di costruire in sanatoria per “aumento di superficie e modifiche esterne p.f. 1576… (rif. licenza edilizia nr. 45/1972 d.d. 10 luglio 1972)”. Il Comune rilasciò questo permesso in sanatoria, con provvedimento 15 maggio 2014 n.19, riferito testualmente, per quanto qui interessa, ad “aumento di superficie e modifiche esterne p.f. 1576 (ora p. ed. 1534)” (doc. 5 in I grado Comune, provvedimento citato). Il riferimento alla “p.ed. 1534” è evidente refuso per la p.ed. 1234 per cui è causa, sia perché (cfr. planimetria doc. 14 in I grado ricorrente, pp. 77-78 del file III parte dei documenti) nella zona una particella 1534 non esiste, sia perché lo riconosce per implicito lo stesso ricorrente appellante (appello, p. 26 terzo rigo dal basso, ove si assume che la particella realizzata sulla preesistente particella fondiaria 1576 sia appunto la 1234).
2.3 Con domanda 14 agosto 2014 prot. n.8636, gli attuali controinteressati (Massimo Pedrini e Michela Santuari) hanno richiesto al Comune il rilascio di concessione edilizia per ristrutturare e ampliare la villetta in questione, rimasta oltretutto al grezzo; a fronte di ciò il Comune ha rilasciato la concessione impugnata, 5 febbraio 2015 n. 02/2015, riferita così come si è detto a “ristrutturazione ed ampliamento edificio p. ed. 1234 in c.c. Baselga di Pinè” (doc. 6 in I grado Comune; cfr. le foto nel doc. 6.1 Comune, elaborati di progetto, alle pp. 44 e ss. del file, ove si riconosce chiaramente che l’edificio è al grezzo).
2.4 Con successiva SCIA 12 marzo 2015 prot. n.2485 (doc. 7 in I grado Comune, in part. pp. 44-45 del file per la descrizione dell’intervento ulteriore), i controinteressati hanno disposto una variante alla concessione come sopra rilasciata, variante che prevede, oltre ad una serie di modifiche di minor conto, la demolizione delle strutture portanti dell’edificio esistente, giudicate malsicure, e la conseguente ricostruzione dell’edificio stesso. Una successiva SCIA 4 maggio 2015 prot. n.5233 (doc. 8 in I grado Comune) riguarda ulteriori modifiche marginali e, per quanto formalmente impugnata assieme alla precedente e alla concessione originaria, non riguarda la causa.
2.5 Ciò posto, con lettera al Comune 19 maggio 2015 n.5233, l’attuale ricorrente appellante ha segnalato una serie di illegittimità a suo dire sussistenti negli atti di assenso di cui sopra, ed ha sollecitato l’apertura di un procedimento volto all’eventuale annullamento in autotutela della concessione rilasciata (doc. 10 in I grado Comune).
2.6 Il Comune ha ritualmente svolto questo procedimento, e lo ha concluso con il provvedimento di archiviazione 27 agosto 2015 prot. c a 694 8948/6.3 di cui pure in epigrafe (doc. 13 in I grado Comune), provvedimento che motiva richiamando il parere della Commissione edilizia comunale.
2.7 Il parere stesso afferma quanto segue.
2.7.1 In primo luogo osserva che “la viabilità di accesso alla p.ed. 1234 si sviluppa parte su strada comunale e parte su viabilità privata da sempre utilizzata dai titolari della concessione edilizia e che tale viabilità è già stata ritenuta in sede di formazione del Piano Regolatore Generale idonea non solo a servire il fabbricato interessato dal progetto da ristrutturazione e ampliamento, ma anche a consentire l'edificazione di un nuovo edificio residenziale sulle pp. 1596 e 1597 CC Baselga di Pinè di proprietà del signor Cadrobbi”.
2.7.2 Il parere ricorda poi un precedente “parere preventivo favorevole all'utilizzo edificatorio del lotto pp. ff. 1596 e 1597 CC Baselga di Pinè attraverso il percorso viario esistente” reso dalla Commissione stessa e ribadisce che “la viabilità sia pubblica che privata di collegamento dell'edificio p.ed. 1234 con la via pubblica” presenta “un andamento lineare e regolare priva di curve o strozzature tali da impedire o rendere pericoloso il transito delle vetture”.
2.7.3 Il parere poi evidenzia che l'area interessata non prevede “limiti alla possibilità di intervenire sui fabbricati esistenti che possono essere fatti oggetto anche di ristrutturazione edilizia la quale come noto ricomprende anche la demolizione ricostruzione del fabbricato oltre alle possibilità di ampliamento previste dal piano”.
2.7.4 Il parere ricorda ancora come “la destinazione del fabbricato sia residenziale sia con riferimento alla originaria licenza edilizia che ne ebbe ad assentire la realizzazione sia con riferimento al condono che regolarizzò talune difformità consumate nel corso dell'edificazione e l'avvenuta realizzazione al grezzo” e ricorda che il progetto concessionato prevede “non la realizzazione di nuovi rami di fognatura ma semplicemente il collegamento dell'edificio a tubature esistenti”.
2.7.5 Il parere inoltre evidenzia che gli elaborati di progetto prevedono in modo corretto la collocazione dei parcheggi privati destinati a soddisfare gli standard “sul lotto interessato dalla edificazione dovendo gli stessi essere a mente della delibera della giunta provinciale sui parcheggi facilmente raggiungibili dall'edificio”.
2.7.6 Tutto ciò posto, il parere conclude che “non esistono i vizi di legittimità denunciati in relazione alla concessione edilizia rilasciata da questa amministrazione” e che “non sussistono motivi di pubblico interesse tali da giustificare l'adozione di un provvedimento di autotutela tenuto conto del fatto che l'intervento concessionato si svolge in un contesto già edificato rispetto al quale il piano regolatore prevede la possibilità di recupero dei fabbricati esistenti e di ampliamento … nonché anche una ipotesi di nuova edificazione”.
3. Il ricorrente ha impugnato con il ricorso principale di I grado la concessione edilizia 5 febbraio 2015 e le due SCIA 12 marzo e 4 maggio 2015; ha impugnato con motivi aggiunti il provvedimento di archiviazione 27 agosto 2015.
4. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa ha respinto sia il ricorso principale, sia i motivi aggiunti, con la motivazione che ora si riassume.
4.1 Con il primo motivo, il ricorrente aveva dedotto propriamente eccesso di potere per falso presupposto. Sul punto aveva sostenuto che per accedere al lotto interessato dall’intervento si sarebbe utilizzata una stradina che attraversa un tratto dei fondi contraddistinti dalle pp.ff. 1599/2, 1599/1, 1597 e 1233; ciò posto, sarebbe mancato un titolo idoneo per consentire il passaggio su questa stradina ai proprietari della retrostante p.ed. 1234. L’ampiezza della stradina stessa sarebbe stata poi inferiore a quella di tre metri prevista, per le strade private dalle disposizioni contenute nel locale regolamento edilizio (sentenza p. 3).
4.2 Il Tribunale ha respinto questo motivo (§§ 1-7 della motivazione in diritto) premettendo una serie di considerazioni di fatto.
4.3 Il Tribunale ha anzitutto preso in esame una planimetria dei luoghi prodotta in causa come doc. 14 in I grado ricorrente (cit. in precedenza), e dato atto che essa rappresenta “il tracciato della stradina, pacificamente esistente da lungo tempo, che penetra nei fondi privati (lungo il margine dei confini lato est) contraddistinti dalle pp. ff. 1599/2 e 1599/1 (appartenenti a terzi), dalla p.f. 1597 (in proprietà del ricorrente) e dalla p. ed. 1233 (appartenente a terzi) fino a pervenire alla p. ed. 1234, in proprietà degli odierni controinteressati, e consente il collegamento di detti immobili … con la via pubblica individuabile nella particella 5582”.
4.4 Ciò premesso, il Tribunale osserva che è agli atti una comunicazione al Sindaco 9 gennaio 2008 (doc. 7 in I grado controinteressati), in cui il ricorrente, allo scopo di ottenere la destinazione urbanistica residenziale del proprio lotto composto dalle particelle fondiarie 1596 e 1597, afferma che il lotto in questione “oltre a presentare di fatto l’accesso dalla strada comunale in p.f. 5583 – usufruisce anche di (altro) accesso alla strada comunale in p.f. 5582, attraverso le pp.ff. 1599/1 e 1599/2 (passo da sempre praticato)” e con ciò riconosce in modo espresso che “gli edifici pp. ee. 1233 - 1234…hanno l’accesso garantito attraverso la p.f. 1597 per cui il passo è assodato e reciproco”.
4.5 Il Tribunale osserva ancora che l’idoneità dell’esistente stradina a servire il lotto “era già stata acclarata dall’amministrazione in sede di parere preventivo, espresso dalla commissione edilizia il 26 agosto 2015 sull’istanza avanzata dal Cadrobbi, in vista della realizzazione - da parte di questi - di un edificio residenziale sulla propria particella 1597” (doc. 20 e 21 in I grado Comune), e che tale giudizio era stato successivamente confermato dal Comune al momento dell’archiviazione del procedimento di annullamento (doc. 13 in I grado Comune, cit.).
4.6 Su queste premesse in fatto, il Tribunale respinge il motivo, ritenendo che la costruzione oggetto di concessione fosse in realtà assistita da un’idonea strada di accesso, e che pertanto il dato della mancata intavolazione della servitù di passaggio sulla stradina in questione fosse se mai rilevante solo a fini privatistici, e non per il rilascio del titolo edilizio.
4.7 Con il secondo ed il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione di una serie di norme del regolamento edilizio comunale. In sintesi estrema, ha assunto in primo luogo che la concessione non avrebbe assentito la demolizione dell’edificio preesistente, a suo dire non consentita nella zona, ma solo la sua ristrutturazione ed ampliamento. Ha poi assunto che l’edificio preesistente, essendo al grezzo, non avrebbe avuto una destinazione d’uso riconoscibile, e quindi per trasformarlo in abitazione si sarebbe dovuto ottenere un cambio di destinazione d’uso. Ha ancora assunto che la demolizione di cui alla SCIA 12 marzo 2015 sarebbe stata in realtà eseguita precedentemente, e che quindi la SCIA sarebbe un tentativo di legittimarla a posteriori. Ha poi dedotto una serie ulteriore di difformità presunte, di cui oltre.
4.8 Il Tribunale ha esaminato congiuntamente e respinto questi due motivi. In diritto, ha premesso che il lotto interessato si trova in zona B3 a edilizia sparsa consolidata, nella quale, ai sensi dell’art. 59 del regolamento edilizio (doc. 17 in I grado controinteressati), è possibile qualsiasi tipo di intervento. Sempre in diritto, ha premesso che ai sensi dell’art. 99 commi 9 e 24 della l.p. 4 marzo 2008 n.1, come modificato dall’art. 70 della l.p. 27 dicembre 2012 n.25, la ristrutturazione comprende anche la demolizione e ricostruzione dell’esistente, e che la norma prevale su eventuali disposizioni difformi dei regolamenti locali. Ancora in diritto, ha premesso che ai sensi dell’art. 105 della l.p. 1/2008 è possibile sostituire una concessione in variante con una SCIA per gli interventi che non eccedano il 10% delle misure di progetto.
4.9 Su queste premesse in diritto, conclude che l’intervento deve ritenersi legittimamente assentito dalla concessione e dalla SCIA 12 marzo 2015.
4.10 Il Tribunale ha poi giudicato inammissibili perché generiche e comunque infondate nel merito alcune ulteriori contestazioni contenute nei motivi in esame, contestazioni di cui si dirà nei limiti in cui esse sono state riproposte in appello (§§ 9-11 della motivazione in diritto).
4.11 Con il quarto motivo, il ricorrente ha dedotto propriamente ulteriore eccesso di potere per falso presupposto, e sostenuto che l’accesso agli spazi a parcheggio individuati all’interno della p. ed. 1234 necessiterebbe dell’utilizzo della stradina di cui si è detto, e che non risulterebbero comunque rispettati gli standard previsti dalle disposizioni provinciali in materia (motivazione in diritto, §12)
4.12 Il Tribunale (motivazione in diritto, § 12.1) ha respinto la prima parte di questo motivo per le stesse ragioni esposte quanto al primo motivo; ha respinto la seconda (motivazione in diritto, § 12.2) osservando che la censura di mancato rispetto degli standard è da ritenere generica, a fronte del “calcolo parcheggi” contenuto negli elaborati di progetto (doc. 6.1 in I grado Comune, cit. p. 11 del file).
4.13 Con il quinto motivo, il ricorrente ha dedotto che l’allaccio della costruzione contestata alla condotta fognaria sarebbe avvenuto senza il suo consenso, in ipotesi necessario.
4.14 Il Tribunale ha respinto questo motivo (motivazione in diritto, § 13) osservando anzitutto in fatto che nel caso di specie non sono stati costruiti nuovi rami della fognatura, ma ci si è collegati ad una tubazione preesistente almeno dal 1970, che è interrata “al margine dei fondi contraddistinti dalla p.ed.1233, che già se ne avvale, dalla p.f. 1597, in proprietà del ricorrente, e dalle pp. ff. 1599/1 e/2, in proprietà di terzi… fino a giungere al confine con la p. ed. 1234” (doc. 4 in I grado controinteressati), potendosi quindi, secondo logica, dedurne la possibilità di allacciarvisi anche per questa particella.
4.15 Ciò posto, ha ritenuto che nel caso di specie il Comune non fosse tenuto a speciali indagini sulla possibilità civilistica di collegarsi a questa fognatura, dato anche il disposto dell’art. 1045 c.c. sulla possibilità di utilizzo di fognature altrui.
4.16 Il Tribunale ha poi respinto anche i motivi aggiunti (§ 14 della motivazione in diritto), ritenendo in sintesi corretta e congrua la motivazione del parere favorevole all’archiviazione della richiesta di annullamento che si è sopra riportato.
5. Contro questa sentenza, il ricorrente ha proposto impugnazione, con appello che contiene sette motivi (estesi da pagina 9 a pagina 32), i primi sei di riproposizione dei motivi dedotti in I grado e di critica alla sentenza impugnata per averli respinti, il settimo dichiaratamente come motivo nuovo e aggiunto, il tutto come segue.
5.1 Con il primo di essi, critica la sentenza impugnata per avere ritenuto che la particella 1234 sia servita da un accesso idoneo, che a suo dire non sussisterebbe dato che la servitù di passaggio di cui si è detto non è intavolata nei libri fondiari; osserva poi che la stradina di cui pure si è detto non avrebbe i requisiti previsti dal regolamento edilizio comunale per le nuove strade, in particolare una larghezza di almeno 3 metri.
5.2 Con il secondo motivo, contesta che il progetto originario prevedesse la demolizione dell’immobile, e critica la sentenza impugnata sostenendo che essa avrebbe erroneamente valutato in astratto l’ammissibilità dell’intervento di demolizione e ricostruzione, ma non avrebbe verificato se esso fosse stato assentito in concreto.
5.3 Con il terzo motivo, sostiene che la sentenza non avrebbe valutato la presenza nel progetto di una serie di irregolarità, ovvero “una scala costruita su bene frazionale”, la pendenza del tetto, che sarebbe “erroneo considerare inalterata rispetto alle previsioni iniziali della concessione” e il fatto che l’edificio preesistente non sarebbe stato ultimato, per cui esso “pare privo di una leggibile fisionomia e con volumi difficilmente riconoscibili: non è neppure possibile evincere una futura ed eventuale destinazione d’uso” (p. 15 dell’atto)
5.4 Con il quarto motivo, censura la sentenza impugnata perché non sarebbe “minimamente affrontata la censura della mancata individuazione “fisica” dei parcheggi, così come esposta nella memoria difensiva” (p. 16 dell’atto).
5.5 Con il quinto motivo, ribadisce che per l’allacciamento alla condotta fognaria sarebbe servito il suo consenso.
5.6 Con il sesto motivo, ribadisce che il provvedimento di archiviazione sarebbe immotivato.
5.7 Con il settimo motivo, qualificato come nuovo ed aggiunto, contesta infine la regolarità dell’immobile originariamente esistente, sul quale quindi non si sarebbe potuto intervenire, non essendo il suo carattere abusivo a suo dire sanato dal permesso in sanatoria di cui si è detto.
6. Hanno resistito i controinteressati, con atto 3 dicembre 2016, e il Comune, con atto 13 gennaio 2017 e memoria 12 luglio 2022, ed hanno chiesto che l’appello sia respinto. In particolare, il Comune ha eccepito l’inammissibilità del motivo nuovo di cui sopra, osservando che per l’immobile originario, oggetto della ristrutturazione, era stato chiesto ed ottenuto il condono edilizio, con il provvedimento 15 maggio 2014 n.19 prodotto in causa di cui si è detto sopra. Il Comune ha quindi dedotto che i presunti vizi nel rilascio del condono si sarebbero se mai dovuti far valere non in questo processo, e non per la prima volta in grado di appello, ma con un ricorso di I grado contro il predetto permesso in sanatoria, ricorso che non consta allo stato proposto, a prescindere dal fatto che ciò possa essere attualmente possibile.
7. Con memoria 14 luglio 2022, i controinteressati appellati hanno poi ulteriormente eccepito l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, dato che il ricorrente appellante avrebbe venduto il proprio fondo, dalla cui proprietà trae legittimazione.
8. Con memorie 19 dicembre e repliche 29 dicembre 2022 per tutte, le parti hanno ribadito le rispettive difese. In particolare, il Comune e i controinteressati hanno ribadito l’asserita improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, per quanto detto sopra e per l’ulteriore circostanza dell’avvenuta intavolazione a favore della particella 1234 di una servitù di passo a piedi e con veicoli meccanici, nonché di acquedotto e scarico. Il ricorrente appellante ha invece eccepito l’inammissibilità delle memorie 12 luglio e 14 luglio 2022 delle controparti, e osservato che conserva l’interesse al ricorso, sia ai sensi dell’art. 111 c.p.c. sia per un interesse risarcitorio, dato che il contenzioso in corso avrebbe deprezzato l’immobile di sua proprietà al momento in cui lo ha venduto.
9. Alla pubblica udienza del giorno 19 gennaio 2023, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
10. In via preliminare, valgono i rilievi ora esposti.
10.1 L’eccezione di inammissibilità ovvero di inutilizzabilità delle memorie 2 luglio e 14 luglio 2022 delle controparti, formulata dalla parte appellante a p. 3 prime righe della memoria 19 dicembre 2022 è infondata e va respinta, in quanto non ne sono illustrate le ragioni, dato che la parte si limita sul punto a dire “pur eccependo doverosamente l’inammissibilità” in questione. Le memorie, in ogni caso, sono state depositate in termini rispetto all’udienza pubblica.
10.2 Va a sua volta respinta l’eccezione preliminare di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’intero appello, proposta dal Comune e dai controinteressati nei termini di cui sopra. E’infatti corretto quanto rileva sul punto la parte appellante, ovvero che essa conserva l’interesse alla decisione del merito se non altro ad eventuali fini risarcitori, fermo che la fondatezza o infondatezza della domanda è altra questione, che appunto riguarda il merito stesso.
11. Sempre in via preliminare, soltanto a fini di chiarezza, il Collegio ritiene di fare due ulteriori puntualizzazioni.
11.1 L’evidente infondatezza del ricorso nel merito consente di non soffermarsi sull’ammissibilità del ricorso originario in quanto rivolto contro due SCIA, che ai sensi dell’art. 19 comma 6 ter della l. 7 agosto 1990 n.241, integrano atti privatistici non direttamente impugnabili: così per tutte sul punto C. cost. 20 luglio 2020 n.153.
11.2 Viceversa, deve ritenersi nel caso concreto ammissibile l’impugnazione del diniego di autotutela 27 agosto 2015 prot. c a 694 8948/6.3 di cui in epigrafe. In generale, come è ben noto, l’amministrazione non ha alcun obbligo di pronunciarsi sulle istanze rivoltele da un privato il quale solleciti l’esercizio dell’autotutela su un provvedimento già emanato, e di conseguenza il provvedimento con cui l’amministrazione stessa si limiti a puntualizzarlo non è autonomamente impugnabile, trattandosi di atto meramente confermativo della norma di legge, che ove si potesse impugnare consentirebbe l’elusione del termine di decadenza per presentare ricorso: sul principio, per tutte, da ultimo C.d.S. sez. IV 29 marzo 2021 n.2622. Questa regola non vale però in casi come il presente, in cui l’amministrazione, pur non essendovi obbligata, abbia ritenuto effettivamente di riesaminare, con un’apposita istruttoria, il precedente provvedimento, e all’esito abbia ritenuto ugualmente di confermarlo: sul punto specifico, C.d.S. sez. IV 3 maggio 2012 n.2548.
12. Tutto ciò premesso, i primi sei motivi di appello sono infondati e vanno respinti.
12.1 È infondato il primo di essi, centrato sulla presunta inidoneità della stradina di cui si è detto a servire la costruzione dei controinteressati appellati e sull’altrettanto presunta loro mancanza di titolo per servirsene. Sul primo punto, è corretto quanto eccepisce il Comune, ovvero che la norma del regolamento edilizio invocata dalla parte appellante riguarda strade nuove, mentre la stradina di cui si tratta è pacificamente preesistente alle costruzioni. Va poi ricordato quanto evidenziato già dalla Commissione edilizia e dal Giudice di I grado, ovvero che l’idoneità dell’esistente stradina a servire il lotto era stata già ritenuta dall’amministrazione era già stata accertata a favore dello stesso ricorrente appellante (doc. 20 e 21 in I grado Comune), che all’evidenza ora non può venire contra factum proprium. Sul secondo punto, è sufficiente ricordare che una servitù si può acquistare anche per usucapione, sì che la sua mancata trascrizione nei registri immobiliari non significa che essa non esista.
12.2 È infondato anche il secondo motivo, che in sintesi travisa il fatto, dato che, come non controverso, la demolizione e ricostruzione non era prevista nell’originario intervento, ed è stata assentita successivamente attraverso la SCIA 12 marzo 2015, ovvero con una modalità consentita dall’art. 105 della l.p. 1/2008 richiamato dal Tribunale. A fronte di ciò, affermare (appello p. 14 dodicesimo rigo) che il Comune non si sarebbe pronunciato “sullo specifico intervento dettagliato” è affermazione vuota di significato.
12.3 Il terzo motivo va ritenuto invece inammissibile perché generico: nel corpo di esso non si spiega anzitutto in alcun modo, al di là dell’affermazione perché la scala e la pendenza del tetto sarebbero non conformi. La deduzione di parte, per cui l’originario edificio non completato non sarebbe stato riconoscibile come abitazione, oltre ad essere manifestamente infondata, come risulta a semplice esame delle fotografie in atti (doc. 6.1 in I grado Comune, elaborati di progetto, cit. a p. 47 del file), è poi prospettata in forma dubitativa (“pare”: cfr. appello p.15) dalla parte stessa.
12.4 Anche il quarto motivo è inammissibile per genericità, dato che consta soltanto delle poche righe riportate sopra al § 5.4, che non svolgono alcuna critica alla sentenza impugnata.
12.5 Il quinto motivo di appello va invece respinto nel merito, dato che, come correttamente ricordato dal Giudice di I grado, ai sensi dell’art. 1045 c.c. “I proprietari dei fondi attraversati da fogne o da fossi altrui … hanno facoltà di servirsene per risanare i loro fondi”, salve le eventuali ragioni del proprietario della fognatura, che però non sono rilevanti in questa sede, dato che non inficiano la legittimità di titoli edilizi connessi a quest’utilizzo.
12.6 Il sesto motivo di appello è poi inammissibile per genericità, dato che, come risulta a semplice lettura, contiene una mera affermazione di principio, che non spiega in alcun modo in cosa questo difetto di motivazione consisterebbe.
13. Il settimo motivo di appello, infine, è inammissibile perché nuovo.
13.1 Ai sensi dell’art. 104 comma 3 c.p.a. come è noto, in grado di appello “Possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati”. La lettera della norma è di per sé chiara, e consente di formulare per la prima volta in grado di appello soltanto motivi rivolti contro atti e provvedimenti già impugnati in I grado, che si fondino su documenti conosciuti, senza colpa della parte, solo nel grado successivo.
13.2 Per costante giurisprudenza, la regola consegue al principio del doppio grado di giudizio, che nel processo amministrativo ha rango costituzionale ai sensi dell’art. 125 Cost. ed è all’evidenza un principio di ordine pubblico stabilito per ragioni di garanzia. Le deroghe ad esso nel senso di un ampliamento dell’oggetto del giudizio in grado di appello devono essere considerate quindi un’eccezione, non estensibile né in via di interpretazione, né per volontà delle parti. Ciò, si osserva, non comporta vuoti di tutela, dal momento che la parte la quale nel corso di un giudizio di impugnazione di un dato provvedimento venga effettivamente a conoscere solo in grado di appello ulteriori provvedimenti amministrativi lesivi della sua sfera giuridica è per definizione in termini per impugnarli con un autonomo ricorso di I grado: così la costante giurisprudenza, per tutte C.d.S. sez. IV 12 febbraio 2021 n.1276 e sez. V 27 gennaio 2014 n.398.
13.3 Applicando questi principi al caso di specie, il settimo motivo deve considerarsi anzitutto inammissibile se inteso come rivolto direttamente contro il provvedimento di condono 15 maggio 2014 n.19, non impugnato in I grado. Ove poi lo si considerasse rivolto contro la concessione edilizia già impugnata, esso si palesa:
a) tardivo, in quanto non è stata dimostrata l’impossibilità di reperire i documenti durante il corso del giudizio di primo grado;
b) evidentemente infondato nel merito, perché la concessione stessa è stata effettivamente rilasciata per intervenire su un edificio regolare in base al condono stesso, la cui legittimità allo stato non è messa in discussione.
14. In conclusione, l’appello è infondato e va respinto; le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come in dispositivo, con le precisazioni di cui appresso.
14.1 La liquidazione è conforme alla nota spese depositata nel proprio interesse dal ricorrente appellante il giorno 4 marzo 2022, che si giudica congrua anche per stimare le spese a carico di questi, tenuto conto anzitutto che l’attività difensiva svolta dal Comune e dai controinteressati vittoriosi equivale nella sostanza a quella compiuta dal ricorrente stesso e poi che i valori esposti sono in linea con i parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014 n.55 per una causa di valore indeterminabile e di complessità elevata.
14.2 La liquidazione tiene altresì conto di quanto previsto dall’art. 26, comma 1, c.p.a., norma di cui ricorrono i presupposti applicativi in relazione ai profili di sinteticità e chiarezza degli atti di causa -ovvero dell’atto di appello, evidentemente sovrabbondante- secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, per tutte sez. IV 18 febbraio 2020 n.1234 e 31 maggio 2011, n. 3252, conformi altresì, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione, per tutte, sez. VI 12 maggio 2017 n. 11939 e 2 novembre 2016 n. 22150.
14.3 Il Collegio rileva ulteriormente che l’infondatezza del ricorso deriva da ragioni manifeste, tali da integrare i presupposti per applicare, nella misura di cui al dispositivo, la sanzione di cui all’art. 26, comma 2, c.p.a. così come interpretato dalla giurisprudenza di questo Consiglio: per tutte, C.d.S. sez. IV 18 febbraio 2020 n.1234 e 28 dicembre 2016 n.5496. A tale giurisprudenza si rinvia ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della sanzione), in conformità, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione, per tutte, sez. VI 12 maggio 2017 n. 11939 e 2 novembre 2016 n. 22150.
14.4 La condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 26, commi 1 e 2, c.p.a. rileva, infine anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, nr. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 8424/2016), lo respinge.
Condanna il ricorrente appellante a rifondere alle controparti costituite Comune di Baselga di Pinè nonché Michela Santuari e Massimo Pedrini, questi ultimi con unico patrocinio, le spese di questo grado di giudizio, spese che liquida in € 5.400 (cinquemilaquattrocento/00) per ciascuna parte, e così per complessivi € 10.800 (diecimilaottocento/00), oltre rimborso spese forfetario ed accessori di legge.
Condanna, altresì, il ricorrente appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a., al pagamento della somma di € 2.000 (duemila/00), da versare secondo le modalità di cui all’art. 15 disp. att. c.p.a., mandando alla Segreteria per i relativi adempimenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere