Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4757, del 26 settembre 2013
Urbanistica.Area divenuta inedificabile per asservimento.
La situazione di un’area divenuta inedificabile in quanto asservita ad un’altra costituisce una qualità obiettiva del fondo opponibile anche al terzo acquirente, pure quando il limite all’ulteriore edificazione derivi dalla sopravvenienza di norme urbanistiche, tali da imporre la considerazione della volumetria preesistente, ancorché realizzata in epoca in cui il vincolo non esisteva. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).
N. 04757/2013REG.PROV.COLL.
N. 05256/2000 REG.RIC.
N. 05257/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5256 del 2000, proposto da:
Immobiliare San Giovanni s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Calzolaio, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Medugno in Roma, via Panama 58;
contro
Comune di Tolentino, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Del Vecchio e Felici Ranieri, con domicilio eletto presso Sergio Del Vecchio in Roma, viale Giulio Cesare 71;
Direttore del Settore Tecnico del Comune di Tolentino;
sul ricorso numero di registro generale 5257 del 2000, proposto da:
Immobiliare San Giovanni s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Calzolaio, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Medugno in Roma, via Panama 58;
contro
Comune di Tolentino, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Del Vecchio e Felici Ranieri, con domicilio eletto presso Sergio Del Vecchio in Roma, viale Giulio Cesare 71;
Direttore del Settore Tecnico del Comune di Tolentino;
per la riforma
quanto al ricorso n. 5256 del 2000:
della sentenza del T.A.R. Marche - Ancona n. 1346/1999, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia
quanto al ricorso n. 5257 del 2000:
della sentenza del T.A.R. Marche - Ancona n. 1345/1999, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2013 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti gli avvocati Andrea Calzolaio e Andrea Del Vecchio, per delega dell'avvocato Sergio Del Vecchio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con separati atti di appello rubricati ai numeri 5256/2000 e 5257/2000, la società Immobiliare San Giovanni s.r.l. ha impugnato le sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche numeri 1346/1999 e 1345/1999 con cui sono stati respinti i ricorsi da essa proposti per l’annullamento dei provvedimenti del Comune di Tolentino di diniego di due istanze di concessione edilizia (con la sentenza n. 1346 del 1999 il TAR Marche ha respinto il ricorso n. 312 del 1998 con il quale era stato impugnato il provvedimento n. 25373 del 13 gennaio 1998 del Sindaco del Comune di Tolentino di diniego di concessione edilizia per edificio residenziale plurifamiliare costituito da 12 alloggi alla via Portanova; con la sentenza n. 1345 del 1999 il TAR ha respinto il ricorso n. 312 del 1998 con il quale era stato impugnato il provvedimento n. 25372 del 13 gennaio 1998 del Sindaco del Comune di Tolentino di diniego di concessione edilizia per edificio residenziale plurifamiliare costituito da 7 alloggi).
La società appellante assume l’erroneità delle sentenze alla stregua dei seguenti motivi:
violazione del piano regolatore generale vigente nel Comune di Tolentino; violazione dell’art. 16 della l. n. 1150 del 1942 e dei principi in materia di efficacia delle lottizzazioni e degli atti unilaterali d’obbligo, nonché di esercizio dello ius variandi del Comune; violazione dei principi espressi nelle sentenze del Consiglio di Stato, sezione quinta, n. 766 del 7 novembre 1990 e n. 63 del 21 gennaio 1997; omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione;
violazione degli artt. 7 e seguenti della legge urbanistica e dei principi in tema di interpretazione del p.r.g.; violazione dell’art. 832 cod. civ.; omessa o insufficiente motivazione;
scadenza o prescrizione del vincolo; violazione degli articoli 2934 e segg. del codice civile e dell’art. 4 della l. n. 10 del 1977;
violazione delle norme e principi in materia di motivazione postuma in sede giudiziale.
Si è costituito in giudizio in entrambi gli appelli il Comune di Tolentino che ha chiesto il rigetto degli atti di appello ed ha depositato documentazione.
Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica e alla pubblica udienza del 2 luglio 2013, i giudizi sono stati assunti in decisione.
DIRITTO
1.- Gli appelli vanno riuniti attesa la connessione soggettiva e per materia.
Si tratta infatti di appelli aventi ad oggetto due sentenze del TAR rese su ricorsi proposti dalla stessa società avverso due atti di diniego di concessione edilizia motivati con riferimento alla previgente destinazione a standards attribuita alle aree interessate dall’intervento edilizio con atto unilaterale d’obbligo dal proprietario.
2.- Questi i fatti salienti della vicenda controversa:
a) la società ricorrente, proprietaria di alcune aree site nel Comune di Tolentino, in catasto al foglio 52, particella 41 del catasto terreni, acquistate dalla società Maga s.r.l. con atto del 10 ottobre 1995, comprese in “zona edificata consolidata B2” del piano regolatore generale adottato con delibera consiliare del 16 dicembre 1989 e approvato con delibera di giunta regionale n. 33 del 9 gennaio 1995, chiedeva al Comune il rilascio di due concessioni edilizie per costruire un edificio di 7 alloggi per uso residenziale e altro edificio di 12 alloggi;
b) il Comune opponeva che l’area interessata dai progetti era destinata a verde attrezzato con atto unilaterale d’obbligo nell’ambito di una lottizzazione già completata;
c) la società deduceva l’illegittimità degli atti di diniego per violazione del p.r.g. vigente e dei principi di diritto in materia di rilascio della concessione edilizia; per eccesso di potere sotto molteplici profili, tra cui difetto di motivazione, insufficienza e contraddittorietà; violazione dell’art. 4 della l. 28 gennaio 1977, n. 10; per sviamento della causa tipica, assumendo in sostanza che nessuna valenza avrebbe potuto essere attribuita ad un atto unilaterale d’obbligo che prevedeva per detta area una destinazione a verde attrezzato perché era scaduto ed inefficace e superato dal nuovo p.r.g. che qualificava l’area come “zona di completamento”;
d) il TAR Marche respingeva il ricorso affermando che “…quando è rilasciata una concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato, la cui cubatura è stata assentita con riguardo a tutta quella ritraibile in relazione all’estensione dell’area di intervento, la parte di terreno eventualmente libera, rispetto all’edificio costruito e al quale è asservita, diventa inedificabile e tale natura costituisce una qualità oggettiva, fermo restando che nessuna norma richiede la trascrizione di un vincolo siffatto nei registri immobiliari. Infatti in considerazione del pubblico interesse all’ordinato sviluppo edilizio del territorio comunale, deve ritenersi che il rilascio di una concessione edilizia per la costruzione di un immobile di cubatura pari alla massima consentita, faccia sorgere sull’area interessata un vincolo reale che, indipendentemente dalle eventuali successioni nel diritto di proprietà di tale area, preclude il legittimo rilascio di nuove concessioni per una ulteriore e più intensa edificazione dell’area stessa”.
3.- La società assume l’erroneità della sentenza per violazione del p.r.g. vigente nel Comune di Tolentino nonché per violazione dell’art. 16 della l. n. 1150 del 1942 e dei principi in materia di efficacia delle lottizzazioni e degli atti unilaterali d’obbligo, di esercizio dello ius variandi del Comune, nonché per violazione dei principi espressi nelle sentenze del Consiglio di Stato, sezione quinta, n. 766 del 1990 e n. 63 del 1997 citate dal TAR e per omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione.
Asserisce in sostanza che è ius receptum che alle lottizzazioni convenzionate è applicabile il termine decennale di efficacia previsto per i piani particolareggiati ed il medesimo termine va applicato agli atti unilaterali di obbligo, nel caso risalenti a ben 22 anni prima; che il Comune ha il potere di non richiedere l’esecuzione degli atti unilaterali d’obbligo e disciplinare in maniera diversa l’area a suo tempo lottizzata; in tal caso non potrebbe che trovare applicazione la nuova disciplina urbanistica, da cui l’illegittimità del diniego dell’amministrazione e l’erroneità della sentenza del TAR che non avrebbe considerato che le aree interessate dalla richiesta di concessione edilizia non avrebbero mai espresso cubatura.
La censura è infondata.
La disciplina urbanistica della zona interessata dalle istanze di concessione edilizia fu disciplinata compiutamente da un piano di lottizzazione convenzionato allo stato completamente eseguito sia per quanto riguarda i fabbricati che le opere di urbanizzazione e gli standards, tra i quali rientrano le aree interessate dai progetti edilizi oggetto del contenzioso, destinate a verde nel suddetto piano di lottizzazione.
Trattandosi di lottizzazione completamente eseguita non è pertinente l’asserzione circa la scadenza ed inefficacia del piano attuativo superato dalla nuova disciplina urbanistica della zona, non essendo possibile che aree che hanno già espresso la volumetria nell’ambito della lottizzazione siano nuovamente utilizzate a fini edificatori sol perché non utilizzate quali aree di sedime di fabbricati ma destinate a standards.
Invero il piano di lottizzazione convenzionato consente a tutte le aree in esso comprese di esprimere la propria volumetria che di regola viene concentrata su alcuni lotti, in modo da utilizzare quelli liberi a standards, così realizzando il contemperamento tra aree edificate e libere di cui al decreto ministeriale n. 1444 del 1968.
Nel caso di realizzazione di un manufatto edilizio la cui volumetria è stata calcolata sulla base di un’area asservita o accorpata, l’intera estensione interessata deve essere considerata a fini edificatori, con l’effetto che anche l’area asservita o accorpata non è più edificabile anche se oggetto di frazionamento o di alienazione separata dall’area su cui insiste il manufatto.
Ne consegue la irrilevanza ai fini della capacità edificatoria della situazione fisica delle aree qui in considerazione.
Peraltro, l’asservimento di quelle aree a standards è comprovato dall’atto d’obbligo con cui l’originario lottizzante vincolò le aree qui in questione a verde attrezzato nell’atto di convenzione accessivo al piano di lottizzazione (atto per notaio Mari dell’8 luglio 1983).
L’asservimento inteso come fattispecie negoziale atipica ad effetti obbligatori in base al quale un’area viene destinata a servire al computo di edificabilità di un altro fondo dà vita ad un rapporto pertinenziale che ha natura permanente indipendentemente da quando questo asservimento è stato posto in essere (Cons. Stato, adunanza plenaria 23 aprile 2009, n. 3).
Quanto al fatto che le aree a standards non furono cedute al Comune è del tutto irrilevante, atteso che la cessione al Comune delle aree destinate a standards costituisce un’obbligazione assunta dai lottizzanti ma non interferisce sul regime delle aree a cedersi.
4.- La qualificazione della maglia quale edificato consolidato nel nuovo piano regolatore del Comune non fa che dare atto della completa edificazione dell’intera zona e non attribuisce nuova ed ulteriore suscettività edificatoria, non essendo stati modificati né gli indici, né l’incidenza degli standards.
Peraltro, le sopravvenienze urbanistiche più favorevoli sono irrilevanti fino a che permane il regime edilizio urbanistico attuato con il piano di lottizzazione (cfr. Cons. Stato, sezione quarta 20 luglio 2011, n. 4405; 9 luglio 2011, n. 4134).
5.- Quanto alla raffigurazione grafica della maglia nel nuovo piano regolatore generale, la retinatura dell’intera maglia non è significativa, prevalendo comunque sulla rappresentazione grafica la normativa, che come si è detto, non incrementa gli indici, né sottrae aree a standards.
Comunque la retinatura indica la zona in cui è situata un’area e non attribuisce una nuova capacità edificatoria ad aree che già abbiano esaurito la loro volumetria.
In conclusione, la situazione di un’area divenuta inedificabile in quanto asservita ad un’altra costituisce una qualità obiettiva del fondo opponibile anche al terzo acquirente, pure quando il limite all’ulteriore edificazione derivi dalla sopravvenienza di norme urbanistiche, tali da imporre la considerazione della volumetria preesistente, ancorché realizzata in epoca in cui il vincolo non esisteva (cfr. Cons. Stato, sezione quinta, 18 febbraio 2002, n. 7029; 28 giugno 2000, n. 3637; 10 febbraio 2000, n. 749; 21 gennaio 1997, n. 63).
6.- E’ infondato anche l’ultimo motivo di appello, con cui la società ricorrente lamenta che illegittimamente il giudice di primo grado avrebbe ampliato la motivazione contenuta negli atti impugnati.
Invero, in sentenza è stato sviluppato da un punto di vista giuridico la motivazione contenuta negli atti di diniego della richiesta di concessione edilizia, senza in alcun modo integrare quanto già espresso e sufficiente a motivare il provvedimento di reiezione delle istanze (confronta parere della commissione edilizia del 26 gennaio 1998).
Va da sé che a fronte di tali impedimenti giuridici è un fuor di luogo parlare del vizio di sviamento di potere o di eccesso di potere dell’amministrazione che non ha fatto che applicare la disciplina urbanistica vigente.
In conclusione gli appelli devono essere respinti.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza nell’importo indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li respinge.
Condanna la società Immobiliare San Giovanni s.r.l. al pagamento in favore del Comune di Tolentino delle spese di giudizio che liquida in euro 4.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente FF
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)